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METODI ECOTOSSICOLOGICI 8000 - METODI ECOTOSSICOLOGICI M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I Premessa Questa nuova edizione del manuale dei Metodi Analitici per le Acque presenta un gruppo di metodi tossicologici molto più nutrito rispetto all’edizione precedente. Buona parte di questi metodi, tuttavia, sono stati messi a punto per rispondere al precedente Decreto Legislativo n. 133 del 1992 che, in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose, richiedeva metodi atti al rilevamento delle caratteristiche qualitative tanto dello scarico che del recettore. L’attuale D.Lgs. 152/99 ha abrogato quello come altri precedenti decreti, senza peraltro inficiare complessivamente la validità dei metodi fin qui prodotti. Secondo l’attuale decreto, infatti, ogni volta che un corpo idrico dimostra un livello qualitativo inferiore a “buono” o uno scarico evidenzia una tossicità superiore al limite di accettabilità, devono essere attivate indagini di approfondimento volte ad identificare e rimuovere le cause del degrado. Generalmente, indagini di questo tipo richiedono confronti sia nel tempo che nello spazio, richiedono cioè dei dati che, per quanto riguarda la tossicità, possono essere forniti solo da procedure di saggio come quelle proposte. Se l’utilità dei metodi presentati è fuori discussione, non per questo si possono ignorare alcuni problemi. Ad esempio, non sono stati ancora proposti né un metodo di saggio con specie algali né un metodo di saggio cronico con Daphnia magna, sebbene entrambi siano da tempo impiegati con finalità di ricerca e di controllo. Nel caso del crostaceo marino Mysidopsis bahia, l’applicabilità del metodo sembra essere limitata dalla difficoltà di importare organismi che non sono garantiti come indenni da virosi. E non ultimo, è evidente un certo grado di disomogeneità nella impostazione dei metodi, dovuta, in parte, ai differenti anni di nascita dei metodi stessi. A questo proposito, il metodo daphnia, che era originalmente concepito per la Legge Merli, è stato con alcune modifiche reso idoneo alle nuove condizioni di saggio su effluenti di scarico previste dal D.Lgs. 152/99. È chiaro quindi che, se da un lato i metodi presentati sono un buon punto di partenza, dal- l’altro altre iniziative dovranno essere intraprese ed opportunamente coordinate allo scopo di garantire la migliore applicabilità del D.Lgs. 152/99. A tal fine, pur se non presente tra le specie consigliate dal suddetto Decreto per la valutazione dell’accettabilità di uno scarico, il manuale riporta il metodo per trota iridea. Tale saggio infatti può dare importanti contributi alle indagini tossicologiche. Considerazioni generali I saggi di tossicità con animali acquatici vengono effettuati per valutare se un dato composto, una miscela di composti o un campione d’acqua di scarico sono tossici e, in caso positivo, per definire il grado di tossicità o i valori di diluizione compatibili con la vita acquatica. Nel passato sono stati condotti saggi con organismi di una sola specie allo scopo di aumentare il grado di protettività del dato ottenuto; oggi si tende a sviluppare saggi “multispecie”, condotti con organismi di livelli trofici diversi (batteri, alghe, crostacei, pesci). Con i “test” riportati in questo volume si amplia ancora di più la possibilità di utilizzare metodi specifici in funzione delle esigenze del controllo e quindi di consentire sempre più quella valutazione della “qualità ecologica” delle acque verso cui si sta indirizzando la politica europea relativamente al controllo delle risorse idriche. Accanto ai “test” di tossicità acuta sono stati sviluppati “test” di tossicità di tipo cronico (prolungato). Si tratta di saggi mediamente più impegnativi dei rispettivi saggi acuti ma che, a differenza di questi, possono fornire risultati con un contenuto informativo assolutamente superiore e quindi di grande valore per chi aspiri ad un’effettiva tutela della vita acquatica. METODI ECOTOSSICOLOGICI In questa sezione viene dato ampio spazio agli aspetti operativi che precedono l’esecuzione del “test” (trasporto e mantenimento degli organismi, scelta dell’acqua e delle attrezzature per l’acclimatazione e l’alimentazione degli organismi) e che costituiscono un aspetto fondamentale per la corretta riuscita del saggio e per la riproducibilità dello stesso. In considerazione della specificità di questo raggruppamento rispetto ai precedenti (Metodi fisici, chimici e chimico-fisici e Metodi microbiologici) tutti gli aspetti di carattere generale quali, campionamento, attrezzature, reattivi e metodi di calcolo sono trattati nei singoli saggi. METODI ECOTOSSICOLOGICI 8010. Metodi di valutazione della tossicità con pesci METODO A - Valutazione della LC50 1. Generalità 1.1 Principio del metodo Questo metodo, adottato nei casi in cui si presenti la necessità di salvaguardare ambienti biologici specifici od organismi particolari, si basa sulla determinazione della tossicità acuta espressa dalla LC50, che è la diluizione alla quale il 50% degli animali considerati muore in un tempo prestabilito (24-48 ore o più). Tale diluizione viene determinata con un saggio preliminare ed uno definitivo: il saggio preliminare serve ad individuare l’ambito approssimato di diluizione entro il quale si trova la LC50; il saggio definitivo invece permette di precisarne il valore. Per stabilire quali sono i rapporti di diluizione che debbono essere rispettati perchè l’ambiente biologico che riceverà le acque esaminate sia salvaguardato nella sua funzionalità, occorrerà infine che dalla LC50 venga calcolata la “diluizione di sicurezza”. 1.2 Interferenze Nella valutazione della tossicità le principali interferenze possono essere rappresentate da mortalità dovute a livelli troppo bassi di ossigeno, da perdite di sostanze tossiche (per esempio volatili) o da altre cause che aumentino o riducano la tossicità del campione (per esempio precipitazione di sali di metalli pesanti, variazioni di pH, ecc.). Qualora l’analisi chimica abbia dimostrato che queste interferenze effettivamente esistono, la loro eliminazione potrà aver luogo essenzialmente in due modi: 1) sostituendo le soluzioni in esame con frequenza maggiore di quella prevista dal metodo, oppure operando con apparecchiature che permettano un ricambio continuo della soluzione in esame; 2) fornendo l’ossigeno necessario in modo tale da compensare quello utilizzato nei processi ossidativi dell’acqua e per la respirazione degli animali. Controlli dovranno assicurare che durante tutto il periodo delle prove il livello di ossigeno si mantenga fra il 60 e 100% della saturazione. 1.3 Raccolta e conservazione dei campioni II volume del liquido necessario alle prove dipende dalla composizione e dal grado di tossicità del liquido stesso (in genere 10÷20 litri sono sufficienti). I campioni vanno raccolti in recipienti riempiti completamente e conservati a circa 4°C. 2. Apparecchiature Per le prove di tossicità di tipo convenzionale (cioè a liquido non ricambiato in modo continuo), le apparecchiature necessarie sono rappresentate da vasche di vetro o bottiglie a collo 985 METODI ECOTOSSICOLOGICI largo. Ne occorre una serie di almeno 8 della capacità minima di litri 4 (per il saggio preliminare), ed una serie di almeno 4 della capacità minima di litri 10 (per il saggio definitivo). La forma dei recipienti non ha grande importanza a condizione che la profondità del liquidonon sia inferiore ai 15 cm. È inoltre indispensabile poter regolare (con bagni o camere termostatate) la temperatura dei liquidi in esame durante tutto il tempo della prova. L’ambito di temperatura utile è compreso, orientativamente, tra 15 e 25°C, con oscillazioni di ±1°C. Le temperature d’esperimento saranno prestabilite in funzione della temperatura massima osservata nel corpo recipiente in cui verrà scaricata l’acqua in esame. Occorrono infine vasche di stabulazione nelle quali conservare gli animali prima del loro impiego. L’acqua di queste vasche dovrà essere portata gradualmente alla temperatura alla quale si effettueranno le prove, curando che rimanga limpida (con riciclo su carbone o con ricambio in maniera continua) e ad un adeguato livello di ossigenazione (60÷100%) ottenibile con gorgogliamento d’aria. Nel caso di vasche a riciclo, occorrerà sostituire l’acqua di stabulazione con una frequenza che dipende dalla densità degli animali, e dalle loro esigenze. Analisi di alcune caratteristiche chimiche dell’acqua (per esempio N-NH3) eseguite in tempi successivi, potranno dare utili indicazioni sulla frequenza del ricambio. Questo sistema di stabulazione è comunque da adottarsi solo quando manchi ogni possibilità di un continuo ricambio. In tali circostanze il periodo di stabulazione dovrà essere ridotto al minimo indispensabile. 3. Animali per il saggio e soluzioni 3.1 Animali per il saggio II metodo A, per definizione richiede che gli animali da usare nelle prove di tossicità vengano scelti in base all’interesse locale e contingente. Tale scelta cade generalmente sui pesci, ma anche altri rappresentanti della biocenosi acquatica possono essere utilizzati con successo (crostacei, insetti, ecc.) purché sufficientemente sensibili e tali da garantire la sopravvivenza anche alle altre componenti della citata biocenosi. In tutti i casi, è condizione indispensabile che i soggetti prescelti sopportino bene le condizioni di acquario, e questa possibilità va controllata in base al loro comportamento e alla mortalità osservata durante il periodo di acclimatazione che precede le prove. Quando la mortalità naturale supera il 10%, il lotto intero di animali deve essere accantonato e rimesso in uso solo quando detta mortalità receda. Occorre inoltre che gli animali siano assolutamente sani e di dimensioni omogenee: nel caso deipesci sono preferibili soggetti di lunghezza corporea tra 5 e 10 cm. È altresì indispensabile che la loro classificazione sia effettuata con esattezza e che il nome scientifico sia indicato fino alla specie. Nell’ambito nazionale le specie di Pesci cui si fa generalmente ricorso per prove tossicologiche sono le seguenti: Salmo gairdinerii (trota iridea) attualmente denominata Oncorhynchus mykiss, Salmo truffa fario (trota di fiume), Phoxinus laevis (sanguinerola), Al- burnus albidus (alborella), Leuciscus cephalus cadeda (cavedano). Queste specie si possono ottenere dalle pescicolture o raccogliere nella maggior parte delle acque italiane. Durante il periodo di stabulazione, gli animali devono essere regolarmente ed opportunamente alimentati (sospendendo la somministrazione del cibo il giorno prima che inizino le prove e durante le prove stesse) e acclimatati alla temperatura alla quale si effettuerà il test. 3.2 Numero di animali e volume di liquido Nel “test” preliminare, il numero minimo di animali da usare può essere di 2 per ogni diluizione e, in questo caso, anche il volume del liquido in esame potrà essere ridotto a 4 litri. Per la prova definitiva occorreranno invece almeno 10 soggetti per ogni diluizione a meno di non operare con organismi diversi dai pesci (crostacei, insetti ecc.) per i quali il numero dovrà essere più elevato (oltre 20). Il rapporto tra il peso complessivo degli animali ed il volume di acqua che li contiene dovrà essere stabilito in funzione di numerosi fattori e soprattutto con determinazioni del contenuto di ossigeno residuo. Poiché, usando 10 animali ciascuno del peso di 10 grammi occorrerebbero considerevoli volumi di liquido, si consiglia di superare la difficoltà che comporta l’uso di grandi vasche operando con animali di minori dimensioni o areando il liquido in esame. 986 METODI ECOTOSSICOLOGICI 3.3 Acqua di diluizione In questo metodo, la condizione ideale sarebbe quella di poter effettuare le necessarie diluizioni del campione con l’acqua prelevata in una zona pura dello stesso corpo recipiente. Poiché ciò è raramente possibile (il corpo recipiente può essere già contaminato oppure possono essere necessari volumi di acqua troppo elevati), il diluente dovrà essere ricavato da altra fonte e corretto nelle sue principali caratteristiche (ad esempio pH, alcalinità e durezza) fino ad avere una composizione chimica simile a quella media del corpo recipiente. 4. Procedimento 4.1 Saggio preliminare Tale saggio deve indicare se esiste una tossicità e, in caso positivo, quale sia dopo 24 ore l’ambito di diluizione entro il quale si trova la LC50. A questo scopo si prepara, con gli accorgimenti indicati in precedenza, una vasca di 4 litri contenente il campione in esame tal quale (al 100%) e si controlla se il campione è tossico, introducendovi un piccolo gruppo di animali (per esempio 2 pesci). Se il campione non è tossico, il controllo di non tossicità viene prolungato a 48 ore, se invece entro le 24 ore si sono avuti esiti parziali o totali di mortalità, si procede all’allestimento delle diluizioni secondo una serie ad intervalli logaritmici uguali. Per esempio: 100 - 89,1 - 79,4 - 70,8 - 63,1 - 56,3 - 50,1 - 44,7 - 39,8 - 35,5 - 31,6 28,2 - 25,1 - 22,4 - 19,9 - 17,8 - 15,8 - 14,1 - 12,6 - 11,2 – 10, ecc. (*). Esattamente a 24 ore di distanza dall’introduzione degli animali, la prova effettuata permetterà di individuare l’intervallo compreso tra la diluizione in cui la totalità o una parte soltanto (più della metà) degli animali usati è deceduta e quella che ha causato la morte solo di una parte (inferiore alla metà) o di nessuno degli animali usati. E evidente che, quando il saggio preliminare venga condotto con un elevato numero di intervalli di diluizione, l’ambito cercato (e cioè quello in cui si trova la LC50) sarà più ristretto e la prova definitiva più agevole da effettuare. 4.2 Saggio definitivo Quando nei recipienti contenenti il campione tal quale (100%) la sopravvivenza sia totale anche dopo 48 ore, il saggio definitivo consisterà semplicemente nel ripetere la prova con un numero maggiore di animali (almeno 10) con un maggiore volume di liquido. Quando invece con il saggio preliminare sia stato individuato l’ambito in cui si trova la LC50, il saggio definitivo dovrà servire ad indicare quali sono le diluizioni che determinano, dopo 24 e 48 ore, percentuali di sopravvivenza inferiori (ma non nulle) al 50% e superiori (ma non totali) al 50%. Allo scopo si preparano alcune soluzioni nell’intervallo individuato attraverso le prove preliminari, diluendo secondo lo schema degli intervalli logaritmici e vi si introducono gli animali, annotando dopo 24 ore le percentuali di sopravvivenza come nel caso precedente e protraendo l’osservazione per 48 ore (gli animali che muoiono devono essere rimossi dalle vasche appena possibile). Se dopo i tempi indicati si ottengono i risultati necessari si può procedere al calcolo della LC50. Diversamente, occorre ripetere la prova selezionando altri intervalli di diluzione. 5. Determinazione grafica della LC50 Si portano su carta logaritmica le percentuali di sopravvivenza osservate per due diluizioni successive (diluizioni sulla scala logaritmica) dopo 24 ore. Si uniscono con una retta i due punti (*) L’andamento del saggio effettuato con il campione tal quale dà in linea di massima già un’indicazione: per esempio con un campione che al 100% abbia causato la morte in circa 2 ore di tutti gli animali si potrà allestire la serie delle diluizioni alle concentrazioni del 25,1 - 12,6 - 6,31 - 3,16 e 1,58%, mentre con un campione poco tossico si potrà utilizzare la serie 100 - 79,4 - 63,1 - 50,1. Quando una scelta a priori non sia possibile, occorrerà allestire una serie di prove tra 100 e 0,1%, per esempio 100 - 31,6 - 10 - 3,16 - 1 - 0,361 - 0,1. METODI ECOTOSSICOLOGICI situati, per quanto detto in precedenza, sopra e sotto la linea del 50% e, dal punto in cui la retta interseca la linea del 50%, si traccia una perpendicolare all’asse delle diluizioni, ottenendo un valore corrispondente alla LC50-24 ore. Lo stesso procedimento si segue utilizzando le percentuali di sopravvivenza annotate a 48 ore, ottenendo così la LC50-48 ore (Fig. 1). Valutazioni più accurate della LC50 possono essere effettuate con le metodologie di calcolo riportate in appendice ai metodi che utilizzano la Daphnia. Figura 1: Determinazione grafica della LC50. * I valori di sopravvivenza più indicativi e più corretti per il calcolo della LC50 sono quelli che si trovano per le diluizioni tra il 20 e 1’80%. 6. Calcolo della diluizione di sicurezza La LC50 calcolata con il metodo descritto non è evidentemente utilizzabile tal quale; in questo caso non solo si esige che il 100% di detta popolazione sopravviva, ma occorre anche prevenire gli eventuali effetti nocivi che si potrebbero verificare in un tempo maggiore di quello previsto dal metodo A. I valori di LC50-24 e 48 ore vengono a questo scopo elaborati come segue: dove D è la diluizione di sicurezza cercata. Questa diluizione, adottando animali molto sensibili, quali ad esempio i Salmonidi, può dare sufficienti garanzie ai fini della protezione dell’intero ambiente biologico. Esempio: Un campione di acqua contaminata deve essere immesso in un fiume di cui è ne METODI ECOTOSSICOLOGICI cessario salvaguardare l’intera biocenosi. Occorre stabilire di conseguenza, qual è nel caso specifico la diluizione di sicurezza, adeguando il più possibile le condizioni sperimentali a quelle del corpo recipiente (temperatura, caratteristiche del diluente, specie di animali da utilizzare, ecc.). La ricerca è condotta in due tempi: Saggio preliminare con 2 animali per ogni diluizione La prova del campione tal quale dà il seguente esito: entrambi gli animali muoiono in 6 ore. Si procede di conseguenza all’allestimento di almeno 4 diluizioni, per esempio quelle comprese tra il 79,4 e il 19,9%. (cioè 79,4 - 50,1 - 31,6 - 19,9%. Se è il caso i valori possono essere approssimati). A 24 ore di distanza la prova preliminare dà il seguente esito: alle diluizioni 79,4 e 50,1 si ha sopravvivenza nulla; alle diluizioni 31,6 e 19,9 si ha sopravvivenza totale. Di conseguenza la LC50 si troverà tra 50,1 e 31,6%. Saggio definitivo con 2 animali per ogni diluizione Si preparano 3 diluizioni comprese tra 50,1 e 31,6% ad intervalli logaritmici eguali e cioè 44,7 - 39,8 e 35,5%. Si introducono 20 animali per ogni diluizione e si annotano i sopravviventi a 24, 48 e 96 ore. Nell’esempio gli esiti di questa prova sono: Diluizione 44,7% 39,8% 35,5% Animali sopravviventi a 24 h 5 (25%) 14 (70%) 20 (100%) Animali sopravviventi a 48 h 0 (-) 8 (40%) 17 (85%) Si portano su un grafico semilogaritmico (Fig. 1) le diluizioni (in scala logaritmica) e le % di sopravvivenza osservate alle 24 ore (il 100% di sopravvivenza non è utilizzabile così come lo 0%). Si congiungono i due punti con una retta (a nella figura). Dal punto di intersezione con la linea del 50% si traccia la perpendicolare all’asse delle diluizioni ottenendo il valore logaritmico 1,622 il cui corrispondente in % è la LC50-24 h = 41,9%. Con analogo procedimento si trova la LC50 a 48 ore che è 38,8% (b nella figura). La diluizione di sicurezza, applicando l’equazione riportata al paragrafo 6, di conseguenza è: Se lo scarico in questione ha una portata per esempio di 8 litri al secondo si potrà così calcolare la portata minima (Q) che il corpo recipiente dovrà avere perchè non abbiano luogo eventi tossici di nessun genere: Dopo diluizione la portata sarà quindi di 80 litri al secondo. 7. Controlli e precisione del metodo Le prove di tossicità esigono controlli soprattutto quando la mortalità ottenuta, nel periodo che precede le prove sia al limite del valore accettabile (10%). I controlli vanno effettuati allestendo, con il solo diluente, delle vasche in condizioni identiche a quelle delle prove. Quando, durante la prova, si osservano tra gli animali di controllo mortalità superiori al 10%, la prova va ripetuta usando un altro lotto di animali. METODI ECOTOSSICOLOGICI La valutazione della LC50 può essere resa più precisa, impiegando carta di probabilità o usando metodi statistici basati sul calcolo, anzichè sull’estrapolazione grafica della LC50. Ai fini abituali per i quali vengono condotte queste determinazioni, il metodo descritto può essere tuttavia considerato soddisfacente. Incidono però sulla precisione del metodo anche altri fattori (numero e cariche degli animali, ampiezza dell’intervallo tra le diluizioni, uniformità della metodologia adottata, ecc.), che possono essere in buona parte ridotti aumentando il numero dei soggetti, riducendo gli intervalli tra le diluizioni ed adottando metodi con ricambio continuo o intervallato del liquido in esame. 8. Espressione dei risultati I risultati del saggio tossicologico vengono espressi in termini di LC50 a 24 e a 48 ore (in volumi% del campione originale o altra unità). È indispensabile che accanto ai due valori di LC50 vengano indicate le condizioni sperimentali adottate e in particolare: specie usata, temperatura di esperimento, caratteristiche del diluente, modalità di ossigenazione, condizioni chimiche all’inizio e alla fine delle prove, volume del liquido usato, numero, dimensioni e peso degli animali. METODO B - Valutazione dell’accettabilità di un effluente 1. Generalità 1.1 Campo di applicazione del metodo Il metodo B prevede, per un giudizio di accettabilità delle acque di scarico, che il campione in esame diluito 1:1 con acqua standard, consenta la sopravvivenza di almeno il 50% degli animali usati per il saggio il carassio e la trota per un periodo di 24 ore, alla temperatura, rispettivamente, di 20°C e 15°C, e in condizioni di aerazione. II metodo quindi, a differenza di quello descritto in precedenza, è rigorosamente standardizzato per la necessità di operare in condizioni confrontabili nell’esecuzione dei controlli sui diversi scarichi. 1.2 Principio del metodo II metodo consiste nel valutare il numero di animali che sopravvivono dopo un periodo di 24 ore a contatto con il campione di effluente, in condizioni sperimentali standardizzate e ad un’unica diluizione (50% con acqua standard). 1.3 Raccolta e conservazione dei campioni II volume del campione necessario per il saggio è di 20 litri. Di questi, 10 vengono utilizzati per il saggio e 10 vengono tenuti come riserva nel caso che quest’ultimo debba essere ripetuto. II campione va conservato a 4°C per non oltre 2 giorni in recipiente riempito completamente. 2. Apparecchiature, reattivi e animali per il saggio 2.1 Apparecchiature Sono necessarie due vasche di vetro o di altro materiale inerte di almeno 20 litri di capacità. La forma dei recipienti non ha grande importanza, a condizione che sia assicurato un battente di almeno 15 cm. Particolarmente adatte possono essere vasche di cm 50x25 di base e cm 20-30 di altezza. Le vasche per il saggio con trota devono essere fornite di una ricopertura a rete. Per la ter 990 METODI ECOTOSSICOLOGICI moregolazione sono necessari bagni o camere termostatiche alla temperatura di 15°C (saggio con trota) e 20°C (saggio con carassio). Per quanto riguarda l’aerazione, le vasche devono essere fornite di un gorgogliatore ad aria che consenta di mantenere la concentrazione dell’ossigeno tra il 40 e il 100% di saturazione durante tutto il saggio. Per le vasche di stabulazione vedasi il Capitolo 2 del metodo A. 2.2 Acqua standard L’acqua standard, da utilizzare per la diluizione del campione di effluente e per il saggio di controllo, va preparata con i seguenti sali: NaHCO3 mg/L 192 CaSO4·2H2O mg/L 120 MgSO4 mg/L 120 KCl mg/L 8 I sali elencati vanno disciolti, nelle quantità indicate, in acqua distillata o deionizzata e la soluzione va aerata prima dell’uso. II pH che si ottiene dopo aerazione è di 7,8-8, la durezza è 160-180 mg/L CaCO3 e l’alcalinità 110-120 mg/L CaCO3. 2.3 Animali per il saggio Per il saggio con carassio si utilizzano animali della specie Carassius auratus di 5-6 cm di lunghezza. Per il saggio con trota s’impiegano animali della specie Salmo gairdneri (= Oncorhynchus mykiss) di 8-12 cm di lunghezza. Per quanto riguarda le condizioni di stabulazione si rinvia al Capitolo 2 e al paragrafo 3.1 del metodo A. 2.4 Numero di animali e volume del campione Per ogni prova sono necessari 10 animali che dovranno essere mantenuti in vasche contenenti 20 litri di campione da saggiare opportunamente diluito, aerato e termostatato. 3. Procedimento Si preparano due contenitori per il saggio. In uno vengono travasati 10 litri del campione da saggiare e 10 di acqua standard, nell’altro 20 litri di acqua standard. Si procede all’aerazione e alla termostatazione a 15°C (trota) o a 20°C (carassio). A condizioni operative raggiunte, si trasferiscono dalle vasche di stabulazione (che devono avere la stessa temperatura del saggio) 10 animali nella vasca con il campione diluito e 10 in quella con il solo diluente (controllo). II trasferimento va eseguito utilizzando un retino che consenta di effettuare tutte le operazioni con rapidità e senza eccessivo stress per gli anima li. A 2-3 ore dall’inizio del saggio si verificano le condizioni di ossigenazione e si regola l’aerazione in modo da mantenere la saturazione sopra il 40% nel caso del carassio e sopra il 60% in quello della trota. Dopo 24 ore si rileva il numero degli animali sopravvissuti. Se durante la prova si osservano mortalità, gli organismi deceduti vanno rimossi dalle vasche. 4. Risultato del saggio Il campione in esame è giudicato accettabile se al termine della prova, sopravvivono 5 o più animali. Se nella vasca di controllo si è registrato anche un solo decesso la prova va ripetuta. M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I 8020. Metodi di valutazione della tossicità con Daphnia 1. Materiali e strumentazione per il saggio I materiali si riducono di fatto ad una serie di recipienti aventi un volume utile di 50 mL. Per la valutazione della tossicità di sostanze volatili i recipienti devono poter essere ermeticamente chiusi. Come ogni altro oggetto destinato ad entrare in contatto con l’acqua di allevamento o con i campioni da saggiare, non devono dar luogo a processi di adsorbimento o di rilascio di sostanze che possono interferire con il saggio. A questo fine vengono utilizzati recipienti in vetro borosilicato o in plastiche fluorurate. Durante il saggio non è infrequente che alcuni animali si portino in superficie e, per ragioni di tensione superficiale o di adesione di bollicine d’aria alle strutture corporee, non possono ridiscendere nel liquido sottostante. Se l’inconveniente dovesse porsi con sistematicità, si potrà fare ricorso a reticelle in teflon di circa 1 mm di maglia mantenute sommerse a qualche mm sotto il pelo del liquido mediante un anello in teflon o altra struttura della forma interna dei recipienti usati per la prova. Le soluzioni poste in questi recipienti devono essere mantenute a temperatura costante (20°C) e, a tal fine, può essere utilizzato un bagno termostatico o altra soluzione idonea (camera termostatica) che consenta il mantenimento della temperatura dei liquidi in esame nell’ambito di 20±1°C. Il saggio viene eseguito in condizioni alterne di luce (16 ore) e di buio (8 ore) e, a tal fine, occorre disporre di una camera oscurabile e di un sistema di lampade fluorescenti (resa cromatica = 90) che dia una illuminazione attenuata (circa 300 lux) al piano di lavoro. È opportuno che il sistema sia fornito di temporizzatore per il controllo del fotoperiodo. Oltre a questi materiali, l’esecuzione del saggio richiede la disponibilità della normale apparecchiatura di laboratorio. Richiede inoltre un misuratore di ossigeno disciolto il cui sensore abbia dimensioni tali da permettere il rilevamento nei contenitori utilizzati per il saggio. 2 . Reagenti e acqua di diluizione La preparazione delle soluzioni e la diluizione vengono effettuate con acqua che deve rispondere alle seguenti caratteristiche: pH 7,5-8,5; alcalinità 110-120 mg CaCO3/L e durezza 140-160 mg CaCO3/L. Per prepararla aggiungere a un litro di acqua deionizzata o distillata passata su colonna di carbone nell’ordine: 10 mg di KCl, 192 mg di NaHCO3, 53 mg di MgSO4 e 183 mg di CaSO4·2H2O. Questa soluzione deve essere aerata per 24 ore prima del suo impiego, alla temperatura di 20°C, con aria compressa priva di contaminanti. 3. Organismi per il saggio L’organismo utilizzato per il saggio è il crostaceo cladocero della specie Daphnia magna Straus, che può essere ottenuto da laboratori di idrobiologia o di tossicologia acquatica. Per i saggi vengono utilizzati i neonati di età inferiore alle 24 ore. A questo scopo, prima del- l’allestimento del saggio viene individuato nelle vasche di allevamento e isolato in acqua di diluizione, un numero adeguato di femmine adulte (4-5 mm di lunghezza corporea) prossime al parto, riconoscibili per il colore aranciato delle uova presenti nella camera di incubazione. Sono da scartare colture in riproduzione sessuata con elevata mortalità, bassa nata METODI ECOTOSSICOLOGICI lità o con altri sintomi evidenti di condizioni colturali non adeguate. Queste femmine, quando rispondono ai suddetti requisiti di idoneità, potranno deporre un numero di neonati ciascuna, generalmente compreso tra 20 e 50. METODO A - Valutazione della EC50 a) La soluzione del prodotto da esaminare va preparata utilizzando come solvente l’acqua standard debitamente aerata. Ai fini di una corretta conduzione del saggio è consigliabile acquisire alcune informazioni essenziali sui prodotti in esame, quali la solubilità in acqua e la tensione di vapore. Nel caso di tossici poco solubili sono da privilegiare i metodi di dispersione meccanica rispetto all’impiego di sostanze solubilizzanti. Qualora l’impiego di queste ultime si renda necessario, sono da utilizzare quelle a minore tossicità per la daphnia. In ogni caso nella valutazione dei risultati va tenuto conto che questi possono essere dovuti all’azione combinata della sostanza in esame e dell’agente solubilizzante. b) Per la valutazione della EC50 di effluenti occorre disporre di un volume di almeno 1 L di campione. Se la prova viene allestita entro 6 ore, il campione non va refrigerato a 4 °C, necessità che invece si pone se la prova viene effettuata entro 48 ore dal prelievo. Si consiglia tuttavia, l’utilizzo immediato del campione in quanto la conservazione comporta modificazioni di entità non prevedibile. c) II prodotto o l’effluente in esame vengono saggiati in un primo momento con una prova preliminare e successivamente con una prova definitiva. La prova preliminare si effettua operando con 5 diverse concentrazioni o diluizioni e una sola replica per ciascuna di esse. Il numero di contenitori necessario in questo caso è quindi sei, di cui uno di controllo con il solo liquido diluente. Queste concentrazioni di prodotto in esame o diluizioni di effluente vengono scelte in progressione geometrica. Nel caso di effetti tossici del tutto ignoti, si può procedere secondo un fattore 10 e la serie delle 5 concentrazioni o diluizioni può essere indicativamente la seguente: 0,01 mg/L; 0,1 mg/L; 1 mg/L; 10 mg/L; 100 mg/L di prodotto o % (v/v) di effluente. d) Individuato l’ambito di tossicità, viene allestita la prova definitiva effettuata con quattro repliche e secondo una serie ad intervalli meno ampi (ad esempio 0,1-0,4-0,8-1,6). Il numero di contenitori necessari in questo caso è 24, di cui 20 verranno usati per saggiare in quadruplo le 5 concentrazioni o diluizioni e 4 per la prova di controllo con la sola acqua di diluizione. Nel caso di tossici volatili dovranno essere usati contenitori a chiusura ermetica e completamente riempiti. Il volume di questi recipienti deve essere tale che l’ossigeno disciolto al termine della prova non risulti inferiore a 2 mg/L. e) In tutti i casi in cui sia possibile, è consigliato il controllo analitico delle concentrazioni del tossico in esame. Se lo scostamento tra la concentrazione misurata e quella nominale è superiore al 20%, i risultati del saggio dovranno essere basati sulla concentrazione misurata. f) In ogni contenitore vengono trasferiti 50 mL della soluzione in esame. g) In ciascuno dei 24 recipienti vengono quindi trasferiti 5 neonati di daphnia. Questa operazione va condotta in modo da non danneggiare gli animali e, a questo scopo, si utilizza una pipetta in vetro dal diametro interno di circa 3-5 mm provvista di bulbo elastico per l’aspirazione. I trasferimenti devono essere effettuati immergendo la pipetta sotto la superficie e rilasciando lentamente il liquido contenente gli animali. L’operazione deve essere condotta riducendo al minimo il volume d’acqua aspirato con le daphniae al fine di non diluire in modo significativo il campione in esame. Allo scopo di rispettare alcune esigenze di distribuzione casuale degli animali, è opportuno che il trasferimento ai recipienti delle prove venga effettuato ponendo alternativamente le daphniae pipettate nei diversi recipienti fino a raggiungere il numero di 5, anziché completare un recipiente per poi passare al successivo. h) A trasferimento avvenuto si registra l’ora di inizio della prova e questa viene condotta senza modificare il fotoperiodo al quale gli animali sono stati allevati. i) Durante questo periodo agli animali non viene somministrata alcuna alimentazione. l) Al termine del saggio e, se necessario con l’aiuto di una lente, si contano gli organismi immobili e cioè incapaci di attività natatoria anche dopo leggera agitazione del contenitore. METODI ECOTOSSICOLOGICI m) Se nelle soluzioni di controllo gli organismi immobili o galleggianti superano complessivamente il 10%, il saggio va ripetuto. n) Il saggio dovrà essere ripetuto anche quando dopo le 24 ore della prova, in presenza di casi di immobilizzazione, la concentrazione dell’ossigeno disciolto risulterà inferiore a 2 mg/L. In questo caso il nuovo saggio dovrà essere allestito ricambiando le soluzioni in esame durante le 24 ore della prova, oppure equipaggiando i recipienti con sistemi di aerazione che non diano luogo a turbolenza o ad altri inconvenienti dannosi per gli animali. o) Con i dati raccolti nella prova a 24 ore può essere calcolata la 24hEC50 (in mg/L oppure in % di diluizione) e i rispettivi limiti fiduciali. La condizione necessaria per questi calcoli è che vi siano almeno due casi di parziale immobilizzazione (diversi cioè da 0 e 100%) e prossimi, possibilmente, al 50%. Se questa condizione non è raggiunta si può fare ricorso ad altri metodi di calcolo oppure si può ripetere la prova operando in un ambito più idoneo di concentrazioni o di diluizioni. p) Il saggio può essere prolungato per la valutazione della EC50 a 48 ore. A tal fine si procede al rinnovo delle 24 soluzioni con soluzioni fresche (ricorrendo nel caso di un effluente, al campione refrigerato) nelle quali vengono trasferiti gli animali che già hanno soggiornato per 24 ore nelle soluzioni a concentrazione o diluizione corrispondente. q) La procedura, le cautele ed i criteri per la seconda parte della prova sono gli stessi già descritti. r) Al termine della prova può essere calcolata la EC50 a 48 ore seguendo i criteri indicati. METODO B - Valutazione dell’accettabilità di un effluente a) Il campione di circa 500 mL di effluente di cui deve essere valutata l’accettabilità, va utilizzato entro le 24 ore dalla raccolta e conservato alla temperatura di 4°C. Si consiglia l’utilizzo immediato del campione in quanto la conservazione comporta modificazioni di entità non prevedibile. In ogni caso è opportuno che il campione venga suddiviso in due aliquote di almeno 250 mL di cui una verrà utilizzata per il saggio e l’altra potrà tornare utile per ulteriori prove. b) Eventuali solidi galleggianti vanno rimossi per filtrazione su lana di vetro o su rete di teflon a maglie di circa 1 mm. c) Si procede quindi alla regolazione della temperatura del campione prima del suo trasferimento nei recipienti per il saggio (20±1°C). d) Per il saggio si predispongono sei recipienti di cui tre contenenti ciascuno 50 mL di effluente e tre 50 mL di sola acqua di diluizione utilizzata come controllo. e) In ciascuno dei sei recipienti vengono trasferiti 10 neonati di daphnia. Questa operazione va condotta in modo da non danneggiare gli animali e, a questo scopo, si utilizza una pipetta di vetro del diametro interno di circa 3-5 mm provvista di bulbo elastico per l’aspirazione. I trasferimenti devono essere effettuati immergendo la pipetta sotto la superficie e rilasciando lentamente il liquido contenente gli animali. L’operazione deve essere condotta riducendo al minimo il volume d’acqua trasferito con le daphniae al fine di non diluire in modo significativo il campione in esame. Allo scopo di rispettare alcune esigenze di distribuzione casuale degli animali, è consigliabile che il trasferimento ai recipienti delle prove venga effettuato ponendo alternativamente le dafnie pipettate nei sei recipienti fino a raggiungere il numero di dieci, anziché completare un recipiente per poi passare ai successivi. f) A trasferimento avvenuto, si registra l’ora di inizio della prova e questa viene condotta senza modificare i tempi di illuminazione ai quali gli animali sono stati allevati. g) Durante le 24 ore della prova gli animali non vengono alimentati. h) Al termine del saggio e, se necessario, anche con l’aiuto di una lente, si contano gli orga nismi immobili e cioè incapaci di attività natatoria anche dopo leggera agitazione del contenitore. i) II saggio va ripetuto se nelle soluzioni di controllo gli organismi immobili o galleggianti superano complessivamente il 10%. METODI ECOTOSSICOLOGICI l) Il saggio dovrà essere ripetuto anche quando dopo le 24 ore della prova in presenza di casi di immobilizzazione, la concentrazione di ossigeno disciolto risulterà inferiore a 2 mg/L. In questo caso il nuovo saggio dovrà essere allestito ricambiando il liquido in esame durante le 24 ore della prova oppure equipaggiando i recipienti con sistemi di aerazione che non diano luogo a turbolenze o ad altri inconvenienti dannosi per gli animali. Il giudizio di accettabilità del campione in esame viene dato quando al termine delle 24 ore la somma degli organismi immobili dei tre recipienti contenenti il campione in esame, risulta inferiore al 50%; se è pari o superiore al 50% il campione viene giudicato inaccettabile. Per effluenti che recapitino in fognatura il campione è giudicato inaccettabile se la percentuale di organismi immobili è pari o superiore all’80%. APPENDICE 1 - Allevamento di Daphnia magna 1. Strumentazione Oltre alla normale strumentazione di laboratorio sono necessari: -un sistema di illuminazione che consenta di ottenere 1000 lux a livello delle vasche (lampade fluorescenti con indice di resa cromatica = 90) fornito di temporizzatore per il controllo del fotoperiodo; -un sistema di termoregolazione atto al mantenimento della temperatura nel- l’ambito di 20±1°C; -un sistema di aerazione a bassa portata e pressione fornito di diffusori a pietra porosa del tipo da acquario; -un misuratore di ossigeno disciolto; - una camera di conta e microscopio o contatore automatico di particelle; -vasche in tutto vetro con una capacità di circa 5 L. Tutti gli accessori destinati ad entrare in contatto con l’acqua di allevamento non devono rilasciare sostanze tossiche. Vetro borosilicato e plastiche florurate sono da preferire in tutti i casi in cui sia possibile. 2. Acqua Per l’allevamento della daphnia le acque di rete non clorate, di falda o di un corpo idrico superficiale sono tutte potenzialmente utilizzabili purchè non contaminate. Sono da preferire quelle che presentano una sufficiente stabilità delle caratteristiche chimico-fisiche. Qualunque sia l’acqua prescelta, I’aerazione per 24 ore ed un trattamento con carbone attivo, preceduti nel caso di acque superficiali da filtrazione su membrane di 0,22 µm, assicurano un netto miglioramento della qualità. Se necessario, l’acqua trattata va corretta in alcuni dei suoi costituenti maggiori per ottenere approssimativamente una durezza di 150 mg CaCO3/L, un rapporto Ca/Mg=4 e Na/K=10. La diluizione viene effettuata con acqua deionizzata o distillata filtrata su carbone attivo o con acqua Milli Q, mentre gli aumenti di concentrazione si ottengono per aggiunta di sali di grado analitico (es. CaCl2, MgSO4, NaHCO3, KCl, ecc.). L’acqua così preparata va saggiata per verificarne l’idoneità all’allevamento di Daphnia magna. A questo scopo si utilizza un gruppo di almeno dieci organismi, di età inferiore alle 24 ore, mantenuti in 500 mL di acqua ed alle condizioni previste per l’allevamento. Ogni 48 ore si provvede al trasferimento in altri 500 mL di mezzo fresco, all’aggiunta di cibo nelle quantità indicate ed alla conta, previa rimozione, dei dafnidi prodotti. La prova ha una durata di circa 14 giorni corrispondenti a tre schiuse. Le condizioni di idoneità dell’acqua di allevamento si hanno se: METODI ECOTOSSICOLOGICI - la prima schiusa avviene entro il nono giorno; -il numero medio complessivo di neonati per femmina dopo tre schiuse è superiore a 20 e preferibilmente prossimo a 60; - la mortalità non supera il 20%. II prolungamento della prova oltre la terza schiusa è comunque consigliabile offrendo maggiori garanzie di idoneità. 3. Termoregolazione La temperatura per il mantenimento di Daphnia magna è di 20±1°C. 4. Illuminazione Le vasche di allevamento vengono illuminate con un fotoperiodo di 16 ore di luce e 8 ore di buio. 5. Ossigenazione Nelle vasche di allevamento viene mantenuta una concentrazione di ossigeno disciolto superiore a 6 mg/L insufflando aria mediante dei diffusori. Quest’aria può contenere contaminanti che vanno rimossi per passaggio su cartuccia di carbone attivo o altro materiale adsorbente. 6. Alimentazione e mantenimento La dieta per il mantenimento in coltura di Daphnia magna è costituita da due organismi unicellulari, un’alga verde Selenastrum capricornutum ed un lievito Saccharomyces cerevisiae. Sia la sospensione algale che quella di lievito vengono somministrate quotidianamente in quantità tali da assicurare una densità nelle vasche di allevamento di circa 300.000 cellule/ mL per ciascuno dei due organismi. La somministrazione può avere luogo a giorni alterni e, in questo caso, i volumi delle sospensioni cellulari vanno raddoppiati. II permanere della torbidità del mezzo acquoso può costituire un indice visivo in base al quale rinviare la somministrazione del cibo. II rinnovo parziale e bisettimanale dell’acqua delle vasche come pure il controllo della densità ad un massimo di circa 100 individui/L costituiscono condizioni necessarie per una corretta conduzione dell’allevamento. A questo fine occorre inoltre effettuare il trasferimento periodico (15-20 giorni) di alcuni organismi in attiva riproduzione partenogenetica, ad una vasca contenente cibo e mezzo freschi. È consigliabile mantenere contemporaneamente almeno due vasche, evitando in tal modo che un qualsiasi inconveniente comporti la perdita dell’organismo. L’allestimento di queste vasche è utile che sia sfalsato di alcuni giorni al fine di disporre in modo pressochè continuo dei dafnidi necessari alla sperimentazione. 7. Coltura algale La cloroficea Selenastrum capricornutum viene allevata in un mezzo di coltura allestito con le seguenti modalità. Si preparano quattro soluzioni in acqua bidistillata o Milli-Q filtrata su membrana da 0,22 µm dei sali di seguito indicati: METODI ECOTOSSICOLOGICI Soluzione 1 NaNO3 25,500 g/L MgCl2·6H2O 12,164 g/L CaCl2·2H2O 4,410 g/L H3BO3 185,520 mg/L MnCl2·4H2O 415,380 mg/L ZnCl2 3,270 mg/L CoCl2·6H2O 1,428 mg/L CuCl2·2H2O 0,012 mg/L Na2MoO4·2H2O 7,260 mg/L FeCl3·6H2O 160,000 mg/L Na2EDTA·2H2O 300,000 mg/L Soluzione 2 MgSO4·7H2O 14,700 g/L Soluzione 3 K2HPO4 1,044 g/L Soluzione 4 -NaHCO3 15,000 g/L II mezzo di coltura è ottenuto diluendo 2 mL di ciascuna soluzione al volume finale di 1 litro con acqua bidistillata o Milli-Q filtrata su 0,22 µm. II mezzo viene inoculato in modo da ottenere una densità iniziale di circa 200.000 cellule/mL. Le alghe vengono incubate a 20±2°C e con una illuminazione di circa 4000 lux fornita da lampade fluorescenti cool-white con fotoperiodo di 16 ore di luce. La sospensione algale è mantenuta in agitazione continua insufflando aria filtrata e dopo 56 giorni di incubazione, raggiunge di norma una densità prossima ai 9-10 milioni di cellule/ mL. La biomassa algale viene separata dai residui del mezzo di coltura mediante centrifugazione (400 RCF per 5-10 minuti). II sopranatante viene scartato e le alghe ridisperse in acqua di allevamento con durezza ridotta a 30-50 mg CaCO3/L. Si fa seguire una seconda centrifugazione e quindi si procede alla raccolta delle alghe. Le cellule algali, risospese nello stesso tipo di acqua usata per i lavaggi in modo da ottenere una densità d’impiego di circa 100 milioni di cellule/mL, possono essere conservate al buio ed alla temperatura di 4°C. In tali condizioni si mantengono vitali per oltre 30 giorni e potranno essere utilizzate per inoculare la coltura successiva. 8. Sospensione di lievito II lievito Saccharomyces cerevisiae, reperibile in confezioni commercializzate per la panificazione, viene disperso in acqua di durezza 30-50 mg CaCO3/L ottenuta per miscelazione del- l’acqua di allevamento con acqua bidistillata o Milli-Q. La densità d’impiego è di circa 100 milioni di cellule/mL. Anche la sospensione di lievito può essere conservata al buio ed alla temperatura di 4°C. 9. Idoneità degli organismi È opportuno verificare periodicamente le condizioni generali di allevamento. A questo fine si può ricorrere all’esame visivo del contenuto lipidico degli organismi, indice lipidico, come pure ad una sostanza tossica di riferimento. Per quest’ultima si propone il bicromato di potassio di cui si determina la 24hEC50 nelle condizioni sperimentali indicate dal metodo. METODI ECOTOSSICOLOGICI APPENDICE 2 - Calcolo della EC50 Vengono proposti tre metodi per il calcolo della EC50 e dei relativi limiti fiduciali. La corretta applicazione del primo metodo richiede che i risultati del saggio comprendano almeno due effetti parziali, diversi cioè da immobilizzazione 0 e 100%, quantunque esso possa fornire una stima della EC50 e dei limiti di confidenza anche con un solo risultato parziale. II secondo metodo viene utilizzato in assenza di effetti intermedi fra 0 e 100% e quando non siano necessarie particolari informazioni sulla relazione concentrazione/effetto del tossico in esame. È proposto infine un terzo metodo di calcolo, disponibile come programma per personal computer, la cui applicabilità necessita di almeno due risultati parziali. 1. Litchfield e Wilcoxon (metodo semplificato) Retta concentrazione/effetto Si tabulano le concentrazioni di sostanza o le percentuali (v/v) di effluente saggiate e le corrispondenti percentuali cumulative di organismi immobilizzati (=100 x n/20). Non si considerano più di due concentrazioni consecutive che hanno causato la completa immobilizzazione (100%) e parimenti non più di due che hanno determinato effetto nullo (0%). Escludendo gli effetti 0 e 100%, si rappresentano su carta logaritmo-probabilistica le percentuali di organismi immobilizzati in funzione delle concentrazioni corrispondenti. Queste ultime sono riportate sulla scala logaritmica e gli effetti sulla scala delle ordinate. Si traccia la retta che meglio approssima i punti ottenuti, privilegiando quelli compresi fra il 40 e il 60% di effetto. Utilizzando la retta si leggono e si tabulano gli effetti attesi per ciascuna delle concentrazioni saggiate, scartando quelle il cui effetto atteso risulti inferiore a 0,01 o superiore a 99,99. II grafico viene completato rappresentando anche le concentrazioni che hanno prodotto effetto 0 e 100%. A questo scopo si legge sulla retta tracciata l’effetto atteso per tali concentrazioni e si riporta in grafico il corrispondente valore corretto secondo le indicazioni di Tab. 1. Se la retta ottenuta risulta insoddisfacente si traccia una nuova retta e si ripetono i passaggi descritti. Tabella 1: Valori corretti per effetto 0 e 100%. Es.: ad un valore atteso di 98,6% corrisponde un valore corretto di 99,5% Atteso 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 -0,3 0,7 1,0 1,3 1,6 2,0 2,3 2,6 2,9 10 3,2 3,5 3,8 4,1 4,4 4,7 4,9 5,2 5,5 5,7 20 6,0 6,2 6,5 6,7 7,0 7,2 7,4 7,6 7,8 8,1 30 8,3 8,4 8,6 8,8 9,0 9,2 9,3 9,4 9,6 9,8 40 9,9 10,0 10,1 10,2 10,3 10,3 10,4 10,4 10,4 10,5 50 -89,5 89,6 89,6 89,6 89,7 89,7 89,8 89,9 90,0 60 90,1 90,2 90,4 90,5 90,7 90,8 91,0 91,2 91,4 91,6 70 91,7 91,9 92,2 92,4 92,6 92,8 93,0 93,3 93,5 93,8 80 94,0 94,3 94,5 94,8 95,1 95,3 95,6 95,9 96,2 96,5 90 96,8 97,1 97,4 97,7 98,0 98,4 98,7 99,0 99,3 99,7 Test del Chi2 Si calcolano e si tabulano le differenze tra i valori osservati (o corretti) ed i valori attesi. Mediante il nomogramma di Fig. 1, per ciascuna differenza viene determinato e tabulato il corrispondente contributo al Chi2. Si sommano poi i singoli contributi e si moltiplica il totale per il numero medio di animali saggiati per concentrazione calcolando a questo scopo, il rapporto fra il numero complessivo di organismi usati per le sole concentrazioni riportate in grafico e il numero delle medesime (=K). 999 METODI ECOTOSSICOLOGICI II dato così ottenuto rappresenta il valore del Chi2 della retta in esame. II numero dei gradi di libertà è dato dal numero di concentrazioni rappresentate in grafico diminuito di due unità (G.L.=K-2). Se il Chi2 della retta è inferiore al valore riportato in Tab. 2 per n gradi di libertà, significa che la retta tracciata approssima in modo soddisfacente i risultati sperimentali. In caso contrario si traccia una nuova retta che possa approssimare meglio i dati ottenuti e si ripete l’esame descritto. Figura 1: Nomogramma dei contributi al Chi2. La retta che congiunge il valore ottenuto dalla differenza tra l’effetto osservato e quello atteso con il corrispondente effetto atteso indica, nel punto di intersezione con la scala del Chi2 il contributo cercato Gradi di libertà (G.L.) Chi2 1 3,84 2 5,99 3 7,82 4 9,49 5 11,1 6 12,6 7 14,1 8 15,5 9 16,9 10 18,8 Tabella 2: Valori del Chi2 (P= 0,05) METODI ECOTOSSICOLOGICI EC50 e limiti fiduciali II valore della EC50 (24 o 48h) è letto sulla scala logaritmica del grafico della retta in corrispondenza dell’effetto del 50%. Mediante il grafico della retta si individuano le concentrazioni pari ad un effetto del 16 e dell’84% (EC16; EC84) e si calcola il valore della funzione S secondo la seguente espressione: Si determina il valore di N che rappresenta il numero complessivo di organismi saggiati alle concentrazioni il cui effetto atteso è compreso fra 16 e 84% e si procede al calcolo del fattore f mediante la seguente espressione: dove S e N hanno il significato già illustrato. I limiti fiduciali della EC50 al 95% di probabilità si ottengono come segue: limite superiore = limite inferiore = 2. Media geometrica Calcolo della EC50 In assenza di risultati parziali la EC50 può essere calcolata come segue:  . dove A è la massima concentrazione che non ha causato immobilizzazione (effetto 0%) e B è la minima che ha determinato la completa immobilizzazione degli organismi saggiati (effetto 100%). Limiti fiduciali Le due concentrazioni A e B rappresentano i limiti fiduciali della EC50 con un livello di probabilità che dipende dal numero medio di organismi utilizzato per concentrazione (N). Il livello di probabilità associato ad A e B è calcolato con la seguente espressione: Con 20 organismi per concentrazione, come previsto dalla presente metodologia di saggio, il livello di probabilità associato ai limiti fiduciali A e B è superiore al 99,99%. METODI ECOTOSSICOLOGICI 3. Analisi dei “probits” Questo terzo metodo è proposto come programma per personal computer con sistema operativo DOS versione 3.0 o successiva. Partendo dai risultati sperimentali, che devono comprendere due effetti intermedi tra 0 e 100%, il programma fornisce la EC50 e la EC1 con i relativi limiti fiduciali più una serie di informazioni sulla retta di regressione “probit” e sull’analisi statistica effettuata. BIBLIOGRAFIA APHA, AWWA, WEF (1998): “Toxicity test procedure for Daphnia”. In: Standard methods for the examination of water and wastewater, XX Edition, 8-82, 8-86, (Washington, APHA). ASTM (1984): “Standard practice for conducting static acute toxicity test on wastewaters with Daphnia”, American society for Testing and Materials, E 4229-84. ISO (1982): “Water quality - Determination of the mobility of Daphnia magna Straus (Cladocera, Crustacca)”, International Organisations of Standardisation, ISO 6341. MARCHETTI R. & VIGANÒ L. (1991): “Metodi per la determinazione di effeffi tossici acuti con Daphnia magna”. In saggio di tossicità con Daphnia, Quad. Ist. Ric. Acque, 93, 2.1 2.23. OECD (1984): “Daphnia sp., acute immobilisation test and reproduction test”. Guideline n. 202. In: OECD Guidelines for testing of chemicals, Effects on biotic systems, ISBN 92-6412221- 4. PUDDU A. (1989): “Programma di calcolo per l’elaborazione dei risultati di un saggio di tossicità mediante analisi dei Probits”, IRSA-Notiziario Metodi Analitici per le Acque, 9 (2), 19 37. VIGANÒ L. (1991): “Suitability of commercially available spring waters as standard medium for culturing Daphnia magna”, Bull. Environ. Contam. Toxicol., 47, 775-782. VIGANÒ L. (1993): “Reproductive strategy of Daphnia magna and toxicity of organic compounds, Wat. Res., 27, 903-909. METODI ECOTOSSICOLOGICI 8030. Metodo di valutazione della tossicità acuta con batteri bioluminescenti Metodo per la determinazione dell’inibizione della bioluminescenza emessa da Vibrio fischeri (già Photobacterium phosphoreum) 1. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la tossicità acuta di campioni o estratti provenienti da corpi idrici d’acqua dolce, marina o salmastra utilizzando come risposta l’inibizione della bioluminescenza naturalmente emessa dai batteri marini della specie Vibrio fischeri. La bioluminescenza emessa da una popolazione monospecifica di 106 cellule di batteri Gramnegativi appartenenti alla specie Vibrio fischeri, ceppo NRRL-B-11177, viene utilizzata per un saggio a 15-30 minuti per la determinazione della EC50, della EC20 e della diluizione di non effetto. 2. Campo di applicazione Il metodo può essere utilizzato per valutare gli effetti tossici acuti di campioni di scarichi afferenti in acque dolci, salmastre, marine o a salinità superiore a quella di mare; di campioni d’acqua superficiale e sotterranea dolce, salmastra, marina o a salinità superiore a quella di mare; di acque destinate al consumo umano; di eluati di fanghi, sedimenti o altri campioni solidi; di estratti di sedimenti e fanghi; di sostanze pure. 3. Interferenze e cause di errore Sostanze volatili o scarsamente solubili in acqua, composti che possono reagire con l’acqua di diluizione del saggio o che si possono alterare durante le prove, possono influenzare l’attendibilità del risultato ottenuto. Campioni colorati o torbidi possono interferire con la misura fotometrica della luce emessa dai batteri, invalidandone l’analisi. Per saggiare campioni colorati o torbidi occorre eseguire il saggio seguendo le istruzioni dell’Appendice A. Un’elevata umidità relativa dell’ambiente di laboratorio in cui è effettuato il saggio può impedire la corretta lettura delle cuvette. In merito seguire le istruzioni del costruttore del luminometro. La presenza di cloro attivo, utilizzato per la disinfezione delle acque, può interferire con il risultato del saggio diminuendo la vitalità dei batteri. Tale interferenza può essere eliminata procedendo ad una neutralizzazione con tiosolfato (vedi Appendice B). Valori di pH inferiori a 6 o superiori a 9, così come valori di salinità inferiori a 20‰ o superiori a 50‰ possono influire sulla sopravvivenza dei batteri, inibendone la naturale luminosità. Nel caso di saggio con campioni d’acqua dolce, il cloruro di sodio utilizzato come correttore osmotico può legare i metalli e/o l’ammoniaca sottraendoli alla biodisponibilità dell’organismo. Per evitare tale effetto può essere utile aggiungere saccarosio al campione ed alle sue diluizioni in modo da raggiungere una concentrazione del 20%, anziché utilizzare il cloruro di sodio. Tale concentrazione di saccarosio riproduce la pressione osmotica minima per la sopravvivenza del batterio. La sostituzione del saccarosio al cloruro sodico è consigliata METODI ECOTOSSICOLOGICI quando per la natura stessa del campione (es. scarichi di industrie galvaniche, siderurgiche, meccaniche, elettroniche, chimiche, per la produzione di materie plastiche o catalizzatori, ecc.) o a causa di indagini precedentemente condotte, si sospetti la presenza di elevate concentrazioni di metalli e/o ammoniaca. Il saggio con saccarosio ha solo valore indicativo e non è sostitutivo del saggio con cloruro di sodio. Nel caso che sia usato il saccarosio come correttore osmotico, si rammenti che esso può essere metabolizzato dal Vibrio fischeri (Carl- son-Ekvall, 1995). L’uso del saccarosio invece del cloruro di sodio deve essere riportato nel rapporto d’analisi. 4. Campionamento e conservazione del campione Il campionamento deve essere effettuato in accordo con quanto previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. In particolare, nell’esecuzione di test su acque di scarico il volume di campione necessario per il saggio è di circa 10 mL. Si consiglia per eventuali ripetizioni, di riempire sino all’orlo con il campione d’acqua un contenitore da 100 mL in materiale chimicamente inerte (preferibilmente in vetro scuro). Tale procedura consente di evitare perdite eventuali di sostanze volatili presenti nel campione. Il campione così prelevato deve essere conservato al buio e alla temperatura di 4°C per non più di 72 ore. Per tempi maggiori si consiglia di congelare il campione a -20°C; in quest’ultimo caso, tuttavia, non è possibile assicurare la totale conservabilità delle caratteristiche chimiche originali del campione ai fini del risultato del saggio tossicologico. 5. Apparecchiature 5.1 Congelatore per la conservazione delle colture batteriche a -20°C. 5.2 Termostato per mantenere le cuvette del saggio a 15±1°C. 5.3 Bagno termostatico per la riattivazione dei batteri secondo istruzioni del produttore. 5.4 Luminometro in grado di leggere a 490 nm di lunghezza d’onda con una cella di misura termostatata a 15±1°C. 5.5 pH-metro 5.6 Cronometro 5.7 Salinometro (opzionale) 5.8 Micropipette a volume variabile da 10 a 200 µL e da 200 a 5000 µL con adeguati puntali. Tutti gli accessori destinati a venire in contatto con la sospensione batterica non devono rilasciare sostanze tossiche. 6. Reattivi 6.1 Organismo test Per il saggio viene utilizzato il ceppo NRRL-B-11177 della specie marina Vibrio fischeri depositato presso il DSM, Mascheroder Weg 16, 38124 Braunschweig, Germany, o presso l’American Type Culture Collection, 12301 Parkland Drive, Rockville, Maryland, U.S.A. Il batterio può essere coltivato e conservato come descritto in appendice C oppure può essere ac 1004 METODI ECOTOSSICOLOGICI quistato come preparato commerciale. In tutti i casi devono essere rispettati, per ciascun lotto di batteri, i seguenti valori di 30minEC50 relativi a tre composti scelti come riferimento: Composto 30minEC50 (mg/L) 3,5-diclorofenolo < 6 K2Cr2O7 < 24 (come CrVI) ZnSO4·7H2O < 28 (come ZnII ) Inoltre, il valore di fkt (vedi Capitolo 8) per esposizioni sia a 15 che a 30 minuti deve essere compreso tra 0,7 e 1,4 e i coefficienti di variazione tra le repliche non devono essere superiori al 10%. Il saggio di ciascun campione deve essere inoltre validato, verificando l’effetto di inibizione della bioluminescenza del 3,5-diclorofenolo. 6.2 Soluzione diluente Sciogliere 20 g di sodio cloruro in 1 litro di acqua distillata. Aggiustare il pH a 7±0,2 consodio idrossido (NaOH) 1M o con acido cloridrico (HCl) 1M. È possibile acquistare soluzioni diluenti già preparate per il saggio con batteri bioluminescenti. Questa soluzione può essere conservata per quattro settimane a 4°C, ma il pH della soluzione deve essere sempre controllato e, se necessario, aggiustato ogni giorno al momento d’uso. 6.3 Soluzione ricostituente Per i batteri coltivati in laboratorio (vedi Appendice C) utilizzare una soluzione ottenuta sciogliendo sotto agitazione per trenta minuti: -8 g di D(+)glucosio monoidrato (C6H12O6·H2O); -20 g di NaCl; -2,035 g di magnesio cloruro esaidrato (MgCl2·6H2O); -0,30 g di potassio cloruro (KCl); in 1 litro di acqua distillata e portare a pH 7±0,2. Questa soluzione può essere conservata a -20°C per almeno tre mesi. Per i batteri disponibili commercialmente deve essere garantita una concentrazione salina finale (sotto forma di NaCl) della sospensione del 2%. 7. Procedimento Prima di condurre il saggio portare il campione a temperatura ambiente, misurare il pH e, nei campioni d’acqua di mare o salmastra, la salinità. Nel caso in cui il valore del pH si collochi al di fuori dell’ambito di sopravvivenza dell’organismo (cfr. par. 3) il saggio va eseguito sia al pH originale del campione, sia a pH 7,0±0,2 previa aggiunta di NaOH e HCl 1M. Nel caso in cui invece, il pH del campione sia compreso tra 6 e 9 unità, non occorre modificare il pH. Se il campione d’acqua è stato sottoposto a disinfezione, è necessario misurare la quantità di cloro attivo presente (vedi Appendice B). Nel caso di campioni d’acqua dolce è necessario aggiungere al campione una quantità equivalente di NaCl tale da ottenere una salinità pari al 20‰. Quando necessario (vedi Capitolo 3) il saggio va eseguito utilizzando il saccarosio invece del sale. Per campioni d’acqua di mare, salmastra o a salinità superiore a quella di mare non è necessario alterare la salinità del campione se questa si trova nell’ambito di sopravvivenza dell’organismo (vedi Capitolo 3). Per campioni d’acqua di scarico afferenti in acque di mare, il saggio va condotto alla salinità del corpo recettore. 1005 METODI ECOTOSSICOLOGICI 7.1 Riattivazione della sospensione batterica Le sospensioni congelate dei batteri, siano esse coltivate in laboratorio o acquistate, devono essere riattivate prima dell’uso, aggiungendo la soluzione ricostituente (6.3). La quantità da aggiungere può variare in considerazione della procedura del saggio, tenendo presente che la quantità di batteri nella cuvetta finale del saggio non deve comunque essere inferiore a 106 cellule per cuvetta. Nel caso di batteri provenienti dal commercio, per la riattivazione seguire le istruzioni dei singoli produttori. Dopo la riattivazione è necessario attendere circa 30 minuti, prima di procedere al saggio. La sospensione batterica può essere utilizzata nelle 4-5 ore successive alla riattivazione o, comunque, finchè siano rispettati i valori di fkt riportati in 6.1. Se si conduce il test con una soluzione diluente in saccarosio (Capitolo 3) anche i batteri devono essere riattivati nelle stesse condizioni. 7.2 Conduzione del saggio Varie procedure di conduzione del saggio possono essere adottate a seconda che sia noto (saggio definitivo) o no (saggio preliminare) l’ambito di concentrazioni entro cui ci si aspetta di rilevare l’effetto tossico dell’acqua o degli estratti da analizzare. Per campioni poco tossici o per corpi idrici superficiali si consiglia invece, di adottare la procedura di saggio al 100%. 7.2.1 Saggio preliminare e definitivo al 100% Quando sia ignota la tossicità del campione da analizzare occorre procedere preliminarmente saggiando un ampio intervallo di diluizioni. Si consiglia di saggiare, oltre alla soluzione di controllo (si utilizza la soluzione diluente 6.2), il campione tal quale e almeno quattro diluizioni successive 1:10 con la soluzione diluente (6.2), pari al 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% del campione. Il saggio è condotto utilizzando una sola cuvetta per diluizione e, quindi, in singolo. Si preparano le diluizioni nelle cuvette e si incubano le cuvette per circa 15 minuti a 15°C. In altre cuvette, una per ciascuna diluizione, si preparano le sospensioni batteriche riattivate, come descritto in (7.1), in appropriato volume, in modo che la concentrazione massima finale del campione in cuvetta di lettura non sia inferiore all’80%. Per la conduzione del saggio può essere necessario preparare una sospensione batterica più concentrata al fine di ridurre la diluizione del campione da saggiare. Si lasciano termostatare le cuvette con la sospensione batterica per circa 15 minuti a 15°C e si misura l’intensità luminosa emessa dai batteri per ciascuna cuvetta con il luminometro. Tale misura viene indicata come I0. Immediatamente dopo la determinazione dell’I0, si aggiunge il complemento a 1000 µL di campione o di diluizioni di campione o di soluzione controllo alle cuvette contenenti la sospensione batterica. A 15 e 30 minuti dall’aggiunta del campione viene misurata per ciascuna cuvetta l’intensità luminosa emessa dai batteri. I valori ottenuti corrispondono rispettivamente all’I15 e all’I30 per ciascuna cuvetta. È necessario cronometrare il tempo intercorrente tra l’I0 e l’I15 o l’I30 per ciascuna cuvetta in modo da assicurare che sia mantenuto lo stesso tempo di esposizione per ciascuna cuvetta. Al termine della prova è generalmente possibile individuare un intervallo di concentrazioni entro cui procedere per il successivo saggio definitivo. Generalmente tale intervallo è compreso tra la concentrazione che causa la completa inibizione della luce emessa dal batterio e quella che non inibisce tale emissione. Lo schema del test definitivo è uguale a quello del preliminare, salvo che l’ambito scandito nel definitivo sarà solamente quello individuato dal test preliminare, e ciascuna diluizione o controllo sarà in multiplo e non più in singolo. Per il test definitivo si consiglia di preparare almeno cinque diluizioni successive (esempio 1:1,5) del campione comprese nell’intervallo in cui era compresa la EC50 osservata nel saggio preliminare. Come per il saggio preliminare si misura la luminescenza iniziale I0 e dopo 15 e 30 minuti rispettivamente la I15 e la I30 del campione, delle sue diluizioni e della soluzione di controllo. Anche nel saggio definitivo le diluizioni devono essere saggiate insieme alla soluzione di controllo a 15°C di termostatazione. 1006 METODI ECOTOSSICOLOGICI Per la conduzione del saggio può essere necessario preparare una sospensione batterica più concentrata al fine di ridurre la diluizione del campione da saggiare. Per migliorare la rilevanza statistica del saggio, il numero delle repliche e quello delle diluizioni utilizzate per ciascun campione può essere aumentato a piacere in base alle esigenze dell’operatore. Per lo stesso scopo di attendibilità statistica è opportuno che la ECx rilevata non coincida con i valori estremi della scansione delle diluizioni. Ove l’operatore esegua un test definitivo con scansione di diluizioni difforme dall’indicazione del test preliminare, dovrà motivare le cause di tale scelta nel rapporto d’analisi. Nota:si consiglia di mescolare frequentemente la sospensione batterica prima dell’aggiunta al campione, al fine di ottenere un’omogenea distribuzione dei batteri nelle cuvette. 7.2.3 Saggio definitivo al 50% Quando la EC50 misurata nel test preliminare è inferiore a 50 o quando sia noto e congruente l’intervallo di tossicità, è possibile condurre il saggio al 50%. Si preparano cinque diluizioni successive (esempio 1:2) del campione in base all’intervallo di tossicità noto (avendo come concentrazione massima del campione il 50%) e si saggiano tali diluizioni a 15°C come nel saggio preliminare in duplicato insieme alla soluzione controllo. Per migliorare la rilevanza statistica del saggio, il numero delle repliche e quello delle diluizioni utilizzate per ciascun campione può essere aumentato a piacere in base alle esigenze dell’operatore. Per lo stesso scopo di attendibilità statistica è opportuno che la ECx rilevata non coincida con i valori estremi della scansione delle diluizioni. 8. Calcoli Nell’elaborazione dei risultati occorre calcolare il fattore di correzione dei valori di I0. lI fattore (fkt) si calcola in base alla risposta della soluzione di controllo come: (t =15 o 30 minuti) dove Ikt è l’intensità luminosa dei batteri misurata dopo l’aggiunta della soluzione di controllo a 15 o 30 minuti, mentre I0 è l’intensità luminosa prima dell’aggiunta della stessa soluzione. Si calcola la media dei fattori di correzione per le due repliche del controllo e si calcolano per ciascuna cuvetta i valori di Ict (intensità luminosa corretta) nel seguente modo: Ict = I0·fkt Per il saggio al 100% e per quello standard l’inibizione percentuale di ciascuna diluizione (Ht) del campione si calcola nel modo seguente: dove i valori di Ict derivano dalla precedente equazione, mentre quelli di ITt rappresentano i valori di intensità luminosa a 15 o 30 minuti delle cuvette dopo l’aggiunta del campione e delle sue diluizioni. Si calcolano le medie delle inibizioni percentuali delle repliche di ciascuna diluizione del campione e i coefficienti di variazione tra le repliche. METODI ECOTOSSICOLOGICI 8.1 Calcolo della diluizione di non effetto Il calcolo della diluizione di non effetto viene condotto solamente nel caso di campioni di acque di scarico e comunque non è sostitutivo del calcolo dell’EC50. Il calcolo del GL è eseguito a partire dai valori di inibizione percentuale misurati a 30 minuti per ciascuna diluizione del campione. Si considera diluizione di non effetto la più elevata tra quelle saggiate che determina una inibizione luminosa inferiore al 20%. Il valore reciproco della diluizione di non effetto rappresenta il valore di GL per ciascun campione (esempio diluizione 1:4; GL = 4). In accordo con alcune osservazioni dell’OECD (1998) e dell’ISO (2000), si ritiene che le informazioni fornite da questa procedura di calcolo debbano essere progressivamente abbandonate, in quanto non sufficientemente validate dal punto di vista statistico. 8.2 Calcolo di EC50 ed EC20 Per il calcolo delle EC50 ed EC20 occorre trasformare i valori di inibizione percentuale (Ht) in valori gamma (Gt) con la seguente equazione: .  . . . . . . . Normalmente vengono utilizzati per le successive elaborazioni soltanto i valori di Ht compresi tra 10 e 90%. I valori Gt così ottenuti vengono messi in relazione con le concentrazioni di campione analizzate (ct) con la seguente equazione: log ct = b log Gt + log a dove b rappresenta la pendenza della curva di tossicità e a l’intercetta con l’asse delle ordinate. Con il metodo statistico dei minimi quadrati è possibile calcolare i valori di EC20 ed EC50 e i relativi limiti di confidenza, che corrispondono a valori di Gt pari a 0,25 e 1 rispettivamente. Il calcolo del EC20 è richiesto nei casi in cui non sia possibile determinare il valore di EC50, mentre si definisce non tossico il campione che, saggiato con il test definitivo al 100%, determina alla massima concentrazione considerata un’inibizione inferiore al 20%. Ove un effetto tossico sia rilevabile solo alle concentrazioni del campione più elevate e non sia quindi possibile calcolare una EC20, il risultato verrà comunque riportato nel rapporto d’analisi ed espresso come percentuale di effetto, indicando anche il numero di repliche effettuate. 9. Qualità del dato Un esercizio di interconfronto a cui hanno partecipato alcuni laboratori italiani (6 per il sistema MICROTOX e 3 per quello LUMISTox), è stato condotto utilizzando per il saggio due sistemi disponibili commercialmente: il MICROTOX fornito dalla AZUR Environmental (Carlsbad, California, USA) e il LUMISTox fornito dalla Dr Lange (Dusseldorf, Germania). Sono state utilizzate quali sostanze test il 3,5-diclorofenolo, il bicromato di potassio (K2Cr2O7) e il solfato di zinco (ZnSO4.H2O). Per ciascuna di queste sostanze è stata determinata l’EC50 a 30 minuti utilizzando le seguenti concentrazioni: 3,5-diclorofenolo 10-5-2,5-1,25 10-5-2,5-1,25 K2Cr2O7 come CrVI 20-10-5-2,5 10-5-2,5-1,5 ZnSO4·H2O come ZnII 2,5-1,25-0,62-0,31 40-20-10-5 MICROTOX LUMISTox METODI ECOTOSSICOLOGICI Ciascuna concentrazione è stata saggiata conducendo da un minimo di tre ad un massimo di sei repliche; mediamente sono state condotte cinque repliche per concentrazione. Ciascuna replica è stata elaborata separatamente al fine di ottenere per ciascun laboratorio un valore medio di EC50 a 30 minuti. Il saggio è stato condotto seguendo la metodica qui riportata con alcune variazioni. Per il MICROTOX è stata condotta anche una prova lavando, dopo riattivazione, per tre volte i batteri con la soluzione ricostituente (6.3) e centrifugando la sospensione a 5°C per 30 minuti. Tale operazione è stata condotta per allontanare dalla sospensione batterica residui di mezzo colturale. Per il LUMISTox il test è stato condotto: a) seguendo la metodica DIN 38412 teil 341; b) utilizzando per la riattivazione la soluzione ricostituente (6.3) che a differenza di quella prevista dalla metodica DIN non contiene il tampone organico HEPES; c) utilizzando per la riattivazione una soluzione senza l’HEPES, ma con tamponefosfato così come viene utilizzata per le metodiche AFNOR T90-320 e NVN 6516. È stata infine condotta una prova con i batteri preparati in laboratorio. I risultati ottenuti, sintetizzati in Tab. 1, indicano una precisione, espressa come coefficiente di variazione, compresa tra il 9 e il 30% per il sistema MICROTOX e tra l’11 e il 25% per il sistema LUMISTox. 5 Microtox 2,63 0,81 19,00 4,8 0,49 0,12 1 Microtox/lavat. 3,45 0,26 13,18 0,56 0,27 0,01 3 Lumistox+hepes 4,52 0,59 4,90 0,43 23,3 4,4 3 Lumistox-hepes 4,37 0,39 4,5 1,25 19,6 2,17 1 Lumistox+tamp.fosf. 4,84 0,60 19,27 0,9 0,62 0,03 1 Lumistox/prep.lab. 3,69 0,11 3,73 0,18 32,28 0,55 Lab. totali media d.s. media d.s. media d.s. Tabella 1: Risultati dell’esercizio di intercalibrazione Metodica 3,5-diclorofenolo cromo VI zinco II BIBLIOGRAFIA Carlson-Ekvall A.C.E & Morrison G.M. (1995): Contact toxicity of metals in sewage sludge: evaluation of alternatives to sodium chloride in the Microtox® assay. Environmental Toxicology and Chemistry, Vol. 14, n. 1, 17-22. ISO (2000): Brief report and resolutions of the 19th meeting of ISO/TC 147/SC5 – Biological methods. Antalya, Turkey, 59-61. OECD (1998): “Report of the OECD Workshop on Statistical Analysis of Aquatic Toxicity Data”, ENV/MC/CHEM(98)18. APPENDICE A - Test con campioni torbidi o colorati Per campioni torbidi o colorati (soprattutto di colore rosso, giallo o blu) si rende necessario il controllo della luminescenza emessa dai batteri senza che questi vengano a contatto con il campione. Per fare ciò sono possibili diversi metodi che prevedono la misura, separatamente, dell’emissione di luce e dell’assorbanza per ogni diluizione del campione. Ciò è possibile utilizzando una cuvetta a doppia camera. Nella camera interna viene posta una quantità nota di soluzione batterica (generalmente 0,2 mL o comunque una quantità tale da riempirla), mentre nella camera esterna si aggiunge la soluzione di controllo (1 mL); si attende 5-10 minuti e si misura la luminescenza emessa dai batteri. Successivamente, nella camera esterna, la soluzione di controllo viene sostituita con il campione da saggiare (1 mL) di cui si misura quindi la luminescenza batterica. In alternativa è possibile misurare l’assorbanza del campione e delle sue diluizioni mediante uno spettrofotometro regolato a 490 nm e quindi calcolare l’emissione di luce al netto del- l’assorbanza. METODI ECOTOSSICOLOGICI L’eventuale inibizione misurata permette il calcolo del fattore di correzione da adottare nel calcolo della EC50, della EC20 o della diluizione di non effetto. Si considerano significative inibizioni superiori al 10%, mentre inibizioni superiori al 50% normalmente impediscono una corretta elaborazione dei risultati. Per il calcolo del fattore di correzione si rimanda a software di elaborazione dati esistenti in commercio. Nel caso del saggio preliminare o di quello al 100% il campione viene analizzato alla massima concentrazione stabilita. Nel caso del metodo standard viene analizzata soltanto la concentrazione di campione che si avvicina maggiormente al valore di EC50 o di EC20 a secondo dell’effetto che si intende considerare. Nel caso di campioni molto torbidi si consiglia di centrifugare o filtrare il campione prima del- l’analisi. APPENDICE B - Neutralizzazione del cloro attivo totale con tiosolfato In presenza di cloro libero si può provvedere alla sua determinazione e alla conseguente inattivazione, calcolando i millilitri di una soluzione a titolo noto di tiosolfato pentaidrato da aggiungere ad un volume prestabilito dell’acqua in esame, mediante la seguente equazione: (mL di scarico) (F) (conc. di Cl2) mL di tiosolfato = —————————————— (conc. di tiosolfato) dove: mL di tiosolfato = mL della soluzione a titolo noto da aggiungere all’acqua di scarico; F = 6,7 per il tiosolfato anidro e 10,52 per quello pentaidrato; conc. di Cl2 = concentrazione del cloro attivo totale presente nell’acqua di scarico espressa in mg/L; conc. di tiosolfato = concentrazione di tiosolfato espressa in mg/L. Il titolo del tiosolfato deve essere controllato ogni 15 giorni. APPENDICE C - Metodo per la coltura di batteri bioluminescenti in laboratorio Strumentazione richiesta oltre a quella già prevista dal saggio: -autoclave per sterilizzazione vetreria e mezzi di coltura; -centrifuga refrigerata; -agitatore magnetico; -incubatore ad agitazione continua; -fotometro o spettrofotometro per misure a 578 nm di lunghezza d’onda. Per la coltura dei batteri utilizzati nel test, distribuire 0,1 mL di una sospensione di 106 cellule del ceppo Vibrio fischeri NRRL-B-11177 sulla superficie di una piastra Petri sterile contenente il terreno solido (C.2). Spatolare il terreno e incubare la piastra a 20°C per 2-5 giorni. Dopo la crescita delle colonie, osservare la piastra al buio e contrassegnare le colonie luminescenti. Trasferire ciascuna colonia contrassegnata su una nuova piastra di terreno solido e strisciare. Incubare come sopra descritto e isolare nuovamente le colonie luminescenti. Tale procedura di isolamento si rende necessaria in quanto la sospensione di partenza potrebbe essere stata confezionata in condizioni di non sterilità. Inoculare quindi in condizioni di sterilità una singola colonia isolata in 50 mL di terreno liquido (C.1) (coltura primaria). Incubare sotto agitazione, (preferibilmente con agitatore magnetico) a 20±1°C per 20±1 ore a 180 rpm. Al termine del periodo di incubazione prelevare in sterilità 1 mL di soluzione colturale e diluirla con 9 mL di soluzione di cloruro di sodio METODI ECOTOSSICOLOGICI 20 g/L in acqua distillata e misurare la torbidità in FAU a 578 nm secondo la norma ISO 7027-1984 (vedi Capitolo 4). Inoculare quindi in 50 mL di terreno liquido un volume di coltura primaria tale che la torbidità iniziale sia pari a 10 FAU. Incubare sotto agitazione a 20±1°C per 20±1 ore. Al termine del periodo di incubazione misurare la torbidità della coltura diluita 1/10. Il valore atteso dovrebbe essere compreso tra 700 e 1800 FAU per la coltura non diluita. Porre quindi in un bagno freddo una soluzione di cloruro di sodio al 2% in acqua distillata e il mezzo di conservazione (vedi Capitolo 3). Centrifugare il brodo di coltura a 4±1°C per 1520 minuti a 6000±2000 G. Decantare il surnatante e riprendere il residuo con 5-10 mL della soluzione di cloruro di sodio fredda. Centrifugare come sopra. Decantare il surnatante, risospendere il residuo con 0,5 mL della soluzione di cloruro di sodio, trasferire la sospensione in un beaker freddo da 100 mL e porre in bagno freddo. Aggiungere lentamente, agitando, 4 mL di mezzo di conservazione (vedi Capitolo 3). Diluire 1/100 una aliquota di 100 µL e misurare la torbidità come precedentemente descritto. Aggiungere un volume di mezzo di conservazione tale che la torbidità definitiva prevista sia compresa tra 2000 e 3000 FAU. Il volume complessivo di mezzo di conservazione da aggiungere non deve, comunque, essere inferiore a 5 mL. Mantenere la sospensione in bagno freddo ancora per 15 minuti. Distribuire aliquote di 100 µL in provette munite di tappo. Congelare a -20 o a -80°C. La stabilità dei batteri preparati è di almeno un mese a -20°C e di sei mesi a -80°C. Per evitare alterazioni genetiche del ceppo è bene preparare nuove colture ogni sei mesi. C.1 - Terreno liquido Il terreno liquido si prepara sciogliendo in acqua distillata: -30 g di NaCl; -6,1 g di fosfato monosodico monoidrato (NaH2PO4·H2O); -2,75 g di fosfato bipotassico triidrato (K2HPO4·3H2O); -0,204 g di magnesio solfato eptaidrato (MgSO4·7H2O); -0,5 g di fosfato biammonico ((NH4)2HPO4); -3 mL di glicerolo; -5 g peptone di caseina; -0,5 g di estratto di lievito. Si porta la soluzione ad 1 litro con acqua distillata e si aggiusta il pH a 7,2±0,2 con NaOH 1 M o HCl 1 M. Si suddivide la soluzione in aliquote da 50 mL in beute da 250 mL e si sterilizza in autoclave a 121°C per 20 minuti. C.2 - Terreno solido Il terreno solido si prepara impiegando la stessa soluzione del terreno liquido allo stesso pH, aggiungendo a freddo 12 g di agar per litro. Questo terreno poi va sciolto a caldo, autoclavato e distribuito su piastre Petri sterili. C.3 - Mezzo di conservazione Il mezzo si prepara sciogliendo a 37°C in agitazione: -60 g di D(+)-glucosio (C6H12O6); -4 g di cloruro di sodio (NaCl); -2 g di L-istidina; -0,5 g di sieroalbumina (BSA). Se necessario, si aggiusta la soluzione a pH 7,2±0,2 con NaOH 1 M o HCl 1 M e si porta a METODI ECOTOSSICOLOGICI 100 mL con acqua distillata. La soluzione non può essere conservata, per cui si consiglia di prepararla fresca ogni volta prima dell’uso. C.4 - Determinazione fotometrica della torbidità (norma ISO 7027-1984) Apparecchiatura: fotometro e spettrofotometro per misure a 578 nm. Reattivi: soluzione A - esametilentetrammina 10 g/100 mL di acqua distillata; soluzione B - idrazina solfato 1 g/100 mL in acqua distillata. Metodo: in un matraccio tarato da 100 mL unire 5 mL di soluzione A con 5 mL di soluzione B. Lasciare per 24 ore a temperatura ambiente e portare a volume con acqua. La torbidità della sospensione di formazina così preparata è di 400 unità di attenuazione-formazina (FAU). Diluire opportunamente in acqua tale standard in modo da ottenere sospensioni il cui valore di torbidità sia 10 FAU, 50 FAU, 100 FAU e 200 FAU. Misurare l’assorbanza di ciascuna soluzione a 578 nm e tracciare una curva di taratura da utilizzare per le misure di torbidità della sospensione batterica. METODI ECOTOSSICOLOGICI 8040. Metodo di valutazione della tossicità acuta con Ceriodaphnia dubia 1. Introduzione Il metodo descrive la procedura con la quale indagare se effluenti di scarico o acque superficiali contengono inquinanti a concentrazioni tali da causare effetti tossici acuti sul crostaceo d’acqua dolce Ceriodaphnia dubia. La mancata osservazione di effetti tossici acuti per un dato campione non esclude che essi si manifestino saggiando campioni prelevati in altri momenti, e ciò in dipendenza della variabilità dello scarico o del corpo idrico superficiale. Si tenga presente, inoltre, che l’assenza degli effetti tossici che si manifestano a breve termine (acuti) non preclude che lo stesso corpo idrico o lo stesso effluente di scarico possano causare quegli effetti tossici che si manifestano invece solo dopo esposizione prolungata (cronici). 2. Generalità sul metodo In questo tipo di saggio giovani individui di Ceriodaphnia dubia sono esposti per un tempo massimo di 48 ore (eventualmente prolungabile a 96 ore) a campioni dei quali si voglia misurare la tossicità acuta. Generalmente, un campione di acqua di scarico è saggiato ad almeno 5 diluizioni, a ciascuna delle quali è esposto un numero definito di giovani organismi. Elaborando i dati di mortalità osservati alle diverse diluizioni, è possibile ottenere per un dato campione il valore di diluizione letale per il 50 % degli individui (LC50) al tempo di esposizione prescelto. Una procedura analoga è applicabile allo studio degli effetti tossici acuti delle acque dei corpi idrici; tuttavia è raro che in questo caso le concentrazioni degli inquinanti raggiungano livelli tali da permettere l’osservazione di effetti superiori al 50% di mortalità. Molto più spesso l’esame di un corpo idrico si limita a valutare la significatività statistica di pochi eventuali decessi osservati per esposizione di C. dubia ad un campione non diluito. Si tenga presente che il metodo basato sull’uso di questo stesso crostaceo per la stima della tossicità cronica (7 giorni), può consentire anche la valutazione della tossicità acuta, a patto che le diluizioni del campione da saggiare coprano un intervallo di valori sufficientemente ampio. Si raccomanda, di conseguenza, di privilegiare l’applicazione del saggio a 7 giorni ogni qual volta sia possibile. Nel caso si voglia esaminare la relazione esistente tra la tossicità acuta e quella cronica di un effluente o di un corpo idrico, i due dati di tossicità dovranno essere prodotti nelle stesse condizioni sperimentali e cioè, quelle del saggio cronico (7 giorni). 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione La conduzione del saggio di tossicità richiede: -almeno 12 contenitori del tipo beaker in vetro borosilicato con volume utile di 30 mL. Numerosi laboratori usano con successo dei contenitori “a perdere”, in polistirene, che sono normalmente commercializzati per alimenti; -sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro con un temporizzatore per il controllo del fotoperiodo e possibilmente un dispositivo che simuli la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; 1013 METODI ECOTOSSICOLOGICI -dispositivo per il controllo della temperatura delle diluizioni da saggiare nel- l’ambito di 20±1°C e 25±1°C per tutta la durata della sperimentazione; -analizzatore di ossigeno disciolto con sensore dl dimensioni adeguate alla misura nei contenitori di saggio; -microscopio binoculare da dissezione, provvisto dl illuminazione laterale; -fonte di aria compressa a bassa pressione, con cannule in vetro o pipette Pasteur per far gorgogliare l’aria nelle soluzioni da aerare. L’applicazione di un piccolo compressore del tipo usato in acquariologia può costituire una soluzione adeguata. L’aria distribuita dai grossi impianti centralizzati è spesso conta- minata da vapori di oli o altri inquinanti che vanno rimossi con opportuni dispositivi di filtrazione. 3.2 Organismi per il saggio La specie utilizzata in questo saggio di tossicità è il crostaceo cladocero Ceriodaphnia dubia, che è allevato in laboratorio seguendo le indicazioni fornite in Appendice A2. Il saggio è allestito con neonati appartenenti alla terza schiusa o alle successive, prodotte da femmine mantenute in condizioni di allevamento controllate e rispondenti ai requisiti di buone condizioni colturali descritti in Appendice. I giovani organismi da utilizzare sono quelli schiusi entro e non oltre le 24 ore precedenti l’allestimento della prova. 3.3 Acqua di diluizione Generalmente, le diverse diluizioni del campione da saggiare sono preparate usando come acqua di diluizione e di controllo la stessa in cui sono allevati gli organismi riproduttori. Tuttavia, in funzione delle finalità del saggio è opportuno distinguere tra diverse possibili soluzioni: a) Se lo scopo è di evidenziare la presenza di effetti tossici acuti e il loro andamento nel tempo o di confrontare la tossicità di diversi effluenti, corre diluente si adotterà un’acqua sintetica (standard) avente durezza di circa 150 mg/L CaCO3, per la cui preparazione si aggiungono dei sali di grado analitico ad acqua ultrapura o deionizzata di qualità equivalente. Per preparare 1 L di acqua standard, i sali ed i quantitativi da aggiungere sono, nell’ordine, i seguenti: 10 mg di KCl, 192 mg di NaHCO3, 53 mg di MgSO4 e 183 mg di CaSO4·2H2O. La soluzione risultante ha durezza compresa tra 140 e 160 mg CaCO3/L, alcalinità 110-120 mg CaCO3/L, e pH 7,5-6,5. L’acqua standard può anche essere preparata a partire da un’acqua minerale, scelta tra quelle disponibili in commercio, preferibilmente la stessa eventualmente usata per allevare l’organismo e adeguata, se necessario, nelle concentrazioni di alcuni costituenti maggiori per dare i valori di durezza e alcalinità indicati (vedi Appendice A3). b) Se lo scopo del saggio è di valutare la tossicità acuta determinata dall’immissione di uno scarico nelle acque del recettore, come diluente si userà l’acqua non contaminata di quest’ultimo prelevata a monte dell’immissione o comunque al di fuori dell’area esposta a fonti di contaminazione. Nel caso essa non sia disponibile, si può utilizzare un’acqua prelevata da un altro corpo idrico superficiale o un’acqua sintetica (vedi “punto a”) avente approssimativamente le stesse caratteristiche chimiche e, in particolare, lo stessa durezza del corpo idrico recettore oggetto del controllo. In qualche caso è anche possibile operare modificando la composizione di un’acqua naturale, purchè di qualità adeguata, previa aggiunta di sali (reagenti di grado analitico) nelle quantità necessarie. Il prelievo di acque naturali deve essere effettuato immediatamente prima del loro impiego e comunque non oltre le 96 ore dallo stesso, mantenendo refrigerati i campioni (4°C) quando se ne faccia uso a più di 24 ore dalla raccolta. c) Se lo scopo del saggio è quello di esaminare gli eventuali effetti additivi o comunque le in 1014 METODI ECOTOSSICOLOGICI terazioni tra i contaminanti presenti nello scarico e quelli veicolati dal recettore, come acqua di diluizione si userà quella del recettore stesso, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, prelevata a monte o al di fuori dell’influenza dello scarico in esame. In questo caso è necessario aggiungere un gruppo di organismi di controllo esposti alla sola acqua di allevamento (vedi Appendice A3). 3.4 Illuminazione Gli organismi esposti ai campioni di acque da saggiare sono mantenuti nelle stesse condizioni di illuminazione in cui sono allevati. La sorgente luminosa è costituita da un sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro (Indice di resa cromatica = 90), il fotoperiodo è di 16 ore di luce e 8 di buio. Un’intensità luminosa che al piano di lavoro sia compresa tra 500 e 1000 lux si è generalmente dimostrata adeguata. 3.5 Temperatura il campione da saggiare o le sue diluizioni sono mantenute per tutta la durata della sperimentazione a 20±1°C. Se invece, i risultati ottenuti dal saggio acuto dovranno essere esaminati in relazione a dati di tossicità cronica prodotti con lo stesso organismo, la tossicità acuta del campione deve essere misurata a 25±1°C, e cioè alla temperatura prevista per la conduzione del saggio cronico. Per entrambi i valori di temperatura il risultato è conseguibile immergendo i contenitori del saggio in un bagno termostatato o condizionando la temperatura dell’intero ambiente in cui è condotto il lavoro sperimentale. 3.6 Alimentazione In generale i giovani individui di C. dubia non vengono nutriti durante la prova. Tuttavia, se essi non sono utilizzati entro 2-3 ore dall’isolamento dai recipienti in cui si sono schiusi, può essere suggerita la somministrazione di cibo fino al loro trasferimento nelle soluzioni test, nei quantitativi indicati per l’allevamento del cladocero (vedi Appendice A4). Similmente, se si intende prolungare il saggio fino a 96 ore di esposizione (20±1°C), circa 2 ore prima del rinnovo delle soluzioni e quindi del trasferimento degli organismi (vedi Capitolo 4) si somministra la stessa dieta usata per le colture. Il rinnovo è solitamente effettuato allo scadere delle 48 ore di saggio. 3.7 Ossigeno disciolto Raggiunta la temperatura prevista per il saggio, è necessario misurare la concentrazione di ossigeno disciolto nel campione destinato alla prova. Se tale concentrazione risulta prossima o inferiore al 40% del valore di saturazione, è necessario aerare l’aliquota del campione da saggiare. L’aerazione deve essere moderata in modo da minimizzare i cambiamenti del campione, quali ad esempio quelli relativi al valore di pH, al contenuto di sostanze facilmente ossidabili o volatili. L’importanza e la necessità di intervenire prima dell’allestimento della prova, è dovuta al fatto che successivamente sarebbe pressoché impossibile aerare i piccoli volumi delle soluzioni di saggio senza arrecare disturbo agli organismi. Se tuttavia, durante il saggio si osserva che il consumo di ossigeno è tale da rischiare di invalidare la prova, si può intervenire con rinnovi più frequenti delle soluzioni, ricorrendo a nuove aliquote di campione preventivamente aerato. Considerazioni analoghe valgono anche per i trattamenti di controllo. 4 Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Generalmente, la misura degli effetti tossici acuti di un effluente o di un corso d’acqua, è effettuata senza acquisire dei dati preliminari sulla loro tossicità. In taluni casi, quando ad 1015 METODI ECOTOSSICOLOGICI esempio si sospetta che un campione sia molto tossico, può essere vantaggioso disporre di informazioni preliminari per meglio impostare i saggi tossicologici definitivi. In queste eventualità si allestisce una prova preliminare semplificata e di durata inferiore a quella definitiva. Si preparano 5 diluizioni del campione, del volume di 20 mL ciascuna, scelte in modo da coprire un ampio intervallo di concentrazioni. La sequenza 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% (v/v) può essere adottata a questo scopo. In ogni contenitore sono introdotti 6 neonati di C. dubia e dopo un massimo di 24 ore si registrano i risultati. Se il campione della prova preliminare dovrà essere saggiato anche nella prova definitiva, si raccomanda di procedere nel rispetto dei limiti di conservabilità del campione stesso. Se viceversa le due prove sono condotte con campioni prelevati in momenti diversi, si tenga presente che, a causa della variabilità più o meno accentuata della tossicità dello scarico o del recettore, i risultati del saggio preliminare e di quello definitivo possono anche essere molto diversi. 4.2 Saggio definitivo Per la conduzione del saggio definitivo, è necessario preparare almeno 5 diluizioni del campione in esame. Una serie che si è dimostrata applicabile a gran parte delle situazioni è la seguente: 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25 % (v/v). I valori sono in serie geometrica secondo un fattore di diluizione pari a 0,5. In casi particolari, come quelli individuati da un eventuale saggio preliminare, si possono adottare altre sequenze con un diverso fattore di diluizione o anche un maggiore numero di diluizioni. Se è stato necessario refrigerare i campioni, le aliquote destinate al saggio sono prelevate dopo accurato mescolamento e portate alla temperatura scelta per la prova. Si procede quindi alla misurazione della concentrazione di O2 disciolto, in accordo alle indicazioni date in precedenza (vedi Paragrafo 3.7). Solo quando le 5 o più diluizioni hanno raggiunto le condizioni indicate per il test, vengono immessi gli organismi. Analoga procedura vale per il gruppo degli organismi di controllo. Nei saggi di tossicità acuta l’allestimento di più repliche per ogni concentrazione risponde prevalentemente a necessità di tipo pratico; infatti, i singoli risultati che esse forniscono sono, solitamente, combinati in un unico dato riferito al corrispondente valore di concentrazione. Questa consuetudine rende pressochè inutile l’allestimento di più repliche, a meno che non vengano utilizzati più organismi di quanti ne sono previsti nello schema di base qui proposto. In accordo con quest’ultimo per ogni diluizione di effluente o di acqua del recettore si utilizzano almeno 10 neonati di C. dubia di età =24 ore, in soluzioni di volume pari a 20 mL. Per il trasferimento si utilizza una pipetta di vetro provvista di bulbo in lattice per aspirazione e con diametro interno di almeno un paio di mm, avendo cura di premere il bulbo per immettere gli organismi nel nuovo recipiente solo quando l’estremità della pipetta è sotto la superficie del liquido. Per evitare una diluizione significativa delle soluzioni di saggio, si raccomanda di limitare al minimo il volume di acqua trasferito con gli animali. L’eventuale prosecuzione della prova fino a 96 ore, richiede che le soluzioni del saggio siano rinnovate almeno una volta e allo scadere delle 48 ore. In base ai criteri già enunciati, si può anche decidere di aumentare la frequenza di rinnovo delle soluzioni e in ogni caso le soluzioni fresche sono preparate rispettando la stessa procedura descritta per allestimento del saggio. Allo scadere delle 48 ore o comunque al momento del rinnovo, i giovani individui di ceriodafnia sono trasferiti nelle diluizioni corrispondenti a quelle cui sono già stati esposti. Giornalmente e a intervalli di esposizione costanti (24 ore, 48 ore, ecc.) si ispezionano i contenitori di saggio con l’aiuto di un microscopio binoculare, al fine di registrare e rimuovere gli eventuali organismi deceduti. Gli esemplari sopravvissuti alla prova tossicologica, inclusi gli organismi di controllo, non potranno essere riutilizzati. METODI ECOTOSSICOLOGICI 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo Per determinare se un corpo idrico contiene tossici capaci di determinare effetti acuti su C. dubia, si espongono i neonati di questo crostaceo ad un campione non diluito delle acque dello stesso. Se le caratteristiche di quest’ultimo, almeno in termini di durezza, sono sostanzialmente diverse da quelle dell’acqua di allevamento, è necessario utilizzare neonati prodotti da femmine acclimatate in un mezzo avente durezza simile a quella del campione da saggiare (vedi Paragrafo 3.3 e Appendice A3). In tal caso, la prova di controllo è allestita usando l’acqua di acclimatazione. Il campione del corpo idrico viene saggiato in quattro repliche e in modo analogo viene allestita la prova di controllo. In ciascuna delle repliche, aventi volume di 20 mL, sono introdotti 10 neonati di C. dubia. Contrariamente alla procedura dei saggi con diluizione, in questo caso i risultati delle diverse repliche non vengono cumulati bensì utilizzati per valutare se le eventuali differenze di sopravvivenza (o di mortalità) tra gli organismi esposti al campione e quelli esposti al mezzo di controllo, sono statisticamente significative. Per quanto riguarda le restanti condizioni di saggio esse sono da considerarsi invariate rispetto a quanto già descritto. Se la tossicità del corpo idrico risultasse tale da causare una mortalità degli organismi superiore al 50%, si può procedere alla misura della tossicità acuta in termini di LC50. In questo caso la procedura da seguire è quella descritta per il saggio con diluizione (vedi Capitolo 4). 6. Validità del saggio I risultati dei saggi sono giudicati accettabili se al termine del periodo di esposizione la sopravvivenza degli organismi di controllo è =90% e se la concentrazione di ossigeno disciolto si è mantenuta =40% del valore di saturazione. Pur senza imporre altri vincoli alla validità del saggio, è consigliabile la conduzione periodica di test in condizioni standard con un tossico di riferimento, quale ad esempio il bicromato di potassio o il pentaclorofenolo. Questa pratica fa sì che sia disponibile un’ampia serie di valori di LC50 del tossico prescelto rispetto alla quale dovrebbe essere possibile evidenziare delle condizioni sperimentali o lotti di organismi anomali. In condizioni normali, il risultato di ogni nuovo saggio di riferimento dovrebbe collocarsi entro l’intervallo definito dal valore medio delle precedenti LC50 e dal doppio del loro scarto tipo (media ± 2·scarto tipo). Viceversa, se la LC50 del tossico di riferimento si colloca all’esterno di questo intervallo di sicurezza, tutti i dati ottenuti con il medesimo lotto di organismi e in quel periodo sperimentale dovrebbero essere considerati con cautela. A scopo informativo, vengono riportati alcuni dati di letteratura relativi al saggio acuto con C. dubia. Una serie di 7 prove condotte da un unico laboratorio sullo scarico di un impianto di depurazione civile diede un valore medio della 48hLC50 di 26,1% (v/v) con un coefficiente di variazione del 25,5% (Rue et al., 1988). Una serie analoga di 15 saggi diede un valore medio di 48hLC50 pari al 60,0% (v/v) con un CV del 31,1%. lI confronto tra il saggio acuto con C. dubia e quello con il ciprinide Pimephales promelas, condotti in parallelo sui medesimi campioni di acqua di scarico, fornì una 48hLC50 media di 78,4% per il crostaceo e di 75,8% per il pesce, con CV, rispettivamente, di 33,1 e 19,6% (Norberg-Ring, 1989, memorandum). Il saggio acuto con C. dubia è stata oggetto di due studi di intercalibrazione entrambi con lo stesso tossico di riferimento, il KCl (25°C, durezza 50-100 mg/L CaCO3). Al primo studio parteciparono 11 laboratori e risultò una 48hLC50 media di 264 mg KCl/L con un CV del 48,5%. Al secondo studio parteciparono 171 laboratori consentendo la valutazione di una 48hLC50 media di 432 mg KCl/L e di un CV pari a 39,8%. METODI ECOTOSSICOLOGICI 7. Analisi dei risultati 7.1 Calcolo della LC5O Il saggio per la valutazione della tossicità acuta, descritto in questa procedura, si propone non solo l’identificazione delle sorgenti di contaminazione capaci di provocare effetti tossici acuti, ma anche la quantificazione della loro potenziale tossicità mediante la stima della concentrazione letale per il 50% degli organismi (LC50), per un dato tempo di esposizione (24-48 h). La determinazione della LC50 può essere effettuata con diversi metodi la cui applicabilità è in buona parte dipendente dal tipo di risultati ottenuti e, più precisamente, dal numero di effetti parziali osservati, intermedi cioè, tra una mortalità del 100% e una mortalità nulla. La valutazione della LC50 dovrebbe basarsi sui risultati relativi ad almeno 5 concentrazioni di campione ed un controllo, sebbene molti metodi di analisi possono essere utilizzati con un numero di dati inferiore. Se la massima concentrazione saggiata ha causato una mortalità inferiore al 50%, non si dovrebbe procedere al calcolo della LC50, il cui valore sarebbe in tal caso poco attendibile. Meglio ripetere il seggio, se possibile, cercando di migliorare la serie delle concentrazioni saggiate. In caso contrario la LC50 sarà più correttamente espressa come “maggiore della massima concentrazione sperimentata” (es.: 48hLC50 > 80%). Nel metodo di saggio dedicato alla valutazione della tossicità acuta con Daphnia magna (metodo 8020) sono stati proposti tre diversi metodi, ampiamente validati, atti alla valutazione della LC50. Si tratta del metodo di Litchfield e Wilcoxon, del test binomiale e del metodo probit. Essi sono adeguatamente illustrati nell’ambito della Sezione 8020 al quale si rinvia. Infine, è opportuno segnalare che sono disponibili in commercio alcuni programmi per personal computer espressamente dedicati ai metodi di analisi statistica dei risultati tossicologici. A questi prodotti si rinvia. 7.2. Effetti da concentrazione unica L’esame dei risultati ottenuti saggiando un campione non diluito del corpo idrico è riconducibile alla teoria del confronto tra due campioni. Nel presente schema sperimentale, i decessi osservati nelle repliche del corpo idrico e in quelle del controllo rappresentano le due serie di dati posti a confronto. Di fatto, se la mortalità degli organismi esposti al corpo idrico supera il valore del 10%, e cioè quel limite di decessi accettato come “naturale” in un gruppo di individui di controllo, si può già concludere che il campione contiene inquinanti a concentrazioni tossiche. Tuttavia può essere opportuno dare supporto statistico al risultato del saggio, verificando la cosiddetta ipotesi nulla o zero, e cioè che le medie dei decessi osservati nei due trattamenti siano uguali. Smentire l’ipotesi con un certo grado di probabilità, solitamente P=0,05, equivale a verificare che la mortalità osservata per gli organismi esposti al corpo idrico è significativa. Il test “t” utilizzato per confrontare i due campioni e, dal momento che vi è un’attesa di contaminazione o di mortalità maggiore per il campione del corpo idrico piuttosto che per il controllo, un test unilaterale è generalmente adeguato. L’applicazione del test “t” richiede che le proporzioni di decessi osservati nelle repliche siano distribuite normalmente. Se i dati soddisfano questo requisito è necessario procedere anche alla verifica di omogeneità della varianza dei due gruppi di risultati e solo in caso affermativo è lecito passare all’esame della significatività dei decessi osservati. Se i dati non fossero distribuiti normalmente il problema viene comunemente risolto mediante opportune trasformazioni dei dati stessi. La conversione delle proporzioni di organismi deceduti nella radice quadrata del loro arc sen è la trasformazione più comune. Se non si rivelasse risolutiva è necessario procedere all’esame dei risultati con metodi non parametrici. Se a sua volta, la condizione di omogeneità della varianza non fosse rispettata, il test “t” rimane valido ma deve essere applicato in forma modificata. Il valore calcolato per la funzione “t” è infine confrontato con il valore critico di “t” individuabile in apposite tabelle, in base al numero di gradi di libertà ed al livello di probabilità prescelto. Se il valore di “t” calcolato supera il valore tabellare, le due mortalità sono significativamente diverse. Sono disponibili in commercio dei programmi per personal computer che sono espressamente dedicati all’analisi statistica dei risultati tossicologici e possono svolgere tutte le operazioni necessarie. A questi prodotti, pertanto, si rinvia. 1018 METODI ECOTOSSICOLOGICI APPENDICE A1 - Note sulla sistematica e sulla biologia di Ceriodaphnia dubia I Crostacei Cladoceri sono organismi di piccole dimensioni, in larga parte planctonici, che popolano prevalentemente le acque dolci. In particolare, le specie appartenenti alla famiglia Daphnidae sono ubiquitarie delle acque dolci della fascia temperata e a questa famiglia appartengono tre specie che rivestono grande interesse per gli studi tossicologici, e cioè Daphnia magna, Daphnia pulex e Ceriodaphnia dubia. Quest’ultima, relativamente a tali studi, è quella di più recente acquisizione (Mount e Norberg, 1984). Caratteristiche generali dei Cladoceri sono la compressione laterale del corpo, il carapace bivalve che racchiude il tronco, l’unico grande occhio composto, la presenza di antennule e di antenne, le prime immobili con papille olfattorie e setole sensoriali e le seconde con funzione natatoria, molto sviluppate. Il postaddome, che è una formazione esclusiva dei Cladoceri, ha ornamentazioni aventi valore tassonomico. In Ceriodaphnia, come in generale nei Cladoceri, i sessi sono separati e con un evidente dimorfismo. In Fig. 1A è illustrato l’aspetto di una femmina partenogenetica di C. dubia. Essa è caratterizzata da un corpo ovale molto allargato, lungo da 0,95-1,4 mm (Margaritora, 1933). Il secondo paio di antenne è provvisto di 9 setole natatorie. Il capo è allungato e compresso nettamente distinto, tramite un seno cervicale, dal carapace. Quest’ultimo, che è provvisto di una reticolatura poligonale molto evidente, termina dorsalmente con un angolo aguzzo e una corta spina, appena pronunciata. L’individuo di sesso maschile, illustrato in Fig. 1C, ha dimensioni di poco inferiori e forma più slanciata, meno tondeggiante. Le sue antennule sono allungate con un flagello terminale molto sviluppato. Altrettanto vale per il primo paio di appendici toraciche la cui forma è finalizzata all’accoppiamento. Sia nella femmina che nel maschio, l’artiglio terminale del postaddome presenta un pettine finemente setoloso (Fig. 2). La presenza di C. dubia è stata documentata nella fascia litorale dei laghi, nei piccoli bacinie nelle raccolte d’acqua temporanee praticamente di tutto il mondo. È diffusa negli stessi distretti di una specie molto simile, nota come C. reticulata, anche se rispetto a questa è decisamente più rara. È presente sul territorio nazionale dove è stata rinvenuta in Istria, nel tratto inferiore del Po, in Abruzzo e in Sicilia (Margaritora, 1983) anche se spesso è stata citata col sinonimo di C. affinis. Durante gran parte dell’anno, la popolazione di C. dubia consiste pressoché esclusivamente di individui di sesso femminile che si riproducono con uova partenogenetiche. Queste sono deposte nella camera dorsale di incubazione (Fig. 1B), in numero da 4 a 10 o più. Schiuse anche di 20 neonati non sono infrequenti. Figura 1: Ceriodaphnia dubia: A) femmina in attività riproduttiva partenogenetica; B) femmina con efippio; C) maschio (modificata da Berner, 1986) METODI ECOTOSSICOLOGICI I giovani individui sono pressoché identici agli adulti e pertanto si accrescono senza un vero processo di metamorfosi (sviluppo diretto). L’accrescimento, che ha maggiore velocità nel periodo giovanile, ha luogo subito dopo ogni evento di muta, quando il nuovo carapace è ancora elastico e l’organismo può aumentare la sua taglia. Nei laghi e nelle raccolte d’acqua permanenti, gli individui di sesso maschile schiudono dalle uova partenogenetiche nel solo periodo autunnale, in risposta verosimilmente a stimoli ambientali quali il raffreddamento delle acque, la diminuita disponibilità di cibo e l’abbreviarsi della fase luminosa del fotoperiodo. Il risultato della riproduzione sessuata è la fecondazione di un unico uovo, che viene racchiuso in uno spesso involucro del carapace noto come efippio. Tale struttura si sviluppa nella regione dorsale, in corrispondenza della camera di incubazione (Fig. 1B). L’efippio protegge l’uovo duraturo dalla disidratazione e dagli estremi di temperatura, al punto che può essere conservato per lunghi periodi di tempo senza che ne sia compromessa la vitalità. La deposizione degli efippi non rappresenta necessariamente l’atto finale dell’attività riproduttiva del Cladocero, ma solo una sua fase. Figura 2: Postaddome di Ceriodaphnia dubia: 1) femmina partenogenetica; 2) dettaglio dell’artiglio terminale; 3) maschio (Berner, 1986) Dopo la produzione di uova anfigoniche può essere ripresa, infatti, la produzione di uova partenogenetiche. Gli individui muoiono solo se intervengono fattori letali, come il prosciugamento del bacino, la mancanza di cibo, i valori estremi di temperatura, lasciando tuttavia le uova durature negli efippi dai quali, dopo reidratazione ed esposizione alla temperatura appropriata, schiuderanno individui di sesso femminile che si riprodurranno nuovamente per via partenogenetica. A2 - Allevamento degli organismi L’allevamento di Ceriodaphnia deve essere avviato 2-3 settimane prima della conduzione dei METODI ECOTOSSICOLOGICI saggi, al fine di disporre di femmine acclimatate alle condizioni di mantenimento del laboratorio e che siano in grado di produrre un numero di neonati sufficienti alla sperimentazione. Grazie alla prolificità delle femmine, solo pochi individui (20-30) sono necessari per l’avvio dell’allevamento. In caso di trasporto, questi possono essere trasferiti in un contenitore di polietilene da 1 litro, completamente riempito, nel numero di 20-30 individui. L’acclimatazione alle condizioni colturali del nuovo laboratorio deve essere graduale, al fine di evitare morie massive degli organismi. La procedura da preferire consiste nella progressiva sostituzione del- l’acqua di spedizione con percentuali crescenti (25%, 50%, 75%, 100%) del mezzo in uso nel laboratorio, completando il trasferimento in 48-72 ore. Anche per quanto riguarda la temperatura, i bruschi cambiamenti devono essere evitati, limitando le variazioni a 2-3°C nel- l’arco di 24-48 ore. Èpreferibile organizzare l’allevamento secondo due procedure aventi diversa finalità. I due tipi di allevamento che ne derivano sono definibili l’uno come “massivo” e l’altro come “controllato”. L’allevamento di tipo massivo ha come scopo quello di garantire la sopravvivenza della specie in laboratorio e di fornire gli organismi necessari all’allevamento controllato. Per la procedura massiva sono utilizzati dei contenitori da 1-2 L, tipo beaker o cristallizzatori, ma anche dei piccoli acquari in “tutto vetro” possono prestarsi allo scopo. Almeno due colture, ma preferibilmente più di due, sono mantenute in recipienti distinti. Esse sono allestite con non più di 40-50 organismi per ogni litro di mezzo, alimentati giornalmente e trasferiti in mezzo fresco almeno una, ma meglio due volte per settimana. Ogni 14 giorni la coltura viene scartata e riallestita con un nuovo gruppo di neonati appartenenti alla terza schiusa o successive. Gli allevamenti di tipo controllato sono mantenuti come fonte diretta di neonati per i saggi tossicologici. In questo caso le femmine di C. dubia possono essere allevate sia in piccoli gruppi, che singolarmente, ed in entrambi i casi, ogni individuo deve avere a disposizione un volume di almeno 15 mL di mezzo. La somministrazione del cibo è quotidiana ed il trasferimento degli organismi deve essere effettuato almeno a giorni alterni, ma preferibilmente anch’esso con frequenza giornaliera. Nel caso venga adottata la soluzione minima di tre cambi settimanali, lunedì, mercoledì e venerdì sono i giorni consigliati. Si tenga presente tuttavia, che giornalmente si deve procedere alla rimozione e alla conta dei neonati prodotti. Se l’allevamento è in buone condizioni, ogni femmina dovrebbe produrre tre schiuse nell’arco di 7 giorni (25±1°C), con un numero medio di neonati pari o superiore a 15; nello stesso arco di tempo, gli eventuali decessi non devono superare il limite del 20%. In caso contrario sussistono dei problemi che sono solitamente dipendenti dalla qualità del mezzo o della dieta. Dopo un massimo di 4 giorni, le femmine adulte sono scartate e gli allevamenti riallestiti con giovani individui di terza schiusa o successive. Anche nel caso degli allevamenti di tipo controllato è consigliabile mantenere più gruppi di organismi o più serie di singoli individui, sfalsate nell’allestimento di una settimana, e ciò per garantire una disponibilità praticamente continua di neonati. A3 - Acqua di allevamento C. dubia può essere allevata con successo in acque di vario tipo quali acque di falda e acque superficiali non contaminate ed anche in acque di rete, purchè non clorate. Al fine di non esporre gli organismi in coltura a continue, e talvolta eccessive, variazioni delle caratteristiche del mezzo, sono da preferire quelle fonti che dimostrano, nel tempo, la maggiore stabilità dei parametri chimico fisici. In considerazione dei molteplici aspetti che debbono essere soddisfatti dal mezzo di allevamento (tossicologico, nutrizionale, di riproducibilità dei risultati, di facilità di approvvigionamento, ecc.) l’impiego di un’acqua minerale, o più esattamente l’impiego di un’acqua sintetica preparata a partire da un’acqua minerale di tipo commerciale, si può configurare come una soluzione ottimale. Un’acqua di questo tipo è infatti facilmente disponibile, altrettanto facilmente preparabile, è di qualità nota e poco variabile, permette buoni risultati in termini di accrescimento e attività riproduttiva e ne assicura la riproducibilità. Sono possibili due modi di impiego di un’acqua minerale scelta tra quelle disponibili in commercio. Nel primo caso, ci si serve di un’acqua con un elevato contenuto di sali e ad una certa ali METODI ECOTOSSICOLOGICI quota di acqua minerale viene aggiunta acqua Milli-Q o di qualità equivalente, in modo da ottenere, per diluizione, il mezzo semisintetico con le caratteristiche volute. Nel secondo caso, ci si serve di un’acqua a basso contenuto di sali (oligominerale), che viene corretta nei suoi costituenti maggiori mediante l’aggiunta di sali di grado analitico per dare il mezzo con i valori di alcalinità e durezza desiderati. Entrambe le soluzioni sono state ampiamente collaudate con successo (US EPA, 1989; Viganò, 1991, 1992; Cooney et al., 1992a). Al più si può osservare che nel secondo tipo di impiego il pool di micronutrienti, fornito dall’acqua minerale prescelta, resta invariato nei diversi mezzi di coltura ottenibili. Inoltre, il secondo tipo di applicazione evita, a differenza del primo, il rischio tossicologico introdotto dall’uso di acqua deionizzata per la diluizione del- l’acqua minerale, rischio che periodicamente si potrebbe concretizzare in effetti negativi sulla coltura del cladocero (Cooney et al., 1992b), a meno di controlli assidui sulla efficienza del deionizzatore. Nel primo tipo di applicazione infine, può formarsi un precipitato nei mezzi di coltura con durezza =180 mg CaCO3/L (US EPA, 1989: Patterson et al., 1992). Fatta eccezione per quelle colture di organismi che sono dedicate a saggiare dei campioni con caratteristiche peculiari, in generale si consiglia di adottare un mezzo semisintetico con le seguenti caratteristiche: durezza 140-160 mg CaCO3/L, alcalinità 110-120 mg CaCO3/L, Ca/Mg >1 e prossimo a 4, Na/K >1 e prossimo a 10. L’acqua semisintetica viene preparata in volumi dell’ordine di alcune decine di litri e conservata in recipienti di vetro o polietilene dedicati esclusivamente a questo scopo. I recipienti devono essere mantenuti al riparo da fonti di contaminazione e preferibilmente anche dalla luce per evitare crescite algali o batteriche indesiderate. Se viene utilizzata un’acqua naturale, è necessario filtrarla attraverso membrane da 0,22 µm, minimizzando in questo modo l’eventualità di un apporto incontrollato di cibo o comunque di particelle aventi valore nutrizionale, come pure l’introduzione di agenti patogeni o di altri organismi indesiderati. Se necessario, si può correggere il contenuto di alcuni dei costituenti maggiori aggiungendo sali di grado analitico (MgSO4, CaCl2, NaHCO3, KCl) o diluendo con acqua Milli-Q. Il passaggio su una colonna di carbone attivo può avere un effetto migliorativo sulla qualità del mezzo, e tuttavia si raccomanda il controllo analitico periodico di alcuni parametri. Qualora si voglia adottare un nuovo mezzo di coltura è opportuno verificarne preliminarmente l’idoneità su un numero limitato di organismi. La procedura consigliata è quella del confronto con un mezzo di idoneità comprovata e a tale scopo si allestisce un saggio della durata minima di 7 giorni, nel quale due gruppi di 10 organismi ciascuno, sono esposti rispettivamente ai due mezzi da confrontare. La procedura è lo stessa prevista per il saggio cronico con C. dubia, ed i parametri di interesse sono sopravvivenza e attività riproduttiva a cui possono essere aggiunti la lunghezza o il peso secco degli organismi. A4 – Alimentazione Sono varie le diete che sono state e sono utilizzate con successo per nutrire C. dubia. Generalmente, esse risultano dalla combinazione di più ingredienti, ciascuno dei quali insufficiente al mantenimento del crostaceo, se somministrato singolarmente (Cooney et al., 1992b; Knight e Waller, 1992; Viganò, 1992). Di solito si tratta di colture di una o più specie algali, di mangime per pesci, di lievito o suoi estratti, di foglie di cereali, vitamine e così via. Sembra accertato che il componente di base della dieta debba essere un’alga unicellulare. La Cloroficea Selenastrum Capricornutum (preparata come in A5.1) si è dimostrata idonea allo scopo e va somministrata quotidianamente, in modo da garantire una densità pari, orientativamente, a 200-250.000 cell/mL (US EPA, 1989; Cooney et al., 1992b). I metodi EPA (1989) e ASTM (1989) prevedono che la dieta algale venga integrata con un secondo alimento rappresentato da una miscela di tre ingredienti: mangime per pesci, foglie di cereali (Cerophyl®) e lievito (vedi A5.2). Questo alimento, preparato in sospensioni contenenti 1,8 g/L di solidi sospesi, è somministrato giornalmente in volumi pari a 100 mL per 15 mL di mezzo acquoso, o anche in ragione di 12 mg di solidi per ogni litro di coltura di C. dubia. Sia nel caso in cui la sospensione venga preparato di fresco o sia ottenuta da una aliquota scongelata, se ne consiglia il rinnovo con frequenza settimanale. METODI ECOTOSSICOLOGICI Nei laboratori IRSA-CNR è in uso una dieta semplificata secondo la quale l’alga S. capricornutum è somministrata ad una densità di poco superiore a quella della dieta originale, unitamente o una sospensione di lievito e a una soluzione di vitamine (vedi A5.3). A5 - Preparazione della dieta A5.1 - Sospensione algale L’alga S. capricornutum viene coltivata in un mezzo di coltura preparato a partire da quattro soluzioni composte dai sali di seguito indicati: Soluzione 1: NaNO3 25,500 g/L MgCl2·6H2O 12,164 g/L CaCl2 4,410 g/L H3BO3 185,520 mg/L MnCl2·4H2O 415,380 mg/L ZnCl2 3,270 mg/L CoCl2·6H2O 1,428 mg/L CuCl2·2H2O 0,012 mg/L Na2MoO4·2H2O 7,260 mg/L FeCl3·6H2O 160,000 mg/L Na2EDTA·2H2O 300,000 mg/L Soluzione 2: MgSO4·7H2O 14,700 g/L Soluzione 3: K2HPO4 1,044 g/L Soluzione 4: NaHCO3 15,000 g/L I sali di grado analitico, vengono solubilizzati in acqua bidistillata o Milli-Q filtrata su membrane da 0,22 µm. Il mezzo di coltura è ottenuto per diluizione delle quattro soluzioni in ragione di 2 mL di ciascuna di esse per ogni litro di mezzo. La diluizione è anch’essa effettuata con acqua bidistillata o Milli-Q filtrata attraverso membrane con porosità di 0,22 µm. Il mezzo viene inoculato con un volume di sospensione algale tale da ottenere una densità di circa 200.000 cell/mL. Il mezzo inoculato è posto in incubazione alla temperatura di 20±2°C, con un fotoperiodo dl 16 ore di luce/8 ore di buio e un’intensità luminosa di circa 400 lux fornita da lampade del tipo cool-white. Nel corso dell’incubazione, il mezzo è aerato insufflando aria filtrata attraverso cannule in vetro con un flusso sufficiente a mantenere le cellule algali continuamente disperse. La scarsa agitazione può rendere inutilizzabile la coltura. Dopo 5-6 giorni di incubazione la biomassa algale raggiunge una densità prossima ai 9-10 milioni di cell/mL e si procede alla sua separazione dai residui del mezzo di coltura. Tale operazione si effettua per centrifugazione della sospensione a circa 400 RCF per 5-10 minuti. Il sovranatante è eliminato mentre le alghe vengono ridisperse in acqua, utilizzando preferibilmente quella di allevamento del cladocero ma con durezza ridotta a 30-50 CaCO3/ L. Si procede quindi, ad una seconda centrifugazione ed alla raccolta delle cellule algali in un unico contenitore nel quale verranno conservate. In mancanza di una centrifuga o di un rotore di dimensioni adeguate, si pongono i contenitori usati per la coltura dell’alga in un frigorifero e si lasciano in quiete per diversi giorni in modo che le cellule possano sedimentare; i residui del mezzo di coltura sono poi rimossi per sifonamento (ASTM, 1989; US EPA, 1989). Il volume finale della sospensione, per i cui aggiustamenti si ricorre alla stesa acqua dei lavaggi, deve essere tale da approssimare una densità di circa 100 milioni di cell/L. La sospensione algale così ottenuta è conservabile per alcuni mesi al buio e alla temperatura di 4°C e potrà essere la fonte dell’inoculo della successiva coltura. Le operazioni descritte per la coltura del S. capricornutum devono essere condotte rispettando alcune precauzioni elementari volte a prevenire la contaminazione della coltura da parte METODI ECOTOSSICOLOGICI di altre specie, algali e non. Si deve operare pertanto, in condizioni di massima pulizia, meglio se in condizioni asettiche (sterilizzazione dei recipienti con autoclave, cappe a flusso laminare ecc.) anche se una limitata contaminazione batterica non sembra influire negativamente sul risultato finale (ASTM, 1989). A5.2 – Alimento composito L’alimento composito che in letteratura è spesso indicato con la sigla “YTC” (ASTM, 1989; US EPA, 1989), viene preparato secondo le seguenti indicazioni. La preparazione a base di cibo di pesce richiede una settimana. Ad 1 L di acqua Milli-Q vengono aggiunti e miscelati 5 g di mangime pelletizzato per trota o mangime in scaglie (Tetramin ®). La sospensione viene mantenuta in aerazione per una settimana, a temperatura ambiente, compensando l’evaporazione con acqua Milli-Q e tenendo il contenitore preferibilmente sotto una cappa aspirante a causa dell’odore sgradevole che si sviluppa durante il processo di digestione. Al termine, il contenitore viene posto in un frigorifero e lasciato in quiete in modo che la sospensione digerita possa sedimentare per un minimo di 1 ora. Si procede alla filtrazione attraverso un retino con maglie di apertura di 100-150 mm e si scarta il particellato. Per la preparazione delle foglie di cereali, 5 g del prodotto in polvere (Cerophyl®) vengono dispersi in 1 L di acqua Milli-Q. Mediante un agitatore magnetico, la sospensione viene mantenuta in agitazione a velocità moderata per un massimo di 24 ore e lasciata poi sedimentare per almeno 1 ora, ed eventualmente filtrata attraverso un retino con maglie da 100-150 mm, scartando il materiale particolato. Per la preparazione a base di lievito, si disperdono energicamente 5 g di lievito disidratato (Saccharomyces cerevisiae) in acqua Milli-Q, sino alla completa sospensione del prodotto. L’alimento composito è ottenuto per miscelazione di uguali volumi (circa 300 mL) dei tre preparati e cioè, della sospensione di lievito, della fase decantata od ottenuta per filtrazione di mangime di pesce e di quella ottenuta dalle foglie di cereali. Prima che l’alimento composito possa essere utilizzato per la coltura di C. dubia, è necessario che ne venga determinato il contenuto di solidi sospesi. Tale contenuto, calcolato come media del valore di due repliche di 5 mL ciascuna, essiccate a 105°C per 24 ore, deve essere aggiustato, se necessario, ad un valore di 1,8 g/L. L’alimento può essere suddiviso in aliquote di 50-100 mL che verranno congelate e in tal modo conservate fino al momento dell’uso. Il cibo scongelato e conservato in frigorifero, potrà essere usato per un massimo di 2 settimane, ma sostituito preferibilmente dopo una sola settimana. In alcuni laboratori, il processo di preparazione periodica e congelamento è limitato al solo mangime di pesce che viene pertanto, miscelato con aliquote preparate al momento dell’uso tanto a di lievito che di Cerophyl®. Il periodo massimo d’impiego resta invariato. A5.3 – Dieta semplificata Presso i laboratori dell’IRSA-CNR è in uso una dieta semplificata rispetto a quella proposta nei metodi US EPA(1989) o ASTM (1989) e descritta nei paragrafi precedenti. Nella dieta semplificata, l’alga S. capricornutum è somministrata giornalmente in modo da garantire densità di 300.000 cell/mL, mentre l’alimento composito è stato sostituito con una sospensione di cellule di lievito (S. cerevisiae) ed una soluzione di tre vitamine. La prima è preparata con i panetti di lievito commercializzati per la panificazione. Nell’acqua usata per l’allevamento di C. dubia, con durezza ridotta a 30-50 mg CaCO3/L viene dispersa una quantità di lievito tale da approssimare la densità di 100 milioni di cell/mL. Come nel caso dell’alga, anche la sospensione di lievito è conservabile al buio, a 4°C ed è somministrata giornalmente in volumi tali da garantire una densità di 300.000 cell/mL. Le vitamine sono preparate in un’unica soluzione contenente tiamina cloridrato (vitamina B1) 75 µg/L, biotina (vitamina H) 0,75 µg/L e cianocobalamina (vitamina B12) 1 µg/L. Per agevolare l’impiego di quantitativi così modesti si consiglia di ricorrere a una o più soluzioni concentrate. La soluzione di vitamine, che è conservabile congelata per tempi pressochè indefiniti, viene aggiunta al momento dell’uso all’acqua di allevamento del crostaceo e nella quantità di 1mL/L. METODI ECOTOSSICOLOGICI A6 - Riproduzione L’attività riproduttiva di C. dubia è largamente dipendente dalla temperatura, dalla qualità dell’acqua e dalla qualità e quantità del cibo (ASTM, 1989). La temperatura dell’acqua delle colture deve essere mantenuta al valore cui saranno condotte le prove di tossicità e pertanto a 20±1°C o 25±1°C. C. dubia ha ricevuto grande attenzione soprattutto perchè permette di condurre una saggio cronico in 7 giorni a 25°C, mentre il saggio acuto con questo organismo è di interesse minore se non quando è posto in relazione con i dati di tipo cronico. Per questo motivo la grande maggioranza dei saggi acuti è condotta alla temperatura di 25°C, invece che a 20°C, e per lo stesso motivo gran parte dei dati sulla riproduzione e sull’allevamento di C. dubia proviene da colture mantenute a 25°C. Se. tuttavia, si decide di allevare l’organismo a 20±1°C, si tenga presente che la sua longevità aumenta (da circa 30 a 50 giorni), che diminuisce la frequenza dello schiuse prodotte, e che il numero medio di neonati per schiusa è maggiore che non alla temperatura superiore (Cowgill et al., 1985). Il fotoperiodo consigliato è di 16 ore di luce e 8 di buio. All’opposto una consistente riduzione delle ore di luce potrebbe stimolare una indesiderata produzione di individui di sesso maschile al punto che il mantenimento della stessa coltura diverrebbe problematico (Cooney et al., 1992a). Per quanto riguarda l’intensità luminosa, livelli comunemente riscontrabili in laboratorio possono essere accettabili e, in ogni caso, si consigliano valori che siano compresi nell’ambito di 500-1000 lux. Si tenga presente che le elevate intensità luminose possono indurre un’attività fotosintetica del Selenastrum somministrato come alimento, tale da aumentare il pH del mezzo sino a valori che potrebbero rivelarsi dannosi o anche letali per il crostaceo (. pH 9). Compatibilmente con il potere tampone dell’acqua di coltura e con la densità di alghe presenti, può essere preferibile mantenere valori di intensità luminosa prossimi al limite inferiore dell’intervallo consigliato (ASTM, 1989). Alla temperatura di 25±1°C, C. dubia produce 3 schiuse in 7 giorni, con una sequenza secondo la quale la prima schiusa è prodotta al quarto giorno di vita ed è costituita da 3-6 neonati; la seconda è prodotta al quinto o anche al sesto giorno e si compone, mediamente, di 510 neonati; la terza schiusa infine, ha luogo al settimo giorno e può comprendere da 7 a 14 individui. I valori minimi e massimi sopra riportati che peraltro hanno valore indicativo, si riferiscono rispettivamente ad un’attività riproduttiva accettabile e ad una ottimale. Valori inferiori a 15 neonati totali nelle prime tre schiuse indicano la presenza di problemi nella coltura. A7 - Organismi per il saggio Per l’allestimento del saggio devono essere utilizzati i neonati di C. dubia aventi età =24 ore e appartenenti alla terza schiusa o successive. Se l’acqua del corpo idrico da saggiare o l’acqua usata per le diluizioni di effluente, hanno caratteristiche sostanzialmente diverse dall’acqua usata per la coltura degli organismi, è necessario che i neonati da utilizzare nel saggio, siano prodotti da femmine allevate per almeno 7 giorni nella stessa acqua usata per le diluizioni del saggio di tossicità o in un’acqua con caratteristiche similari. Gli organismi da saggiare devono provenire da un gruppo di femmine mantenute in condizioni di allevamento controllato. Non si devono utilizzare i neonati prodotti da femmine che non rispondono ai criteri di qualità indicati per la sopravvivenza e l’attività riproduttiva, o che comunque manifestino sintomi di condizioni colturali scadenti. Come ulteriore criterio guida si può suggerire l’utilizzabilità di neonati appartenenti a schiuse composte da almeno 7-8 individui. I neonati prodotti nelle 24 ore immediatamente precedenti all’allestimento del saggiohanno l’età richiesta per la conduzione della prova tossicologica. È preferibile che essi siano nutriti se non utilizzati entro 2-3 ore dalla raccolta. BIBLIOGRAFIA ASTM (1989): “Standard guide for conducting three-brood, renewal toxicity tests with Ceriodaphnia dubia”, American Society for Testing and Materials, ASTM E 1295-89. METODI ECOTOSSICOLOGICI BERNER D.B. (1986): “The taxonomy of Ceriodaphnia (Crustacea: Cladocera)”. in U.S. Environmental Agency cultures. 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Metodo di valutazione della tossicità acuta con Mysidopsis bahia 1. Introduzione Viene descritta la procedura standard per saggi di tossicità acuta su campioni di acque di scarico o di corpi idrici con il crostaceo marino Mysidopsis bahia. I risultati ottenibili da un saggio acuto costituiscono solitamente il primo passo nella valutazione di rischio per la vita acquatica. L’assenza di effetti acuti non preclude la possibilità di effetti cronici. Inoltre, un risultato negativo con un dato campione non esclude il riscontro di effetti tossici acuti in campioni prelevati in diversi momenti e ciò a causa, ad esempio, della possibile variabilità di uno scarico come anche della capacità di diluizione delle acque recettrici. 2. Generalità sul metodo Dei giovani esemplari del crostaceo marino Mysidopsis bahia sono esposti per un tempo massimo di 96 ore ad uno scarico o all’acqua di mare dell’area indagata, con lo scopo di evidenziare la presenza di sostanze tossiche in concentrazioni tali da causare effetti di tipo acuto. La procedura di saggio per un effluente prevede che un minimo di cinque gruppi di organismi coetanei, aventi età compresa tra 1 e 5 giorni, sia mantenuto a cinque diluizioni, in acqua di mare, dell’effluente da saggiare. I decessi osservati sono poi elaborati per calcolare il valore di diluizione che si rivela letale per il 50% degli organismi (LC50) a un determinato tempo di esposizione (24 ore, 48 ore o 96 ore). La validità del risultato è giudicata osservando la risposta di un ulteriore gruppo di controllo che è stato mantenuto per lo stesso tempo di esposizione e nella medesima acqua di mare, ma senza aggiunta di effluente. La stessa procedura può essere applicata per rilevare la presenza di effetti tossici acuti nel- l’acqua di mare dell’area recettrice o di altre zone. È tuttavia infrequente che i contaminanti raggiungano in quest’ultima delle concentrazioni tali da permettere la determinazione di una LC50. Pertanto il saggio si limita ad indagare l’eventuale risposta degli organismi ad un campione non diluito, e la validità del risultato, che ben raramente va al di là di pochi decessi, è determinata in base al confronto con organismi di controllo esposti ad acqua di mare non contaminata. Si fa notare che per M. bahia è disponibile la metodica standard (Sezione 8090) per condurre un saggio cronico la cui durata (7 giorni) è di poco superiore alle 96 ore previste per il saggio acuto descritto in queste pagine. Poichè con semplici accorgimenti è possibile ottenere informazioni sia sulla tossicità di tipo acuto che su quella di tipo cronico mediante un unico saggio di 7 giorni, quest’ultimo è da preferire ogni qualvolta sia possibile. Se si adotta tale soluzione, è necessario attenersi alla procedura di saggio cronico alla quale si rinvia. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali a strumentazione La conduzione del saggio di tossicità richiede: -numero minimo di 10 bicchieri di vetro borosilicato (beaker) con volume utile pari ad almeno 200 mL; -lampade fluorescenti ad ampio spettro controllate da un temporizzatore con il 1027 METODI ECOTOSSICOLOGICI quale regolare il fotoperiodo, e possibilmente anche da un dispositivo che permetta la transizione regolare tra le fasi di luce e di buio; -bagno o camera termostatati per il mantenimento della temperatura delle soluzioni da saggiare a 20±1°C per tutta la durata della sperimentazione; -analizzatore di ossigeno disciolto; -misuratore di salinità; -fonte di aria compressa a bassa pressione con diffusori in pietra porosa o cannule di vetro. I compressori che comunemente alimentano gli impianti centralizzati immettono oli e altri contaminanti nella rete di distribuzione che vanno rimossi con cartucce di carbone attivo; - 2-4 imbuti separatori con volume di 2 L per la schiusa di Artemia salina; - cisti di Artemia salina che rispondono ai requisiti indicati in Appendice; -miscela di sali per la preparazione di acqua di mare artificiale. La miscela commercializzata con il marchio Forty Fathoms® ha dato buoni risultati nella conduzione dei saggi e nella coltura di M. bahia (vedi Appendice). 3.2 Organismi per il saggio Gi organismi appartenenti alla specie M. bahia devono avere età compresa tra 1 e 5 giorni. In tale ambito, l’età degli organismi saggiati non può differire per più di 24 ore. I giovani crostacei rispondenti a questi requisiti sono facilmente ottenibili da femmine adulte le cui uova mostrino la macchia oculare degli embrioni in corso di sviluppo. Esse vengono isolate dalle vasche della coltura di laboratorio almeno 24 ore prima dell’allestimento del saggio, come descritto in Appendice. 3.3 Acqua di diluizione In base alle finalità del saggio, è opportuno scegliere il tipo di acqua di diluizione più adeguato. a) Se l’obiettivo è di stimare la tossicità acuta di un effluente producendo un dato assoluto e indipendente dalle caratteristiche delle acque recettrici, verrà utilizzata un’acqua di diluizione sintetica standard. A titolo di esempio, in Tab. 1 sono elencati i sali con i rispettivi dosaggi necessari per la preparazione di acqua di mare sintetica con salinità pari a circa 31‰. Salinità maggiori o minori sono ottenute con quantità della miscela salina adeguate in proporzione. Per la preparazione dell’acqua di mare si usa acqua Milli-Q o deionizzata di qualità equivalente alla quale vengono aggiunti i nove sali elencati in Tab. 1, singolarmente, secondo la sequenza indicata e assicurandosi che ciascuno si sia sciolto prima dell’aggiunta del successivo. Per la preparazione dell’acqua di mare sintetica sono utilizzabili anche le miscele di sali già pronte e disponibili in commercio, quali Forty Fathoms® o altre, purchè soddisfino i criteri di validità del saggio. L’accrescimento, l’attività riproduttiva e le altre manifestazioni vitali fortemente dipendenti dalla qualità dell’acqua sono difficilmente soddisfatte da una miscela semplificata come quella riportata in Tab. 1 e pertanto, se l’acqua sintetica deve essere impiegata anche nei saggi cronici e per la coltura degli organismi, si consiglia solo l’uso di miscele complete. La salinità prevista per un saggio in condizioni standard è di 35‰. b) Nel caso la finalità del saggio sia quella di stimare la tossicità acuta di uno scarico nelle acque recettrici non contaminate, sarà necessario usare come acqua di diluizione quella prelevata nell’area di sversamento ma in zona non inquinata. L’acqua di diluizione dovrebbe essere prelevata immediatamente prima del saggio o comunque, non oltre 96 ore dallo stesso. Se non usata entro 24 ore dal prelievo, l’acqua di diluizione verrà refrigerata (4°C). Se l’area recettrice è contaminata o sospettata di esserlo, si può ricorrere ad acque naturali o semisintetiche aventi caratteristiche fisiche e chimiche il più possibile simili a quelle dell’acqua recettrice. c) Se infine, l’obiettivo del saggio è di esaminare le interazioni tra i contaminanti dello scarico e quelli già presenti nell’acqua recettrice, quest’ultima sarà utilizzata come acqua di di 1028 METODI ECOTOSSICOLOGICI luizione indipendentemente dal suo grado di contaminazione, purchè prelevata al di fuori dell’area influenzata dallo scarico in esame. Nell’allestimento di questo tipo di saggio è necessario includere un secondo gruppo di controllo in cui gli organismi vengono esposti solo ad acqua di allevamento. NaCl 21,03 420,6 Na2SO4 3,52 70,4 KCl 0,61 12,2 KBr 0,088 1,76 Na7B4O7·10 H2O 0,034 0,68 MgCl2·6H2O 9,50 190,0 CaCl2·2H2O 1,32 26,4 SrCl2 6H2O 0,02 0,4 NaHCO3 0,17 3,4 COMPOSTO CONCENTRAZIONE (g/L) QUANTITA RICHIESTA per 20 L Tabella 1: Elenco dei sali di grado analitico e quantitativi necessari alla preparazione di acqua di mare artificiale di salinità 31‰ Generalmente un effluente ha una salinità trascurabile. Gli organismi devono tuttavia essere esposti alle diverse diluizioni di uno scarico senza che le differenti salinità delle soluzioni possano rappresentare una fonte di stress aggiuntivo a quello dei tossici o più semplicemente una fonte di variabilità dei risultati. Si tratta pertanto di uniformare la salinità delle diverse diluizioni di acqua di scarico. A questo scopo, si dispone di due soluzioni: la prima prevede l’impiego di acqua di mare ipersalina (100‰) come acqua di diluizione, mentre la seconda consiste nell’aggiungere i sali per la preparazione di acqua di mare artificiale. II principale vantaggio della prima soluzione è che l’acqua ipersalina può essere ottenuta, previa filtrazione (=1µm) e per evaporazione controllata (<40°C), da acqua di mare naturale di elevata qualità (aree pelagiche). Come tale essa contiene tutti i micronutrienti e colloidi biogenici richiesti per l’accrescimento e l’attività riproduttiva degli organismi marini, e può essere conservata al buio e a temperatura ambiente per periodi prolungati senza apparente degradazione. II limite della prima soluzione risiede nel fatto che un effluente può essere saggiato ad una concentrazione massima non superiore all’80% se la salinità prescelta è del 20‰, od anche del 70% se la salinità voluta è del 30‰. La seconda soluzione non presenta questo limite ma l’aggiunta di sali può, dal canto suo, modificare il pH dell’effluente o del- l’eventuale acqua che richiede aggiustamenti, potendo alterare in tal modo anche la tossicità del campione. In generale, si tenga presente che valori di pH al di fuori dell’intervallo 6-9 possono contribuire alla mortalità degli organismi. Se necessario il pH può essere riportato al valore desiderato con aggiunte di HCl o NaOH. Dopo l’aggiunta dei sali la soluzione viene mantenuta in agitazione moderata per circa 60 minuti con l’aiuto di un agitatore magnetico, e ciò per garantire che tutti i sali siano entrati in soluzione prima di introdurre gli organismi. È consigliabile includere nella serie dei trattamenti anche un controllo con acqua preparata in modo analogo per aggiunta di sali, al fine di verificare che tale procedura non causi effetti negativi. 3.4 Illuminazione II saggio viene condotto conservando le stesse condizioni di illuminazione alle quali sono allevati gli organismi. II sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro deve fornire a livello dell’area di sperimentazione un’intensità luminosa compresa tra 500 e 1000 lux con un fotoperiodo di 16 ore di luce e 8 ore di buio. 3.5 Temperatura La temperatura a cui devono essere mantenute le soluzioni sottoposte a saggio è di 20 ±1°C. 1029 METODI ECOTOSSICOLOGICI Questa condizione è raggiunta immergendo i beaker del saggio in un bagno termostatato o operando all’interno di un ambiente interamente condizionato alla temperatura voluta. Nel caso il risultato tossicologico debba essere usato per indagare il rapporto tra la tossicità acuta e cronica dell’effluente in esame, il saggio acuto deve essere condotto alla stessa temperatura di 26-27°C prevista per il saggio cronico. 3.6 Alimentazione I giovani di M. bahia sono alimentati con naupli di A. salina schiusi, preferibilmente, da alcune ore e non oltre le 24 ore (vedi Appendice A4). I naupli sono somministrati sia durante il periodo di mantenimento precedente il saggio (massimo 5 giorni) che durante il saggio stesso. Nel corso della prova l’alimentazione è quotidiana e può essere quantificata sulla base di circa 100 naupli per ogni misidaceo. Se la somministrazione dell’intera quantità di cibo causasse un deficit significativo della concentrazione di O2 disciolto, essa può essere ripartita in due tempi (50 naupli/misidaceo) adeguatamente distanziati nell’arco della giornata. 3.7 Ossigeno disciolto In presenza di valori elevati di BOD e alle concentrazioni più elevate di acqua di scarico è maggiore il rischio che l’ossigeno disciolto scenda a livelli critici, non compatibili con la sopravvivenza degli organismi. Si raccomanda pertanto di controllare questo parametro e con maggior frequenza durante le prime ore di sperimentazione. Se la concentrazione di O2 disciolto scende al di sotto del 60 % del valore di saturazione (Tab. 2 Sezione 8090) si rende necessario aerare le soluzioni di effluente, facendo gorgogliare aria nei beaker di saggio mediante cannule in vetro o pipette Pasteur. Nel caso si debba procedere all’aerazione di una diluizione del campione, tutte le restanti devono essere aerate in modo analogo, includendo anche i recipienti di controllo. Il flusso d’aria deve essere mantenuto ad un livello minimo che non arrechi disturbo agli organismi. Usando delle cannule di vetro o delle pipette Pasteur si può considerare come indicativo un flusso pari a 100 bolle/minuto. 4. Procedura del saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Nel caso di campioni a tossicità completamente sconosciuta o sospettati di essere particolarmente tossici, può essere vantaggioso effettuare una prova preliminare per definire l’intervallo di tossicità entro cui condurre successivamente il saggio definitivo. Un saggio preliminare consiste in un prova abbreviata e semplificata per la quale si preparano 5 diluizioni del campione in serie geometrica e piuttosto spaziate tra loro. La serie 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% (v/v) può essere suggerita per questo scopo. Ad ogni diluizione vengono esposti 5 neonati di M. bahia e dopo un periodo non superiore alle 24 h si registrano gli effetti. Se con lo stesso campione si dovrà in seguito condurre la prova definitiva, si raccomanda di procedere nel rispetto dei limiti di conservabilità del campione stesso. Se viceversa le due prove sono condotte con campioni prelevati in momenti diversi, a causa della variabilità più o meno elevata della tossicità dello scarico o del recettore, i risultati del saggio preliminare e di quello definitivo potranno essere tra loro anche molto differenti. 4.2 Saggio definitivo Per la conduzione della prova definitiva si allestiscono 5 diluizioni del campione da esaminare. La sequenza 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v) caratterizzata da un fattore di diluizione 0,5 è applicabile a gran parte delle situazioni. Viceversa, basandosi anche sulle informazioni ottenute dal saggio preliminare, si potrà adottare un diverso intervallo di sperimentazione, un diverso fattore di diluizione o anche un maggior numero di concentrazioni. 1030 METODI ECOTOSSICOLOGICI Se è stato necessario refrigerare i campioni di scarico o di acqua di diluizione, i volumi necessari alla conduzione del saggio vengono prelevati dai contenitori, previo accurato mesco- lamento, e portati alla temperatura di 20±1°C. Preparate le diluizioni previste con le eventuali correzioni di salinità, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse prossima al limite del 60% del valore di saturazione, si procede ad aerare i contenitori (vedi Paragrafo 3.7). Quando le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si introducono i giovani di M. bahia. Nel saggio di tossicità acuta i risultati ottenuti dalle diverse repliche vengono solitamente combinati ai fini del calcolo della LC50. Ciò rende inutile l’allestimento di più repliche della stessa concentrazione, che pertanto non verrà suggerito, a meno che non venga saggiato un numero di organismi superiore a quello minimo indicato. Per ogni diluizione di effluente si utilizzano almeno 10 giovani organismi in soluzioni di 200 mL di volume. Gli organismi vengono distribuiti secondo una sequenza casuale nei diversi contenitori sino al completamento del numero richiesto. Per evitare diluizioni significative delle soluzioni del saggio, è opportuno minimizzare il volume d’acqua trasferito con gli organismi. Questi sono più facilmente trasferibili se la pipetta provvista di bulbo elastico è mantenuta verticale sopra l’organismo da prelevare, piuttosto che frontalmente o posteriormente allo stesso. Quando il saggio è protratto a 96 ore, dopo 48 ore di esposizione si deve provvedere al rinnovo delle soluzioni del campione saggiato. II rinnovo quotidiano si può rendere necessario se l’effetto tossico è causato da sostanze facilmente degradabili o quando l’eventuale aerazione dei campioni causa una riduzione significativa degli effetti tossici. Per preparare le soluzioni fresche si procede secondo le condizioni precisate a proposito dell’allestimento della prova. I giovani di M. bahia sono trasferiti nelle soluzioni corrispondenti a quelle in cui sono già stati esposti nelle precedenti 24-48 ore di saggio. In generale, è opportuno limitare l’evaporazione delle soluzioni di saggio per non causare variazioni della salinità oltre che della concentrazione degli inquinanti. Per controllare il fenomeno si possono usare dei fogli di polietilene trasparenti o altri dispositivi (vetro d’orologio) con i quali coprire i recipienti di saggio. Almeno quotidianamente si ispezionano i giovani crostacei e si provvede alla rimozione e registrazione degli organismi eventualmente deceduti. Sono considerati deceduti quegli organismi che non reagiscono ad una leggera stimolazione. Per evitare di disturbare gli animali si può fare coincidere l’osservazione degli effetti con la somministrazione del cibo e le altre operazioni collegate alla conduzione del saggio. È utile disporre dei risultati dopo 24, 48, 72 e 96 ore di esposizione, e può essere anche utile, ai fini della caratterizzazione del campione, registrare ogni altra alterazione che sia osservabile negli organismi esposti. Gli esemplari di M. bahia sopravvissuti alla sperimentazione non possono essere riutilizzati ed inoltre, appartenendo ad una specie non indigena, non devono essere assolutamente dispersi nel- l’ambiente. 5. Procedura del saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo La soluzione che viene comunemente adottata per individuare la presenza di effetti tossici acuti nelle acque del corpo idrico, consiste nell’esporre dei giovani di M. bahia ad un campione non diluito di tali acque. Se l’acqua di allevamento ha salinità diversa da quella del campione da saggiare, si procede ad acclimatare i crostacei secondo le indicazioni date in Appendice. Si tenga presente che il saggio acuto può essere condotto entro un intervallo di salinità molto ampio e cioè 5-35 ‰. L’acqua usata per completare l’acclimatazione degli organismi, sia che si tratti di acqua naturale che di acqua sintetica, verrà anche utilizzata per allestire il controllo. A differenza del saggio su effluenti, il campione di acqua del corpo idrico è saggiato in quattro repliche ed altrettante devono essere quelle preparate con l’acqua di controllo. In ogni re 1031 METODI ECOTOSSICOLOGICI plica, avente il volume di 200 mL, vengono trasferiti 10 giovani individui di M. bahia di età =5 giorni. Fatta eccezione per questa parte della metodologia di saggio, tutti gli altri aspetti procedurali quali l’aerazione, il rinnovo delle soluzioni o l’alimentazione, sono da considerare invariati e si rimanda pertanto ai paragrafi precedenti. Nel saggio senza diluizione i risultati delle quattro repliche non vengono cumulati e vengono utilizzati per determinare con metodi statistici se sono significativamente diversi da quelli osservati nel controllo. Se il campione saggiato “tal quale” causa una mortalità superiore al 50% degli organismi, si può eventualmente procedere alla stima della LC50. In questo caso il campione di acqua del recettore deve essere saggiato secondo la procedura descritta per il saggio con effluente (cfr. par. 4). 6. Validità del saggio Il risultato del saggio è considerato accettabile se la sopravvivenza degli organismi di controllo è =90% e se la concentrazione di ossigeno si è mantenuta in tutti i trattamenti a livelli =60% del valore di saturazione. Pur senza vincolare la validità del risultato, si consiglia la conduzione periodica di saggi in condizioni standard con un tossico di riferimento, quale ad esempio il bicromato di potassio o il pentaclorofenolo. Questa pratica dovrebbe consentire di evidenziare condizioni sperimentali o lotti di organismi, per qualche motivo, anomali. In condizioni normali, disponendo di una congrua serie di LC50, il risultato di ogni nuovo saggio di riferimento dovrebbe collocarsi entro l’intervallo definito dal valore medio di tale serie e dal doppio del corrispondente scarto tipo (media± 2·scarto tipo). Viceversa, se la LC50 del tossico di riferimento si colloca all’esterno di questo intervallo di sicurezza, tutti i dati ottenuti con il medesimo lotto di organismi dovrebbero essere considerati con cautela. A scopo puramente informativo, si possono citare i risultati di alcuni studi condotti sul saggio acuto con M. bahia, tra cui quelli di un esercizio di intercalibrazione (US EPA, 1985). A quest’ultimo parteciparono 6 laboratori che, operando sia in condizioni statiche che in flusso continuo, saggiarono la tossicità del nitrato di argento e dell’endosulfan. II coefficiente di variazione risultò, rispettivamente, di 27% e 22% per il primo tossico e di 62% e 58% per il secondo. Per il Cr(VI) è stata determinata una 96hLC50 di 2,03 mg/L ed una serie di saggi condotti da due laboratori diede complessivamente un valore medio per la 48h LC50 di 6 mg/L (n=8) ed un CV di 21,5% (20‰) (Goodfellow e Rue, 1989). Una serie di 8 prove condotte con lo stesso tossico di riferimento ma da un solo laboratorio, diede come 48hLC50 media il valore di 5,12 mg Cr (VI)/L e come CV 22% (20‰) (Goodfellow e Rue, 1989). Una serie di 13 saggi condotti parimenti da un unico laboratorio ma utilizzando come tossico il Cd, diede come media della 96hLC50 il valore di 0,346 mg/L e come CV 9% (25°C, 25‰)(US EPA, 1991). Un più recente esercizio di intercalibrazione cui parteciparono 14 laboratori che utilizzarono KCl come tossico di riferimento, permise di valutare una 96hLC50 media di 250 mg KCl/L ed un CV di 36% (22°C; 25‰) (US EPA, 1991). Un simile esercizio di intercalibrazione (25°C; 30‰) con lo stesso tossico ma con la partecipazione di un numero ben maggiore di laboratori (n=61) diede come risultati finali 532 mg KCl/L e 30,1%, rispettivamente 48hLC50 media e coefficiente di variazione (US EPA, 1991). 7. Analisi dei risultati 7.1 Calcolo della LC50 Il saggio per la valutazione della tossicità acuta descritto in questa procedura si propone non solo l’identificazione delle sorgenti di contaminazione capaci di effetti tossici acuti ma anche la quantificazione della loro potenziale tossicità mediante la stima della concentrazione letale al 50% degli organismi (LC50) per un dato tempo di esposizione (24-48 ore). La determinazione della LC50 può essere effettuata con diversi metodi la cui applicabilità è in buona parte di 1032 METODI ECOTOSSICOLOGICI pendente dal tipo di risultati ottenuti, e più precisamente dal numero di effetti parziali osservati, intermedi cioè tra una mortalità del 100% e una mortalità nulla. La valutazione della LC50 dovrebbe basarsi sui risultati relativi ad almeno 5 concentrazioni di campione ed un controllo, sebbene molti metodi di analisi possono essere utilizzati con un numero di dati inferiore. Se la massima concentrazione saggiata ha causato una mortalità inferiore al 50%, non si dovrebbe procedere al calcolo della LC50, il cui valore sarebbe in tal caso poco attendibile. Meglio ripetere il saggio, se possibile, cercando di migliorare la serie delle concentrazioni saggiate. In caso contrario la LC50 sarà più correttamente espressa come “maggiore della massima concentrazione sperimentata” (es.: 48hLC50>80%). Nel metodo di saggio dedicato alla valutazione della tossicità acuta con Daphnia magna (Sezione 8020) sono stati proposti tre diversi metodi, ampiamente validati, atti alla valutazione della LC50. Si tratta del metodo di Litchfield e Wilcoxon, del test binomiale e del metodo pro- bit. Essi sono adeguatamente illustrati nell’ambito del suddetto metodo al quale si rinvia. Infine, è opportuno segnalare che sono disponibili in commercio alcuni programmi per personal computer espressamente dedicati ai diversi metodi di analisi statistica dei risultati tossicologi- ci. A questi prodotti si rinvia. 7.2 Effetti da concentrazione unica L’esame dei risultati ottenuti saggiando un campione non diluito del corpo idrico è riconducibile alla teoria del confronto tra due campioni. Nel presente schema sperimentale, i decessi osservati nelle repliche del corpo idrico e in quelle del controllo rappresentano le due serie di dati posti a confronto. Di fatto, se la mortalità degli organismi esposti al corpo idrico supera il valore del 10% e cioè quel limite di decessi accettato come “naturale” in un gruppo di individui di controllo, si può già concludere che il campione contiene inquinanti a concentrazioni tossiche. Tuttavia può essere opportuno dare supporto statistico al risultato del saggio, verificando la cosiddetta ipotesi nulla o zero, e cioè che le medie dei decessi osservati nei due trattamenti siano uguali. Smentire l’ipotesi con un certo grado di probabilità, solitamente P=0,05, equivale a verificare che la mortalità osservata per gli organismi esposti al corpo idrico è significativa. II test “t” è utilizzato per confrontare i due campioni e, dal momento che vi è un’attesa di contaminazione o di mortalità maggiore per il campione del corpo idrico piuttosto che per il controllo, un test unilaterale è generalmente adeguato. L’applicazione del test “t” richiede che le proporzioni di decessi osservati nelle repliche siano distribuite normalmente. Se i dati soddisfano questo requisito è necessario procedere anche alla verifica di omogeneità della varianza dei due gruppi di risultati e solo in caso affermativo è lecito passare all’esame della significatività dei decessi osservati. Se i dati non fossero distribuiti normalmente il problema viene comunemente risolto mediante opportune trasformazioni dei dati stessi. La conversione delle proporzioni di organismi deceduti nella radice quadrata del loro arc sen è la trasformazione più comune. Se non si rivelasse risolutiva è necessario procedere all’esame dei risultati con metodi non parametrici. Se a sua volta, la condizione di omogeneità della varianza non fosse rispettata, il test “t” rimane valido ma deve essere applicato in forma modificata. II valore calcolato per la funzione “t” è infine confrontato con il valore critico di “t” individuabile in apposite tabelle, in base al numero di gradi di libertà ed al livello di probabilità prescelto. Se il valore di “t” calcolato supera il valore tabellare, le due mortalità sono significativamente diverse. Sono disponibili in commercio dei programmi per personal computer che sono espressamente dedicati all’analisi statistica dei risultati tossicologici e possono svolgere tutte le operazioni necessarie. A questi prodotti, pertanto, si rinvia. APPENDICE A1- Note sulla sistematica e sulla biologia di Mysidopsis bahia I Misidacei sono piccoli crostacei che popolano le acque marine, estuariali e, con un numero 1033 METODI ECOTOSSICOLOGICI ridotto di specie, anche le acque dolci. Sono confondibili a prima vista con degli stadi giovanili di gamberi e quindi con i Crostacei Decapodi. Essi appartengono tuttavia, a un diverso superordine, quello dei Peracaridi ed essenzialmente si differenziano dai Decapodi per avere il carapace mai perfettamente aderente a tutti i segmenti toracici, per la presenza nelle femmine di un “marsupio” formato da alcuni oostegiti (porzione setolosa di arti addominali), e per la mancanza di una vera e propria metamorfosi (Cottiglia, 1983). L’ordine dei Misidacei è rappresentato nelle acque nazionali da varie specie. Tra quelle che si possono catturare in ambienti lagunari la più comune è Mysis slabberi che unitamente ad altre, come Diamysis bayrensis, sostano poco sopra il substrato o in rapporto con questo, potendo rappresentare una frazione notevole del popolamento planctonico solo nelle ore notturne di intensa attività natatoria (Cottiglia, 1983). La riproduzione avviene in primavera ed estate. I Misidacei costituiscono negli ambienti estuariali e marini un importante anello della catena trofica essendo predati da numerose specie di pesci, spesso di valore commerciale. M. bahia è una specie estuariale che si riscontra principalmente in acque con salinità superiori al 15‰. È originaria della costa atlantica dell’America del nord e del Golfo del Messico in particolare. Similmente agli organismi del genere Daphnia, anche in Mysidopsis gli stadi giovanili si sono spesso dimostrati come i più sensibili alle sostanze tossiche. Quando i giovani schiudono e abbandonano la camera di incubazione a marsupio, sono immobili. Essi conducono vita planctonica per le prime 24-48 ore, dopo le quali raggiungono il fondo, si orientano verso la corrente e si cibano di detrito e di piccoli organismi che da questa sono trasportati. Gli individui adulti di M. bahia hanno lunghezza compresa tra 4,4 e 9,4 mm misurata dal margine anteriore del carapace sino al termine degli uropodi con aspetto laminare (Fig. 1). Le femmine adulte sono normalmente di dimensioni maggiori dei maschi ed i loro pleopodi (appendici addominali) hanno dimensioni minori (Fig. 2). II corpo è solitamente trasparente ma può presentare colorazioni tendenti al giallo, bruno o nero. A2 - Allevamento degli organismi Per ottenere un rifornimento adeguato dei giovani individui per i saggi, la coltura di M. bahia deve essere attivata almeno quattro settimane prima del periodo di utilizzo. Gli organismi necessari ad iniziare la coltura di laboratorio devono provenire da centri specializzati che ne garantiscano l’identità specifica. Sono trasportabili in bottiglie di polietilene ad una densità consigliata di circa 50 individui in 700 mL di acqua di mare, in contenitore da 1 L. Per evitare crescite batteriche ed eccessive riduzioni dell’ossigeno disciolto, durante il trasporto che non deve prolungarsi oltre le 24 ore, gli animali non vengono alimentati e si area a saturazione il mezzo acquoso prima della loro immissione. Le colture massive possono essere mantenute sia in flusso continuo che in sistemi chiusi provvisti di ricircolo del mezzo acquoso. Quest’ultima soluzione è probabilmente la più diffusa. II sistema di mantenimento dovrebbe consistere di almeno 3-4 vasche di circa 200 L ciascuna. Tuttavia, possono essere utilizzate anche vasche più piccole aventi un volume di circa 80100 L. Disporre di più di un’unità di mantenimento tutela dal rischio di perdere l’organismo in caso di possibili incidenti e garantisce un adeguato numero di individui per la sperimentazione. L’intensità della luce ed il fotoperiodo non sembrano avere un ruolo chiave su accrescimento e riproduzione. Sono adottabili, pertanto, intensità luminose comprese tra 500 e 1000 lux con l’alternanza di 16 ore di luce e 8 ore di buio, e cioè quei valori già impiegati con successo per l’allevamento in laboratorio di altri organismi acquatici. M. bahia non sopravvive per lunghi periodi a concentrazioni di ossigeno disciolto inferiori a 5 mg/L. Se l’ossigeno disciolto approssima tali valori è necessario aerare le vasche di allevamento con diffusori a pietra porosa ed aria priva di contaminanti. Gli acquari devono essere prowisti sia di un tipo di filtro interno, posizionato sotto lo strato di ghiaietto (dolomite) con cui si copre il fondo detto “filtro sotto sabbia”, che di una unità filtrante esterna alla vasca la cui pompa deve essere dimensionata in modo da garantire un flusso orario minimo pari ad almeno il volume dell’acquario (nell’arco di un’ora tutta l’acqua contenuta nell’acquario deve essere stata trattata dall’unità di filtrazione). Tra i vari materiali di riempimento impiegati nell’unità filtrante esterna (carbone, fibre sintetiche ecc.) si consiglia di includere uno strato di sbriciolato METODI ECOTOSSICOLOGICI Figura 1: Visione laterale e dorsale di un misidaceo (modificata da US EPA, 1991). 1: antennula; 2: processo dorsale; 3: statocisti; 4: antenna; 5: lamina dell’antenna; 6: marsupio; 7: ottavo arto toracico; 8: pleopodi; 9: carapace; 10: segmenti addominali; 11: uropode; 12: telson; 13: endopodite; 14: esopodite; 15: segmenti toracici; 16: processo dorsale. Figura 2.: Principali caratteristiche morfologiche utili all’identificazione di Mysidopsis bahia. a: maschio; b: femmina, si noti la sacca ventrale a marsupio e la minore lunghezza dei suoi pleopodi rispetto a quelli del maschio; c: secondo arto toracico; d: telson; e: uropode destro con statocisti, visto dal dorso, si notino le tre spine sull’endopodite; f: visione dorsale di individuo maschio. di conchiglie, reperibile in commercio, che sciogliendosi lentamente contribuisce al potere tampone del mezzo acquoso. II flusso di ritorno dal filtro esterno dovrà formare una corrente moderata all’interno della vasca rispetto alla quale gli organismi, che sono caratterizzati da una reotassia positiva, possono orientarsi. L’azione dei filtri non si deve affatto limitare alla rimozione meccanica del materiale in sospensione ma deve estendersi, aspetto ben più importante, alla depurazione dei ca METODI ECOTOSSICOLOGICI taboliti disciolti. Affinchè le unità filtranti siano in grado di svolgere questa funzione è necessario un periodo di condizionamento. Si possono aggiungere a giorni alterni alcuni mL di sospensione concentrata di artemie alla vasca da condizionare, almeno fino a che i nitriti non raggiungono la concentrazione di 2 mg/L. Essa continuerà ad aumentare senza ulteriori aggiunte di artemie per poi diminuire lentamente fino a valori inferiori a 0,05 mg/L. A questo punto si può riprendere la somministrazione dei piccoli crostacei o comunque di materiale organico facilmente degradabile e verificare che la concentrazione di nitriti, misurata giornalmente, non subisca incrementi significativi. Se l’unità accetta l’aggiunta di artemie o altro materiale organico senza sostanziali mutamenti del contenuto di nitriti, il condizionamento è compiuto. Si possono quindi introdurre alcuni organismi adulti di M. bahia, non più di una ventina. L’assenza di decessi nell’arco di 96 h conferma la raggiunta funzionalità dell’unità di allevamento. L’aggiunta di alcuni litri di acqua o di parte del materiale filtrante proveniente da un’unità già operativa, può abbreviare notevolmente il processo di condizionamento descritto. A3 - Acqua di allevamento Una fonte di acqua di mare non contaminata e filtrata (0,45 µm) dovrebbe essere usata per l’allevamento di M. bahia, tuttavia, alcune miscele artificiali di sali sono state utilizzate con pieno successo come ad esempio quella commercializzata come Forty Fathoms®. Se si utilizza quest’ultima soluzione, è importante attenersi alle istruzioni fornite con le confezioni di sali che verranno solubilizzati in acqua ultrapura, deionizzata di buona qualità o equivalenti, in contenitori dedicati a questo scopo e non direttamente nelle vasche di coltura. Prima del- l’impiego è preferibile che l’acqua sintetica sia aerata moderatamente per 24 ore e lasciata in quiete per alcuni giorni. Per la coltura degli organismi si può adottare una salinità compresa tra 20 e 30‰, ed è consigliato il valore di 25‰. È da preferire una salinità più bassa, ma pur sempre =20‰, se si prevede che larga parte dei saggi sarà condotta con salinità inferiori al 25‰. Come già accennato, un processo molto importante nell’allevamento di organismi in sistemi chiusi è la conversione dell’ammoniaca in nitriti e di questi in nitrati per azione dei batteri nitrificanti. Per la corretta conduzione dell’allevamento di M. bahia le concentrazioni da non superare sono pari, indicativamente, a 0,05-0,1 mg/L di NH3 totale, 0,05 mg NO2/L e 20 mg NO3/L (US EPA, 1988; Lussier et al., 1988). Alcuni prodotti distribuiti come kit colorimetrici si prestano ad un pratico controllo di routine di questi parametri. La rimozione di ammoniaca e nitriti ad opera dei batteri comporta una riduzione del valore di pH e quindi una diminuzione del potere tampone del mezzo acquoso. Questo viene comunemente ripristinato con aggiunta di Na2CO3 o NaHCO3. L’aggiunta non deve essere tuttavia indiscriminata in quanto elevati valori di alcalinità possono danneggiare l’attività riproduttiva. Gli interventi correttivi per pH e alcalinità, devono essere dimensionati in modo che il valore di quest’ultima sia compreso tra 90 e 120 mg CaCO3/L (Ward, 1989). Sebbene sia stata osservata una buona attività riproduttiva anche con pH 7,5, si raccomanda di mantenere valori superiori a pH 7,8 ricorrendo all’impiego controllato di NaHCO3 e rinnovi frequenti del mezzo. Valori di pH compresi nell’intervallo 8±0,2-0,3 sono da considerare ottimali, e si consiglia il rinnovo settimanale del 20-30% dell’acqua delle vasche. A4 - Alimentazione I Misidacei sono onnivori (Lussier et al., 1989), in quanto oltre alla cattura di copepodi o di altri organismi dello zooplancton, sono in grado di filtrare alghe e di cibarsi del detrito organico, integrando pertanto la dieta in vario modo. È stato osservato che in corrispondenza della abbondante crescita di diatomee che caratterizza solitamente una vasca dopo varie settimane di funzionamento, si verifica anche un evidente aumento del numero di giovani di M. bahia, i quali apparentemente si nutrono nel o del feltro di alghe che riveste le pareti e che, pertanto, non dovrebbe mai essere rimosso completamente nei periodici interventi di pulizia. Alcune diatomee del genere Skeletonema sono state somministrate come integratore della dieta, ed il rotifero Brachionus plicatilis si è dimostrato, a sua volta, una ottima fonte di cibo per i giovani di M. bahia (Lussier et al., 1989). METODI ECOTOSSICOLOGICI La frequente somministrazione di cibo vivo è assolutamente necessaria per prevenire fenomeni di cannibalismo. I naupli di Artemia salina si prestano ottimamente a questo scopo. Almeno una volta al giorno i misidacei devono essere nutriti con naupli vivi di A. salina. La quantità di artemie deve essere tale da assicurare che nelle vasche ve ne siano sempre presenti per evitare che gli adulti di M. bahia predino la propria prole o gli altri individui della vasca. Sono state utilizzate con successo quantità di cibo pari a 2-3 artemie per mL di acqua o anche pari a 150 artemie per individuo ogni giorno. Se, come è consigliabile, si somministra il cibo due volte al giorno, si dimezza il numero di artemie fornite (circa 75/individuo). Viceversa se dopo poche ore non restassero naupli nella vasca è preferibile aumentarne la quantità, adeguandola alla densità ed alla velocità riproduttiva della coltura. L’incremento della quantità di cibo non deve causare tuttavia la riduzione della concentrazione dell’ossigeno disciolto, nè intorbidamento da crescite batteriche diffuse o altri eventi che indichino ildecadimento della qualità dell’ambiente di allevamento. È altresì importante controllare che l’unità di filtrazione non abbia un flusso tale da rimuovere essa stessa i naupli di artemia prima che questi possano essere predati. A5 - Idoneità della dieta In particolari condizioni ambientali A. salina produce delle uova (cisti) quiescenti che permangono vitali per lunghi periodi di tempo, purchè conservate all’asciutto e in condizioni anaerobie (ASTM, 1992). La resistenza dello stadio quiescente fa sì che esso possa essere facilmente trasportato e commercializzato e grazie alla sua praticità, venire ampiamente utilizzato in acquacoltura e in acquariologia per nutrire molti organismi acquatici. Reidratando le cisti in acqua di mare dopo circa 24 ore si schiudono i naupli al primo stadio di sviluppo. Le varietà geografiche e le corrispondenti fonti commerciali di uova di Artemia sono numerose; tuttavia è stato osservato che il contenuto di contaminanti, le dimensioni del nauplio e la composizione in acidi grassi, differiscono ampiamente, influendo sulla idoneità del prodotto quale fonte di cibo (Ward, 1987; ASTM, 1992). Le cisti provenienti dal Brasile o dalla Columbia si sono dimostrate idonee sia per la modesta contaminazione che per le dimensioni adeguatamente ridone delle giovani larve (US EPA, 1988). Anche altre aree di provenienza possono comunque rivelarsi adeguate, ma in ogni caso, I’unico modo di valutare l’accettabilità di una varietà di cisti è di condurre prove di alimentazione grazie alle quali si possono esaminare gli effetti su sopravvivenza, crescita e attività riproduttiva di M. bahia. Analogamente, anche se il fornitore rimane lo stesso, è necessario che ciascun nuovo lotto di cisti venga saggiato per verificarne l’idoneità. In entrambi i casi si procede come segue: si conducono in parallelo due saggi cronici di 7 giorni, per ciascuno dei quali sono utilizzate 8 repliche di 5 organismi ognuna. II primo gruppo di 40 misidacei viene alimentato con i naupli di Artemia giudicati a suo tempo idonei e che hanno pertanto valore di riferimento, il secondo gruppo viene invece nutrito con i naupli schiusi dal lotto in esame. La frequenza di somministrazione del cibo, la sua quantità, il volume dei recipienti e dell’acqua di mare in essi contenuta e tutto quanto caratterizza il saggio non deve essere modificato rispetto alla procedura di saggio cronico. La nuova fonte di cibo viene considerata idonea se non si osservano differenze statisticamente significative tra i due trattamenti relativamente a sopravvivenza, crescita e riproduzione. Ogni nuovo lotto dovrebbe anche essere analizzato per il contenuto di pesticidi organoclorurati e PCB. Se questi superano complessivamente la concentrazione di 0,3 µg/g (peso fresco), le cisti di Artemia non dovrebbero essere utilizzate (US EPA, 1988). È quindi buona norma effettuare le necessarie analisi su un piccolo quantitativo di cisti e, nel caso si ottengano i risultati attesi, si può procedere all’acquisto di un lotto di notevoli dimensioni che potrà servire per diversi anni (ASTM, 1992). A6 - Preparazione della dieta Un imbuto separatore con un volume di 2 L costituisce un pratico contenitore per la schiusa delle cisti. Si utilizza 1 L di acqua di mare naturale o sintetica ma anche una soluzione contenente 35 g di NaCl si presta allo scopo. Si aggiungono 10 mL di cisti di Artemia e si area intensamente con un tubetto di vetro posizionato in modo che la sua estremità sia sul fondo METODI ECOTOSSICOLOGICI dell’imbuto. II tempo di schiusa varia in relazione all’area geografica di provenienza e alla temperatura di incubazione. Tuttavia, con una temperatura di 27°C le uova dovrebbero schiudere in circa 24 ore. Dopo tale periodo si arresta l’aerazione e i gusci ormai vuoti si portano in superficie mentre i naupli si raccolgono sul fondo dal quale vengono prelevati mediante apertura del rubinetto dell’imbuto. Sfruttando la fototassia positiva delle larve, la raccolta può essere agevolata oscurando la parte superiore dell’imbuto. Tale operazione non deve protrarsi oltre i 5-10 minuti in quanto, l’elevata concentrazione di organismi raggiunta sul fondo del contenitore fa sì che, sospeso il gorgogliamento, I’ossigeno disciolto venga rapidamente esaurito provocando la morte dei naupli. L’apertura alternata del rubinetto dell’imbuto separatore consente di rimuovere a più riprese i naupli appena schiusi. Questi verrano filtra- ti e se necessario risciacquati o concentrati in mezzo fresco con l’aiuto di un contenitore col fondo di rete (maglie di 150 µm). II nauplio di artemia è incapace di nutrirsi di fonti di cibo esterne per un periodo di circa 24 ore dalla schiusa (25°C), durante le quali utilizza le riserve di tuorlo di cui è provvisto. In questo arco di tempo il valore nutrizionale e calorico del nauplio decadono progressivamente, e pertanto si consiglia di utilizzarlo subito dopo la schiusa o comunque entro le 2-6 ore dal T90, e cioè da quando il 90% delle cisti è schiuso (ASTM, 1992). Grazie alla ripetibilità del tempo necessario alla schiusa delle numerose varietà di Artemia (a temperatura costante), l’idratazione delle cisti può essere effettuata in base al momento giudicato più opportuno per la raccolta e la somministrazione dei naupli appena schiusi. A parità di altre caratteristiche tossicologiche e nutrizionali, la ridotta dimensione del nauplio deve costituire il criterio guida nella scelta della fonte commerciale di A. salina, pena l’impossibilità per i giovani di M. bahia di catturare la preda e quindi di nutrirsi adeguatamente (Lussier et al., 1988). La necessità di fornire cibo vivo quotidianamente all’allevamento dei misidacei, può rendere utile l’impiego di sistemi automatizzati che, in assenza del personale tecnico (fine settimana), idratano le cisti di Artemia e somministrano i naupli alle vasche. In breve, si tratta di congegni artigianali, nei quali un temporizzatore controlla il deflusso, per gravità, di un certo volume di acqua di mare al contenitore con le cisti da idratare, e similmente, dei naupli alla vasca, quando la schiusa è completata (Schimmel e Hansen,1975; Ward, 1984). A7 - Riproduzione Nelle colture di laboratorio M. bahia raggiunge la maturità sessuale in 12-20 giorni in relazione alla temperatura dell’acqua ed alla dieta. A differenza di quanto accade nei generi Daphnia o Ceriodaphnia le uova non si sviluppano se non fecondate. L’accoppiamento ha luogo di notte e dura pochi minuti. Affinchè si abbia un’attività riproduttiva soddisfacente la temperatura delle vasche di allevamento deve essere mantenuta tra 24 e 26°C. Normalmente le uova sono presenti negli ovari delle femmine a circa 12 giorni dalla schiusa (Fig. 3) e la camera di incubazione a marsupio è completamente sviluppata negli organismi di circa 15 giorni di età, corrispondenti a circa 5 mm di lunghezza corporea (Fig. 4). I neonati sono liberati a 17-20 giorni. II numero di uova deposte nel marsupio ed il numero dei giovani prodotti per ogni schiusa dipende in modo diretto dalle condizioni ambientali e dalle dimensioni della femmina che ha una schiusa ogni 4-7 giorni. Femmine adulte (8-9 mm) mantenute in acqua naturale o sintetica (Forty Fathoms®) producono mediamente 11±6 larve allo stadio III (l’ultimo prima della nascita). L’attività riproduttiva dei misidacei può risultare inibita se nelle vasche si raggiungono condizioni di sovraffollamento. Pertanto, fatta eccezione per i periodi di massima necessità di neonati, è opportuno rimuovere con cadenza regolare una parte degli individui presenti nelle vasche. II valore di densità consigliato non deve superare i 20 misidacei/L, pena l’inibizione dell’attività riproduttiva. Tuttavia, al fine di un corretto dimensionamento della coltura, è opportuno considerare anche l’ampiezza del fondo della vasca e non solo il suo volume. METODI ECOTOSSICOLOGICI 1 2 3 4 5 9 8 7 6 10 11 1214a 13 Figura 3: Femmina adulta di M. bahia con uova in sviluppo negli ovidotti (modificata da Lussier et al., 1987). 1: antennula; 2: occhio peduncolato; 3: carapace; 4: statocisti; 5: telson; 6: antenna; 7: marsupio in sviluppo; 8: pleo- podi; 9: uropode; 10: statocisti; 11: telson; 12: uropodi; 13: ovidotti con uova; 14a: marsupio in sviluppo. A causa della abitudine parzialmente bentonica dell’organismo, è stato infatti proposto che ogni individuo abbia a disposizione circa 30 cm di superficie (ASTM, 1996). II popolamento lasciato ad evoluzione spontanea è caratterizzato da una crescente dominanza numericadegli individui di sesso maschile. È quindi consigliabile controllare la densità di questi ultimi piuttosto che dell’intero popolamento in modo indiscriminato, favorendo un rapporto tra i sessi di circa 2:1 (femmine:maschi). La continua raccolta di giovani individui è fonte di stress per la coltura di M. bahia e ciò è dovuto fondamentalmente alla frequente manipolazione degli organismi. Anche per questo motivo è preferibile mantenere contemporaneamente più vasche. Alternando la raccolta degli individui necessari ai saggi si permette alle colture non in uso di beneficiare di un periodo di ripresa. Se la frequenza dei saggi impone una continua richiesta di larve, è opportuno mantenere indicativamente almeno quattro vasche da 200 L ciascuna. Figura 4: Femmina adulta di M. bahia con uova negli ovidotti ed embrioni in sviluppo nella sacca a marsupio (mo- dificata da Lussier et al., 1987). 1: antennula; 2: occhio peduncolato; 3: carapace; 4: statocisti; 5: telson; 6: anten- na; 7: marsupio con embrioni; 8: pleopodi; 9: uropode; 10 statocisti; 11: telson; 12: uropodi; 13: ovidotti con uova; 14b: marsupio con embrioni. La registrazione dei dati di produttività di ciascuna coltura permetterà di decidere il momento in cui la coltura potrà essere scartata. Spesso, dopo tre o più mesi, la coltura può entrare in fase di senescenza e la produzione di larve risultare pressochè annullata. Al contrario, METODI ECOTOSSICOLOGICI quando tutte le condizioni sono favorevoli, più della metà delle femmine adulte dovrebbe avere delle uova nella camera di incubazione (ASTM, 1990). È opportuno non attendere la fase di senescenza, ma garantire la continuità dell’allevamento allestendo nuove vasche con organismi (50-100, per vasche fino a 100 L) prelevati da colture in attiva fase riproduttiva, meglio se da colture diverse, al fine di favorire l’eterogeneità del patrimonio genetico. A tale scopo la periodica introduzione di organismi provenienti da altri allevamenti o meglio, da più popolazioni naturali, è fortemente raccomandata. Gli individui di M. bahia ottenuti da fonti esterne, devono essere mantenuti separati dall’allevamento ed in osservazione per un paio di settimane, onde minimizzare il rischio di introdurre degli agenti patogeni. Nelle operazioni di trasferimento, gli organismi non devono essere esposti a cambiamenti di salinità e di temperatura che siano superiori, rispettivamente, a 2-3‰ e a 2-3°C in 24 ore. A8 - Pulizia e disinfezione Quando una vasca è in funzione da alcuni mesi, anche se mantenuta correttamente, evidenzia un accumulo di materiale organico (artemie non consumate, metabolismo di M. bahia e crescita di organismi sulle superfici sommerse della vasca). La pulizia periodica per sifonamento, che si può far coincidere con i rinnovi parziali dell’acqua di coltura, verrà sostituita in questo caso da un riallestimento della vasca che prevede il risciacquo della ghiaia e dei supporti filtranti e il rinnovo totale dell’acqua di mare (adeguatamente condizionata se artificiale). È da escludere l’uso di detergenti e di disinfettanti se non dopo morie, eventi patologici o la comparsa di idrozoi nelle vasche di coltura. In questo caso è necessario scartare i misidacei che presentino dei polipi sul corpo, mentre gli acquari dovranno essere accuratamente lavati con detergenti e acqua calda. A ciò si farà seguire un trattamento con acido (10% HCl) e numerosi risciacqui con acqua deionizzata. A9 - Organismi per il saggio Diverse sono le soluzioni per ottenere le giovani larve necessarie al saggio. Se è richiesto un controllo accurato dell’età degli organismi, è preferibile isolare delle femmine adulte di M. bahia con l’anticipo, rispetto all’allestimento del saggio, dettato dalla procedura metodologica. In questo caso, con l’aiuto di un retino con maglie di 2 mm, che trattenga cioè solo gli adulti, si isola nella vasca di coltura un gruppo di organismi dal quale vengono prelevate quelle femmine gravide le cui uova mostrino la macchia oculare degli embrioni in sviluppo. Con una pipetta ad ampio diametro (4-5 mm) e provvista di bulbo elastico per l’aspirazione, si trasferiscono le femmine prescelte in un bicchiere (4 L), con il fondo di rete (12 mm), a sua volta sospeso in un imbuto separatore a bocca larga (Fig. 5). Grazie a questo dispositivo i neonati appena schiusi cadono attraverso la rete nell’imbuto sottostante dal quale, aprendo il rubinetto potranno venire raccolti in un cristallizzatore o in un recipiente provvisto a sua volta di un fondo di rete (300 µm), utile per concentrare o risciacquare gli organismi. Un’altra soluzione simile alla precedente, consiste nel trasferire le femmine gravide in un ampio retino (maglia di 2-3 mm), del tipo usato in acquariologia, che è mantenuto sospeso in una vasca di 8 L contenente almeno 4 L di acqua. In entrambi i casi, gli adulti vengono nutriti un paio di volte al giorno con naupli di A. salina secondo i criteri già descritti. Generalmente è necessario aerare le vasche di schiusa, sia per mantenere la concentrazione di ossigeno disciolto al di sopra del 60% della saturazione e sia per mantenere il cibo in sospensione. I neonati schiusi nell’arco di 24 ore dall’isolamento delle femmine hanno età =24 ore, e possono essere usati per i saggi di tossicità acuta fino al compimento del quinto giorno di età. II numero di femmine gravide da isolare può essere conteggiato adottando una stima prudenziale di un adulto ogni due neonati richiesti. Al fine di accelerare il rilascio della prole, può essere vantaggioso mantenere nelle camere di schiusa una temperatura leggermente più elevata rispetto a quella di allevamento, preferendo valori di 26-27°C. Dopo un massimo di 48 ore di permanenza nella camera di schiusa, le femmine vengono riportate alla vasca di coltura massiva. Si possono citare altre due tecniche per ottenere i neonati necessari al saggio, anche se offrono minori garanzie sull’età degli organismi, rispetto alle due precedenti. METODI ECOTOSSICOLOGICI Figura 5: Dispositivo per l’isolamento di femmine gravide e la raccolta di neonati (modificata da Lussier et al., 1987). 1: deflusso; 2: bicchiere con fondo di rete; 3: imbuto separatore; 4: cristallizzatore; 5: recipiente con fondo e pareti di rete. La prima, descritta da Neitsema e Neff (1980) o anche da Lussier et al. (1988), consiste nel- l’applicazione di una sorta di aspiratore per sifonamento, ad una vasca di allevamento. II retino posto sulla presa di questo sifone, ha maglie tali da escludere gli individui adulti, che pertanto non vengono rimossi dalla vasca, permettendo invece la raccolta dei soli stadi giovani li. Questo sistema, che talvolta è indicato come “mysid generator”, mette a disposizione, giornalmente, un certo numero di neonati, raccolti in una apposita camera esterna alla vasca di allevamento. Il secondo metodo per ottenere dei giovani esemplari di M. bahia, consiste, semplicemente, nel prelevare con un retino un gruppo di organismi dalla vasca di allevamento, trasferirli ad un cristallizzatore (2 L) e con l’aiuto di un piano luminoso e di un reticolo con quadrati da 2 mm, selezionare quegli individui aventi lunghezza inferiore a 2 mm, che dovrebbero avere un’età di circa 24 ore. Se non usati immediatamente, i neonati di M. bahia vengono mantenuti in una vasca di dimensione adeguata al loro numero e nutriti secondo i criteri già esposti. A questo scopo si utilizzano generalmente vasche di volume ridotto (10-20 L), mantenute in aerazione moderata, con un ricambio di almeno il 50% del mezzo ogni 48 ore. Questo periodo di mantenimento, che è fissato in un tempo massimo di cinque giorni dalla schiusa, può essere utilizzato per completare l’acclimatazione degli organismi alle condizioni di saggio. BIBLIOGRAFIA ASTM (1990): “Standard guide for conducting lifecycle toxicity tests with saltwater Mysids”, American Society for Testing and Materials, ASTM E 1191 -90. ASTM (1992): “Standard practice for using brine shrimp nauplii as food for test animals in aquatic toxicology”, American Society for Testing and Materials, ASTM E 1203-92. ASTM (1996): “Standard guide for conducting lifecycle toxicity tests with saltwater Mysids”, American Society for Testing and Materials, ASTM E 1191-90 (Revision). COTTIGLIA M. (1983): “Crostacei Decapodi lagunari. 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Campo di applicazione Il metodo può essere utilizzato per valutare gli effetti tossici acuti di campioni di scarichi afferenti in acque salmastre, marine o a salinità superiore a quella di mare, di campioni di acqua superficiale salmastra, marina o a salinità superiore a quella di mare, di eluati di fanghi provenienti dal dragaggio di aree portuali o da interventi di perforazione e assimilabili, di eluati o estratti di sedimenti marini, di eluati di materiali utilizzati per il ripascimento di litorali e assimilabili e di sostanze pure. 3. Interferenze e cause di errore Sostanze volatili o scarsamente solubili in acqua, composti che possono reagire con l’acqua di diluizione del saggio o che si possono alterare durante le prove, possono influenzare l’attendibilità del risultato ottenuto. Valori di pH inferiori a 6,5 o superiori a 8,5 così come valori di salinità inferiori a 5‰ o superiori a 50‰ possono influire sulla sopravvivenza delle artemie, inibendone le funzioni vitali. Anche uno scarso contenuto in ossigeno disciolto del campione (inferiore al 40% di saturazione) può interferire con il risultato del saggio. 4. Campionamento e conservazione del campione Il campionamento deve essere effettuato in accordo con quanto previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. In particolare, nell’esecuzione di test su acque di scarico il volume di campione da prelevare è di circa 10-100 mL a seconda del tipo di saggio. Per eventuali ripetizioni del test, si consiglia tuttavia, di riempire completamente un contenitore da 250 mL in materiale chimicamente inerte (preferibilmente in vetro scuro). Questo accorgimento consente di evitare la perdita di eventuali sostanze volatili dal campione. Il campione così prelevato deve essere conservato al buio e alla temperatura di 4°C per non più di 72 ore. Per tempi maggiori si consiglia di congelare il campione a -20°C; in quest’ultimo caso tuttavia non è possibile assicurare la totale conservabilità delle caratteristiche del campione ai fini del risultato del saggio. METODI ECOTOSSICOLOGICI 5. Apparecchiature 5.1 Microscopio stereoscopico da 8-10 ingrandimenti, oppure equivalente lente di ingrandimento; per l’osservazione si consiglia il fondo scuro. 5.2 Incubatore per una temperatura di 25±1°C 5.3 Sistema di illuminazione da 3000-4000 lux al piano di appoggio dei contenitori degli animali. 5.4 Luximetro per misurare l’intensità luminosa. 5.5 pH-metro 5.6 Salinometro 5.7 Misuratore di ossigeno disciolto 5.8 Piastre multi pozzetto monouso da 24 posti, con capacità di 3 mL ciascuno in polistirene per il saggio con le acque di scarico oppure beaker in vetro da 50 mL per i campioni di acque superficiali. 5.9 Piastre Petri in vetro di 5 cm di diametro, con coperchio per la riattivazione delle cisti. 5.10 Micropipette in polietilene o in vetro per il trasferimento delle larve. 5.11 Strisce di parafilm per sigillare i contenitori del saggio. 5.12 Contenitori a tubetto in plastica da 2 mL per la conservazione delle cisti. 5.13 Pipette a volume variabile da 1-5 mL con relativi puntali. Per l’allevamento delle artemie in laboratorio occorre inoltre: 5.14 Beaker in vetro da 500 mL 5.15 Sistema di areazione a microbolle a bassa portata, fornito di diffusori a pietra porosa del tipo da acquario. Tutti gli accessori destinati a venire in contatto con l’acqua di allevamento non devono rilasciare sostanze tossiche. 6. Reattivi 6.1 Organismo test Per il test si possono utilizzare le Reference Artemia Cysts (RAC) disponibili presso la Quality Assurance Research Division, U.S. Environmental Protection Agency, Cincinnati OH 45268, U.S.A. oppure presso il Laboratory for Biological Research in Aquatic Pollution, University of Ghent, Belgium. Possono inoltre essere utilizzate cisti di Artemia sp. prodotte come indicato nell’Appendice B, previa verifica della loro sansibilità, in termini di 24h EC50, nei confronti dei seguenti composti: 1044 METODI ECOTOSSICOLOGICI composto 24h EC50 (mg/L) sodio lauril solfato < 30 K2Cr2O7 < 25 CuSO4·5H2O < 6,5 Inoltre il tempo di schiusa del 90% delle cisti deve esssere inferiore o uguale a 32 ore. L’organismo utilizzato per il saggio è un nauplio di età inferiore a 48 ore allo stadio larvale II o III (cfr. Appendice A) del crostaceo marino Artemia sp. 6.2 Soluzione di allevamento e di diluizione Per l’allevamento, per la riattivazione delle cisti, per la diluizione dei campioni e come soluzione controllo si possono utilizzare soluzioni ottenute con sali marini già miscelati come l’Instant OceanR (si sciolgono in un litro d’acqua deionizzata sotto agitazione 35 g di sale marino e, quando necessario, si filtra la soluzione su carta da filtro) oppure si utilizza la soluzione ASPM così preparata: -NaCl = 26,4 g; -KCl = 0,84 g; -CaCl2·H2O = 1,67 g; -MgCl·H2O = 4,6 g; -MgSO4·7H2O = 5,58 g; -NaHCO3 = 0,17 g; -H3BO3 = 0,03 g I sali indicati vengono sciolti in un litro di acqua deionizzata mantenuta in agitazione. Le soluzioni così preparate sono stabili per circa 1-2 mesi se mantenute al buio e alla temperatura di 4±1°C. Le soluzioni devono essere portate a temperatura ambiente (20-25°C) prima del loro utilizzo. Si consiglia di utilizzare la soluzione Instant Ocean® per la riattivazione delle cisti in quanto permette una maggiore efficienza di schiusa e la soluzione ASPM per l’esecuzione del test in quanto garantisce una migliore ripetibilità dei risultati. 7. Procedimento Prima di condurre il saggio, il campione deve essere portato a temperatura ambiente. Si procede quindi alla misura del pH e della salinità. Nel caso in cui il valore del pH si collochi al di fuori dell’ambito di sopravvivenza dell’organismo (vedi Capitolo 3) si effettua il test sia al pH naturale del campione sia a pH 7,0±0,2, previa aggiunta di NaOH o HCl 1 M. Nel caso in cui il pH del campione sia compreso tra 6,5 e 8,5 unità non è necessario correggere il pH. Per campioni d’acqua di mare, salmastra o a salinità superiore a quella di mare la salinità del campione non va modificata se rientra nell’ambito di sopravvivenza dell’organismo (vedi Capitolo 3). Per campioni d’acqua di scarico afferenti in acque di mare, il saggio va condotto alla salinità del corpo recettore. 7.1 Riattivazione delle cisti La riattivazione delle cisti deve avvenire circa 48 ore prima del saggio. A tal fine si versa nella piastra Petri (5 cm di diametro) una quantità di cisti pari a circa 100 mg. Si aggiungono 12 mL della soluzione salina (6.2), si chiude con il coperchio la piastra e la si espone per almeno un’ora a 25±1°C e a 3000-4000 lux di intensità luminosa. Successivamente le cisti vanno incubate al buio alla stessa temperatura, per 24 ore. Il giorno successivo quindi si trasferiscono le larve schiuse in una nuova piastra di Petri riempita con 12 mL di soluzione salina (6.2) e si mantiene tale piastra per altre 24 ore alla stessa temperatura. 1045 METODI ECOTOSSICOLOGICI 7.2 Conduzione del saggio Varie procedure di conduzione possono essere adottate a seconda che sia noto (saggio definitivo) o no (saggio preliminare) l’ambito di concentrazioni entro cui ci si aspetta di rilevare l’effetto tossico dell’acqua di scarico o degli estratti da analizzare. Per campioni poco tossici o per corpi idrici superficiali si consiglia di adottare la procedura di saggio a 96 ore, mentre per le acque di scarico quella a 24 ore. 7.2.1 Saggio preliminare Quando sia ignota la tossicità del campione da analizzare occorre procedere saggiando un ampio intervallo di diluizioni. Si consiglia di saggiare, oltre alla soluzione controllo (si utilizza la soluzione diluente 6.2), il campione tal quale e almeno cinque diluizioni successive 1:10 con la soluzione diluente 6.2, pari al 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% del campione. Per ogni singolo test si utilizzano le piastre a 24 posti (6 righe per 4 colonne). Nella prima riga si aggiunge 1 mL della soluzione di controllo, nelle successive righe il campione e le relative diluizioni. Si trasferiscono quindi nella prima colonna, con una pipetta in plastica, una cinquantina di artemie allo stadio larvale II e III prelevate dalla piastra Petri. L’operazione si effettua al binoculare e per facilitarla si consiglia di utilizzare una fonte luminosa in posizione laterale che favorisca l’aggregazione delle artemie sul bordo della piastra. Si trasferiscono quindi nelle colonne 2-3-4 i naupli in numero di 10 per ciascun pozzetto e per un totale di 30 individui per ciascuna diluizione, avendo cura di lavare in acqua deionizzata la pipetta prima di passare da una riga a quella successiva. Si chiude la piastra con uno strato di parafilm e con il coperchio relativo. Si pone in incubatore alla temperatura di 25±1°C per 24 ore al buio. Il giorno successivo si colloca la piastra al binoculare e si contano gli organismi vivi sul numero totale degli organismi iniziali. Le larve si considerano morte quando rimangono immobili per almeno 10 secondi continui di osservazione. Se la mortalità della soluzione di controllo è superiore al 10% il saggio non è valido. Al termine della prova preliminare è generalmente possibile individuare un ambito di concentrazioni entro cui procedere per il successivo saggio definitivo. Di norma tale intervallo è compreso tra la concentrazione che causa la completa inibizione della motilità del crostaceo e quella che non inibisce tale attività. 7.2.2 Saggio definitivo a 24 ore Per campioni di acque di scarico o per campioni molto tossici (cioè con percentuale di inibizione della motilità superiore al 50% alla massima concentrazione saggiata), si può condurre il test con la procedura precedentemente descritta (saggio preliminare), ma con un ambito di concentrazione da saggiare più ristretto (tra 0 e 100% di inibizione). Le concentrazioni scelte per il saggio definitivo devono essere in scala logaritmica in modo da permettere una facile rettificazione della curva di tossicità; per esempio 0,1% - 0,4% - 0,8% - 1,6% di campione. 7.2.3 Saggio definitivo a 96 ore Per campioni d’acqua raccolti da corpi recettori o per campioni poco tossici (cioè con percentuale di inibizione della motilità inferiore al 50%) è necessario prolungare la durata del saggio a 96 ore. Dopo la riattivazione delle cisti come descritto in (7.1), 10 naupli allo stadio larvale II-III vengono trasferiti in beaker da 50 mL riempiti con 40 mL di soluzione test. Ciascuna concentrazione viene saggiata in tre repliche. Nel saggio si utilizza la soluzione di controllo (6.2) e cinque diverse concentrazioni per ciascun campione per un totale di 18 beaker. I beaker vannochiusi con parafilm e tenuti a 25±1°C con un ciclo di illuminazione di 14:10 luce:buio. È necessario alimentare i naupli durante il saggio con qualche goccia di una coltura pura (107-8 cellule/mL) di alghe verdi (vedi Appendice B ). Ogni 24 ore dall’inizio del saggio viene registrato il numero di individui vivi sul totale di quelli posti in esperimento. 1046 METODI ECOTOSSICOLOGICI 8. Calcoli 8.1 Percentuale di immobilizzazione Nell’elaborazione dei dati occorre sommare tutti i dati ottenuti per le diverse repliche in modo da ottenere per ciascuna concentrazione saggiata il numero totale degli individui vivi sul numero totale degli organismi utilizzati (es. morti= 3 + 5 + 4 = 12, organismi utilizzati: 10 x 3 = 30 individui). Per ciascuna concentrazione si divide il numero di individui morti sul totale degli individui utilizzati e si moltiplica per cento. Si ottiene così la percentuale di immobilizzazione. 8.2 Diluizione di non effetto Il calcolo della diluizione di non effetto viene condotto solamente nel caso di campioni di acque di scarico e comunque non è sostitutivo del calcolo dell’EC50. La diluizione di non effetto per un determinato campione rappresenta la massima concentrazione del campione alla quale si è registrata una percentuale di immobilizzazione inferiore al 20%. In accordo con alcune osservazioni dell’OECD (1998) e dell’ISO (1999), si ritiene che le informazioni fornite da questa procedura di calcolo debbano essere considerate con estrema cautela, in quanto non sufficientemente validate dal punto di vista statistico. 8.3 - EC50 ed EC20 Escludendo gli effetti 0 e 100%, si rappresentano su una carta logaritmo-probabilistica le percentuali di organismi immobilizzati in funzione delle corrispondenti concentrazioni espresse in scala logaritmica. Si traccia la retta che meglio approssima i punti ottenuti privilegiando quelli compresi tra 40 e 60% di effetto. A questo punto si legge sulla retta tracciata a quale concentrazione corrisponde l’effetto tossico atteso (EC50 o EC20 corrispondenti al 50 e 20% degli individui inibiti). Un calcolo più preciso dell’EC50 o EC20 e dei suoi limiti fiduciali può essere effettuato utilizzando il metodo Probit e per il confronto statistico il test del Chi2 così come riportato per il metodo relativo alla Daphnia magna (vedi Sezione 8020). 9. Qualità del dato Un esercizio di interconfronto, a cui hanno partecipato cinque laboratori italiani qualificati appartenenti ad enti pubblici e privati è stato condotto utilizzando per il saggio le Artemia Reference Cysts (RAC) acquistate presso il Laboratory for Biological Research in Aquatic Pollution, University of Ghent, Belgium. Sono state utilizzate quali sostanze test il sodiolaurilsolfato, il bicromato di potassio (KCr O ) 2 27 e il solfato di rame (CuSO4·5H2O). Per ciascuna di queste sostanze è stata determinata l’EC50 a 24 ore utilizzando le seguenti concentrazioni : Sodio lauril solfato 50-28-16-9-5 mg/L K2Cr2O7 50-28-16-9-5 mg/L CuSO4·5H2O 15-8,4-4,8-2,7-1,5 mg/L Ciascun composto è stato saggiato conducendo tre test in parallelo; per ciascun saggio ogni concentrazione è stata saggiata in triplo. Il test di intercalibrazione ha permesso di ottenere per ogni laboratorio un valore medio di EC50 a 24 ore. Il saggio è stato condotto seguendo la metodica riportata per le acque di scarico (7.2.2) e utilizzando per la riattivazione e le diluizioni sia la soluzione ASPM che quella Istant Ocean. I risultati ottenuti, sintetizzati in Tab. 1, indicano una precisione, espressa come coefficiente di variazione, compresa tra il 28% e il 52% per la metodica ASPM e tra il 21% e il 64% per la metodica Instant Ocean. METODI ECOTOSSICOLOGICI 5 ASPM 23,2 6,5 16,0 8,4 4,5 2,0 5 Instant Ocean 25,6 5,5 15,1 9,6 4,5 2,0 Laboratori totali media scarto tipo media scarto tipo media scarto tipo Tabella 1: Risultati dell’esercizio di interconfronto sodiolaurilsolfatoMetodica K2Cr2O2 CuSO4 · 5H2O BIBLIOGRAFIA CHIAUDANI G. & VIGHI M. (1978): ”Metotodologia standard di saggio algale per lo studio della contaminazione delle acque marine”, Quad. Ist. Ric. Acque, 41, 116 pp. ISO (1999): “Water Quality – Determination of long term toxicity of substances to Daphnia magna Straus (Cladocera, Crustacea)”, ISO/FDIS 10706. OECD (1998) Report of the OECD Workshop on Statistical Analysis of Aquatic Toxicity Data, ENV/MC/CHEM(98)18. APPENDICE A - Biologia dell’organismo Artemia sp. è un piccolo crostaceo marino euroalino anostraco di 2-3 cm in cui è possibile riconoscere, dal punto di vista morfologico, tre parti: un capo con due antenne e tre occhi di cui uno mediano, un torace con due paia di arti forniti di appendici lamellari e un addome in cui nell’utero della femmina si accumulano uova sferoidali di colore bruno. Nella larva, il nauplius, sono riconoscibili soltanto due parti: una prima, il capo, con un unico occhio mediano, due paia di antenne e due paia di appendici che diverranno le mandibole e una seconda parte senza appendici e non segmentata (Fig. 1). Il numero di cromosomi del corredo genomico varia ed è pari a 42 nelle forme a riprodu  Figura 1: Caratteristiche morfologiche di naupli di Artemia sp. zione bisessuale e a 84 nella maggior parte delle forme partenogenetiche. Le uova, o cisti, prodotte dalle femmine partenogenetiche, utilizzate nel presente metodo, danno origine soltanto a individui femmine. La produzione di maschi da femmine partenogeniche è molto rara e non è ancora del tutto spiegabile. Le cisti prodotte dalle femmine partenogeniche possono essere conservate a secco per perio METODI ECOTOSSICOLOGICI di molto lunghi di tempo. Immergendo le cisti in acqua di mare in condizioni di illuminazione e, ad un adatta temperatura, si sviluppano entro le successive 24 ore larve allo stadio I liberamente natanti. Nel successivo stadio II e III si assiste ad uno sviluppo degli arti motori e dell’addome. Le larve possono a questo stadio essere utilizzate nei test di tossicità. APPENDICE B- Metodo per la preparazione di cisti in laboratorio I naupli di artemia possono essere allevati con la seguente procedura sino a raggiungere la maturità sessuale al fine di ottenere uova durature. Utilizzando 250 mL della soluzione (6.2) alla concentrazione salina di 35 g/L si pongono in un beaker di vetro da 500 mL sino a 50 naupli. L’allevamento va effettuato a fotoperiodo e temperatura controllate (L:D 14:10 ore, 3000-4000 lux, 25±1°C) e sotto insufflazione d’aria a microbolle. I naupli devono essere nutriti con colture pure (107-8 cellule/mL) di alghe verdi (es. Dunaliella salina, Chlorella sp., Chlamidomonas sp.) Phaeodactylum tricornutum (diatomea) con aggiunte almeno ogni 48 ore (Chiaudani e Vighi, 1978).La quantità di alghe fornita all’allevamento va incrementata con l’aumentare delle dimensioni delle artemie sino a raggiungere le 105-6 cellule per mL di soluzione d’allevamento. Il permanere della torbidità del mezzo acquoso può costituire un indice visivo in base al quale rinviare la somministrazione del cibo. La maturità sessuale si raggiunge a partire dal 16-20° giorno dall’inizio del- l’allevamento; la quantità e la qualità del cibo condizionano la percentuale di individui che raggiungono la maturazione. Il rinnovo parziale e bisettimanale dell’acqua nei beaker costituisce una condizione necessaria per una corretta conduzione dell’allevamento. È consigliabile mantenere contemporaneamente almeno tre contenitori di allevamento, in modo che un qualsiasi inconveniente non comporti la perdita dell’organismo. Le cisti prodotte vengono raccolte con una pipetta (in materiale plastico inerte o in vetro), si lasciano asciugare alla temperatura di 25±1°C, si pesano e si conservano in contenitori a tubetto da 2 mL di plastica alla temperatura di 4±1°C. Si consiglia di utilizzare le cisti entro sei mesi dalla data di produzione. M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I 8070. Metodo di valutazione della tossicità acuta con Cyprinodon variegatus 1. Introduzione Viene indicata nel seguito la procedura per valutare in acque di mare o in effluenti sversati in acque marine, la presenza di inquinanti a concentrazioni tali da causare effetti tossici acuti per il pesce Cyprinodon variegatus. L’assenza di effetti tossici acuti per un dato campione non esclude che essi siano osservabili in campioni prelevati in momenti diversi, semplicemente a causa della variabilità dello scarico o della capacità di diluizione dell’area in cui lo scarico è sversato. Si tenga presente inoltre, che la mancata osservazione della tossicità di tipo acuto non esclude la presenza di effetti cronici. 2. Generalità sul metodo Il saggio ha una durata massima di 96 ore e permette di valutare la tossicità acuta di acque di scarico e acque marine sugli avannotti del ciprinodontide Cyprinodon variegatus. Un campione di acqua di scarico viene comunemente saggiato per la sua tossicità a 5 diverse diluizioni con soggetti coetanei aventi età compresa tra 1 e 14 giorni. L’elaborazione del numero di individui deceduti alle diverse diluizioni nell’arco del periodo di esposizione, permette di stimare la diluizione letale per il 50% degli avannotti (LC50) relativamente al tempo di trattamento (48-96 h). Lo stesso schema sperimentale può essere adottato per la valutazione della tossicità acuta delle acque di mare recettrici. Raramente tuttavia, esse contengono concentrazioni di contaminanti tali da permettere di individuare la relazione dose-risposta. Più spesso il risultato si limita alla percentuale di organismi eventualmente deceduti in un campione non diluito e all’esame della significatività di tale dato. Si fa notare che la modesta differenza, pari a 3 giorni, esistente tra il presente metodo (96 h) ed il corrispondente saggio cronico (7 giorni) con lo stesso organismo, fa sì che il secondo sia il più possibile da preferire, permettendo di ottenere entrambi i risultati, quello relativo alla tossicità acuta e a quella cronica, con un incremento limitato di lavoro sperimentale. Qualora si ricerchino contemporaneamente informazioni acute e croniche dallo stesso campione, la procedura deve attenersi alle indicazioni del saggio cronico (7 giorni) al quale, pertanto, si rinvia. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione La conduzione del test di tossicità richiede: -almeno 12 contenitori (bicchieri) in vetro borosilicato con volume utile di 200 mL; -sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro, controllato da un temporizzatore per la simulazione del fotoperiodo e possibilmente da un dispositivo di transizione tra le fasi di luce e di buio; -dispositivo per il mantenimento della temperatura delle soluzioni da saggiare a 20±1°C (o 25±1°C) e per l’intera durata del saggio; -analizzatore di ossigeno disciolto; -misuratore di salinità; -fonte di aria compressa a bassa pressione con diffusori a pietra porosa o can1051 METODI ECOTOSSICOLOGICI nule in vetro. Negli impianti centralizzati alimentati da un compressore, gli oli sono contaminanti comuni. Essi vanno rimossi con cartucce a carbone attivo; -2-4 imbuti separatori da 2 L; -miscela di sali per la preparazione di acqua di mare sintetica. Le miscele commerciali Forty Fathoms® e HW Marinemix® hanno dato buoni risultati sia per la coltura che per la conduzione dei saggi; - cisti di Artemia salina con le caratteristiche indicate in APPENDICE A5. 3.2 Organismi per il saggio Il saggio acuto viene allestito con gli stadi giovanili di C. variegatus. Sono utilizzabili individui di età compresa tra 1 e 14 giorni, che devono essere coetanei, e cioè di età che non differisce per più di 24 ore. Gli avannotti possono essere acquistati da allevatori specializzati od ottenuti in laboratorio da esemplari adulti mantenuti secondo la procedura descritta in Appendice. 3.3 Acqua di diluizione In relazione alle finalità stabilite per il saggio, è possibile scegliere il tipo di acqua di diluizione più adeguato. a) Se l’obiettivo è di stimare la tossicità acuta di un effluente producendo un dato assoluto ovvero svincolato dalle caratteristiche delle acque recettrici, verrà utilizzata un’acqua di diluizione sintetica standard. In Tab. 1 vengono elencati i sali con i rispettivi dosaggi necessari per la preparazione di acqua di mare sintetica con salinità pari a circa 31‰. Salinità maggiori o minori sono ottenute con quantità della miscela salina adeguate in proporzione. Per la preparazione dell’acqua di mare si usa una base di acqua Milli-Q o deionizzata di qualità equivalente alla quale vengono aggiunti i nove sali elencati in Tab. 1, singolarmente, secondo la sequenza indicata e assicurandosi che ciascuno si sia sciolto prima dell’aggiunta del successivo. 1 NaCl 21,030 420,60 2 Na2SO4 3,520 70,40 3 KCl 0,610 12,20 4 KBr 0,088 1,76 5 Na2B4O7·10H2O 0,034 0,68 6 MgCl2·6H2O 9,500 190,00 7 CaCl2·2H2O 1,320 26,40 8 SrCl2·6H2O 0,020 0,40 9 NaHCO2 0,170 3,40 COMPOSTO CONCENTRAZIONE (g/L) QUANTITA RICHIESTA per 20 L (g) Tabella 1: Elenco dei sali di grado analitico e quantitativi necessari alla preparazione di acqua di mare artificiale di salinità 31‰ Per lo stesso scopo sono altrimenti utilizzabili le miscele di sali già pronte e disponibili in commercio, quali Forty Fathoms® e HW Marinemix® o anche altre marche purchè soddisfino i criteri di validità del saggio. Si fa notare, che l’accrescimento, l’attività riproduttiva e altre manifestazioni vitali fortemente dipendenti dalla qualità dell’acqua, sono difficilmente soddisfatte da una miscela semplificata come quella riportata in Tab. 1 e, pertanto, se l’acqua sintetica deve essere impiegata anche in saggi cronici o per la coltura degli organismi, si consiglia solo l’uso di miscele complete. Il valore di salinità previsto per un saggio in condizioni standard è pari a 35‰. b) Nel caso la finalità del saggio sia quella di stimare la tossicità acuta di uno scarico nelle METODI ECOTOSSICOLOGICI acque recettrici non contaminate, sarà necessario usare come acqua di diluizione quella prelevata nell’area di sversamento ma al di fuori dell’influenza delle eventuali fonti di con taminazione. L’acqua di diluizione dovrebbe essere prelevata immediatamente prima del saggio e non oltre le 96 ore dallo stesso. Se non usata entro le 24 ore dal prelievo, l’ac qua di diluizione verrà refrigerata (4°C). Se l’area recettrice è contaminata o sospettata di esserlo, si può ricorrere ad acque naturali o semisintetiche aventi caratteristiche fisiche e chimiche il più possibile simili a quelle dell’acqua recettrice. c) Se infine, l’obiettivo del saggio è di esaminare le interazioni, siano esse additive o anta goniste, tra i contaminanti dello scarico e quelli già presenti nell’acqua recettrice, quest’ul tima sarà utilizzata come acqua di diluizione, indipendentemente dal suo grado di conta minazione, purchè prelevata al di fuori dell’area influenzata dallo scarico in esame. Nel- l’allestimento di questo tipo di saggio è necessario includere un secondo gruppo di con trollo in cui gli organismi vengono esposti solo ad acqua di allevamento. Generalmente un effluente ha una salinità trascurabile. Gli organismi devono tuttavia essere esposti alle diverse diluizioni di uno scarico senza che le differenti salinità delle soluzioni possano rappresentare una fonte di stress aggiuntivo a quello dei tossici o più semplicemente una fonte di variabilità dei risultati. Si tratta pertanto di uniformare la salinità delle diverse diluizioni di acqua di scarico. A questo scopo, si dispone di due soluzioni: la prima prevede l’impiego di acqua di mare ipersalina (100‰) come acqua di diluizione, mentre la seconda consiste nell’aggiungere i sali commercializzati per la preparazione di acqua di mare artificiale. Il principale vantaggio della prima soluzione è che l’acqua ipersalina può essere ottenuta, per evaporazione, da acqua di mare naturale di elevata qualità. Come tale essa contiene tutti i micronutrienti e colloidi biogenici richiesti per l’accrescimento e l’attività riproduttiva degli organismi marini, e può essere conservata per periodi prolungati senza apparente degradazione. Il limite della prima soluzione risiede nel fatto che un effluente può essere saggiato ad una concentrazione massima non superiore all’80% se la salinità prescelta è del 20‰, od anche del 70% se la salinità voluta è del 30‰. La seconda soluzione non presenta questo limite ma l’aggiunta di sali può, dal canto suo, modificare il pH dell’effluente o dell’eventuale acqua che richiede aggiustamenti, potendo modificare in tal modo anche la tossicità del campione. In generale, si tenga presente che valori di pH al di fuori dell’intervallo 6,0-9,0 possono contribuire alla mortalità degli organismi. Se necessario il pH può essere riportato al valore desiderato con aggiunte di HCl o NaOH. Dopo l’aggiunta dei sali la soluzione viene mantenuta in agitazione moderata per circa 60 minuti con l’aiuto di un agitatore magnetico, e ciò per garantire che tutti i sali siano entrati in soluzione prima di introdurre gli organismi. È consigliabile includere nella serie dei trattamenti anche un controllo con acqua preparata in modo analogo per aggiunta di sali, al fine di verificare che tale procedura non causi effetti negativi. 3.4 Illuminazione Nel corso della prova gli organismi sono esposti alle soluzioni da saggiare mantenendo le stesse condizioni di illuminazione applicate nell’area di allevamento. Le lampade fluorescenti ad ampio spettro, le stesse impiegate per illuminare gli allevamenti degli organismi nel laboratorio, devono fornire, nell’area di sperimentazione, un’intensità luminosa di circa 5001000 lux con un fotoperiodo pari a 16 ore di luce e 8 ore di buio. Questa intensità luminosa è quella comunemente riscontrabile nell’ambiente di laboratorio. 3.5 Temperatura Le soluzioni da saggiare sono mantenute per tutta la durata del saggio a 20±1°C mediante immersione dei contenitori in bagni termostatati o con il condizionamento dell’intero ambiente dedicato alla sperimentazione. Se il risultato tossicologico dovrà essere utilizzato per studiare la relazione tra effetti acuti e cronici di una data sorgente di contaminazione, il saggio acuto deve essere condotto alla temperatura di 25±1°C, e cioè la stessa del saggio a 7 giorni. METODI ECOTOSSICOLOGICI 3.6 Alimentazione Le giovani larve di C. variegatus sono nutrite con naupli di artemia fino all’avvio del saggio. Se il saggio ha una durata di 48 ore, gli organismi sono mantenuti a digiuno. Se il saggio è protratto alle 96 ore, l’alimentazione è sospesa per la prima metà della prova ma si provvede alla somministrazione di 0,2 mL di sospensione concentrata di naupli di artemia circa 2 ore prima del rinnovo delle soluzioni, operazione che viene generalmente condotta allo scadere delle 48 ore. Le artemie vengono concentrate con l’aiuto di un retino di nylon lasciando quel poco d’acqua necessario a permettere il loro trasferimento (vedi Appendice A5). 3.7 Ossigeno disciolto Poichè esiste la possibilità di una riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto, soprattutto alle concentrazioni di effluente più elevate, si rende necessario controllare questo parametro, e con maggiore frequenza durante le prime ore del saggio. La concentrazione di ossigeno disciolto non deve essere mai inferiore al 40% del valore di saturazione. In caso contrario si deve provvedere all’aerazione delle soluzioni facendo gorgogliare aria compressa priva di contaminanti mediante cannule in vetro, pipette Pasteur od anche diffusori del tipo a pietra porosa. Il flusso d’aria deve essere regolato al minimo livello possibile, in modo tale da soddisfare il criterio di validità del saggio senza arrecare disturbo agli organismi. Indicativamente si può suggerire un flusso pari a 100 bolle/minuto. Se l’aerazione si rende necessaria per una diluizione, anche le altre dovranno essere parimenti aerate. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Generalmente non è necessario condurre una prova preliminare con acque di scarico o del recettore tuttavia, qualora ci si appresti a saggiare un campione d’acqua di qualità completamente sconosciuta, può essere utile ottenere alcune informazioni preliminari per meglio individuare l’intervallo di tossicità nel cui ambito sarà poi condotto il saggio definitivo. A questo scopo si allestisce una prova semplificata e di durata ridotta rispetto a quella definitiva. Si preparano 5 diluizioni del campione, in serie geometrica ed ampiamente spaziate tra loro; la sequenza 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% (v/v) può essere suggerita per tale scopo. Ad ogni diluizione vengono esposti 5 avannotti e dopo una durata massima di 24 ore si registrano i risultati. Se lo stesso campione in esame dovrà poi essere saggiato nella prova definitiva si raccomanda di procedere nel rispetto dei limiti di conservabilità del campione stesso. Se viceversa le due prove sono condotte con campioni prelevati in momenti diversi si tenga presente che, a causa della variabilità più o meno elevata della tossicità dello scarico o del recettore, i risultati del saggio preliminare e di quello definitivo possono essere tra loro anche molto differenti. 4.2 Saggio definitivo Per la conduzione della prova definitiva si allestiscono 5 diluizioni del campione da esaminare. La sequenza 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v), caratterizzata da un fattore di diluizione pari a 0,5, è applicabile a gran parte delle situazioni. Viceversa, basandosi anche sulle informazioni eventualmente ottenute dal saggio preliminare, si potrà adottare un diverso intervallo di sperimentazione, un diverso fattore di diluizione o anche un maggior numero di concentrazioni. Se è stato necessario refrigerare i campioni di scarico o di acqua di diluizione, i volumi necessari alla conduzione del saggio vengono prelevati dai contenitori, previo accurato mesco- lamento, e portati alla temperatura di 20±1°C. Preparate le diluizioni previste con le eventuali correzioni di salinità, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse prossima al limite del 40% del valore di saturazione si procede ad aerare i contenitori (vedi Paragrafo 3.7). Quando le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si introducono gli avannotti. 1054 METODI ECOTOSSICOLOGICI In un test di tossicità acuta i risultati ottenuti dalle diverse repliche vengono solitamente combinati ai fini del calcolo della LC50; ciò rende inutile, da un lato, la pratica di suddividere il gruppo di organismi in più contenitori. Per ogni diluizione di effluente e per il controllo si utilizzano almeno 10 avannotti di C. variegatus in soluzioni di volume minimo pari a 200 mL. Gli organismi vengono distribuiti secondo una sequenza casuale nei diversi contenitori sino al completamento del numero richiesto. Per evitare diluizioni significative delle soluzioni del saggio, è opportuno minimizzare il volume d’acqua trasferito con gli organismi. Allo scadere delle 48 h di esposizione si procede al rinnovo delle soluzioni ed al trasferimento in queste ultime degli avannotti che già sono stati esposti per 48 ore alle diluizioni di effluente corrispondenti. Se si sospetta che lo scarico contenga tossici facilmente ossidabili o degradabili o che l’eventuale aerazione aumenti la velocità di tali processi, si rende opportuno rinnovare giornalmente le soluzioni del saggio. In questo caso la procedura da seguire è analoga a quella descritta per l’allestimento della prova. È necessario evitare che l’eccessiva evaporazione delle soluzioni di saggio ne alteri la salinità e la concentrazione degli inquinanti. Il fenomeno può essere controllato con fogli di polietilene trasparenti, vetri di orologio o altro dispositivo atto a coprire i recipienti di saggio. Giornalmente si osservano gli organismi e si registra il numero di avannotti deceduti, rimuovendoli al più presto dai contenitori del saggio. Sono considerati deceduti quei pesci che sono privi di movimenti opercolari o che non reagiscono ad un leggera stimolazione. È utile disporre delle osservazioni a 24, 48, 72 e 96 ore di esposizione, e può essere anche utile registrare ogni altra alterazione che sia osservabile negli avannotti trattati rispetto a quelli di controllo. Il saggio di tossicità acuta termina allo scadere delle 96 ore dal suo avvio. Gli esemplari di C. variegatus sopravvissuti alle prove tossicologiche non possono essere riutilizzati. Inoltre, non appartenendo a specie indigene, non devono assolutamente essere liberati o dispersi nell’ambiente. 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo Per determinare se le acque del recettore contengono tossici in concentrazioni tali da causare effetti acuti, si espongono gli avannotti di C. variegatus a un campione non diluito delle acque del recettore stesso. Se necessario, 24 ore prima della schiusa, le uova di C. variegatus vengono acclimatate ad un’acqua, sia essa naturale che semisintetica, avente caratteristiche simili a quella da saggiare, almeno per quanto riguarda la salinità (vedi Appendice). L’acqua di acclimatazione viene anche usata per l’allestimento del controllo. A differenza del saggio con effluenti, il campione dell’area recettrice viene saggiato in quattro repliche ed altrettante ne vengono allestite per l’acqua di controllo. In ciascuna replica, avente volume di 200 mL, vengono trasferiti 10 avannotti. In questo saggio i risultati delle repliche non vengono cumulati ed al contrario, essi servono a determinare se la mortalità osservata nel campione è significativamente diversa da quella eventualmente osservata nel controllo. Le restanti condizioni sperimentali sono da considerare invariate (cfr. par. 4). Se il campione non diluito dell’acqua del corpo recettore causa una mortalità superiore al 50% degli organismi esposti, si può procedere alla stima del grado di tossicità delle sue acque e cioè all’esame della relazione concentrazione-risposta. In questo caso si procede come è stato descritto per il saggio con diluizione (vedi Capitolo 4). 6. Validità del saggio I risultati dei saggi sono considerati accettabili se la sopravvivenza degli organismi di controllo è =90% e se la concentrazione di ossigeno disciolto si è mantenuta = 40% del valore di saturazione nei diversi trattamenti. 1055 METODI ECOTOSSICOLOGICI Pur senza porre ulteriori vincoli alla validità dei risultati, periodicamente si consiglia la conduzione di saggi in condizioni standard con un tossico di riferimento, quale ad esempio il bi- cromato di potassio o il pentaclorofenolo. Questa pratica dovrebbe consentire di evidenziare condizioni sperimentali o lotti di organismi, per qualche motivo, anomali. In condizioni normali, disponendo di una congrua serie di LC50, il risultato di ogni nuovo saggio di riferimento dovrebbe collocarsi entro l’intervallo definito dal valore medio di tale serie e dal doppio del corrispondente scarto tipo (media ±2·scarto tipo). Viceversa, se la LC50 del tossico di riferimento si colloca all’esterno di questo intervallo di sicurezza, tutti i dati ottenuti con il medesimo lotto di organismi dovrebbero essere considerati con cautela. Con valore solamente indicativo, vengono riportati i risultati di alcune prove d intercalibrazione cui parteciparono da 4 a 6 laboratori utilizzando due sostanze tossiche, l’argento nitrato e l’endosulfan (US EPA, 1985). I saggi vennero condotti sia in condizioni statiche che in flusso continuo ed i rispettivi coefficienti di variazione furono 35% e 50%, per l’argento nitrato, e 37% e 46% per l’insetticida. Una serie di 5 saggi condotti da un medesimo laboratorio con cromo esavalente, diede 23,2 mg Cr+6/L come valore medio della 96hLC50 e un coefficiente di variazione pari a 25%. Una serie analoga di quattro saggi, condotti da un diverso laboratorio diede per gli stessi parametri i valori di 21,4 mg Cr+6/L e 25,1%. La 96hLC50 del pentaclorofenolo ottenuta mediante un saggio in flusso continuo è risultata di 442 µg/L. Tutti questi dati, prodotti da autori diversi, sono tratti da McCulloch e Rue (1989). 7. Analisi dei risultati 7.1 Calcolo della LC50 Il saggio per la valutazione della tossicità acuta descritto in questa procedura si propone non solo l’identificazione delle sorgenti di contaminazione capaci di effetti tossici acuti ma anche la quantificazione della loro potenziale tossicità mediante la stima della concentrazione letale al 50% degli organismi (LC50) per un dato tempo di esposizione (24-48 h). La determinazione della LC50 può essere effettuata con diversi metodi la cui applicabilità è in buona parte dipendente dal tipo di risultati ottenuti, e più precisamente dal numero di effetti parziali osservati, intermedi cioè tra la mortalità 100% e la mortalità nulla. La valutazione della LC50 dovrebbe basarsi sui risultati relativi ad almeno 5 concentrazioni di campione ed un controllo, sebbene molti metodi di analisi possono essere utilizzati con un numero di dati inferiore. Se la massima concentrazione saggiata ha causato una mortalità inferiore al 50%, non si dovrebbe procedere al calcolo della LC50, il cui valore sarebbe in tal caso poco attendibile. Meglio ripetere il saggio, se possibile, cercando di migliorare la serie delle concentrazioni saggiate. In caso contrario la LC50 sarà più correttamente espressa come “maggiore della massima concentrazione sperimentata” (es. 48hLC50>80%). Nel metodo 8020, dedicato alla valutazione della tossicità acuta con Daphnia magna, sono stati proposti tre diversi metodi, ampiamente validati, atti alla valutazione della LC50. Si tratta del metodo di Litchfield e Wilcoxon, del “test” binomiale e del metodo “probit”. Essi sono adeguatamente illustrati nell’ambito della Sezione 8020 al quale si rinvia. Infine, è opportuno segnalare che sono disponibili in commercio alcuni programmi per personal computer espressamente dedicati a diversi metodi di analisi statistica di risultati tossicologici, a questi prodotti parimenti si rinvia. 7.2 Effetti da concentrazione unica L’esame dei risultati ottenuti saggiando un campione non diluito del corpo idrico è riconducibile alla teoria del confronto tra due campioni. Nel presente schema sperimentale, i decessi osservati nelle repliche del corpo idrico e in quelle del controllo rappresentano i due campioni di dati posti a confronto. Di fatto, se la mortalità degli organismi esposti al corpo idrico supera il valore del 10%, e cioè quel limite di decessi accettato come “naturale” in un gruppo di individui di controllo, si può già concludere che il campione contiene inquinanti a concentrazioni tossiche. Tuttavia può es 1056 METODI ECOTOSSICOLOGICI sere opportuno dare supporto statistico al risultato del saggio, verificando la cosiddetta ipotesi nulla o zero, e cioè che le medie dei decessi osservati nei due trattamenti siano uguali. Smentire l’ipotesi con un certo grado di probabilità, solitamente P=0,05, equivale a verificare che la mortalità osservata per gli organismi esposti al corpo idrico è significativa. Il test “t” è utilizzato per confrontare i due campioni e, dal momento che vi è un’attesa di contaminazione o di mortalità maggiore per il campione del corpo idrico piuttosto che per il controllo, un test unilaterale è generalmente adeguato. L’applicazione del test “t” richiede che le proporzioni di decessi osservati nelle repliche siano distribuite normalmente. Se i dati soddisfano questo requisito è necessario procedere anche alla verifica di omogeneità della varianza dei due gruppi di risultati e solo in caso affermativo è lecito passare all’esame della significatività dei decessi osservati. Se i dati non fossero distribuiti normalmente il problema viene comunemente risolto mediante opportune trasformazioni dei dati stessi. La conversione delle proporzioni di organismi deceduti nella radice quadra del loro arc sen è la trasformazione più comune. Se non si rivelasse risolutiva è necessario procedere all’esame dei risultati con metodi non parametrici. Se, a sua volta, la condizione di omogeneità della varianza non fosse rispettata, il test “t” rimane valido ma deve essere applicato in forma modificata. Il valore calcolato per la funzione “t” è infine confrontato con il valore critico di “t” individuabile in apposite tabelle, in base al numero di gradi di libertà ed al livello di probabilità prescelto. Se il valore di “t” calcolato supera il valore tabellare, le due mortalità sono significativamente diverse. Sono disponibili in commercio dei programmi per personal computer che sono espressamente dedicati all’analisi statistica dei risultati tossicologici e possono svolgere tutte le operazioni necessarie. A questi prodotti, pertanto, si rinvia. APPENDICE A1 - Note sulla biologia di Cyprinodon variegatus La famiglia dei Cyprinodontidae include 45 generi e 300 specie distribuite in tutti i continenti ad eccezione dell’Australia. La maggior parte delle specie sono d’acqua dolce mentre alcune popolano le acque salmastre e quelle marine costiere. Negli Stati Uniti sono presenti 13 specie del genere Cyprinodon, delle quali C. variegatus è l’unica specie marina ampiamente distribuita nelle acque costiere dell’Oceano Atlantico e del Golfo del Messico. In Italia il genere è rappresentato da una specie e cioè C. fasciatus noto anche coi sinonimi di C. calaritanus o di Aphanius fasciatus (Cottiglia, 1980). Gli esemplari adulti di C. variegatus possono raggiungere una lunghezza totale di 93 mm, ma la lunghezza media comunemente riportata è di 35-50 mm. I maschi sono un poco più lunghi degli individui di sesso femminile ed in generale il dimorfismo è piuttosto evidente. Il corpo dei maschi è tozzo, compresso e con un certo sviluppo verticale che aumenta con l’età dell’individuo. A tale forma, il profilo superiore contribuisce maggiormente essendo più arcuato dell’inferiore. Il colore della regione dorsale è olivastro con un’area verde-bluastra. Sui fianchi è presente una serie di strisce scure scarsamente definite mentre la colorazione del ventre varia dal bianco-giallastro all’arancio. La femmina ha colorazione più chiara con varianti dall’olivastro, al bruno o all’arancio. I fianchi presentano 14 strisce scure che si alternano con 7-8 bande, parimenti scure, poste dorsalmente. Il ventre e l’area ventrale dei fianchi sono di colorazione bianco-giallastra. La pinna dorsale, all’altezza dei raggi posteriori, ha uno o due ocelli che negli individui maschili sono mancanti o trasformati in una chiazza scura poco definita. C. variegatus è una specie eurialina che popola una varietà di habitat caratterizzati da acqua poco profonda, quali piccole baie, stagni salmastri, pozze di marea, potendo diventare tuttavia molto abbondante anche in aree litorali prive di vegetazione emergente, con fondaliparzialmente sabbiosi e con modeste correnti o moto ondoso. È stato anche osservato in laghi interni con elevate concentrazioni saline. La possibilità di occupare questi ambienti è chiaramente legata alla sua tolleranza per valori estremi sia di temperatura che di salinità (Nordlie, 1987) ed è stato osservato sia in acque a salinità pressochè nulla che a salinità del 59‰ e anche superiori. METODI ECOTOSSICOLOGICI Questo pesce onnivoro è un importante componente degli ecosistemi estuariali fungendo da legame tra i livelli trofici più bassi, detrito e organismi bentonici, ed i carnivori dei livelli trofici superiori. Esso è spesso preda di specie ittiche aventi importanza commerciale o ricreativa. C. variegatus si riproduce in acque di modesta profondità (2,5-60 cm) di lagune a mangrovie, pozze di marea e stagni costieri aventi fondali di sabbia, limo scuro o fango. I maschi occupano territori aventi un diametro di 30-60 cm all’interno dei quali costruiscono talvolta dei nidi. L’accoppiamento può essere indotto oltre che dalla temperatura dell’acqua anche da bruschi cambiamenti della salinità (Martin, 1972). Le uova sono pressochè bentoniche e grazie alla presenza di sottili filamenti distribuiti più o meno uniformemente sul corion, esse sono anche adesive. Calando verso il fondo si legano ad una varietà di substrati quali piante, sabbia, roccia od altro, potendo anche essere parzialmente coperti dal sedimento. Il tuorlo contiene un globulo oleoso molto grande e parecchi altri più piccoli. In relazione agli eventi climatici che caratterizzano una determinata area geografica, l’attività riproduttiva può essere pressochè continua per tutto l’arco dell’anno (Hansen e Parrish, 1977) o limitata alle stagioni favorevoli, che poi sono generalmente quella primaverile e quella estiva. A2 - Mantenimento degli organismi Gli esemplari di C. variegatus necessari a costituire il gruppo dei riproduttori possono essere ottenuti o da allevatori specializzati o da laboratori di ricerca. In quest’ultimo caso essi possono derivare a loro volta da organismi nati in laboratorio. La periodica acquisizione di gruppi selvatici o l’impiego di organismi di prima generazione è una pratica da adottare allo scopo di minimizzare l’incrocio tra consanguinei. Qualora sia possibile ottenere gruppi di organismi selvatici, è opportuno che essi vengano mantenuti in osservazione per almeno una settimana al fine di poter individuare manifestazioni patologiche o mortalità elevate derivanti dallo stress della cattura e del trasporto. Gli individui danneggiati od ammalati devono essere scartati. C. variegatus può essere allevato in condizioni semistatiche o con sistemi a flusso continuo. Questi ultimi richiedono grandi volumi d’acqua di buona qualità, il che può rappresentare un problema per talune strutture. In laboratorio, C. variegatus può essere allevato dallo stadio di uovo sino a quello di adulto sessualmente maturo. I diversi stadi del ciclo vitale devono essere ospitati in vasche di dimensioni appropriate e mantenuti a temperatura ambiente, purchè compresa tra 18 e 20°C. In caso contrario è necessario adottare dei sistemi di termostatazione. Gli adulti possono essere mantenuti sia in acqua di mare naturale che artificiale ed in vasche del tipo “tutto vetro”. Se non è possibile il mantenimento in flusso continuo, le vasche devono essere dotate di un sistema di filtrazione biologica, capace cioè di rimuovere i cataboliti che altrimenti si accumulerebbero, potendo causare la morte dei pesci. In condizioni semistatiche la densità di organismi che può essere mantenuta nelle vasche è molto legata alla capacità di depurazione del sistema di filtraggio biologico di cui esse devono essere dotate. È comunque consigliato un volume di circa 20 L per ogni individuo adulto, volume riducibile se i risultati analitici di ammoniaca e nitriti dimostrano che il sistema è capace di trattare carichi di biomassa maggiori. Per gli avannotti è accettabile una densità di mantenimento di circa 300 larve in una vasca da 80 L. Il sistema di filtraggio biologico, è costituito comunemente da due parti: una posizionata sul fondo delle vasche e detta pertanto “sotto sabbia”, l’altra, esterna alla vasca stessa. L’acqua viene fatta fluire, mediante delle pompe di buona portata, attraverso l’unità esterna che è riempita con vari tipi di materiali inerti i quali, oltre all’azione filtrante di tipo meccanico, svolgono anche quella di supporto per la crescita dei microorganismi che operano la depurazione biologica. Il sistema di filtraggio biologico deve essere condizionato, come indicato nel seguito, prima che la vasca sia in grado di accogliere il numero di organismi desiderato. L’unità filtrante può considerarsi a regime quando si sono sviluppati batteri nitrificanti (Nitrosomonas e Nitrobacter) in grado di convertire ammoniaca e nitriti, prodotti dai pesci e dai residui di mangime, a nitrati. Partendo da una vasca appena allestita, i modi più semplici di attivare il condizionamento del sistema di filtrazione consistono nell’introduzione di piccole quantità di mangime per pesci o METODI ECOTOSSICOLOGICI di scarti sifonati da una vasca già in funzione o, meglio ancora, di parte dei “fanghi” del suo sistema di filtrazione. Il materiale in decomposizione causerà un aumento della concentrazione di ammoniaca al quale seguirà, dopo diversi giorni, anche un aumento dei nitriti, preceduto solitamente dalla diminuzione dell’ammoniaca stessa. La caduta al disotto dei limiti di rilevabilità delle due specie chimiche indica che il condizionamento del sistema filtrante è pressochè completato. Si tratta ora di aggiungere gradualmente i pesci continuando il controllo analitico della funzionalità del sistema biologico. A3 - Riproduzione in laboratorio Gli embrioni di C. variegatus possono essere reperiti presso fonti esterne od ottenuti in laboratorio da individui adulti. A loro volta, le uova mature sono ottenibili o per deposizione naturale o iniettando le femmine intraperitonealmente con l’ormone gonadotropina corionica di origine umana. Nel seguito verrà esaminata solo la soluzione naturale che è generalmente da preferire. In questo caso più deposizioni possono essere ottenute dagli stessi individui mentre, con l’iniezione ormonale, i pesci devono poi essere sacrificati per ottenere i gameti. C. variegatus raggiunge la maturità sessuale dopo 3-5 mesi dalla schiusa. Se mantenuto in vasche di dimensioni adeguate e con buona alimentazione, la sua taglia è a questo stadio di circa 34 mm per il maschio e di circa 27 mm per la femmina. A questo punto il dimorfismo sessuale si rende evidente e gli individui di sesso maschile manifestano comportamento territoriale. La normale temperatura di mantenimento anche degli organismi sessualmente maturi deve aggirarsi sui 18-20°C, mentre per indurre l’attività riproduttiva i pesci adulti vengono trasferiti nelle vasche di deposizione, che sono mantenute alla temperatura di 25°C. È importante che gli organismi in riproduzione siano mantenuti in un’area del laboratorio lontana da fonti di disturbo, impiegando a tale scopo anche dei pannelli con i quali circoscrivere la zona dedicata all’allevamento. Occorre, inoltre, fare attenzione che fonti luminose esterne non interferiscano con il fotoperiodo artificiale applicato in detta zona. Il numero di individui dedicati alla riproduzione e di conseguenza il numero delle vasche, dipende dalla richiesta di avannotti per la sperimentazione tossicologica. Una femmina adulta produce mediamente 10-30 uova per deposizione, potendosi riprodurre varie volte a intervalli di 1-7 giorni. Per ottenere gli embrioni necessari ad un saggio, normalmente si trasferiscono 8-10 femmine e 3 maschi in una vasca di riproduzione avente volume di circa 60 L, temperatura di 25°C e con fotoperiodo pari a 16 ore di luce e 8 ore di buio. Il trasferimento viene effettuato 7-8 giorni prima dell’allestimento del saggio. All’interno della vasca di riproduzione vengono alloggiate una camera di deposizione ed una sorta di vassoio per la raccolta degli embrioni. La camera è realizzata con rete di nylon® con maglia di 3-5 mm, od altro materiale atossico, atto alla realizzazione di un cesto avente dimensioni di circa 20 x 35 x 22 cm di altezza, che viene alloggiato all’interno della vasca. Per la realizzazione del vassoio di raccolta, si consiglia l’uso di griglie di materiale plastico con celle di dimensione 14 x 14 x 14 mm. Il vassoio è completato da una rete, con maglia di 250500 µm, che viene incollata, con collante siliconico (per acquari), ad un lato (base) della griglia stessa. Tale accessorio semplifica la rimozione e la manipolazione delle uova. Le uova fecondate cadono attraverso la rete di base della camera di deposizione e vanno ad aderire sulla superficie del vassoio di raccolta, che è posizionato in corrispondenza, sul fondo della vasca di riproduzione. Al mattino, si procede all’ispezione del vassoio di raccolta. Se il vassoio di raccolta non contiene sufficienti embrioni dopo le prime 24 ore, quei pochi vengono scartati, si riposiziona il supporto, e si raccolgono le uova prodotte nelle successive 24 ore. Per mantenere il più possibile pulita l’area di adesione degli embrioni, gli adulti vengono nutriti quando i supporti di raccolta sono rimossi. I vassoi con le uova deposte entro le 24 ore, vengono raccolti dalle vasche di riproduzione e le uova sono delicatamente asportate con l’aiuto di una spruzzetta o di uno spazzolino morbido. Terminata la raccolta del numero di uova necessarie alla sperimentazione, gli individui adulti sono riportati alle vasche di mantenimento (18-20°C), facendo sempre molta attenzione alla gradualità dei cambiamenti di temperatura. Se la frequenza di sperimentazione è elevata, è anche possibile garantire un rifornimento di uova pressochè quotidiano. A questo scopo si utilizza una vasca avente volume di circa 300 L, nel METODI ECOTOSSICOLOGICI la quale vengono mantenuti degli individui adulti, approssimativamente 12-15 maschi con 5060 femmine, alla temperatura di 23-25°C. Le uova fecondate vengono prodotte quotidianamente e quando necessario, è sufficiente posizionare i vassoi di raccolta sul fondo della vasca. Quattro vassoi, ciascuno con dimensioni di circa 20 x 45 cm, possono coprire l’intero fondo della vasca. Il mattino seguente si procede alla loro ispezione in accordo a quanto già descritto. Indipendentemente dalla modalità riproduttiva prescelta, annualmente si procede alla sostituzione dei riproduttori con organismi provenienti da altri laboratori ma preferibilmente selvatici. Il rinnovo può essere effettuato anche con frequenza maggiore come nei casi in cui si osserva una diminuzione della fertilità degli organismi od ogni volta che l’elevata frequenza degli eventi riproduttivi o l’età avanzata dei riproduttori lo rendono consigliabile. A4 - Incubazione degli embrioni Generalmente le uova ottenute da diverse unità di deposizione vengono raccolte in un unico contenitore per garantire il numero di embrioni sufficiente all’allestimento di uno o più saggi. Le uova sono poi trasferite in una scatola Petri o in un cristallizzatore riempito con acqua di diluizione fresca e vengono esaminate con un microscopio binoculare al fine di scartare quelle non fecondate, che presentano muffe o altri danni. Gli embrioni vengono incubati in cristallizzatori, alla temperatura di 25°C e con un fotoperiodo di 16 ore di luce e 8 ore di buio. In ogni cristallizzatore viene posizionato un diffusore a pietra porosa col quale si assicura un’aerazione continua e moderata per tutta la durata dell’incubazione. L’acqua dei cristallizzatori è rinnovata quotidianamente. Se la salinità dell’acqua di diluizione del saggio è diversa da quella delle vasche di incubazione, 24 ore prima della schiusa si provvede ad adeguare la salinità di queste ultime. L’adeguamento è tuttavia limitato a valori compresi tra il 20 e il 35‰ di salinità. Gli embrioni schiudono in 6-7 giorni a 25 °C, e in 4-5 giorni a 30°C. A5 - Alimentazione A5.1 - Generalità Le colture di C. variegatus vengono alimentate giornalmente con quantità sufficienti di cibo di elevata qualità. Gli adulti e gli stadi giovanili sono nutriti con A. salina congelata e mangime per pesci in scaglie. Le larve vengono invece nutrite con naupli vivi appena schiusi di A. salina e mangime sbriciolato (per la schiusa di A. salina vedi Appendice A5.3). In generale, la quantità di cibo considerata ottimale è quella che viene prontamente consumata dai pesci. Per gli avannotti, tuttavia, soprattutto se il cibo è somministrato una volta al giorno, è preferibile dare una quantità di naupli di Artemia in leggero eccesso rispetto al consumo immediato, di modo che alcuni di essi restino sempre disponibili nelle vasche dei neonati. È necessario evitare che nelle vasche si accumulino cibo non consumato, naupli deceduti, feci od altro residuo organico e particolarmente quando si operi in condizioni semistatiche. Almeno con frequenza settimanale, o più spesso se necessario, si provvede a rimuovere dal fondo delle vasche i residui con un sifone. Anche l’eccessiva crescita di alghe deve essere controllata periodicamente mediante rimozione, anche se non completa, poichè queste alghe costituiscono un’integrazione della dieta. A5.2 - Idoneità della dieta In particolari condizioni ambientali il crostaceo Artemia salina produce delle cisti quiescenti che permangono vitali per lunghi periodi di tempo, purchè conservate all’asciutto e in condizioni anaerobie (ASTM, 1992). Talvolta le cisti di Artemia sono indicate, impropriamente, come “uova”; in realtà si tratta di un embrione, allo stadio di gastrula, racchiuso da una cuti- cola che lo protegge dalla disidratazione. La resistenza di tale stadio quiescente fa sì che esso possa essere facilmente trasportato e commercializzato, e grazie alla sua praticità, venire ampiamente utilizzato in acquacoltura e in acquariologia per nutrire molti organismi acquatici. Reidratando le cisti in acqua di mare si riattiva lo sviluppo embrionale e dopo circa 24 ore, ne schiudono i naupli al primo stadio di sviluppo. METODI ECOTOSSICOLOGICI Le varietà geografiche e le corrispondenti fonti commerciali di cisti di Artemia sono numerose; tuttavia è stato osservato che il contenuto di contaminanti, le dimensioni del nauplio e la composizione in acidi grassi, differiscono ampiamente, influendo sulla idoneità del prodotto quale fonte di cibo (ASTM, 1992). Le cisti provenienti dal Brasile o dalla Columbia si sono dimostrate idonee sia per la modesta contaminazione che per le dimensioni adeguatamente ridotte delle giovani larve (US EPA, 1988). Anche altre aree di provenienza possono comunque rivelarsi adeguate, ma in ogni caso, l’unico modo di valutare l’accettabilità di una varietà di cisti è di condurre prove di alimentazione grazie alle quali si possono esaminare gli effetti su sopravvivenza e crescita di C. variegatus. Analogamente, anche se il fornitore rimane lo stesso, è necessario che ciascun nuovo lotto di cisti venga saggiato per verificarne l’idoneità. In entrambi i casi, si procede come segue: si conducono in parallelo due saggi cronici di 7 giorni, per ciascuno dei quali sono utilizzate almeno 3 repliche di 10-15 organismi ognuna. Il primo gruppo viene alimentato con i naupli di Artemia giudicati a suo tempo idonei e che hanno pertanto valore di riferimento, il secondo gruppo viene invece nutrito con i naupli schiusi dal lotto in esame. La frequenza di somministrazione del cibo, la sua quantità, il volume dei recipienti e dell’acqua di mare in essi contenuta e tutto quanto caratterizza il saggio non deve essere modificato rispetto alla procedura di saggio cronico (vedi Sezione 8110 per test di tossicità cronica (7 giorni) con Cyprinodon variegatus). La nuova fonte di cibo viene considerata idonea se non si osservano differenze statisticamente significative tra i due trattamenti relativamente a sopravvivenza e crescita. Ogni nuovo lotto dovrebbe anche essere analizzato per il contenuto di pesticidi organoclorurati e PCB. Se questi superano complessivamente la concentrazione di 0,3 µg/g (peso fresco), le cisti di Artemia non dovrebbero essere utilizzate (US EPA, 1988). È quindi buona norma effettuare le necessarie analisi su un piccolo quantitativo di cisti, e nel caso si ottengano i risultati attesi, si può procedere all’acquisto di un lotto di notevoli dimensioni che potrà servire per diversi anni (ASTM, 1992). A5.3 - Preparazione della dieta Un imbuto separatore con un volume di 2 L costituisce un pratico contenitore per la schiusa delle cisti. Si utilizza 1 L di acqua di mare naturale o sintetica ma anche una soluzione contenente 35 g di NaCl si presta allo scopo. Si aggiungono 10 mL di cisti di Artemia e si area intensamente con un tubetto di vetro posizionato in modo che la sua estremità sia sul fondo dell’imbuto. Il tempo di schiusa, comunemente espresso come T90 (numero di ore necessario alla schiusa del 90% delle cisti), varia in relazione all’area geografica di provenienza e alla temperatura di incubazione. Tuttavia, con una temperatura di 27°C le uova dovrebbero schiudere in circa 24 ore. Dopo tale periodo si arresta l’aerazione e i gusci ormai vuoti si portano in superficie mentre i naupli si raccolgono sul fondo dal quale vengono prelevati mediante apertura del rubinetto dell’imbuto. Sfruttando la fototassia positiva delle larve, la raccolta può essere agevolata oscurando la parte superiore dell’imbuto. Tale operazione non deve protrarsi oltre i 5-10 minuti in quanto, l’elevata concentrazione di organismi raggiunta sul fondo del contenitore fa sì che, sospeso il gorgogliamento, l’ossigeno disciolto venga rapidamente esaurito provocando la morte dei naupli. L’apertura alterna del rubinetto dell’imbuto separatore consente di rimuovere a più riprese i naupli appena schiusi. Questi verrano filtra- ti e se necessario risciacquati o concentrati in mezzo fresco con l’aiuto di un contenitore col fondo di rete (maglie di 150 µm). Il nauplio di artemia è incapace di nutrirsi di fonti di cibo esterne per un periodo di circa 24 ore dalla schiusa (25°C), durante le quali utilizza le riserve di tuorlo di cui è provvisto. In questo arco di tempo il valore nutrizionale e calorico del nauplio decadono progressivamente, e pertanto si consiglia di utilizzarlo subito dopo la schiusa o comunque entro le 2-6 ore dal T90 (ASTM, 1992). Grazie alla ripetibilità del tempo necessario alla schiusa delle numerose varietà di Artemia (T90 a temperatura costante), l’idratazione delle cisti può essere effettuata in base al momento giudicato più opportuno per la raccolta e la somministrazione dei naupli appena schiusi. A parità di altre caratteristiche tossicologiche e nutrizionali, la ridotta dimensione del nauplio deve costituire il criterio guida nella scelta della fonte commerciale di A. salina, e ciò per favorire l’attività predatoria degli avannotti di Cyprinodon (US EPA, 1988). METODI ECOTOSSICOLOGICI A6 - Acqua di mare artificiale L’acqua di mare artificiale destinata al mantenimento in coltura di C. variegatus è preparata solubilizzando delle miscele di sali pronte all’uso e commercializzate a tale scopo. Nella versione originale del metodo US EPA per saggiare effetti cronici (7 giorni) con questo organismo è consigliata la miscela Forty Fathoms®, che ha fornito, in prove comparate, i migliori risultati (EPA, 1988). La miscela di sali viene disciolta in acqua deionizzata di buona qualità, Milli-Q o equivalenti, in quantità tali da ottenere salinità comprese tra 20 e 30‰. Le istruzioni fornite con le confezioni di sali marini devono essere seguite scrupolosamente ed i sali devono essere solubilizzati in contenitori dedicati a tale scopo e non nelle vasche di mantenimento dei pesci. Prima del suo impiego, l’acqua artificiale viene aerata moderatamente per 24 ore e lasciata in quiete per qualche giorno. L’aerazione porterà il pH, l’ossigeno disciolto ed altri gas in condizioni di equilibrio. Prima del suo impiego, la concentrazione di ossigeno nell’acqua artificiale deve risultare compresa tra il 90 e il 100% del valore di saturazione. Con frequenza mensile si provvede al ricambio di almeno 1/4 dell’acqua di mantenimento o preferibilmente, di circa 1/10 ogni 15 giorni. L’acqua nelle vasche deve essere limpida. Se al contrario si presentasse opalescente o colorata, deve essere sostituita per almeno il 50%. L’acqua utilizzata per il rinnovo deve avere oltre al contenuto di ossigeno indicato, anche la stessa temperatura e salinità di quella di mantenimento. L’evaporazione nelle vasche e il conseguente aumento di salinità vengono compensati mediante aggiunta di acqua deionizzata o Milli-Q. Occorre provvedere inoltre all’aggiunta periodica di microelementi utilizzando delle soluzioni pronte all’uso e commercializzate per tale scopo. I dosaggi e la frequenza d’impiego sono indicati dal produttore. Oltre al controllo delle concentrazioni di ammoniaca e nitriti, si consiglia di effettuare frequenti misurazioni di altri parametri aventi valore critico per il successo della coltura, quali: temperatura, pH, alcalinità, ossigeno disciolto ed anche nitrati. Nelle vasche di mantenimento e di coltura il tenore di ossigeno deve essere sempre maggiore del 60% della saturazione, ottenibile ricorrendo, se necessario, a diffusori a setto poroso. Il pH non deve scendere al di sotto di 7,5 e l’ambito di accettabilità è compreso tra 7,5 e 8,3. Nelle vasche a ciclo chiuso, in conseguenza a condizioni di elevato carico di organismi (sovraffollamento), alla somministrazione di cibo in eccesso e all’accumulo di rifiuti, è frequente osservare la diminuzione del valore di pH. In questi casi, rimossa la causa dell’acidificazione, il valore accettabile di pH può essere ristabilito mediante rinnovo di più del 50% dell’acqua della vasca con acqua di mare artificiale. Si raccomanda, infine, che i livelli di ammoniaca totale e di ione nitroso siano inferiori a 0,1 mg/L e che la concentrazione di ione nitrico non superi i 20 mg/L. A7 - Organismi per il saggio Per il saggio di tossicità acuta possono essere utilizzati individui di età compresa tra 1 e 14 giorni. Se si utilizzano gli avannotti entro 1-2 giorni dalla schiusa, è possibile mantenerli nei cristallizzatori in cui sono stati raccolti. Viceversa, superato questo limite, i giovani individui devono essere trasferiti in una vasca di mantenimento. Tutte le operazioni di trasferimento delle larve vengono effettuate con un tubetto di vetro avente diametro interno di 6-9 mm e lunghezza di 20-30 cm, provvisto di un bulbo elastico per l’aspirazione. L’uso dei retini solitamente impiegati per trasferire i pesci di maggiori dimensioni è in questo caso sconsigliato, potendo causare elevate mortalità degli avannotti. BIBLIOGRAFIA ASTM (1992): “Standard practice for using brine shrimp nauplii as food for test animals in aquatic toxicology”, American Society for Testing and Materials, ASTM E 1203-92. COTTIGLIA M. (1980): “Pesci lagunari”, Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque lagunari e costiere italiane, Vol. 1, C.N.R. AQ/1/90, pp 140. METODI ECOTOSSICOLOGICI HANSEN D.J. & PARRISH P.R. (1977): “Suitability of sheepshead minnows (Cyprinodon variegatus) for life-cycle toxicity tests”, in: Aquatic Toxicology and Hazard Evaluation, ASTM STP 634. F.L. Mayer e J.L. Hamelink, eds. American Society for Testing and Materials, Philadelphia, PA, pp. 117-126. MARTIN F.D. (1972): “Factors influencing local distribution of Cyprinodon variegatus (Pisces: Cyprinodontidae)”, Trans. Am. Fish. Soc., 101, 89-93. MCCULLOCH W.L. & RUE W.J. (1989): “Evaluation of a seven-day chronic toxicity estimation test using Cyprinodon variegatus”, In Aquatic Toxicology and Hazard Assessment: 12th vol. ASTM STP 1027, U.M. Cowgill and L.R. Williams, Eds., American Society for Testing and Materials, Philadelphia, 355-364. NORDLIE F.G. (1987). “Plasma osmotic Na+ and Cl-regulation under eurhyhaline conditions in Cyprinodon variegatus Lacepede”, Comp. Biochem. Physiol. A, 86A, 57-61. RICHARDS F.A. & CORWIN N. (1956): “Some oceanographic applications of recent determinations of the solubility of oxygen in seawater”, Limnol. Oceanogr., 1, 263-267. US EPA (1985): “Methods for measuring the acute toxicity of effluents to freshwater and marine organisms”, W.H. Peltier C.I. Weber, U.S. Environmental Protection Agency, Report EPA/600/4-85/013, Cincinnati, OH. US EPA (1988): “Sheepshead minnow (Cyprinodon variegatus) larval survival and growth test. Method 1004”, in: Short-term methods for estimating the chronic toxicity of effluents and receiving waters to marine and estuarine organisms, C.I. Weber, W.B. Horning, D.J. Klemm, T.W. Neiheisel, P.A. Lewis, E.L. Robinson, J. Menkedick e F. Kessler, eds. EMSL, US Environmental Protection Agency, Cincinnati, OH, EPA-600/4-87-028. M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I 8080. Metodo di valutazione della tossicità acuta con trota iridea (Oncorhynchus mykiss) 81. Introduzione Viene indicata nel seguito la procedura standard per condurre dei saggi con trota su campioni di effluenti e su acque prelevate da corpi idrici recettori, allo scopo di individuare la presenza di sostanze tossiche in quantità tali da causare effetti tossici acuti. L’assenza di effetti acuti non preclude la possibilità di effetti cronici. Inoltre, a causa della variabilità temporale di uno scarico, un risultato negativo con un dato campione non esclude il riscontro di effetti tossici acuti in campioni prelevati in diversi momenti. 2. Generalità sul metodo Sia per i saggi su effluenti che per quelli sul recettore, si utilizzano giovani esemplari di trota iridea (Oncorhynchus mykiss) reperibili presso gli allevamenti ittici. Nel primo caso, almeno cinque gruppi di organismi vengono esposti ad altrettante diluizioni di uno scarico e, al termine del periodo di esposizione, il numero di pesci deceduti nei diversi gruppi viene utilizzato per determinare la diluizione letale per il 50% degli organismi (LC50). Anche nel caso del corpo idrico recettore si può esaminare una serie di diverse diluizioni, ma più spesso si ricorre ad un unico campione non diluito, poichè, raramente, il corpo idrico dà luogo a effetti tossici acuti di tale entità da permettere di valutare la relazione “concentrazione- risposta”. Il risultato si limita, in questo caso, alla percentuale di organismi deceduti ed al- l’esame statistico della sua significatività. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione Oltre alla comune strumentazione di laboratorio, la conduzione del saggio di tossicità richiede: -vasche o recipienti in vetro aventi capacità netta di 5 L e che consentano di mantenere un livello del liquido non inferiore a 15 cm; l’adozione di volumi diversi deve sempre soddisfare il limite di carico di biomassa che è fissato al valore massimo di 0,5 g/L·giorno-1; -retini di varie dimensioni per il trasferimento dei pesci; -reti o coperture trasparenti in materiale atossico per evitare la fuoriuscita degli animali dalle vasche; -un dispositivo atto alla termostatazione delle soluzioni a 15±1°C. Il condizionamento dell’ambiente di lavoro o l’immersione dei recipienti di saggio in bagni termostatati sono tra le soluzioni più comunemente adottate; - ove possibile, detto ambiente potrà essere attrezzato con un sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro provvisto di temporizzatore e preferibilmente di un dispositivo per la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; -analizzatore di ossigeno disciolto; -sistema di aerazione a bassa pressione fornito di diffusori a pietra porosa o cannule in vetro. Oli ed altri vapori organici sono contaminanti frequenti degli impianti ad aria compressa e devono essere rimossi con filtri di carbone attivo. 1065 METODI ECOTOSSICOLOGICI I materiali di fabbricazione di vasche, tubi od altro oggetto destinato ad entrare in contatto con i campioni da saggiare o con l’acqua di diluizione e di mantenimento, devono essere scelti accuratamente. Il vetro borosilicato e le plastiche florurate dovrebbero essere impiegati ovunque possibile al fine di minimizzare l’assorbimento e il rilascio di sostanze tossiche. Gli oggetti costruiti con questi materiali possono essere riutilizzati dopo le necessarie procedure di pulizia. Materie plastiche quali il polietilene, il polipropilene, il Tygon®, o altre ancora, possono trovare usi limitati come nel prelievo e nel trasporto dei campioni da saggiare, ma non devono essere riutilizzate. Al contrario, contenitori costruiti con questi materiali, con polietilene ad alta densità in particolare, ben si prestano ad essere specificamente riutilizzati per conservare acque di diluizione o acque sintetiche preparate in laboratorio. La fibra di vetro può essere impiegata per le vasche di mantenimento dei pesci come pure per la conservazione di grossi volumi di acqua. In ogni caso si raccomanda che a prescindere dalla natura dei materiali prescelti, sia i recipienti che gli accessori vengano sciacquati accuratamente, meglio se in flusso continuo, con l’acqua di diluizione o di mantenimento prima del loro impiego nei saggi. 3.2 Organismi per il saggio Per la conduzione del saggio devono essere utilizzati i giovani esemplari di trota iridea (O. mykiss) il cui stadio vitale può variare tra l’organismo che si nutre autonomamente da almeno un paio di settimane (=0,1 g; circa 2 cm) fino a quello avente lunghezza inferiore ai 6 cm, il cui peso dovrebbe risultare inferiore ai 3 g. Qualora siano disponibili più gruppi di organismi rispondenti a tale requisito, si dovrà sempre privilegiare lo stadio più precoce. Gli stadi più precoci consentono infatti di rispettare più facilmente il rapporto “peso dei pesci/volume di soluzione”. Questo rapporto non deve essere superiore a 0,5 g/L se le soluzioni sono rinnovate giornalmente, od anche 0,25 g/L se si effettua il rinnovo con la frequenza minima prevista di 48 ore (0,5 g/L·d-1). In ogni caso, le dimensioni degli organismi devono essere il più possibile omogenee e tali che, per uno stesso saggio, la lunghezza delle trotelle più grandi dovrebbe essere inferiore al doppio di quella delle più piccole (EPS, 1990). In base alle condizioni esistenti in troticultura o a quelle di mantenimento in laboratorio, può essere necessario acclimatare gli organismi alle condizioni previste per il saggio tossicologico (vedi Appendice). Considerando che un saggio può articolarsi in una prova preliminare ed in una definitiva, il numero di organismi necessari a completare la sperimentazione e che eventualmente, dovrebbero essere acclimatati, si aggira sul centinaio. Gli organismi sopravvissuti ad un saggio non potranno venire riutilizzati in prove successive. 3.3 Acqua di diluizione Le diverse diluizioni di un effluente sono preparate usando, quale acqua di diluizione, la stessa a cui sono state acclimatate le trotelle. In funzione delle finalità del saggio si potranno scegliere diverse soluzioni. In particolare: a) Se lo scopo è di evidenziare la presenza di effetti tossici acuti e il loro andamento nel tempo o fare confronti tra la tossicità di diversi effluenti, si adotterà un’acqua sintetica (standard), avente durezza di circa 150 mg/L CaCO3 per la cui preparazione si aggiungono sali di grado analitico ad acqua ultrapura. Per un litro di acqua standard si solubilizzano nell’ordine: 10 mg di KCl, 192 mg di NaHCO3, 53 mg di MgSO4 e 183 mg di CaSO4·2H O. Il mezzo così ottenuto ha le seguenti 2 caratteristiche: pH 7,5-8,5, durezza 140-160 mg CaCO3/L, alcalinità 110-120 mg CaCO3/L, Ca/Mg >1 e prossimo a 4, Na/K >1 e prossimo a 10. b) Se lo scopo del saggio è di valutare la tossicità acuta dell’effluente nelle acque del recettore, si userà l’acqua non contaminata dello stesso (se non tossica), prelevata a monte dell’immissione o al di fuori dell’area esposta a fonti di contaminazione. Nel caso essa non sia disponibile, si può utilizzare un’acqua prelevata da un altro corpo idrico superficiale od un’acqua sintetica aventi approssimativamente le stesse caratteristiche chimiche e, in particolare, la stessa durezza del corpo idrico recettore. In qualche caso è anche possibile operare modifi METODI ECOTOSSICOLOGICI cando la composizione di un’acqua naturale, purchè di qualità adeguata, previa aggiunta di sali (reagenti di grado analitico) e nelle quantità necessarie. Il prelievo di acque naturali deve essere effettuato immediatamente prima del loro impiego e comunque non oltre le 96 ore dallo stesso, mantenendo refrigera- ti i campioni (4°C) quando se ne faccia uso a più di 24 ore dalla raccolta. c) Se, infine, lo scopo del saggio è quello di esaminare gli eventuali effetti additivi dei contaminanti presenti nello scarico e di quelli presenti nel recettore, come acqua di diluizione si userà quella del recettore, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, prelevata a monte o al di fuori dell’influenza dello scarico in esame. In questo caso è necessario aggiungere un gruppo di organismi di controllo esposti alla sola acqua di mantenimento o di acclimatazione. 3.4 Illuminazione Durante il saggio vengono mantenute le stesse condizioni di illuminazione cui gli animali sono stati acclimatati. Pertanto il fotoperiodo consigliato è di circa 16 ore di luce e 8 ore di buio. Deve essere evitata la luce solare diretta optando invece per le intensità luminose pari a quelle comunemente riscontrabili nei laboratori (500-1000 lux) o più attenuate. 3.5 Temperatura La temperatura delle soluzioni da saggiare deve essere mantenuta a 15±1°C per tutta la durata delle prove. 3.6 Alimentazione La somministrazione di cibo viene interrotta 24 ore prima dell’inizio del saggio durante il quale gli organismi non vengono alimentati. 3.7 Ossigeno disciolto È necessario misurare quotidianamente la concentrazione di ossigeno disciolto ma più frequentemente durante le prime ore dall’avvio del saggio. Essa deve risultare =60% del valore di saturazione. Nei test statici è frequente, soprattutto alle concentrazioni più elevate di effluente di scarico, chel’ossigeno disciolto scenda al di sotto del limite indicato. È necessario in questi casi aerare le soluzioni del saggio facendovi gorgogliare aria priva di contaminanti utilizzando diffusori di spugna di vetro, pipette di vetro o, se compatibili, anche diffusori a pietra porosa. Compatibilmente con il tenore di ossigeno richiesto, l’aerazione deve essere regolata sul minimo flusso possibile, sia per non disturbare gli organismi che per minimizzare la perdita di eventuali tossici volatili. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Quando ci si appresta alla conduzione di un saggio con un effluente di qualità sconosciuta, può essere consigliabile, ma non vincolante ai fini procedurali, acquisire dati preliminari sulla sua potenzialità tossica. Il saggio preliminare, normalmente impiegato a tale scopo, consiste in una prova a breve termine con almeno cinque diluizioni di scarico che siano ampiamente spaziate tra loro secondo una serie geometrica. Le diluizioni di effluente, comunemente espresse come percentuali di effluente sul totale della soluzione da saggiare (v/v), possono essere indicativamente le seguenti: 100%, 10%, 1%, 0,1% e 0,01% più un controllo con sola acqua di diluizione. Per ciascuna soluzione, saggiata in una sola replica, vengono utilizzati 5 organismi ed il tempo di esposizione è limitato alle 24 ore. Al termine della prova è generalmente possibile individuare un ambito di tossicità acuta definito, ad un estremo, dalla completa mortalità 1067 METODI ECOTOSSICOLOGICI degli organismi, ed all’estremo opposto dalla loro completa sopravvivenza. Se lo stesso campione di scarico dovrà essere poi impiegato anche nel saggio definitivo, è opportuno che i tempi di campionamento e di conservazione siano correttamente calcolati. Si deve tenere presente che il saggio definitivo e quello preliminare possono dare risultati significativamente diversi e sostanzialmente per due motivi: a) poichè il saggio definitivo ha una durata superiore (96h) a quella del preliminare e b) poichè le due prove possono essere condotte con campioni prelevati in tempi diversi che, come conseguenza della variabilità degli scarichi, possono avere contenuti di tossici anche molto differenti. 4.2 Saggio definitivo Per condurre la prova definitiva si preparano almeno 5 diluizioni del campione di effluente più un controllo con acqua di diluizione. Esse vengono allestite in due repliche da 5 litri ciascuna e, fatta eccezione per particolari intervalli di tossicità evidenziati con il test preliminare, le diluizioni di effluente di scarico comunemente adottate sono le seguenti: 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v) Queste diluizioni sono in serie geometrica, con fattore di diluizione pari a 0,5. Secondo questa procedura il test definitivo richiede un volume di circa 40 L di effluente di scarico essendo previsto almeno un rinnovo delle soluzioni allo scadere delle 48 ore. Indicazioni più precise sul volume da prelevare non possono essere date in quanto detto volume dipende dal grado di tossicità del campione e dalla taglia degli organismi disponibili per il saggio (vedi Paragrafo 3.2). Se dopo 1-2 ore dall’avvio del saggio si osserva la completa mortalità degli organismi alle concentrazioni più elevate (100% e 50%), si consiglia di aggiungere altre concentrazioni alla serie indicata, quali 3,1%, 1,5%, 0,75%. I tempi di osservazione degli effetti causati dalle concentrazioni aggiunte andranno adeguati in base al ritardo di allestimento. La pratica di cumulare i risultati ottenuti dalle repliche di ogni diluizione fa sì che il loro allestimento risponda solo a requisiti di tipo pratico, quali la facilità di osservazione degli organismi, il più facile controllo del carico di biomassa per litro di soluzione o la possibilità di non perdere completamente il risultato di una diluizione qualora l’unica replica andasse perduta o scartata per un qualsiasi motivo. Se, tuttavia, altre motivazioni pratiche risultassero prioritarie (spazio limitato, eccessivo numero di recipienti ecc.), le cinque diluizioni del saggio possono essere allestite in unica replica adeguando di conseguenza i volumi e il numero di organismi. I volumi necessari alla conduzione del saggio vengono prelevati dai contenitori, previo accurato mescolamento, e portati alla temperatura di 15±1°C. Preparate le diluizioni previste, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse inferiore al limite del 60% del valore di saturazione si procede ad aerare i contenitori (vedi Paragrafo 3.7). Quando le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si introducono gli animali. Si raccomanda che il trasferimento degli organismi dalla vasca di acclimatazione ai contenitori del saggio venga effettuato con gli appositi retini, rapidamente e con la massima cura, al fine di minimizzare lo stress e non danneggiare gli organismi. Si raccomanda inoltre che l’ordine di trasferimento sia secondo una sequenza casuale, evitando, per esempio, di completare una diluizione per passare poi alle successive. Subito dopo il trasferimento i recipienti dovranno essere coperti con reti o coperture trasparenti per impedire la fuoriuscita degli organismi. A 24, 48, 72 e 96 ore si registrano e si rimuovono gli organismi deceduti. Sono considerati tali quei pesci che non dimostrano movimenti opercolari o che non reagiscono ad una leggera stimolazione. Può essere utile registrare ogni altra alterazione osservabile quale il cambiamento della colorazione, la perdita di equilibrio, il nuoto scoordinato, l’aumentata velocità respiratoria ed altre ancora. Allo scadere delle 48 ore di esposizione si procede al rinnovo delle soluzioni ed al trasferimento in queste ultime delle trotelle che già sono state esposte per 48 ore alle diluizioni corrispondenti di effluente. In presenza di tossici facilmente ossidabili o degradabili o se l’eventuale aerazione aumenta la velocità di tali processi, può essere opportuno rinnovare giornalmente le soluzioni. Il saggio di tossicità acuta termina allo scadere delle 96 ore. 1068 METODI ECOTOSSICOLOGICI 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo Per il saggio di tossicità acuta sulle acque di un corpo idrico recettore, generalmente si espongono gli esemplari di trota a un campione non diluito. In questo tipo di saggio i giovani organismi devono essere acclimatati ad un’acqua naturale, semisintetica o sintetica che sia simile a quella del corpo idrico da saggiare almeno per la sua durezza totale (per l’acclimatazione vedi Appendice). Come precisato nella metodica per saggi su effluenti di scarico, anche in questo caso l’acqua di acclimatazione delle trote viene usata per l’allestimento della prova di controllo. A differenza del saggio con effluenti, il campione del corpo idrico recettore viene saggiato in quattro repliche ed altrettante ne vengono allestite per l’acqua di controllo. In ciascuna replica vengono trasferiti 10 organismi. In questo saggio i risultati delle repliche non vengono cumulati e, al contrario, contribuiscono a determinare se la mortalità eventualmente osservata nel campione è significativa. Per l’allestimento e la conduzione del saggio sul corpo idrico valgono tutte le indicazioni date per quello sugli effluenti. Se il campione non diluito dell’acqua del corpo recettore causa una mortalità superiore al 50% degli organismi esposti, si può procedere alla stima del grado di tossicità delle sue acque e cioè all’esame della relazione dose-risposta. A questo scopo si procede esattamente come per il saggio su un effluente. In questo caso può essere preferibile definire la serie delle 5 diluizioni secondo un fattore di diluizione >0,5. 6. Validità del saggio I risultati dei saggi non sono validi se tra gli organismi del controllo si osserva una mortalità >10% o se la concentrazione di ossigeno disciolto in una qualsiasi soluzione del saggio scende al di sotto del 60% del valore di saturazione. Pur senza vincolare la validità del risultato, periodicamente si consiglia la conduzione di saggi in condizioni standard con un tossico di riferimento, quale ad esempio il bicromato di potassio o il pentaclorofenolo. Questa pratica dovrebbe consentire di evidenziare condizioni sperimentali o lotti di organismi, per qualche motivo, anomali. In condizioni normali, disponendo di una congrua serie di LC50, il risultato di ogni nuovo saggio di riferimento dovrebbe collocarsi entro l’intervallo definito dal valore medio di tale serie e dal doppio del corrispondente scarto tipo (media±2·scarto tipo). Viceversa, se la LC50 del tossico di riferimento si colloca all’esterno di questo intervallo di sicurezza, tutti i dati ottenuti con il medesimo lotto di organismi dovrebbero essere considerati con cautela. Con valore puramente indicativo vengono citati i risultati ottenuti in prove di intercalibrazione rispettivamente tra 10 e 12 laboratori (US EPA, 1985). I tossici scelti per questo studio furono l’argento nitrato e l’endosulfan ed i risultati ottenuti, in termini di 96hLC50, dimostrarono un coefficiente di variazione per il primo tossico pari a 64% e 32% e per il pesticida, pari a 50% e 43%. Il primo dato di ciascuna coppia è stato ottenuto con saggi condotti in condizioni statiche mentre il secondo in flusso continuo. Può essere utile, infine, disporre di alcune informazioni sulla tossicità acuta del Cr(VI). In funzione della durezza dell’acqua di diluizione e della dimensione degli organismi, questo metallo dimostra delle 48-96hLC50 variabili tra 7,6 mg/L e 79,6 mg/L (EIFAC, 1983). Indicativamente, minore è la durezza del mezzo o la dimensione degli organismi e maggiore è la tossicità del cromo esavalente. 7. Analisi dei risultati 7.1 Calcolo della LC50 Il saggio per la valutazione della tossicità acuta descritto in questa procedura si propone non solo l’identificazione delle sorgenti di contaminazione capaci di effetti tossici acuti ma anche la 1069 METODI ECOTOSSICOLOGICI quantificazione della loro potenziale tossicità mediante la stima della concentrazione letale al 50% degli organismi (LC50) per un dato tempo di esposizione (24-48 ore). La determinazione della LC50 può essere effettuata con diversi metodi la cui applicabilità è in buona parte dipendente dal tipo di risultati ottenuti, e più precisamente dal numero di effetti parziali osservati, intermedi cioè tra la mortalità 100% e la mortalità nulla. La valutazione della LC50 dovrebbe basarsi sui risultati relativi ad almeno 5 concentrazioni di campione ed un controllo, sebbene molti metodi di analisi possono essere utilizzati con un numero di dati inferiore. Se la massima concentrazione saggiata ha causato una mortalità inferiore al 50%, non si dovrebbe procedere al calcolo della LC50, il cui valore sarebbe in tal caso poco attendibile. Meglio ripetere il saggio, se possibile, cercando di migliorare la serie delle concentrazioni saggiate. In caso contrario la LC50 sarà più correttamente espressa come “maggiore della massima concentrazione sperimentata” (es.: 48hLC50>80%). Nella Sezione 8020 per la valutazione della tossicità acuta con Daphnia magna sono stati pro- posti tre diversi metodi, ampiamente validati, atti alla valutazione della LC50. Si tratta del metodo di Litchfield e Wilcoxon, del test binomiale e del metodo “probit”. Essi sono adeguatamente illustrati nell’ambito della Sezione 8020 al quale si rinvia. Infine, è opportuno segnalare che sono disponibili in commercio alcuni programmi per personal computer espressamente dedicati a diversi metodi di analisi statistica di risultati tossicologici, a questi prodotti parimenti si rinvia. 7.2 Effetti da concentrazione unica L’esame dei risultati ottenuti saggiando un campione non diluito del corpo idrico è riconducibile alla teoria del confronto tra due campioni. Nel presente schema sperimentale, i decessi osservati nelle repliche del corpo idrico e in quelle del controllo rappresentano le due serie di dati posti a confronto. Di fatto, se la mortalità degli organismi esposti al corpo idrico supera il valore del 10%, e cioè quel limite di decessi accettato come “naturale” in un gruppo di individui di controllo, si può già concludere che il campione contiene inquinanti a concentrazioni tossiche. Tuttavia può essere opportuno dare supporto statistico al risultato del saggio, verificando la cosiddetta ipotesi nulla o zero, e cioè che le medie dei decessi osservati nei due trattamenti siano uguali. Smentire l’ipotesi con un certo grado di probabibilità, solitamente P=0,05, equivale a verificare che la mortalità osservata per gli organismi esposti al corpo idrico è significativa. Il test “t” è utilizzato per confrontare i due campioni e, dal momento che vi è un’attesa di contaminazione o di mortalità maggiore per il campione del corpo idrico piuttosto che per il controllo, un test unilaterale è generalmente adeguato. L’applicazione del test “t” richiede che le proporzioni di decessi osservati nelle repliche siano distribuite normalmente. Se i dati soddisfano questo requisito è necessario procedere anche alla verifica di omogeneità della varianza dei due gruppi di risultati e solo in caso affermativo è lecito passare all’esame della significatività dei decessi osservati. Se i dati non fossero distribuiti normalmente il problema viene comunemente risolto mediante opportune trasformazioni dei dati stessi. La conversione delle proporzioni di organismi deceduti nella radice quadra del loro arc sen è la trasformazione più comune. Se non si rivelasse risolutiva è necessario procedere all’esame dei risultati con metodi non parametrici. Se, a sua volta, la condizione di omogeneità della varianza non fosse rispettata, il test “t” rimane valido ma deve essere applicato in forma modificata. Il valore calcolato per la funzione “t” è infine confrontato con il valore critico di “t” individuabile in apposite tabelle, in base al numero di gradi di libertà ed al livello di probabilità prescelto. Se il valore di “t” calcolato supera il valore tabellare, le due mortalità sono significativamente diverse. Fortunatamente sono disponibili in commercio dei programmi per personal computer che sono espressamente dedicati all’analisi statistica dei risultati tossicologici e possono svolgere tutte le operazioni necessarie. A questi prodotti pertanto, si rinvia. APPENDICE A1 - Note sulla sistematica e sulla “biologia” di trota iridea La trota iridea è originaria dei corsi d’acqua montani della costa ovest degli Stati Uniti. Al di 1070 METODI ECOTOSSICOLOGICI fuori del continente americano, questa specie è stata introdotta in moltissimi paesi tra cui, nel secolo scorso anche in Italia (Welcomme, 1988), spesso per la pesca sportiva, causando talvolta la scomparsa di specie native, e poi rapidamente adottata in acquacoltura il che l’ha resa una delle specie più diffusamente allevate in tutto il globo. Recentemente, la validità del genere Salmo è stata messa in dubbio per alcune specie di trota nord americane, considerate, invece, molto più affini alle specie di salmoni del Pacifico appartenenti al genere Oncorhynchus. In base ai dati presentati da Smith e Stearly (1989), la American Fisheries Society ha adottato per la trota iridea il nome specifico di Oncorhynchus mykiss in sostituzione del precedente Salmo gairdneri. Gli ambienti naturali in cui vive preferenzialmente la specie, hanno temperature variabili tra i 3°C e i 21°C, ma l’intervallo ottimale è situato tra 10 e 16°C. Gli estremi di temperatura ai quali la trota può essere gradualmente acclimatata, generalmente ne inibiscono l’accrescimento. Negli individui adulti, la temperatura e il fotoperiodo sono i fattori ambientali che regolano l’induzione dell’attività riproduttiva. La trota iridea ha originalmente attività riproduttiva primaverile (US EPA, 1985), tuttavia essa può riprodursi anche all’inizio del periodo estivo o di quello invernale in relazione al clima della regione, all’altitudine, al ceppo genetico. In ogni caso, nelle troticolture commerciali, dove la riproduzione è solitamente invernale, sono stati isolati dei ceppi di individui capaci ormai di riprodursi in tutto l’arco dell’anno, assicurando una disponibilità pressochè continua di stadi giovanili. L’avannotto ha lunghezza compresa tra 15 e 20 mm ed è provvisto di un grosso sacco vitellino le cui riserve vengono esaurite nell’arco di 180-220 gradi-giorno. Al riassorbimento del sacco vitellino, l’avannotto comincia a nutrirsi attivamente predando, in natura, varie specie di invertebrati. Negli allevamenti commerciali l’alimentazione è basata solo sui mangimi pellettati secchi che, proposti in varie composizioni e dimensioni del pellet, soddisfano l’esigenza di una rapida crescita a costi contenuti. Gli individui di sesso maschile raggiungono la maturità sessuale nell’arco di 2 anni mentre raramente quelli di sesso femminile producono uova prima del terzo anno di vita. A questo stadio del ciclo vitale, il loro peso medio si aggira tra i 300 e 500 g (Giordani, 1972) ma pesi superiori sono frequenti. Verso il quarto anno di vita hanno lunghezza corporea tra 35 e 40 cm, ma individui più anziani possono raggiungere anche taglie eccezionali prossime ai 70 cm e ai 7 kg ed oltre di peso. Nelle popolazioni naturali, tali valori sono comunque molto variabili e legati spesso all’ambiente, se lentico o lotico, e alle varietà regionali. A2 - Mantenimento degli organismi e acclimatazione A2.1 Vasche e strumentazione Oltre alla normale strumentazione di laboratorio, il mantenimento degli organismi richiede i contenitori e le apparecchiature descritte nel seguito. -Vasche in materiale atossico, vetro e fibra di vetro sono da preferire. Il volume ed il numero delle vasche deve essere tale da consentire di stabulare il numero di pesci necessario in relazione alla frequenza dei saggi. In generale una o meglio due vasche in “tutto vetro”, con un volume unitario di almeno 200 L, rappresentano una soluzione soddisfacente per una frequenza approssimativa di 34 saggi a settimana. -Sistema di termoregolazione atto al mantenimento della temperatura nell’ambito di 15±1°C. -Sistema di aerazione a bassa pressione fornito di diffusori a pietra porosa. L’aria insufflata deve essere priva di contaminanti. Oli ed altri vapori organici sono contaminanti frequenti degli impianti di aria compressa e devono essere rimossi con filtri di carbone attivo. -Sistema di illuminazione realizzato con lampade fluorescenti, preferibilmente ad elevato indice di resa cromatica (>90) e che consenta di ottenere un’intensità luminosa, a livello delle vasche, tra i 500 e i 1000 lux. Il sistema deve es METODI ECOTOSSICOLOGICI sere dotato di un temporizzatore per il controllo del fotoperiodo e, possibilmente, anche di un dispositivo che attui una transizione graduale (almeno 15 minuti) tra le fasi di luce e di buio. -Analizzatore di ossigeno disciolto; -Retini di varie dimensioni per i trasferimenti dei pesci. Per la conduzione del saggio di tossicità deve essere utilizzato lo stadio giovanile di trota iridea. Più precisamente vengono impiegati gli organismi che abbiano completato il riassorbi- mento del sacco vitellino da almeno due settimane e che non abbiano superato la taglia di circa 6 cm. In ogni caso, le dimensioni degli organismi devono essere il più possibile omogenee. Gli animali allo stadio vitale richiesto, sono acquisibili presso allevamenti specializzati. A2.2 Trasporto degli animali Per il trasporto, le trotelle vengono comunemente mantenute in sacchi di plastica, parzialmente riempiti d’acqua (circa 1/3) e, per il volume restante, con ossigeno puro. Tale accorgimento, in genere, permette di conservare elevate concentrazioni di ossigeno disciolto nel mezzo acquoso per l’intera durata del trasporto (qualche ora). Nella stagione calda dovranno essere adottati accorgimenti volti all’isolamento o, se necessario, anche al raffreddamento dei sacchi contenenti gli avannotti (materiale espanso, ghiaccio ecc.). Per evitare pericolosi sbalzi termici, all’arrivo in laboratorio i sacchi, ancora chiusi, verranno lasciati galleggiare nelle vasche di mantenimento per il tempo necessario al raggiungimento della temperatura dell’acqua di destinazione. Solo allora si potranno trasferire gli organismi. A2.3 Acqua di mantenimento e di acclimatazione Per il mantenimento delle trotelle è preferibile disporre di un sorgente continua di acqua non contaminata. La rete idropotabile, la falda o anche un corpo idrico superficiale possono rappresentare tale sorgente ed essere utilizzati per approvvigionare le vasche di mantenimento in flusso continuo. Orientativamente, sono da preferire acque con durezza compresa tra 50 e 250 mg/L CaCO3 e pH tra 6,0 e 8,5. Se necessario, lo stoccaggio, l’aerazione prolungata, il trattamento con carbone attivo e l’irraggiamento con luce ultravioletta, possono migliorare sensibilmente la qualità dell’acqua. La presenza di cloro residuo, a causa dell’elevata tossicità per la vita acquatica, è il problema più comunemente associato all’uso dell’acqua di rete. Si raccomanda, pertanto, di verificarne il contenuto ed eventualmente intervenire con i trattamenti indicati per ridurne la concentrazione ad un valore compatibile con la sopravvivenza degli animali (=0,011 mg/L; ASTM, 1993). Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua possono variare nel tempo. È opportuno controllare con la necessaria frequenza alcuni parametri come la durezza, il pH, la conducibilità, l’alcalinità, l’ammoniaca e il carbonio organico. Con frequenza minore, potranno essere misurati i metalli e i pesticidi o altri specifici contaminanti. A titolo d’esempio in Tab. 1 sono riportati i valori (guida) di alcuni dei parametri misurabili in base ai quali un’acqua è considerata accettabile. Quando per la conduzione del saggio è necessario utilizzare un’acqua di diluizione, sia essa naturale o sintetica, avente una durezza che differisce più del 20% dall’acqua di mantenimento, le trotelle devono venire acclimatate a tale durezza (EPS, 1990). Non rispettando questa procedura vengono vanificati i vantaggi derivanti dall’adozione di acque standard o di recettore non contaminato. La durata del periodo di acclimatazione non può essere definita in modo univoco. In ogni caso è consigliabile che l’acqua della vasca di acclimatazione venga cambiata gradualmente, passando, in un tempo minimo di due giorni, dal “100% acqua di mantenimento” al “100% acqua di acclimatazione”. Similmente, per gli eventuali cambiamenti di temperatura si deve procedere in modo che la variazione non superi il limite di 3°C/giorno. A trasferimento completato, farà seguito un periodo 7 giorni, ma preferibilmente di durata superiore, nel corso del quale gli animali verranno mantenuti nello stesso tipo di acqua e alle stesse condizioni impiegate per il saggio tossicologico. Quando l’acqua di mantenimento ha durezza elevata, l’acqua semi-sintetica può essere otte METODI ECOTOSSICOLOGICI nuta per diluizione con acqua deionizzata. Viceversa si può operare con aggiunta di sali (reagenti di grado analitico) alla stessa acqua di mantenimento o ad acqua deionizzata. È conveniente preparare l’acqua sintetica in quantità adeguate da conservare, soprattutto se si usa acqua deionizzata, per un periodo di qualche giorno in aerazione moderata prima dell’uso. È raro disporre di volumi d’acqua sintetica, semi-sintetica o di recettore non contaminato in quantità tali da alimentare la vasca di acclimatazione in flusso continuo. Ne consegue che la procedura di acclimatazione deve essere completata necessariamente in condizioni semistatiche. Ciò significa che durante l’acclimatazione si procede quotidianamente a rinnovi parziali(circa 50%) dell’acqua della vasca di acclimatazione. È consigliabile associare il rinnovo del mezzo alla pulizia della vasca (per sifonamento), dopo la somministrazione del cibo in modo da rimuovere anche i residui di quest’ultimo. Nella fase di acclimatazione, un considerevole risparmio di acqua è conseguibile con l’adozione di un sistema di filtraggio biologico simile agli acquari ornamentali, che evitando l’accumulo di cataboliti fa si che la vasca possa operare in condizioni di riciclo. Qualunque sia la soluzione adottata, ammoniaca e nitriti debbono essere misurati frequentemente per assicurarsi che non raggiungano livelli tossici per gli organismi. Concentrazioni =0,02 e =0,06 mg/L di ammoniaca non ionizzata e di nitriti, rispettivamente, sono considerate di sicurezza per la tutela della vita acquatica (EPS, 1990). Similmente, ASTM (1993) suggerisce che la concentrazione di ammoniaca non ionizzata nelle vasche di mantenimento e di acclimatazione non superi il valore di 0,035 mg/L (15°C e pH 8,0 - 9,0). Sia nelle vasche di mantenimento che, a maggior ragione, nelle vasche di acclimatazione, non si devono superare determinati valori di densità degli organismi. Orientativamente può essere suggerito un carico di biomassa prossimo a 0,5 g/L (peso fresco) in condizioni semi- statiche, mentre in flusso continuo possono essere mantenuti carichi maggiori, dell’ordine di 1 g/L con un flusso che garantisca almeno tre ricambi al giorno. Con flussi d’acqua superiori, che sono generalmente da preferire, si possono mantenere a parità di carico unitario, molti più organismi nella stessa vasca o, viceversa, densità minori con miglioramento delle condizioni di mantenimento. In generale sono da evitare le condizioni di sovraffollamento che inducono stress e mortalità elevate. A2.4 Ossigeno disciolto Sia nelle vasche di mantenimento che di acclimatazione deve essere mantenuto un contenuto di ossigeno disciolto =80% del valore di saturazione. A tale scopo si collocano sul fondo delle vasche dei diffusori a pietra porosa attraverso i quali si fa gorgogliare con flusso moderato ma continuo, l’aria priva di contaminanti, fornita da un sistema di aerazione a bassa pressione. A2.5 Pulizia e disinfezione Le vasche e gli accessori in uso devono essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. Lo scopo è di minimizzare i rischi di insorgenza di malattie e di contribuire alla elevata qualità delle condizioni di mantenimento. La rimozione mediante sifonamento delle feci e del cibo non consumato deve essere almeno quotidiana. È consigliabile la disinfezione delle vasche e degli accessori prima dell’introduzione di ogni nuovo lotto di organismi. Disinfettanti a base di ipoclorito, aldeide formica, composti clorurati e iodofori od altri ancora possono essere utilizzati a questo scopo. Si tenga presente tuttavia che essi possono essere molto tossici anche per i pesci e pertanto, a disinfezione ultimata, sia le vasche che gli accessori devono essere sciacquati molto accuratamente. A2.6 Alimentazione I giovani esemplari di trota iridea devono essere nutriti con diete commerciali aventi composizione idonea alle esigenze nutrizionali di questo salmonide. Si tratta generalmente di mangimi secchi pellettati e cioè preparati in cilindretti che hanno dimensione adeguata alla taglia del pesce. I lotti di mangime hanno un termine di conservabilità oltre il quale si ha un decadimento del valore nutrizionale. La somministrazione del cibo può essere quotidiana o a giorni alterni, mentre la sua quantità METODI ECOTOSSICOLOGICI dipende dalle dimensioni dei pesci e dalla temperatura dell’acqua ed è solitamente indicata in tabelle fornite dal produttore del mangime stesso. Fatta eccezione per precise esigenze sperimentali, è opportuno che la scelta del mangime privilegi quello in uso presso la troticoltura di provenienza degli animali, evitando in tal modo di dover acclimatare gli stessi ad una nuova dieta. L’alimentazione viene sospesa 24 ore prima della conduzione del saggio. A2.7 Mortalità e patologie Nelle 24-48 ore successive all’arrivo degli organismi in laboratorio, è comune osservare dei decessi dovuti allo stress da trasporto. Solo al termine di questa fase, nella quale i decessi possono essere anche nulli se il trasporto è stato eseguito correttamente, si comincia a registrare la mortalità degli organismi con particolare attenzione per la settimana di acclimatazione che precede la conduzione del saggio. Se la mortalità supera il 10%, il lotto deve essere scartato; se è compresa tra il 5 e il 10% è consigliabile prolungare l’acclimatazione per altri 7 giorni, mentre se è inferiore al 5% il lotto può essere utilizzato. Sia durante il mantenimento che l’acclimatazione, gli organismi devono essere ispezionati quotidianamente per individuare eventuali sintomi di affezioni patologiche in corso o per rimuovere i pesci deceduti. Superate le conseguenze del trasporto, ogni alterazione del comportamento degli avannotti è generalmente un segnale di cattive condizioni di salute. La distribuzione anomala di alcuni organismi nelle vasche, il rifiuto del cibo, la colorazione scura, le pinne sfrangiate o corrose, le alterazioni del nuoto, la presenza di rigonfiamenti, di deformità, di macchie o ulcerazioni sulle pinne o sulla cute sono tutti sintomi di patologie in corso. Sebbene un intervento terapeutico sia spesso possibile esso è sconsigliato, perlomeno rispetto alla possibilità di un successivo impiego degli organismi nel saggio. In questo caso si procede a scartare il lotto, disinfettare le vasche e riacquistare un nuovo gruppo di organismi. BIBLIOGRAFIA ASTM (1993): “Standard guide for conducting acute toxicity tests with fishes, macroinvertebrates and amphibians”, Annual Book of ASTM Standards, Sec.11, Water and Environmental Techonology, E 729 - 88a. EIFAC (1983): “Report on chromium and freshwater fish”, European Inland Fisheries Advisory Commission, Working Party on Water Quality Criteria for European Freshwater Fish,. EIFAC Tech. Pap. n.43, 31pp. EPS (1990): “Biological test method. Reference method for determining acute lethality of effluents to rainbow trout”, Environ. Prot. Series, Conservation and Protection, EPS 1/RM/13, Ottawa, Ontario, Canada. GIORDANI G. (1972): “Idrobiologia e piscicoltura”. Edagricole, Bologna, 292 pp. OECD (1984): “Guidelines for testing of chemicals. Fish acute toxicity test”; Guideline 203. Organization for Economic Cooperation and Development, Paris, France. SMITH G.R. & STEARLY R.F. (1989): “The classification and scientific names of rainbow and cutthroat trouts”, Fisheries , 14, 4-10. US EPA (1985): “Methods for measuring the acute toxicity of effluents to freshwater and marine organisms”, W.H. Peltier C.I. Weber, U.S. Environmental Protection Agency, Report EPA/600/4-85/013, Cincinnati, OH. WELCOMME R.L. (1988): “International introductions of inland aquatic species”, FAO Fish. Tech. Pap., 294, 318 pp. METODI ECOTOSSICOLOGICI 8090. Metodo di valutazione della tossicità cronica (7 giorni) con Mysidopsis bahia 1. Introduzione È descritta la procedura standard per condurre un saggio atto a stimare la tossicità cronica, più esattamente sub-cronica, di effluenti di scarico o di acque naturali sul crostaceo marino Mysidopsis bahia. La mancata osservazione di effetti cronici con un dato campione non esclude il riscontro di effetti tossici in campioni prelevati in momenti diversi, e ciò a causa della possibile variabilità di uno scarico come pure della capacità di diluizione delle acque recettrici o anche della variabilità delle sorgenti di contaminazione diffuse che nel recettore trovano recapito. 2. Generalità sul metodo Giovani esemplari di 7 giorni di età del crostaceo marino Mysidopsis bahia sono esposti ad uno scarico acquoso o all’acqua di mare di un’area indagata, con lo scopo di evidenziare se sono presenti sostanze tossiche a concentrazioni tali da causare effetti di tipo cronico. La procedura di saggio per un effluente richiede che un minimo di cinque gruppi di giovani organismi sia esposto ad altrettante concentrazioni del campione da saggiare, per un arco di tempo di 7 giorni. Al termine della sperimentazione, vengono esaminati la sopravvivenza, l’accrescimento e la fecondità dei cinque gruppi sperimentali, si esaminano cioè quei parametri la cui riduzione è comunemente la manifestazione dell’effetto cronico di singole sostanze tossiche o di loro miscele. Il successivo confronto con i risultati di un gruppo di esemplari di controllo rende possibile individuare quella diluizione del campione che non inibisce significativamente (NOEC) l’accrescimento, la fertilità o la sopravvivenza dell’organismo. I dati relativi ad eventuali decessi possono anche essere elaborati per calcolare la diluizione del campione che è letale per una determinata percentuale di organismi (es. LC50) e per tempi crescenti di esposizione, fino al limite dei 7 giorni della sperimentazione. Una procedura analoga, che prevede cioè di saggiare diverse concentrazioni di campione, può essere adottata anche per lo studio della tossicità cronica delle acque dell’area recettrice. È, tuttavia, infrequente che i contaminanti raggiungono nelle sue acque delle concentrazioni così elevate da giustificare la diluizione del campione nel saggio di tossicità. Ne consegue che spesso si procede a saggiare l’acqua del recettore “tal quale” (non diluita), limitandosi a verificare se le eventuali risposte degli organismi così trattati si discostano significativamente da quelle del gruppo di organismi di controllo. 3. CONDUZIONE DEL SAGGIO 3.1 Materiali e strumentazione La conduzione del saggio di tossicità richiede: -numero minimo di 48 bicchieri di vetro borosilicato (beaker) con volume utile pari ad almeno 200 mL; -lampade fluorescenti ad ampio spettro controllate da un temporizzatore, con il quale regolare il fotoperiodo, e possibilmente anche da un dispositivo che permetta la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; 1075 METODI ECOTOSSICOLOGICI -bagno o camera termostatati per il mantenimento della temperatura delle soluzioni da saggiare a 26-27°C per tutta la durata della sperimentazione; -analizzatore di ossigeno disciolto; -misuratore di salinità; -fonte di aria compressa a bassa pressione con diffusori a pietra porosa o cannule di vetro. I piccoli aeratori usati in acquariologia rappresentano una soluzione adeguata. I compressori che comunemente alimentano gli impianti centralizzati, immettono oli e altri contaminanti nella rete di distribuzione che vanno rimossi con cartucce di carbone attivo o dispositivo analogo; -2-4 imbuti separatori con volume di 2 L per la schiusa di Artemia salina; - cisti di A. salina che rispondono ai requisiti indicati in APPENDICE al “Metodo 8050 per la valutazione della tossicità acuta con M. bahia”; -2 vasche, preferibilmente in tutto-vetro, con capacità di circa 20 L per il mantenimento dei neonati fino al 7° giorno di età; -miscela di sali per la preparazione di acqua di mare artificiale. La miscela commercializzata con il marchio Forty Fathoms® ha dato buoni risultati nella conduzione dei saggi e nella coltura di M. bahia. 3.2 Organismi per il saggio Si utilizzano individui appartenenti alla specie Mysidopsis bahia la cui età deve essere pari a 7 giorni e deve avere un ambito di variabilità il più possibile ristretto e certamente inferiore alle 24 ore. I giovani individui di M. bahia sono ottenuti da femmine adulte secondo la procedura descritta nell’Appendice al Metodo 8050. Gli organismi appena nati (tempo 0) vengono trasferiti dalla vasca di schiusa ad una o più vasche di mantenimento aventi volume di circa 20 L, nelle quali gli organismi sono allevati fino all’età di 7 giorni, e cioè fino all’allestimento del saggio (Fig. 1). Le vasche sono mantenute in aerazione moderata, con rinnovi di almeno il 50% del mezzo ogni 48 ore e si raccomandano densità di individui =20/L. Giornalmente si somministrano naupli appena schiusi di A. salina (vedi Paragrafo 3.6) in quantità di circa 150 larve per ogni misidaceo, preferibilmente ripartiti in due momenti della giornata, di modo che alcu- Figura 1: Test (sub)cronico di 7 giorni con il crostaceo M. bahia METODI ECOTOSSICOLOGICI ni naupli siano sempre disponibili all’interno delle vasche e, nel contempo, siano evitati deficit significativi della concentrazione di ossigeno disciolto. Il periodo di mantenimento fino all’età di 7 giorni può essere utilizzato per acclimatare gli organismi al valore di salinità a cui il saggio sarà condotto. Tale valore deve essere compreso tra 20 e 35‰. Le variazioni apportate al mezzo in questa fase di acclimatazione non devono superare il valore di 2‰ nell’arco di 24 ore. Se in laboratorio fossero disponibili più allevamenti mantenuti a diverse salinità, si sceglieranno i neonati prodotti da quello avente la salinità più prossima a quella del saggio. Sia nel periodo di mantenimento che durante l’esecuzione del saggio la temperatura è un fattore molto importante poiché, regolando la velocità di sviluppo degli organismi, fa si che i tempi previsti per l’allestimento, la conduzione del saggio e le osservazioni di effetto sulla fertilità si dimostrino sperimentalmente corretti. A tale scopo la temperatura deve essere mantenuta a 26-27°C. 3.3 Acqua di diluizione In base alle finalità del saggio, è opportuno scegliere il tipo di acqua di diluizione più adeguato. a) Se l’obiettivo è di stimare la tossicità cronica di un effluente producendo un dato assoluto, indipendente dalle caratteristiche delle acque recettrici, è necessario operare in condizioni il più possibile standardizzate per quanto riguarda la salinità e l’acqua di diluizione. La salinità prevista per il saggio a 7 giorni in condizioni standard ha valore pari a 35‰. Per la preparazione dell’acqua di mare sintetica si suggerisce l’uso di miscele di sali già pronte e disponibili in commercio, quale ad esempio Forty Fathoms® dimostratasi adeguata allo scopo, o anche altre purchè soddisfino i criteri di validità del saggio (vedi Capitolo 6) o siano utilizzabili con successo per l’allevamento del crostaceo (vedi Appendice alla Sezione 8050). Anche un’acqua di mare ipersalina, le cui caratteristiche sono descritte nel seguito, può essere utilizzata per allestire un test di tipo standard purchè sia stata ottenuta da un’area pelagica non contaminata e abbia dimostrato una variabilità trascurabile delle caratteristiche chimico fisiche. Si tenga presente che adottando quest’ultima soluzione l’effluente è saggiabile ad una concentrazione massima di circa il 65%, a meno di adottare ulteriori accorgimenti. b) Se lo scopo del saggio è di valutare la tossicità cronica delle acque del recettore a seguito dell’immissione di uno scarico nelle stesse, sarà necessario usare come acqua di diluizione quella prelevata nell’area di sversamento ma in una zona non inquinata. L’acqua di diluizione dovrebbe essere prelevata immediatamente prima del saggio, o comunque, non oltre 96 ore dallo stesso. Se non usata entro 24 ore dal prelievo, l’acqua di diluizione verrà refrigerata (4°C). Oltre al gruppo di controllo, in cui gli organismi sono esposti all’acqua non contaminata prelevata dall’area recettrice, può essere utile disporre anche di un secondo gruppo di controllo in cui i crostacei sono esposti al mezzo normalmente utilizzato per l’allevamento di laboratorio. Tale soluzione rende disponibili più dati di riferimento a tutto vantaggio della interpretazione dei risultati. Se l’area recettrice è contaminata o sospettata di esserlo, si può ricorrere ad acque naturali o semisintetiche aventi caratteristiche fisiche e chimiche il più possibile simili a quelle dell’acqua recettrice. c) Se, infine, l’obiettivo del saggio è di esaminare le interazioni tra i contaminanti dello scarico e quelli già presenti nell’acqua recettrice, quest’ultima sarà utilizzata come acqua di diluizione, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, purchè prelevata al di fuori dell’area influenzata dallo scarico in esame. In questo tipo di saggio si avranno maggiori garanzie di corretta interpretazione dei risultati se si allestiscono due, ma preferibilmente tre gruppi di controllo. Nel primo i giovani individui di M. bahia sono esposti a quella stessa acqua dell’area di recezione che è utilizzata per diluire il campione di scarico; nel secondo gli organismi vengono esposti all’acqua non contaminata della zona recettrice, e nel terzo, infine, si utilizza il mezzo comunemente usato per l’allevamento di laboratorio. In questo modo dovrebbe essere possibile discriminare tra i possibili effetti nutrizionali e tossici che possono concorrere al risultato finale. 1077 METODI ECOTOSSICOLOGICI Generalmente un’acqua di scarico ha salinità trascurabile. Gli organismi devono tuttavia essere esposti alle varie diluizioni del campione da saggiare senza che le differenze di salinità delle soluzioni possano rappresentare una fonte di stress aggiuntivo a quello dei tossici o più semplicemente una fonte di variabilità dei risultati. Si tratta pertanto di uniformare la salinità delle diverse diluizioni di acqua di scarico. A questo scopo, si dispone di due soluzioni: la prima prevede l’impiego di acqua di mare ipersalina (100‰) come acqua di diluizione, mentre la seconda consiste nell’aggiunta di quegli stessi sali usati per la preparazione dell’acqua di mare artificiale. Il principale vantaggio della prima soluzione è che l’acqua ipersalina può essere ottenuta, per evaporazione, da acqua di mare naturale di elevata qualità. Come tale essa contiene tutti i micronutrienti e colloidi biogenici richiesti per l’accrescimento e l’attività riproduttiva degli organismi marini, e può essere conservata, al buio e a temperatura ambiente, per periodi prolungati senza apparente degradazione. Il limite della prima soluzione risiede nel fatto che un effluente può essere saggiato ad una concentrazione massima non superiore all’80% se la salinità prescelta è del 20‰, od anche del 70% se la salinità voluta è del 30‰ (vedi Tab. 1). La seconda soluzione non presenta questo limite ma l’aggiunta di sali può, dal canto suo, modificare il pH dell’effluente o dell’eventuale acqua che richiede aggiustamenti, potendo alterare in tal modo anche la tossicità del campione. In generale, si tenga presente che valori di pH al di fuori dell’intervallo 7,5-8,5 sono da considerare come potenziale causa di danno per gli organismi. Se necessario il pH può essere riportato al valore desiderato con aggiunte di HCl o NaOH. Dopo l’aggiunta dei sali la soluzione viene mantenuta in agitazione moderata per circa 60 min con l’aiuto di un agitatore magnetico, e ciò per garantire che tutti i sali siano entrati in soluzione prima di introdurre gli organismi. È consigliabile includere nella serie dei trattamenti anche un controllo con acqua preparata in modo analogo per aggiunta di sali, al fine di verificare che tale procedura non causi effetti negativi. Se fosse necessario saggiare l’effluente di scarico anche alla concentrazione del 100%, tra le due soluzioni descritte, solo l’aggiunta diretta di sali al campione “tal quale” può soddisfare questa esigenza procedurale. 80 -960 240 40 480 480 240 20 720 240 240 10 840 120 240 5 900 60 240 2,5 930 30 240 Concentrazione effluente (%; v/v) Acqua ultrapura (mL) Effluente (mL) Ipersalina (mL) Tabella 1: Esempio di calcolo dei volumi necessari all’allestimento di un saggio con un generico effluente di scarico avente salinità trascurabile. L’esempio ipotizza sei concentrazioni da saggiare in otto repliche da 150 mL ciascuna, una salinità di 20‰ e l’uso di acqua ipersalina (100‰) e ultrapura per le diluizioni del campione Le altre diluizioni componenti la serie del saggio verranno preparate diluendo il campione di effluente, che è stato portato alla salinità voluta, con acqua di mare alla stessa salinità. Quest’ultima, a sua volta, sarà ottenuta per diluizione di acqua ipersalina o per aggiunta di sali ad acqua ultrapura. Si può menzionare infine, la possibilità di preparare acqua ipersalina con i sali per acqua di mare artificiale. Come generalmente previsto per la preparazione di acqua di mare sintetica, anche in questo caso è preferibile che la preparazione del mezzo ipersalino preceda di alcuni giorni il suo uso. Si tenga presente che questa alternativa necessita di validazione. 3.4 Illuminazione Il saggio viene condotto conservando le stesse condizioni di illuminazione alle quali sono allevati gli organismi. Il sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro, deve fornire a livel 1078 METODI ECOTOSSICOLOGICI lo dell’area di sperimentazione un’intensità luminosa compresa tra 500 e 1000 lux con un fotoperiodo di 16 ore di luce e 8 ore di buio. 3.5 Temperatura La temperatura a cui devono essere mantenute le soluzioni sottoposte a saggio è fissata in 2627° C. Questa condizione è raggiunta immergendo i beaker del saggio in un bagno termostatato od operando all’interno di un ambiente interamente condizionato alla temperatura voluta. 3.6 Alimentazione I giovani di M. bahia sono alimentati con naupli di A.salina schiusi preferibilmente da alcune ore e comunque da non più di 24 ore. I naupli sono somministrati sia durante il periodo di accrescimento che precede il saggio (vedi Paragrafo 3.2) che durante il saggio stesso. Nel corso della prova l’alimentazione è quotidiana e può essere quantificata in 150 naupli per ogni misidaceo. Se la somministrazione dell’intera quantità di cibo causasse un deficit significativo della concentrazione di O2 disciolto, essa può essere ripartita in due tempi (75 naupli/ misidaceo) adeguatamente distanziati nell’arco della giornata. La procedura per ottenere la dieta a base di A. salina è descritta in Appendice alla Sezione 8050. 3.7 Ossigeno disciolto In presenza di valori elevati di BOD e alle concentrazioni più elevate di acqua di scarico, è maggiore il rischio che l’ossigeno disciolto scenda a livelli critici, non compatibili con la sopravvivenza degli organismi. Si raccomanda pertanto di controllare questo parametro e con maggior frequenza durante le prime ore di sperimentazione. Se la concentrazione di O2 disciolto scende al di sotto del 60% del valore di saturazione (Tab. 2) si rende necessario aerare le soluzioni di effluente, facendo gorgogliare aria nei beaker di saggio mediante cannule in vetro o pipette Pasteur. Nel caso si debba procedere all’aerazione di una diluizione del campione, tutte le restanti devono essere aerate in modo analogo, includendo anche i recipienti di controllo. Il flusso d’aria deve essere mantenuto ad un livello minimo che non arrechi disturbo agli organismi. Usando delle cannule di vetro o delle pipette Pasteur, si può considerare che un flusso pari, indicativamente, a 100 bolle/minuto possa soddisfare tali requisiti. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Nel caso di campioni a tossicità sconosciuta o sospettati di essere particolarmente tossici, può essere vantaggioso effettuare una prova preliminare per meglio definire l’intervallo di tossicità entro cui condurre, successivamente, il saggio definitivo. Tuttavia, fatta eccezione per quegli scarichi la cui tossicità è imputabile a sostanze di confermata persistenza, è di solito molto importante allestire il saggio cronico nel più breve tempo possibile dal prelievo del campione. Pertanto un saggio preliminare a breve termine (24 ore) può generalmente rappresentare il solo utile compromesso tra il rispetto dei limiti di conservabilità e la disponibilità di indicazioni sul grado di tossicità del campione stesso. Un saggio preliminare di questo tipo è allestito seguendo la procedura descritta al quale si rinvia. Al contrario, se si sospetta che la tossicità dello scarico non sia affatto persistente, si rende necessario l’allestimento immediato del saggio cronico, seguendo le indicazione fornite nel seguito (vedi Paragrafo 4.2). Se nell’eventuale prova preliminare si osservano effetti tossici acuti nella Sezione 8050, si può suggerire di adottare la minima concentrazione di campione che ha causato tale tipo di effetti come la massima di quelle che saranno poi saggiate nella prova definitiva a 7 giorni. METODI ECOTOSSICOLOGICI 4.2 Saggio definitivo Per la conduzione della prova definitiva si allestiscono 5 diluizioni del campione da esaminare. La sequenza 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v), caratterizzata da un fattore di diluizione 0,5, è applicabile a gran parte delle situazioni. Basandosi sulle informazioni eventualmente ottenute da un saggio preliminare, si potrà adottare un diverso intervallo di sperimentazione, un diverso fattore di diluizione o anche un maggior numero di concentrazioni. In generale, è comunque utile che gli organismi esposti alle concentrazioni più elevate vengano osservati più frequentemente nelle prime ore dopo l’avvio del saggio. Se si osservasse mortalità diventerebbe, infatti, possibile allestire nuove diluizioni di campione aggiungendole all’estremità inferiore dell’intervallo di tossicità che sarebbe così ampliato e migliorato nel suo potenziale informativo. Nel corso del saggio, le osservazioni relative alle diluizioni aggiunte andranno corrispondentemente ritardate rispetto ai tempi di allestimento originali. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 43 0 14,2 13,8 13,4 12,9 12,5 12,1 11,7 11,2 10,8 10,6 1 13,8 13,4 13,0 12,6 12,2 11,8 11,4 11,0 10,6 10,3 2 13,4 13,0 12,6 12,2 11,9 11,5 11,1 10,7 10,3 10,0 3 13,1 12,7 12,3 11,9 11,6 11,2 10,8 10,4 10,0 9,8 4 12,7 12,3 12,0 11,6 11,3 10,9 10,5 10,1 9,8 9,5 5 12,4 12,0 11,7 11,3 11,0 10,6 10,2 9,8 9,5 9,3 6 12,1 11,7 11,4 11,0 10,7 10,3 10,0 9,6 9,3 9,1 8 11,5 11,2 10,8 10,5 10,2 9,8 9,5 9,2 8,9 8,7 10 10,9 10,7 10,3 10,0 9,7 9,4 9,1 8,8 8,5 8,3 12 10,5 10,2 9,9 9,6 9,3 9,0 8,7 8,4 8,1 7,9 14 10,0 9,7 9,5 9,2 8,9 8,6 8,3 8,1 7,8 7,6 16 9,6 9,3 9,1 8,8 8,5 8,3 8,0 7,7 7,5 7,3 18 9,2 9,0 8,7 8,5 8,2 8,0 7,7 7,5 7,2 7,1 20 8,9 8,6 8,4 8,1 7,9 7,7 7,4 7,2 6,9 6,8 22 8,6 8,4 8,1 7,9 7,6 7,4 7,2 6,9 6,7 6,6 24 8,3 8,1 7,8 7,6 7,4 7,2 6,9 6,7 6,5 6,4 26 8,1 7,8 7,6 7,4 7,2 7,0 6,7 6,5 6,3 6,1 28 7,8 7,6 7,4 7,2 7,0 6,8 6,5 6,3 6,1 6,0 30 7,6 7,4 7,1 6,9 6,7 6,5 6,3 6,1 5,9 5,8 32 7,3 7,1 6,9 6,7 6,5 6,3 6,1 5,9 5,7 5,6 Tabella 2: Valori di solubilità (mg/L) dell’ossigeno in acqua a diverse temperature e salinità ed alla pressione di 760 mm Hg (Richards and Corwin, 1956) Salinità (‰)Temperatura Se è stato necessario refrigerare i campioni di scarico o di acqua di diluizione, i volumi necessari alla conduzione del saggio vengono prelevati dai contenitori, previo accurato mesco- lamento, e portati alla temperatura di 26-27°C. Preparate le diluizioni previste con le eventuali correzioni di salinità, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse prossima o inferiore al limite di 4 mg/L si procede ad aerare i contenitori (vedi Paragrafo 3.7). Quando le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si introducono i giovani di M. bahia. Ogni diluizione del campione viene distribuita in 8 repliche da 150 mL ciascuna. Per ogni replica si utilizzano 5 organismi di 7 giorni di età. Gli organismi vengono distribuiti secondo una sequenza casuale nei diversi contenitori sino al completamento del numero richiesto. Per evitare diluizioni significative delle soluzioni del saggio, è opportuno minimizzare il volume d’acqua trasferito con gli organismi. Questi sono trasferibili più facilmente se la pipetta (4 mm d.i.) provvista di bulbo elastico, è mantenuta in posizione verticale sopra l’organismo da prelevare, piuttosto che frontalmente o posteriormente allo stesso. Durante le operazioni di trasferimento, la reotassia del crostaceo fa sì che esso tenda ad aderire alle pareti del contenitore o alla superficie interna della pipetta. Attenzione, quindi, al rischio di perdite accidentali di individui. METODI ECOTOSSICOLOGICI È necessario limitare l’evaporazione delle soluzioni di saggio per non causare variazioni della salinità e della concentrazione degli inquinanti. Per controllare il fenomeno si possono usare dei fogli di polietilene trasparenti o altri dispositivi (vetro d’orologio), con i quali coprire i recipienti di saggio. Quotidianamente si ispezionano gli organismi e si provvede al rinnovo delle soluzioni di campione ed alla somministrazione di cibo fresco. Prima del rinnovo e con l’aiuto di una pipetta con bulbo in lattice, vengono rimossi gli organismi deceduti e i naupli di artemia non consumati. Sono registrati come deceduti quegli organismi che non reagiscono ad una leggera stimolazione. Durante le operazioni di ricambio, i gruppi di misidacei non vengono rimossi dai contenitori di saggio. Le soluzioni a cui essi sono stati esposti, sono versate lentamente in un contenitore avente lo scopo di permettere il recupero degli individui eventualmente fuoriusciti nel travaso, oltre alle misure di O2 disciolto, pH e altri parametri. Raggiunto un volume residuo minimo di circa una decina di mL si procede a reimmettere lentamente nel contenitore di saggio 150 mL di soluzione fresca. Per preparare le soluzioni fresche si opera secondo le condizioni precisate a proposito dell’allestimento della prova. Le acque di scarico o dell’area recettrice possono essere campionate con diverse modalità e frequenze la cui scelta è dettata dagli obiettivi della sperimentazione. L’argomento è trattato da altre pubblicazioni, mentre in questo documento è utile evidenziare che la conduzione del saggio può essere in parte coordinata con le modalità del campionamento. In pratica sono possibili tre diverse soluzioni: a) un solo campione è usato per la conduzione di tutto il saggio, per cui gli organismi sono esposti, quotidianamente, a soluzioni fresche preparate con aliquote del medesimo cam pione che è conservato al buio e a 4°C; b) il saggio è condotto utilizzando tre campioni prelevati secondo la sequenza d’uso; il pri mo campione è usato per l’allestimento e per i primi due rinnovi delle soluzioni di saggio (1° e 2° giorno), il secondo campione serve per il 3° e 4° giorno ed il terzo per il 5° e 6° giorno della sperimentazione. I tre campioni sono conservati al buio e a 4°C; c) il saggio è condotto utilizzando 7 diversi campioni, prelevati secondo la sequenza di im piego, per cui i misidacei vengono esposti a delle soluzioni di saggio che sono allestite, co me al solito, quotidianamente, ma ogni volta con un nuovo campione. Al termine dei sette giorni di sperimentazione tutti gli organismi sopravvissuti vengono esaminati per determinarne il sesso e il grado di maturazione delle gonadi. Questo esame deve essere effettuato entro un massimo di 12 ore dal termine del saggio e se si prevede di operare al limite di questo arco di tempo è necessario sostituire le soluzioni di campione con la sola acqua di diluizione, lasciando comunque gli organismi nei propri contenitori. In questo modo si mantengono in vita i misidacei per il tempo necessario al completamento delle osservazioni e si evita che essi rimangano esposti ai tossici anche dopo il termine della sperimentazione. Mediante l’esame dei singoli individui effettuato con un microscopio da dissezione, per ogni trattamento vengono registrati il numero degli organismi sessualmente immaturi, quello dei maschi e delle femmine, e per queste ultime, il numero di quelle aventi uova negli ovidotti o nel sacco di incubazione (Fig. 2-3). Queste osservazioni sono possibili solo negli individui vivi, poichè dopo la morte il corpo si opacizza rapidamente assumendo un colorazione biancastra. Completato l’esame microscopico ogni organismo viene trasferito ad un retino, sciacquato ripetutamente con acqua deionizzata o Milli-Q e quindi deposto in una navicella d’alluminio, o anche su un foglietto dello stesso materiale (2-3 cm2 ), di cui sia stato registrato il peso. Si ripete l’operazione per tutti gli organismi di ogni contenitore e si pone la navicella con i 5 crostacei in stufa a 60°C per 24 ore. Si trasferisce la navicella in un essicatore e dopo 1 ora si procede alla pesatura con bilancia analitica. Con questa procedura e in assenza di mortalità, si ottengono, per ciascun trattamento, otto valori medi di peso secco e dunque altrettante valutazioni di accrescimento dei misidacei. METODI ECOTOSSICOLOGICI Figura 2: Misidaceo immaturo (a) e maschio adulto di M bahia (b). Figura 3: Femmina adulta di M. bahia con uova in svi- luppo negli ovidotti (a) e con uova negli ovidotti ed embrioni nella sacca a marsupio (b). 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo La soluzione che viene comunemente adottata per individuare la presenza di effetti tossici di tipo cronico nelle acque del corpo idrico, consiste nell’esporre degli individui di M. bahia ad un campione non diluito delle sue acque. Se l’acqua di allevamento ha salinità diversa da quella del campione da saggiare, si procede ad acclimatare i crostacei secondo le indicazioni date al Paragrafo (3.2). L’acqua usata per completare l’acclimatazione degli organismi, sia che si tratti di acqua naturale che di acqua sintetica, è utilizzata anche per l’allestimento del controllo. A differenza del saggio su effluenti, il campione di acqua del corpo idrico è saggiato in un’unica serie di otto repliche. Questa viene affiancata, a seconda delle finalità del saggio, da una o più serie di organismi di controllo (vedi Paragrafo 3.3). In ogni replica, avente il volume di 150 mL, vengono trasferiti 5 giovani individui di M. bahia di 7 giorni di età. Tutti gli altri aspetti procedurali quali l’aerazione, il rinnovo delle soluzioni o l’alimentazione, sono da considerare invariati rispetto al saggio con diluizione e si rimanda, pertanto, ai paragrafi precedenti. Analogamente, al termine dei 7 giorni di esposizione si procede all’esame microscopico dei singoli individui ed alla determinazione del loro peso secco (vedi Paragrafo 4.2). 1082 METODI ECOTOSSICOLOGICI 6. Validità del saggio I risultati del saggio sono considerati accettabili se la concentrazione di ossigeno disciolto non è mai scesa al di sotto dei 4 mg/L in nessuno dei trattamenti; se al termine dei 7 giorni di sperimentazione la sopravvivenza degli organismi di controllo è =80% e se il loro peso secco medio è =0,20 mg/misidaceo. Oltre alla sopravvivenza e all’accrescimento degli organismi anche la fecondità può essere utilizzata per valutare la tossicità del campione. Ciò è possibile se, al termine del saggio, la produzione di uova è osservabile in almeno il 50% delle femmine di controllo. BIBLIOGRAFIA VIGANÒ L. (1996): “Metodo per la valutazione della tossicità acuta con Mysidopsis bahia”, Notiziario dei Metodi Analitici IRSA, giugno1996, 19-31. M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I 8100. Metodo di valutazione della tossicità cronica (7 giorni) con Ceriodaphnia dubia 81. Introduzione Il metodo descrive la procedura con cui è possibile indagare se un effluente di scarico o un’acqua superficiale contiene inquinanti a concentrazioni tali da causare effetti tossici di tipo cronico sul crostaceo Ceriodaphnia dubia. La mancata osservazione di effetti tossici di tipo cronico per un dato campione non esclude che essi siano osservabili saggiando campioni prelevati in altri momenti, e ciò in dipendenza della variabilità dello scarico o del corpo idrico superficiale e delle fonti di contaminazione che in essi trovano recapito. 2. Generalità sul metodo In questo tipo di saggio giovani individui di C. dubia sono esposti per 7 giorni a campioni acquosi dei quali si voglia stimare la tossicità cronica. Generalmente, un campione di acqua di scarico, o più raramente di un corpo idrico superficiale, vengono saggiati ad almeno 5 diluizioni a ciascuna delle quali è esposto un numero definito di organismi neonati. Nell’arco di tempo di 7 giorni ed alle condizioni sperimentali descritte in questa metodica, i neonati di C. dubia raggiungono la maturità sessuale e sono in grado di produrre, a loro volta, tre schiuse di nuovi individui. Solitamente un campione capace di effetti cronici manifesta la propria tossicità inibendo l’attività riproduttiva del cladocero; tuttavia, anche l’accrescimento è facilmente alterabile dalle sostanze tossiche presenti nel campione e, pertanto, la valutazione della tossicità dovrà basarsi, ovunque possibile, sull’esame di questi due parametri. I dati relativi all’accrescimento sono ottenibili, a saggio ultimato, mediante misurazioni di peso secco o più semplicemente di lunghezza corporea. Il confronto tra la riproduzione e la crescita degli organismi esposti alle diverse diluizioni del campione e quelle di un gruppo mantenuto come controllo, permetterà di individuare il valore di diluizione che non inibisce significativamente i parametri considerati (NOEC = “No Observed Effect Concentration”; massima concentrazione/diluizione alla quale non si osservano effetti statisticamente significativi). La tossicità cronica del campione si può manifestare anche sulla sopravvivenza del crostaceo. Elaborando gli eventuali dati di mortalità può essere possibile stimare la diluizione letale per una determinata percentuale di individui (es. LC50), a diversi tempi di esposizione, sino a un massimo di 7 giorni. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione Per la conduzione del saggio di tossicità è necessario: -almeno 120 contenitori del tipo beaker in vetro borosilicato con volume utile di 30 mL. Diversi laboratori utilizzano con successo dei contenitori “a perdere” in polistirene reperiti originalmente tra gli articoli commercializzati per uso alimentare. Minimizzare l’adsorbimento dei probabili tossici è un obiettivo importante nella scelta dei contenitori; -sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro con un temporizzatore per il controllo del fotoperiodo e possibilmente un dispositivo che simuli la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; 1085 METODI ECOTOSSICOLOGICI -dispositivo per il controllo della temperatura delle soluzioni da saggiare nel- l’ambito di 25±1°C per tutta la durata della sperimentazione; -analizzatore di ossigeno disciolto con sensore di dimensioni adeguate alla misura nei contenitori di saggio; -microscopio binoculare da dissezione, provvisto di illuminazione laterale; -micrometro oculare e micrometro obbiettivo; fonte di aria compressa a bassa pressione, con cannule in vetro o pipette Pasteur per far gorgogliare aria nelle soluzioni da aerare. L’uso di un piccolo compressore del tipo usato in acquariologia, può costituire una soluzione adeguata. L’aria distribuita dagli impianti centralizzati è spesso contaminata da vapori di oli o altri inquinanti che è necessario rimuovere con opportuni dispositivi di filtrazione. 3.2 Organismi per il saggio La specie utilizzata in questo saggio di tossicità è il crostaceo cladocero Ceriodaphnia dubia che è allevato in laboratorio seguendo le indicazioni fornite nell’Appendice A2 del metodo 8040 per la valutazione della tossicità acuta con C. dubia. Il saggio è allestito con i neonati appartenenti alla terza schiusa o ad una delle successive, prodotte da femmine mantenute in condizioni di allevamento controllate e rispondenti ai requisiti di buone condizioni colturali descritti in Appendice al citato metodo per saggio acuto. In generale, è necessario che i neonati destinati alla prova siano prodotti da femmine allevate per almeno 7 giorni nella stessa acqua usata per le diluizioni o in un’acqua con caratteristiche similari (vedi Paragrafo 3.3). La prova deve essere allestita con giovani individui nati entro le 24 ore precedenti l’avvio del saggio. Inoltre, è preferibile che la differenza di età tra gli individui sia contenuta entro alcune ore a tutto vantaggio della contemporaneità degli eventi di schiusa osservabili nel corso della prova e della facilità di interpretazione dei risultati. Da un punto di vista pratico è facilmente applicabile la limitazione d’uso ad un arco di tempo massimo di 8-12 ore. Se i neonati non vengono utilizzati entro 2-3 ore dall’isolamento dai recipienti in cui sono schiusi, è necessaria la somministrazione di cibo (vedi Paragrafo 3.6). 3.3 Acqua di diluizione Come regola generale le diluizioni del campione da saggiare ed il controllo sono allestiti con la stessa acqua usata per l’allevamento di C. dubia. In dipendenza dalle finalità del saggio sono utilizzabili, tuttavia, altre acque di diluizione o di controllo e si rende quindi necessario distinguere tra diverse possibili soluzioni. a) Se lo scopo è di evidenziare la capacità di un effluente o delle acque di un corpo idrico di produrre effetti tossici cronici, studiandone l’andamento nel tempo o confrontando il grado di contaminazione di diverse aree, come diluente e controllo si adotterà un’acqua semisintetica (saggio in condizioni standard) che abbia le seguenti caratteristiche: pH 7,58,5, durezza 140-160 mg CaCO3/L, alcalinità 110-120 mg CaCO3/L, Ca/Mg >1 e prossimo a 4, Na/K >1 e prossimo a 10, preparata a partire da un’acqua minerale scelta tra quelle disponibili in commercio. Pur con la medesima finalità, si possono distinguere due modi di impiego di un’acqua minerale. Nel primo caso, ci si serve di un’acqua con un elevato contenuto di sali e ad una certa aliquota di acqua minerale viene aggiunta acqua ultrapura o di qualità equivalente, in modo da ottenere, per diluizione, il mezzo semisintetico con le caratteristiche volute. Nel secondo caso, ci si serve di un’acqua con basso contenuto di sali (oligominerale), che viene corretta nei suoi costituenti maggiori mediante l’aggiunta di sali di grado analitico al fine di ottenere il mezzo con le caratteristiche indicate. Per ulteriori dettagli si rinvia all’Appendice A3 della Sezione 8040. b) Se lo scopo del saggio è di valutare la tossicità cronica delle acque del recettore a seguito dell’immissione di uno scarico nelle stesse, come diluente e controllo si userà l’acqua non contaminata del recettore, prelevata a monte dell’immissione o comunque al di fuori del- l’area esposta a fonti di contaminazione. Nel caso essa non sia disponibile, si può utiliz 1086 METODI ECOTOSSICOLOGICI zare un’acqua prelevata da un altro corpo idrico superficiale o un’acqua semisintetica (cfr. “punto a”) avente approssimativamente le stesse caratteristiche chimiche e, in particolare, la stessa durezza del corpo idrico recettore oggetto del controllo. In qualche caso è anche possibile operare modificando la composizione di un’acqua naturale, purché di qualità adeguata, previa aggiunta di sali (reagenti di grado analitico) e nelle quantità necessarie. Il prelievo di acque naturali deve essere effettuato immediatamente prima del loro impiego e comunque non oltre le 96 ore dallo stesso, mantenendo i campioni refrigerati (4°C) e al buio quando se ne faccia uso a più di 24 ore dalla raccolta. Oltre al controllo rappresentato dagli organismi esposti all’acqua non contaminata del recettore, dovrebbe essere allestito anche un secondo gruppo di controllo nel quale gli individui sono esposti all’acqua comunemente utilizzata per l’allevamento. c) Se, infine, lo scopo del saggio è quello di esaminare le interazioni tra i contaminanti presenti nello scarico e quelli veicolati dal recettore, come acqua di diluizione si userà quella del recettore stesso, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, prelevata a monte o comunque al di fuori dell’influenza dello scarico in esame. In questo caso per una corretta interpretazione dei risultati è necessario allestire tre tipi di controllo. Nel primo, gli organismi sono esposti alla stessa acqua del recettore che è usata per la diluizione dello scarico; nel secondo, sono esposti all’acqua del recettore prelevata in un’area non contaminata; nel terzo, infine, gli organismi sono mantenuti nell’acqua comunemente utilizzata per l’allevamento di laboratorio. In questo modo dovrebbe essere possibile discriminare tra i diversi contributi nutrizionali e tossicologici che spesso concorrono a determinare il risultato finale. 3.4 Illuminazione Gli organismi esposti ai campioni da saggiare sono mantenuti nelle stesse condizioni di illuminazione in cui sono allevati. La sorgente luminosa è costituita da un sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro (Indice di resa cromatica =90), il fotoperiodo è di 16 ore di luce e 8 di buio e un’intensità luminosa al piano di lavoro compresa tra 500 e 1000 lux si è generalmente dimostrata adeguata. Compatibilmente con il potere tampone dell’acqua di saggio e con la densità di alghe presenti, può essere preferibile mantenere valori di intensità luminosa prossimi al limite inferiore dell’intervallo consigliato. Elevate intensità luminose possono indurre, infatti, un’attività fotosintetica tale da aumentare il pH del mezzo sino a valori che potrebbero rivelarsi dannosi o anche letali per il crostaceo. Più in generale si tenga presente che quando il pH approssima i valori di 6,5 e 9,0 è da considerare come possibile causa di danno. 3.5 Temperatura Le soluzioni da saggiare e gli organismi in esse esposti sono mantenuti per tutta la durata della sperimentazione a 25±1°C. Questo ambito di temperatura è facilmente mantenibile immergendo i contenitori del saggio in un bagno termostatato o condizionando la temperatura dell’intero ambiente in cui è condotto il lavoro sperimentale. 3.6 Alimentazione I giovani individui di C. dubia vengono nutriti sin dall’allestimento del saggio e in seguito quotidianamente per tutta la sua durata. Se i neonati non vengono utilizzati entro 2-3 ore dall’isolamento dai contenitori in cui sono schiusi, si consiglia di non lasciarli a digiuno fino al momento del trasferimento alle soluzioni test ma di provvedere alla somministrazione della stessa dieta adottata per la conduzione dei saggi e nei medesimi quantitativi. Sono disponibili due tipi di diete che si differenziano solo per gli ingredienti somministrati come integratori mentre condividono lo stesso componente di base rappresentato dall’alga verde unicellulare Selenastrum capricornutum (recentemente riclassificata come Pseudokirchneriella subcapitata). Nelle Appendici A4 e A5 della Sezione 8040 è descritta la preparazione delle due diete che sono indicate, rispettivamente, come composita e semplificata. In ogni ca 1087 METODI ECOTOSSICOLOGICI so, per la conduzione del saggio deve essere usato lo stesso tipo di alimentazione che è adottato per l’allevamento degli organismi. La dieta composita prevede che la sospensione concentrata di S. capricornutum sia somministrata in volumi tali da ottenere nelle soluzioni di saggio una densità di 200-250.000 cell/mL. L’alimento integratore, che per la dieta composita è indicato con la sigla YTC, è preparato in sospensioni contenenti 1,8 g/L di solidi ed è dosato in volumi pari a 100 µL per 15 mL di soluzione di saggio. La seconda dieta, quella indicata come semplificata, prescrive una densità di cellule algali di 300.000 cell/mL mentre l’integrazione è data da una sospensione di lievito (Saccharomyces cerevisiae), anch’esso somministrato in ragione di 300.000 cell/mL, e da una soluzione di tre vitamine. Quest’ultima è composta da tiamina cloridrato (B1 75 µg/L, biotina (H) 0,75 µg/L e cianocobalamina (B12) 1 µg/L ed è somministrata nella quantità di 1 mL per litro di soluzione di saggio. Quotidianamente gli organismi sono trasferiti nelle rinnovate soluzioni di saggio che dovranno contenere le quantità indicate della dieta prescelta. 3.7 Ossigeno disciolto Alla temperatura di conduzione del saggio si misura la concentrazione di ossigeno disciolto nelle soluzioni di campione più concentrate e nel mezzo di controllo destinati alla prova. Se la concentrazione risultasse prossima o inferiore al 40% del valore di saturazione, prima del- l’allestimento del saggio si deve provvedere ad aerare le soluzioni con un moderato gorgogliamento di aria. Più raramente può verificarsi anche il problema opposto e cioè di sovrasaturazione. Anche in questi casi un’aerazione moderata dovrebbe ricondurre la concentrazione di ossigeno disciolto entro l’intervallo 40-100% del valore di saturazione. Se durante il saggio si osserva che il consumo di ossigeno è tale da rischiare di invalidare la prova, si può intervenire con rinnovi più frequenti delle soluzioni, ricorrendo a nuove aliquote di campione preventivamente aerato. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Fatta eccezione per effluenti o acque superficiali la cui tossicità sia già stata saggiata in prove antecedenti, di solito mancano dei dati pregressi che sarebbero potenzialmente utili all’allestimento di un test a 7 giorni. Peraltro anche nei casi in cui tali informazioni siano disponibili, è osservazione comune che i campioni prelevati in momenti diversi possono dare effetti anche marcatamente diversi, in dipendenza della variabilità dello scarico o del recettore. Un saggio preliminare acuto (24 ore) da condurre con C. dubia sullo stesso campione che deve essere saggiato nella prova a 7 giorni, può essere un utile compromesso tra la conservabilità del campione e la possibilità di avere indicazioni sul suo grado di tossicità. L’osservazione, ad esempio, di una elevata tossicità acuta può evitare l’inutile allestimento delle concentrazioni maggiori, quelle cioè che si dimostrerebbero incapaci di dare informazioni di tipo cronico, favorendo pertanto una scelta più efficace delle diluizioni da saggiare a 7 giorni. Questa possibilità vale ovviamente per tossicità che siano imputabili a contaminanti relativamente persistenti, viceversa si rende necessario l’allestimento immediato del saggio definitivo, con le precauzioni descritte nel seguito (vedi Paragrafo 4.2). Per la conduzione di un saggio acuto preliminare la temperatura da adottare è 25±1°C, e cioè la stessa del saggio a 7 giorni, mentre la procedura è quella descritta nel metodo 8040 al quale si rinvia. 4.2 Saggio definitivo La procedura comunemente adottata consiste nell’allestimento di almeno 5 diluizioni del campione che, in assenza di dati pregressi, sono individuate nella seguente serie: 100%, 50%, 25%, 1088 METODI ECOTOSSICOLOGICI 12,5% e 6,25% (v/v). I valori sono in serie geometrica con un fattore di diluizione pari a 0,5. Se l’effluente è noto o sospettato di essere particolarmente tossico, la serie di concentrazioni deve essere opportunamente ampliata dal lato delle concentrazioni inferiori, non allestendo, eventualmente, quelle all’opposto più elevate, quali le concentrazioni 50 e 100%. Viceversa, se non si hanno informazioni preliminari, si può adottare un semplice accorgimento che consiste nel controllare frequentemente le concentrazioni più elevate per le prime ore dopo l’inizio del saggio: se si osserva mortalità si provvede ad allestire altre diluizioni, ampliando la serie prescelta nella direzione delle concentrazioni minori. Se è stato necessario refrigerare i campioni, le aliquote destinate al saggio sono prelevate dopo accurato mescolamento e portate alla temperatura scelta per la prova. Si procede poi alla misurazione della concentrazione di O2 disciolto in accordo alle indicazioni date in precedenza (vedi Paragrafo 3.7). Solo quando le 5 o più diluizioni hanno raggiunto le condizioni indicate per il test, vengono immessi gli organismi. Ogni individuo è mantenuto singolarmente in un beaker contenente almeno 15 mL di soluzione di saggio. Per ciascuna diluizione di campione vengono saggiati 10 individui, ognuno dei quali rappresenta pertanto una replica di quella diluizione. Procedura analoga vale anche per il gruppo di organismi di controllo. Per il trasferimento si utilizza una pipetta di vetro, provvista di bulbo in lattice per l’aspirazione e con diametro interno di almeno un paio di mm, avendo cura di immettere gli organismi nel nuovo recipiente, solo quando l’estremità della pipetta è sotto la superficie del liquido. Per evitare una diluizione significativa delle soluzioni di saggio è necessario limitare al minimo il volume di acqua trasferito con gli animali. Si raccomanda la distribuzione casuale dei neonati nei recipienti contenenti le diverse concentrazioni come pure il posiziona- mento casuale dei recipienti nell’area di lavoro. A distribuzione completata ogni individuo risulterà identificato dal valore di concentrazione o comunque dal tipo di trattamento cui esso è esposto e da un numero progressivo compreso tra 1 e 10, tante sono le repliche che compongono ciascun gruppo sperimentale. Tale identificazione deve restare immutata sino al termine del saggio, permettendo così di documentare la vicenda espositiva di ogni singolo organismo (sopravvivenza, eventi riproduttivi, accrescimento ecc.). Quotidianamente si provvede al rinnovo delle soluzioni del saggio. Pertanto, ogni 24 ore, gli individui di C. dubia vengono trasferiti ad una nuova serie di recipienti, contenenti soluzioni di saggio e cibo freschi, preparati secondo le stesse indicazioni seguite per l’allestimento della prova. In concomitanza con le operazioni di trasferimento, si registrano e rimuovono gli organismi deceduti, si contano e scartano i neonati prodotti e si misurano O2 disciolto, pH o altri parametri. In funzione del tipo di informazioni da ottenere, scarico o recettore sono campionati con diverse modalità e frequenze. Al tema specifico sono dedicati altri documenti, mentre nell’ambito di questo metodo è opportuno evidenziare che la conduzione del saggio a 7 giorni può essere coordinata con la frequenza e le finalità del campionamento. In pratica sono possibili tre diverse soluzioni: a) un solo campione è usato per la conduzione di tutto il saggio, per cui gli or ganismi sono trasferiti, quotidianamente, in soluzioni fresche preparate con aliquote del medesimo campione che è conservato al buio e a 4°C; b) il saggio è condotto utilizzando tre campioni prelevati secondo la sequenza d’uso; il primo campione è usato per l’allestimento e per i primi due rinnovi delle soluzioni di saggio (1° e 2° giorno), il secondo campione serve per il 3° e 4° giorno ed il terzo per il 5° e 6° giorno della sperimentazione. I tre cam pioni sono conservati per il periodo d’uso al buio e a 4°C; c) il saggio è condotto utilizzando 7 campioni prelevati secondo la sequenza di impiego, per cui quotidianamente gli organismi sono trasferiti alla serie di so luzioni di saggio allestita, ogni giorno, con un nuovo campione. Gli organismi del gruppo di controllo mantenuti nelle condizioni indicate in questo metodo danno luogo a 3 schiuse di nuovi individui nei 7 giorni di sperimentazione. La prima schiusa è pro- dotta entro il quarto giorno di saggio; la seconda può essere prodotta indifferentemente al quinto o al sesto, mentre la terza ed ultima schiusa, è osservabile al settimo giorno di saggio. METODI ECOTOSSICOLOGICI Completata quest’ultima si può procedere anche alla valutazione dell’accrescimento degli organismi mediante la misurazione del peso secco o, più semplicemente, della lunghezza corporea di ciascuno di essi. Quest’ultima è misurata dall’apice dell’elmetto alla base della spina posteriore del carapace, mediante un microscopio e un micrometro oculare. Il peso secco è misurato con una microbilancia dopo esposizione di 24 ore alla temperatura di 60°C. Talvolta alcuni organismi di controllo non riescono a produrre la terza schiusa entro il termine dei 7 giorni di sperimentazione. In questi casi, è di solito sufficiente attendere alcune ore per osservare il rilascio delle schiuse mancanti e completare così la raccolta dei risultati. Osservazione analoga può valere anche per gli altri gruppi sperimentali, sebbene, in questo caso, sia necessaria maggiore cautela poichè uno dei possibili effetti dell’esposizione a sostanze tossiche può essere l’aborto degli embrioni con l’exuvia e quindi la mancata osservazione di una o più schiuse. La terza schiusa, apparentemente tardiva, potrebbe essere, pertanto, il prodotto di una quarta deposizione. Un errore in tal senso causerebbe una valutazione errata dell’attività riproduttiva e dell’accrescimento dell’organismo. Il trasferimento quotidiano degli animali può interrompere inavvertitamente la nascita di un gruppo di neonati la cui schiusa verrebbe così conteggiata come due eventi riproduttivi osservati in giorni consecutivi. L’esame delle exuvie del genitore permette di risolvere facilmente l’equivoco e di assegnare i neonati ad un unico evento riproduttivo. Viceversa, un organismo che non si riproduce affatto per tutta la durata del test si rivela generalmente un individuo di sesso maschile, più raramente una femmina sterile, ed i suoi risultati vengono esclusi dall’esame del gruppo di appartenenza. Prima di scartare il dato è opportuno procedere, tuttavia, ad un esame accurato del singolo individuo e delle sue exuvie, in quanto gli organismi esposti ad un campione tossico o a carenze nutrizionali possono abortire gli embrioni manifestando una sterilità che si rivelerebbe, in questo caso, solo apparente. 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo I rapporti di diluizione tra sorgente di contaminazione e recettore rendono talvolta inutile la pratica di diluire il campione del corpo idrico al fine di completare con successo un saggio di tipo cronico. Ne deriva che la soluzione adottata per indagare se un corpo idrico contiene tossici capaci di causare effetti cronici su C. dubia è spesso quella di condurre il saggio a 7 giorni su un campione non diluito delle sue acque. Per questo tipo di saggio si allestisce una sola serie di dieci contenitori, corrispondente a concentrazione 100% (v/v), cui vengono esposti dieci neonati di ceriodafnia mantenuti singolarmente secondo la procedura del saggio con diluizione (vedi Capitolo 4). Tale serie sarà affiancata da uno o più serie di organismi di controllo a seconda delle finalità del saggio medesimo (vedi Paragrafo 3.3). Anche in questo tipo di prova valgono le considerazioni fatte per il saggio con diluizione. 6. Validità del saggio Al termine dei 7 giorni di sperimentazione, i risultati del saggio sono giudicati accettabili se la concentrazione di ossigeno disciolto nei diversi trattamenti si è mantenuta =40% del valore di saturazione, se la sopravvivenza degli organismi di controllo è =80% e il numero cumulativo medio di neonati prodotti dagli individui del controllo nelle tre schiuse è =15. BIBLIOGRAFIA VIGANÒ L. (1996): “Metodo per la valutazione della tossicità acuta con Ceriodaphnia dubia”, Notiziario dei Metodi Analitici IRSA, Giugno1996, 9-19. 1090 METODI ECOTOSSICOLOGICI 8110. Metodo di valutazione della tossicità cronica (7 giorni) con Cyprinodon variegatus 1. Introduzione Viene descritto un metodo standard il cui scopo è quello di stimare la tossicità cronica, più esattamente sub-cronica, di effluenti di scarico ed acque di mare sul pesce Cyprinodon variegatus. La mancata osservazione di effetti tossici di tipo cronico per un particolare campione non esclude che essi potranno essere osservati con campioni prelevati in momenti successivi, e ciò semplicemente a causa della possibile variabilità delle fonti di contaminazione, siano esse puntiformi o diffuse, come anche della capacità di diluizione dell’area recettrice alla quale esse recapitano. 2. Generalità sul metodo La metodologia di saggio per la valutazione della tossicità cronica di un effluente di scarico o di un’acqua di mare per Cyprinodon variegatus, prevede che gli avannotti di questa specie ittica, schiusi da meno di 24 ore, siano esposti ad un campione delle acque da esaminare per un periodo di 7 giorni. Gli effetti cronici di uno scarico vengono valutati mediante l’esposizione di almeno cinque gruppi di avannotti ad altrettante diluizioni dell’effluente. Al termine del periodo di esposizione la mortalità e l’accrescimento dei cinque gruppi sperimentali sono confrontati con le risposte di un ulteriore gruppo di avannotti mantenuti come controllo. Questo esame, condotto con metodi statistici, permette di individuare quella concentrazione di scarico che non riduce significativamente (NOEC) sia la sopravvivenza che l’accrescimento di C. variegatus. Le percentuali di organismi deceduti alle diverse diluizioni di campione possono essere ulteriormente elaborate per definire la concentrazione di scarico che si stima letale per una determinata percentuale dei giovani ciprinodontidi (es. LC50). Compatibilmente con il tipo di risposte ottenute, è possibile calcolare questo valore di concentrazione letale per tempi di esposizione crescenti sino al termine massimo dei 7 giorni del saggio. La ricerca in acqua di mare di inquinanti capaci di effetti tossici cronici si può avvalere dello stesso tipo di procedura descritta per un effluente. Tuttavia, a causa dei rapporti di diluizione, generalmente elevati, tra la fonte di contaminazione e l’acqua recettrice, è facile prevedere che l’allestimento di una serie di diluizioni riuscirebbe a ridurre la concentrazione degli inquinanti al di sotto del limite di rilevabilità del saggio stesso. Per questi motivi, la tossicità cronica delle acque di mare viene comunemente valutata con un saggio senza diluizione nel quale gli avannotti di C. variegatus sono esposti al campione “tal quale”. Anche in questo caso la significatività di eventuali riduzioni di sopravvivenza o di accrescimento è determinata per confronto statistico con un gruppo di organismi di controllo. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione In aggiunta alla comune dotazione strumentale di laboratorio, la conduzione del saggio a 7 giorni richiede: -almeno 18 contenitori per l’esposizione degli avannotti alle soluzioni di saggio. 1091 METODI ECOTOSSICOLOGICI Devono essere utilizzati dei recipienti con volume utile di 750 mL, in vetro borosilicato, del tipo beaker, cristallizzatori o anche vaschette come quella illustrata in Fig. 1. Il compartimento laterale di quest’ultima, che è separato dal principale mediante un retino, serve ad effettuare le operazioni di rinnovo delle soluzioni senza arrecare disturbo agli organismi del saggio; -sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro, controllato da un temporizzatore per la simulazione del fotoperiodo e possibilmente da un dispositivo che consenta la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; -bagno termostatato o altro dispositivo per il mantenimento della temperatura delle soluzioni da saggiare a 25±1°C e per l’intera durata del saggio; -analizzatore di ossigeno disciolto; -misuratore di salinità; -fonte di aria compressa a bassa pressione con cannule in vetro o pipette Pasteur. Negli impianti centralizzati gli oli sono contaminanti comuni e devono essere rimossi con cartucce a carbone attivo. Gli aeratori usati in acquariologia costituiscono una soluzione adeguata; - 2-4 imbuti separatori da 2 L per la schiusa delle cisti di Artemia salina; -cisti di Artemia salina con le caratteristiche di idoneità descritte in Appendice alla Sezione 8070 per la valutazione della tossicità acuta con C. variegatus; -miscela di sali per la preparazione di acqua di mare artificiale. Le miscele commerciali identificate dal marchio Forty Fathoms® e HW Marinemix® hanno dato buoni risultati sia per la coltura che per la conduzione dei saggi. Figura 1: Vaschetta in vetro a due comparti separati da un retino in teflon o altro materiale idoneo. Il comparto più ampio è dedicato all’esposizione dei pesci, l’altro alle operazioni di rinnovo delle soluzioni di saggio (Norberg e Mount,1985). 3.2 Organismi per il saggio Per la conduzione del saggio a 7 giorni, si utilizzano le larve di C. variegatus di età pari o inferiore a 24 ore (Fig. 2, stadio C). Le uova fecondate necessarie alla produzione degli avannotti possono essere acquistate da allevatori specializzati od ottenute in laboratorio da esemplari adulti mantenuti secondo la procedura descritta in Appendice alla Sezione 8070 per la valutazione della tossicità acuta con C. variegatus. In breve, 7-8 giorni prima dell’avvio del saggio si isolano i riproduttori nelle apposite vasche. Al fine di disporre del numero sufficiente di larve aventi l’età richiesta, è necessario raccogliere le uova deposte nell’arco di 2-3 giorni. Ciò è dovuto sia ad una consistenza variabile dei singoli eventi riproduttivi come al fatto che, anche in condizioni ideali, le uova appartenenti alla stessa deposizione schiudono distribuite in un arco di tempo che può raggiungere le 72 ore. Da ciò deriva che il mantenimento in incubazione di più gruppi di uova, che per quanto detto avranno tempi di schiusa sovrapposti, offre maggiori garanzie di disporre del numero di larve necessario al saggio. A 25°C lo sviluppo dell’embrione si completa mediamente in 6-7 giorni. Per facilitare la cu 1092 METODI ECOTOSSICOLOGICI Figura 2: Sviluppo embrionale di C. variegatus. A: embrione 48 ore dopo la fecondazione, interamente segmentato e con pigmentazione sul sacco e sul corpo; B: embrione di 72 ore, libero di muoversi all’interno dell’uovo; C: larva appena schiusa, lunghezza 4 mm; D: giovane individuo di 5 giorni con sacco vitellino completamente assorbito; E e F: giovani esemplari rispettivamente di 9 e 12 mm (modificata da U.S. EPA, 1988). ra e l’osservazione degli embrioni durante il periodo di incubazione, è necessario ripulire le uova dai filamenti di cui sono provviste e che le farebbero aderire le une alle altre. Per fare questo, almeno 4 ore dopo la deposizione, si fanno rotolare su di una reticella di nylon (250500 µm), pressandole delicatamente con un dito. A 48-72 ore dalla fertilizzazione, l’embrione, osservato con un microscopio da dissezione, ha l’aspetto illustrato in Fig. 2 (stadi A e B). Le uova non fecondate, gli embrioni deformi o deceduti, vengono scartati durante il rinnovo quotidiano del mezzo di incubazione. Circa 24 ore prima della schiusa, la salinità del mezzo di incubazione viene adeguata, se necessario, a quella di conduzione del test. La distribuzione degli eventi di schiusa in un arco di tempo di più giorni, fa sì che anche nelle 48 ore precedenti l’avvio del saggio una frazione degli embrioni in incubazione schiuda. È opportuno raccogliere e mantenere in un recipiente a parte anche questi organismi poichè potrebbero essere utilizzati, a loro volta, per il saggio. È già stato precisato che il saggio deve essere allestito con gli avannotti nati entro le 24 ore antecedenti. Se, tuttavia, nonostante gli accorgimenti indicati, il numero degli organismi non fosse sufficiente, i pochi individui mancanti possono essere prelevati proprio tra quelli schiusi nelle 24 ore ancora precedenti (48 ore dal “test”). Questi ultimi verranno aggiunti, nel numero necessario, agli organismi del gruppo principale e in tal modo saranno distribuiti casualmente tra i diversi trattamenti. 3.3 Acqua di diluizione Come condizione generale, le diluizioni del campione da saggiare ed il controllo sono preparati con lo stesso tipo di acqua che è stata usata per l’allevamento o l’incubazione di C. variegatus. In relazione alle finalità del test, è comunque possibile utilizzare altre acque di diluizione o di controllo, pertanto è opportuno caratterizzare almeno tre tipi di condizioni sperimentali: a) Se l’obiettivo è di stimare la tossicità cronica di un effluente o di un’acqua di mare naturale, producendo un dato assoluto atto a confronti nel tempo o tra diverse aree, verrà utilizzata un’acqua di diluizione artificiale standard. Per la preparazione di acqua di mare standard si ricorre a miscele di sali già pronte e disponibili in commercio, quali Forty Fathoms® e HW Marinemix®. La salinità prevista per un saggio in condizioni standard è pari a 35‰. Anche 1093 METODI ECOTOSSICOLOGICI un’acqua di mare ipersalina, le cui caratteristiche sono descritte nel seguito, è utilizzabile per condurre il saggio a 7 giorni, purchè sia stata ottenuta da acqua di mare prelevata in area pelagica non contaminata e con variabilità trascurabile delle caratteristiche chimico fisiche. Se per effettuare il test di un effluente di scarico viene usata un’acqua ipersalina, si tenga presente che la massima concentrazione che può essere saggiata è pari a 65% (v/v), a meno di adottare ulteriori accorgimenti. b) Nel caso la finalità del saggio sia quella di stimare la tossicità cronica di uno scarico nelle acque recettrici non contaminate, sarà necessario usare come acqua di diluizione e controllo quella prelevata nell’area di sversamento ma al di fuori dell’influenza di eventuali fonti di contaminazione. L’acqua di diluizione dovrebbe essere prelevata immediatamente prima del saggio e non oltre le 96 ore dallo stesso. Se non usata entro le 24 ore dal prelievo, l’acqua di diluizione verrà refrigerata (4°C). Se l’area recettrice è contaminata o sospettata di esserlo, si può ricorrere ad acque naturali o sintetiche aventi caratteristiche fisiche e chimiche il più possibile simili a quelle dell’acqua recettrice. Se si usano acque di diluizione sospettate di modificare, in qualche misura, l’accrescimento o la sopravvivenza di C. variegatus, è preferibile includere un secondo controllo preparato ad esempio con l’acqua di allevamento, un’acqua cioè i cui effetti sull’organismo siano ben documentati. c) Se, infine, l’obiettivo del saggio è di esaminare le interazioni tra i contaminanti dello scarico e quelli già presenti nell’acqua di mare recettrice, quest’ultima sarà utilizzata come acqua di diluizione, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, purchè prelevata al di fuori dell’area influenzata dallo scarico in esame. La conduzione di questo tipo di saggio richiede l’allestimento di due gruppi di controllo. Un primo gruppo in cui gli organismi sono esposti a quella stessa acqua di diluizione che ha, verosimilmente, un certo grado di contaminazione, ed un secondo gruppo in cui gli organismi sono esposti all’acqua non contaminata dell’area di ricezione. Anche in questo tipo di saggio, come in quello descritto al punto precedente, potrebbe essere vantaggioso disporre di un ulteriore gruppo di riferimento allestito con acqua di allevamento o incubazione. Un effluente di scarico ha, comunemente, una salinità trascurabile. Gli organismi devono, tuttavia, essere esposti alle diluizioni di campione senza che le differenze di salinità possano rappresentare una fonte di stress o di variabilità dei risultati. È dunque necessario uniformare la salinità delle diverse diluizioni di campione e a questo scopo, vi sono due possibili soluzioni: la prima prevede l’impiego di acqua di mare ipersalina (100‰) come acqua di diluizione, mentre la seconda consiste nell’aggiungere i sali commercializzati per la preparazione di acqua di mare artificiale. Il principale vantaggio della prima soluzione è che l’acqua ipersalina può essere ottenuta, previa filtrazione (=1mm) e per evaporazione controllata (<40°C), da una qualsiasi acqua di mare naturale purchè di elevata qualità, e a questo proposito si consiglia il prelievo da aree pelagiche. L’acqua ipersalina contiene tutti i micronutrienti, i colloidi e alcune componenti microbiche che sono richiesti per l’accrescimento e l’attività riproduttiva degli organismi marini. Inoltre, può essere conservata per periodi prolungati, al buio e a temperatura ambiente, senza apparente degradazione. Il limite della prima soluzione risiede nel fatto che un effluente può essere saggiato ad una concentrazione massima non superiore all’80 % se la salinità prescelta è del 20‰, od anche del 70% se la salinità voluta è del 30‰ (vedi es. Tab. 1). La seconda soluzione non ha questo limite ma l’aggiunta di sali può, dal canto suo, modificare il pH dell’effluente o dell’eventuale acqua che richiede aggiustamenti, potendo modificare in tal modo anche la tossicità del campione. In generale, si tenga presente che valori di pH al di fuori dell’intervallo 7,5-8,5 sono da considerare come potenziale causa di danno per gli organismi. Se necessario il pH può essere riportato al valore desiderato con aggiunte di HCl o NaOH. Dopo l’aggiunta dei sali la soluzione viene mantenuta in agitazione moderata per circa 60 minuti con l’aiuto di un agitatore magnetico, e ciò per garantire che tutti i sali siano entrati in soluzione prima di introdurre gli organismi. METODI ECOTOSSICOLOGICI 60 100 1200 700 30 700 600 700 15 1000 300 700 7,5 1150 150 700 3,25 1235 65 700 Concentrazione effluente (%, v/v) Milli-Q (mL) Effluente (mL) Ipersalina (mL) Tabella 1: Esempio di calcolo dei volumi necessari all’allestimento di un saggio a 7 giorni con un generico effluente di scarico avente salinità trascurabile. L’esempio ipotizza cinque concentrazioni da saggiare in quattro repliche da 500 mL ciascuna, una salinità di 35‰ e l’uso di acqua ipersalina (100‰) e Milli-Q per le diluizioni del campione. È accettata, infine, anche una terza soluzione con caratteristiche intermedie tra le due descritte (US EPA, 1988). Essa prevede che la concentrazione pari al 100% di campione venga preparata per il test mediante aggiunta di sali, ad ottenere, ad esempio, la salinità del 35‰. La serie delle concentrazioni inferiori è poi allestita diluendo aliquote del campione al 35‰ con acqua di mare alla stessa salinità, che a sua volta è ottenuta miscelando acqua ipersalina con acqua ultrapura. 3.4 Illuminazione Il saggio a 7 giorni è condotto mantenendo gli organismi nelle stesse condizioni di illuminazione che sono applicate nell’area di allevamento. Le lampade fluorescenti ad ampio spettro, le stesse impiegate per illuminare gli allevamenti degli organismi nel laboratorio, devono fornire, nell’area di sperimentazione, un’intensità luminosa di circa 500-1000 lux con un foto- periodo di 16 ore luce e 8 ore di buio. 3.5 Temperatura Le soluzioni da saggiare sono mantenute per tutta la durata della sperimentazione a 25±1°C mediante immersione dei contenitori in bagni termostatati o mediante il condizionamento del- l’intero ambiente dedicato alla sperimentazione. 3.6 Alimentazione Dall’allestimento del saggio sino al 6° giorno dello stesso, gli avannotti di C. variegatus sono alimentati quotidianamente con naupli di Artemia salina appena schiusi (<24 ore). Il 7° ed ultimo giorno della prova il cibo non viene somministrato. Nei giorni 0-1-2 si diluiscono 4 mL di sospensione concentrata di naupli di artemia in 80 mL di acqua di mare e si distribuiscono 2 mL della sospensione risultante a ciascun recipiente di saggio. Nei giorni 3-4-5-6 della prova, la quantità di cibo viene aumentata, per cui 6 mL di sospensione concentrata di A. salina sono diluiti a 80 mL, mentre resta invariato il volume da distribuire (2 mL/recipiente). Dal momento che i naupli tendono a sedimentare, è importante che la sospensione sia mantenuta omogeneamente dispersa durante la somministrazione ai contenitori di saggio. A parità di altri fattori, infatti, la quantità di cibo disponibile per ciascun gruppo di avannotti è un fattore critico nel determinare il loro accrescimento. Se nel corso della sperimentazione, la tossicità di un trattamento riduce del 50% o più il numero di avannotti di un contenitore, il quantitativo di naupli somministrato deve essere parimenti dimezzato (1 mL/recipiente). Per i criteri di scelta e le modalità d’impiego delle cisti di A. salina si rinvia al metodo 8070. 3.7 Ossigeno disciolto Alle concentrazioni di effluente più elevate è maggiore il rischio di una massiccia riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto. Ciò rende necessario controllare questo parame 1095 METODI ECOTOSSICOLOGICI tro e con particolare attenzione durante le prime ore del saggio. La concentrazione di ossigeno disciolto non deve essere mai inferiore al 40% del valore di saturazione (vedi Tab. 2 Sezione 8090). In caso contrario si deve provvedere all’aerazione delle soluzioni facendo gorgogliare aria compressa priva di contaminanti mediante cannule in vetro. Il flusso d’aria deve essere regolato al minimo livello possibile, in modo tale da soddisfare il criterio di validità del saggio senza causare eccessiva turbolenza od arrecare stress indesiderato agli organismi. Un flusso d’aria pari a 100 bolle/minuto può costituire un limite indicativo che non dovrebbe essere superato. Se si rendesse necessario aerare un trattamento o una concentrazione, anche i restanti devono essere parimenti aerati. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Se un campione ha tossicità sconosciuta o se si sospetta che esso sia molto tossico, può essere vantaggioso condurre dei saggi di tossicità preliminari per meglio definire l’ambito di concentrazioni entro cui condurre poi il test definitivo. L’entità delle alterazioni che possono intervenire in un campione durante la sua conservazione, ha più volte confermato la necessità che esso venga saggiato nel più breve tempo possibile. È quindi molto difficile poter condurre col medesimo campione un saggio esplorativo di 7 giorni e un successivo saggio definitivo ed ottenerne dei risultati attendibili. Pertanto, ad eccezione di quegli scarichi la cui tossicità sia marcatamente persistente, solo un saggio a breve termine (2448 ore) può essere fonte dei dati tossicologici preliminari che sono utili alla sperimentazione definitiva. Un saggio esplorativo di questo tipo deve essere allestito secondo quanto stabilito nella Sezione 8070, condotto alla temperatura di 25±1°C. In merito all’età degli organismi come agli altri aspetti procedurali per quali il metodo ammette un certo ambito di variabilità, è opportuno scegliere quelle condizioni che sono il più possibile simili a quelle del saggio definitivo. Se infine, si teme che la tossicità del campione non sia per nulla persistente, diventa necessario, all’opposto, l’allestimento immediato del test cronico definitivo, seguendo la procedura descritta nel seguito. 4.2 Saggio definitivo Per la conduzione della prova definitiva si preparano almeno 5 diluizioni del campione da esaminare. La serie di concentrazioni 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v), che è definita da un fattore di diluizione pari a 0,5, può essere adottata nella generalità dei casi. Se sono disponibili dei dati tossicologici preliminari che evidenziano un diverso intervallo di tossicità, la serie di concentrazioni da saggiare verrà adattata di conseguenza, ricorrendo anche ad un diverso fattore di diluizione o a un maggior numero di concentrazioni. In ogni caso, a prescindere dalla disponibilità di dati preliminari, è opportuno controllare, nelle prime ore di saggio, gli avannotti esposti alle concentrazioni più elevate. Se si osserva mortalità entro 1-2 ore, è infatti consigliabile ampliare la serie prescelta per la sperimentazione, aggiungendo altre concentrazioni all’estremità inferiore dell’intervallo di tossicità. Proseguendo nell’esempio già proposto, verrebbero allestite le concentrazioni 3,1%, 1,5% e così via. I volumi di campione necessari alla conduzione del saggio sono prelevati dai contenitori, previo accurato mescolamento, e portati alla temperatura di 25±1°C. Preparate le diluizioni previste con le eventuali correzioni di salinità, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse prossima o inferiore al limite del 40% del valore di saturazione si devono aerare i contenitori. Solo dopo che le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si possono introdurre gli avannotti di C. variegatus. Ogni concentrazione di campione è preparata in almeno 3 repliche da 500 mL, e in ciascuna di esse vengono esposte almeno 10 larve di pesce. L’eventuale incremento del numero di repliche o del numero di avannotti per replica, deve basarsi sulla disponibilità orientativa di 50 mL di soluzione per ogni individuo. Gli organismi vengono distribuiti secondo una sequenza casuale nei diversi contenitori sino al completameneto del numero richiesto. Per evitare di diluire le soluzioni del saggio, è op 1096 METODI ECOTOSSICOLOGICI portuno ridurre al minimo il volume d’acqua trasferito con gli organismi, prestando, tuttavia, la massima attenzione a non danneggiare o stressare inutilmente gli avannotti. È necessario limitare l’evaporazione delle soluzioni di saggio per non causare variazioni della salinità e della concentrazione degli inquinanti. Per controllare il fenomeno si possono usare dei fogli di polietilene trasparenti con i quali coprire i recipienti di saggio. Quotidianamente si ispezionano gli organismi e si provvede al rinnovo delle soluzioni di campione ed alla somministrazione dei naupli di Artemia appena schiusi. Durante il rinnovo delle soluzioni, gli avannotti non vengono rimossi dai contenitori di saggio, e pertanto, prima delle operazioni di ricambio e di alimentazione, si provvede alla pulizia dei contenitori stessi. Con l’aiuto di una pipetta con bulbo in lattice, si rimuovono i naupli di artemia non consumati e gli avannotti deceduti, registrando come tali quelli che non mostrano movimenti opercolari o non reagiscono ad una leggera stimolazione. Si può anche operare utilizzando un sifone, sebbene in tal caso si deve prestare molta attenzione a non aspirare anche gli organismi. Questa soluzione si rivela più pratica per la successiva rimozione del mezzo, e soprattutto se il saggio è condotto con le vaschette illustrate in Fig. 1, in quanto lo scomparto laterale semplifica ulteriormente questa operazione, minimizzando il disturbo degli avannotti. In ogni caso, la soluzione di campione da scartare, viene raccolta in un contenitore avente lo scopo di permettere il recupero degli individui accidentalmente rimossi, oltre alle misure di O2 disciolto, pH o altri parametri. Raggiunto un volume residuo minimo che sia sufficiente a lasciare le larve immerse, si trasferiscono lentamente nel contenitore di saggio i 500 mL di soluzione fresca. Nel caso delle vaschette menzionate, il comparto laterale serve anche alla operazione di riempimento. Le soluzioni fresche vengono preparate rispettando le stesse condizioni descritte per l’allestimento della prova. I campioni delle acque da esaminare sono prelevati con modalità e frequenze differenti in relazione agli obiettivi della sperimentazione. La conduzione del saggio a 7 giorni con C. variegatus può essere in parte adattata agli obiettivi dell’indagine e alle modalità del campionamento. In pratica si possono distinguere tre diverse soluzioni: – un solo campione è usato per la conduzione di tutto il saggio, per cui gli organismi sono esposti, quotidianamente, a soluzioni fresche preparate con aliquote del medesimo campione che è conservato al buio e a 4°C; – il saggio è condotto utilizzando tre campioni prelevati secondo la sequenza d’impiego; il primo campione è usato per l’allestimento e per i primi due rinnovi delle soluzioni di saggio (1° e 2° giorno), il secondo campione serve per il 3° e 4° giorno, ed il terzo per il 5° e 6° giorno della sperimentazione. I tre campioni sono conservati al buio e a 4°C; – il saggio è condotto utilizzando 7 diversi campioni, prelevati secondo la sequenza d’uso, per cui gli avannotti vengono esposti a delle soluzioni di saggio che sono allestite, come al solito quotidianamente, ma ogni volta con un nuovo campione. Il saggio termina dopo 7 giorni di esposizione. Allo scadere del 7° giorno si preparano tutti gli organismi sopravvissuti per le successive misurazioni del peso secco. A questo scopo gli avannotti di ogni contenitore vengono raccolti su di un retino (500 µm), sciacquati ripetutamente con acqua ultrapura e quindi sacrificati mediante immersione in un beaker contenente acqua ultrapura e ghiaccio. Il gruppo di larve è poi trasferito ad una navicella di alluminio, di peso noto, che è posta in stufa a 60°C per 24 ore. Al termine la navi- cella è raffreddata in essicatore per circa 1 ora e quindi pesata con bilancia analitica. Ipotizzando l’allestimento minimo di 3 repliche da 10 individui e la completa sopravvivenza degli organismi, si ottengono, secondo la procedura descritta, tre valori di peso medio per ogni trattamento (US EPA, 1988). L’esame statistico degli effetti sull’accrescimento potrebbe risultarne penalizzato, riscontrando differenze significative solo nei casi più evidenti. Si può quindi tentare di raddoppiare il numero delle misurazioni di peso medio dividendo i 10 esemplari di ogni contenitore di saggio in due sottogruppi di 5 avannotti ciascuno. Così facendo l’esame statistico sarebbe basato sul confronto tra gruppi di sei valori di peso secco per ogni trattamento. A causa del peso modesto di un singolo individuo (vedi Capitolo 6), l’ulteriore frazionamento in un maggior numero di sottogruppi aumenterebbe progressivamente il ri METODI ECOTOSSICOLOGICI schio di errore nelle determinazioni del peso secco, a meno di non adottare procedure e strumentazioni adeguate alla misurazione di pesi inferiori a 1 mg. Se allo scadere del 7° giorno non fosse possibile procedere alle operazioni di essiccamento e pesatura, esse possono essere rinviate. In questo caso è necessario conservare i gruppi di larve di C. variegatus in una soluzione di formalina al 4% o di etanolo al 70%. 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo La diluizione esercitata dalle acque marine sulle fonti di contaminazione, spesso riduce la concentrazione degli inquinanti a livelli tali da rendere inutile un saggio che preveda la diluizione del campione. La procedura comunemente adottata per indagare se un’acqua di mare è tossica a livello cronico per C. variegatus, consiste pertanto nel condurre un saggio a 7 giorni con un campione “tal quale” (non diluito) delle sue acque. Il campione di acqua di mare è saggiato in un’unica serie composta da un minimo di 3 repliche corrispondenti alla concentrazione 100% (v/v). Questa viene affiancata, in relazione alle finalità del saggio, da una o più serie di organismi di controllo (vedi anche Paragrafo 3.3). In ogni replica, avente il volume di 500 mL, viene immesso un numero minimo di 10 avannotti di C. variegatus di età <24 ore. Le operazioni di preparazione del campione, rinnovo quotidiano delle soluzioni di saggio, alimentazione delle larve e determinazione del loro peso secco, vengono effettuate seguendo le stesse procedure descritte per il saggio con diluizione (vedi Capitolo 4). Il confronto, basato su metodi statistici, tra i risultati dei due o più gruppi sperimentali, permette di valutare se l’eventuale inibizione della crescita, o della sopravvivenza, degli avannotti è significativa e quindi imputabile alla presenza di sostanze tossiche. 6. Validità del saggio I risultati dei saggi sono accettabili se nel corso della sperimentazione la concentrazione di ossigeno disciolto nei diversi trattamenti non è scesa al di sotto del 40% del valore di saturazione, se la sopravvivenza degli avannotti di controllo è =80% e se il loro peso secco medio è =0,60 mg per singolo individuo. Nel caso la misurazione del peso secco venga effettuata sulle larve conservate (vedi Paragrafo 4.2), il limite di accettabilità si riduce a 0,50 mg per individuo. BIBLIOGRAFIA KUNTZ A. (1916): “Notes on the embriology and larval development of five species of teleostean fishes”, Bull. U.S. Bur. Fish. 34, 409-429. NORBERG T.J. & MOUNT D.I. (1985): “A new fathead minnow (Pimephales promelas) subchronic toxicity test, Environ. Toxicol. Chem., 4, 711-718. US EPA (1988): “Sheepshead minnow (Cyprinodon variegatus) larval survival and growth test”, Method 1004. In: Short-term methods for estimating the chronic toxicity of effluents and receiving waters to marine and estuarine organisms. C.I. Weber, W.B. Horning, D.J. Klemm, T.W. Neiheisel, P.A. Lewis, E.L. Robinson, J. Menkedick e F. Kessler, eds. EMSL, US Environmental Protection Agency, Cincinnati, OH, EPA-600/4-87-028. VIGANÒ L. (1996): “Metodo per la valutazione della tossicità acuta con Cyprinodon variegatus”, Notiziario dei Metodi Analitici IRSA, Settembre1996, 7-16. 1098 METODI ECOTOSSICOLOGICI 8120. Saggio di tossicità prolungato (14-28 giorni) con trota iridea (Oncorhynchus mykiss) (metodo preliminare) 1. Introduzione Viene proposto un metodo atto alla valutazione di effetti tossici che possono insorgere in trota iridea in seguito all’esposizione prolungata a miscele di inquinanti quali sono quelle comunemente presenti nelle acque di scarico o nei corpi idrici recettori. Si tratta di una proposta di metodo in quanto la procedura non è stata ancora oggetto del consenso e della validazione che sono invece necessari ad un metodo di riferimento. La lunghezza della prova ed i rinnovi frequenti delle soluzioni di saggio rendono necessari volumi relativamente elevati di campione. Tuttavia è probabile che questo aspetto procedurale possa essere sostanzialmente migliorato in una prossima versione del metodo. In generale, si tenga presente che la variabilità, talvolta elevata, sia delle fonti di contaminazione che del corpo idrico che ne è recapito, possono essere la causa di una corrispondente variabilità degli effetti osservati. Pertanto, la mancata osservazione di effetti tossici con un certo campione o in un preciso momento del regime idrologico del corpo idrico, non escludono che si possano riscontrare degli effetti tossici sperimentando con campioni prelevati in momenti e condizioni idrologiche differenti. 2. Generalità sul metodo Il saggio di tossicità utilizza giovani individui di trota iridea (Oncorhynchus mykiss, in precedenza Salmo gairdneri), ovvero individui che sono in fase di crescita attiva. Essi vengono esposti ad un saggio della durata minima di 14 giorni, la cui metodologia è proposta per consentire la valutazione di effetti più tipicamente subletali, quali sono quelli osservabili sul- l’accrescimento dell’organismo. Tra i vari parametri indagabili, l’accrescimento merita una particolare attenzione in virtù del suo elevato contenuto informativo. Questa peculiarità deriva dal fatto che l’accrescimento di un organismo è l’espressione ultima di molteplici aspetti, sia di natura biochimica, fisiologica come anche comportamentale, tutti potenzialmente alterabili in vario grado quando un organismo venga esposto ad una miscela di contaminanti. In ogni caso, il metodo si presta alla valutazione anche degli effetti letali che pure potrebbero manifestarsi a causa dell’esposizione prolungata ai contaminanti. Per effettuare un saggio di questo tipo su acque di scarico, un minimo di cinque gruppi di individui viene esposto ad altrettante diluizioni del campione da esaminare. Il numero di decessi eventualmente osservati può essere utilizzato per calcolare la concentrazione di campione che è letale al 50% degli organismi (LC50) e a diversi tempi di esposizione. Peraltro, proprio perchè nelle acque di scarico sono facilmente osservabili elevate concentrazioni di inquinanti, è opportuno scegliere delle diluizioni tali da non causare elevate mortalità e permettere, al contrario, la sopravvivenza degli organismi e l’osservazione degli effetti subletali. Gli effetti osservati nei gruppi di trote esposte alle diluizioni di campione vengono confronta- ti con individui di controllo che sono stati mantenuti in condizioni sperimentali analoghe ma in assenza di campione. Mediante tale confronto, che è condotto con metodi statistici, è possibile determinare quale diluizione del campione non esercita effetti significativi sull’accrescimento di trota iridea (NOEC). Per condurre il saggio sulle acque di un corpo idrico si può adottare lo stesso schema sperimentale proposto per gli effluenti di scarico. Frequentemente, tuttavia, questo tipo di saggio è condotto esponendo i pesci ad un campione non diluito (“tal quale”) evitando che la procedura di diluizione applicata al campione ne riduca eccessivamente la concentrazione degli METODI ECOTOSSICOLOGICI inquinanti, di per sè raramente elevata, precludendo l’osservazione di effetti significativi. Nel caso venga saggiato un campione non diluito l’analisi statistica dei risultati si limiterà a stabilire se il gruppo di organismi esposti manifesta alterazioni significative dell’accrescimento o eventualmente della sopravvivenza. 3. Conduzione del saggio 3.1 Materiali e strumentazione Oltre alla comune strumentazione di laboratorio, la conduzione del saggio di tossicità richiede: -vasche o recipienti in vetro aventi capacità netta di almeno 40-50 L e che consentano di mantenere un livello del liquido non inferiore a 15 cm; l’adozione di volumi diversi deve sempre soddisfare il limite di carico di biomassa che è fissato indicativamente nel valore massimo di 0,5 g/L·giorno-1 -retini di varie dimensioni per il trasferimento dei pesci; -reti o coperture trasparenti in materiale atossico per evitare la fuoriuscita degli animali dalle vasche; -dispositivo atto alla termostatazione delle soluzioni a 15±1°C. Il condizionamento dell’ambiente di lavoro o l’immersione dei recipienti di saggio in bagni termostatati sono tra le soluzioni più comunemente adottate; -sistema di lampade fluorescenti ad ampio spettro provvisto di temporizzatore e preferibilmente di un dispositivo per la transizione graduale tra le fasi di luce e di buio; -analizzatore di ossigeno disciolto; -sistema di aerazione a bassa pressione fornito di diffusori a pietra porosa e/o cannule in vetro. Gli aeratori commercializzati in acquariofilia soddisfano appieno le necessità della sperimentazione. Nel caso si ricorra ad impianti centralizzati per aria compressa, è necessario adottare idonei sistemi di filtrazione per rimuovere oli ed altri vapori organici che sono contaminanti frequenti. Tutti gli oggetti che sono destinati ad entrare in contatto con l’acqua di diluizione o di mantenimento, o con i campioni da saggiare, debbono essere realizzati con materiali inerti, che non adsorbano i tossici significativamente e che tanto meno ne possano rilasciare. Il vetro borosilicato e le plastiche florurate dovrebbero essere impiegati ovunque possibile. Gli oggetti costruiti con questi materiali possono essere riutilizzati dopo le necessarie procedure di pulizia. Materie plastiche quali il polietilene, il polipropilene, il Tygon®, o altre ancora, possono trovare usi limitati nell’apparato sperimentale mentre sono da considerare assolutamente come “monouso” se impiegate nel prelievo e nel trasporto dei campioni da saggiare. Al contrario, contenitori costruiti con questi materiali, con il polietilene ad alta densità in particolare, ben si prestano ad essere specificamente riutilizzati per conservare acque di diluizione o acque sintetiche preparate in laboratorio. In ogni caso si raccomanda che a prescindere dalla natura dei materiali prescelti, sia i recipienti che gli accessori vengano sciacquati accuratamente, meglio se in flusso continuo, con l’acqua di diluizione o di mantenimento prima del loro impiego nei saggi. 3.2 Organismi per il saggio Si utilizzano giovani esemplari di trota iridea (Oncorhynchus mykiss), che sono disponibili, quasi per l’intero arco dell’anno, presso gli allevamenti ittici specializzati in troticoltura. In relazione alle condizioni esistenti in allevamento o a quelle di mantenimento in laboratorio, può rendersi necessario acclimatare gli organismi alle condizioni previste per la sperimentazione. Ciò è ottenibile mediante un periodo di acclimatazione che deve avere una durata minima di 7 giorni e preferibilmente di un paio di settimane. Durante il periodo di mantenimento e acclimatazione le trotelle vengono alimentate con un quantitativo giornaliero minimo di cibo che deve essere equivalente all’1-2% del loro peso fresco (ECETOC, 1986; ISO, 1992; OECD, 1100 METODI ECOTOSSICOLOGICI 1994). Per ulteriori dettagli in merito al trasporto ed alla acclimatazione degli organismi si rinvia all’Appendice A2 della Sezione 8080 per la valutazione della tossicità acuta con trota iridea. Come verrà chiarito nel seguito, il saggio può essere organizzato secondo due diverse soluzioni sperimentali che condizionano la scelta delle dimensioni degli organismi. Tuttavia, alcuni aspetti procedurali, che tra l’altro sono comuni ad entrambe le soluzioni sperimentali, limitano la scelta delle dimensioni ad un ambito relativamente ristretto. Infatti, da un lato, è necessario rispettare il carico di biomassa, che è fissato indicativamente al valore massimo di 0,5 g/L·d-1, mentre all’opposto, la manualità necessaria alla misurazione della lunghezza e del peso degli organismi, preclude una riduzione eccessiva della loro taglia. In accordo con la prima soluzione sperimentale (“a”), ogni individuo deve essere identificabile per l’intera durata del saggio, il che è ottenibile solo mediante un intervento di marcatura. La procedura di marcatura, la cui tecnica è descritta nelle pagine successive, richiede che la trotella abbia una taglia minima tale da poter essere facilmente manipolabile, ma senza eccedere nelle sue dimensioni, che pur nel rispetto del carico di biomassa, finirebbero col penalizzare inaccettabilmente l’entità dei volumi di campione necessari, nonchè le dimensioni dell’apparato sperimentale. Trote che, al momento dell’allestimento del saggio, hanno un peso compreso tra 3 e 5 g, cui corrisponde indicativamente una lunghezza corporea tra 6 e 8 cm, sono idonee agli scopi indicati. La seconda soluzione sperimentale (“b”) esclude la marcatura dei pesci, nel qual caso ci si potrà avvalere dei vantaggi offerti dall’uso di organismi di minori dimensioni che, tra l’altro, consentono di rispettare molto più facilmente il limite stabilito per il rapporto “peso dei pesci/ volume di soluzione” (~ 0,5 g/L·d-1). La necessità di manipolare gli organismi per misurarne peso e lunghezza impone, comunque, un limite inferiore alla loro taglia, pena il rischiodi mortalità dovute alla eccessiva delicatezza degli organismi stessi. È quindi opportuno non scendere al di sotto dei 3 cm, cui corrisponde, indicativamente, un peso fresco di circa 0,5 g. In questo tipo di saggio è di fondamentale importanza l’omogeneità di taglia degli organismi. Pertanto è necessario adottare una serie di accorgimenti il cui scopo ultimo è di ottenere un gruppo di circa 100-130 trote che all’allestimento del saggio abbiano un peso corporeo compreso entro un ambito di ±10% del loro peso medio. La lunghezza di un tale gruppo di organismi si dimostra compresa entro un ambito ancora più ristretto del valore di lunghezza media (Crossland, 1985). Per ottenere questo grado di omogeneità è necessario scegliere organismi il più possibile coetanei, meglio se appartenenti alla stessa schiusa, selezionarne la taglia già dalle prime fasi di mantenimento in laboratorio, scartando gli individui con dimensioni estreme, con comportamento marcatamente territoriale o, peggio, che praticano il cannibalismo. Condizioni idonee di mantenimento e acclimatazione contribuiscono, a loro volta, al raggiungimento dell’obiettivo (vedi Appendice A2 della Sezione 8080). Per la misurazione della lunghezza corporea si può optare per uno dei 3 tipi di misurazioni possibili. A partire dall’estremità anteriore del capo, e più precisamente della mascella, esse hanno un diverso riferimento posteriore, terminando, rispettivamente, all’estremità della pinna caudale (lunghezza totale), al suo punto di biforcazione o all’estremità del peduncolo caudale (lunghezza standard) (Fig. 1). Quest’ultima misurazione è generalmente quella da preferire. Figura 1: Riferimenti per la misurazione della lunghezza totale (lt) e della lunghezza standard (ls) del corpo del pesce. METODI ECOTOSSICOLOGICI Nel giorno di allestimento del saggio vengono misurati il peso e la lunghezza media di un campione di trotelle che sia rappresentativo degli organismi medi del lotto destinato alla sperimentazione. In questo modo si ottiene una stima attendibile del peso e della lunghezza media degli organismi del lotto in esame, in base alla quale e nel rispetto dell’ambito indicato (±10%), si può procedere alla selezione definitiva delle trote che potranno essere immesse nelle vasche di saggio. Per misurare accuratamente peso e lunghezza dei singoli individui è consigliabile che essi vengano anestetizzati. A questo scopo si prepara una vaschetta contenente una soluzione di alcuni litri di un anestetico, quale la tricaina (MS-222) o sostanza equivalente (es. benzocaina), alla concentrazione di 50-100 mg/L (ECETOC, 1986; ISO, 1992), debolmente aerata ed alla temperatura di 15±1°C. Trattandosi di misurazioni di peso fresco è necessario adottare piccoli accorgimenti che minimizzino il rischio di errore dovuto alla presenza di gocce d’acqua sul corpo del pesce; esse possono essere rimosse, ad esempio, con carta da filtro o simile, senza tuttavia danneggiare lo strato di muco protettivo. Se il pesce anestetizzato risponde ai requisiti di peso e lunghezza desiderati, si procede all’eventuale operazione di marcatura (soluzione sperimentale “a”), dopo di che il pesce viene immesso in un vaschetta simile alla precedente ma contenente solo acqua di acclimatazione/diluizione (15±1°C), si attende che si riprenda dall’anestesia e si trasferisce definitivamente alla vasca di saggio. La stessa procedura, marcatura esclusa, viene seguita anche nel caso in cui non sia prevista l’identificazione degli organismi (soluzione sperimentale “b”). Rispetto ad altre tecniche, la marcatura per congelamento si è dimostrata relativamente semplice e senza danno per gli organismi (Crossland, 1985). Essa si effettua operando come segue: il marchio è realizzato sagomando del filo d’acciaio a forma di lettera o di numero, questo viene raffreddato in azoto liquido e pressato leggermente, per tre secondi, sul fianco del pesce anestetizzato, poco al di sotto della pinna dorsale. Il marchio, che subito dopo l’operazione è invisibile, si rende progressivamente evidente nelle successive 48 ore e permanechiaramente visibile per almeno sei settimane. È preferibile evitare i marchi che comprendono sagome circolari (chiuse) poichè favoriscono l’insorgenza di infezioni cutanee (ISO, 1992). In Fig. 2, sono riprodotte delle sagome idonee. La superficie del marchio deve essere priva di asperità e piatta, in modo che durante la marcatura, la cute non venga lesa in alcun modo e sia sottoposta ad una pressione omogenea in corrispondenza all’intero simbolo del marchio. Tutte le operazioni descritte devono essere condotte rapidamente e ponendo la massima attenzione a non danneggiare in alcun modo gli organismi. Gli individui sopravvissuti ad un saggio non potranno venire riutilizzati in prove successive. Figura 2: Esempi di sagome idonee alla marcatura dei pesci (ISO, 1992). 3.3 Acqua di diluizione Generalmente le diluizioni del campione da saggiare ed il controllo vengono allestiti con la stessa acqua usata per il mantenimento delle trotelle o quella eventualmente usata per l’acclimatazione. In relazione agli obiettivi del saggio sono utilizzabili, tuttavia, altre acque di diluizione o di controllo e si rende quindi necessario distinguere tra alcune possibili soluzioni. a) Se lo scopo è di evidenziare la presenza di effetti tossici cronici in un effluente o nelle acque di un corpo idrico, studiandone l’andamento nel tempo o confrontando il grado di con 1102 METODI ECOTOSSICOLOGICI taminazione di diverse aree, come diluente e controllo si adotterà un’acqua sintetica (standard) preparata per aggiunta di sali di grado analitico ad acqua deionizzata di buona qualità o Milli-Q. Per un litro di acqua standard si solubilizzano nell’ordine: 10 mg di KCl, 192 mg di NaHCO3, 53 mg MgSO4 e 183 mg CaSO4 2H2O. Il mezzo così ottenuto ha le seguenti caratteristiche: pH 7,5-8,5, durezza 140-160 mg CaCO3/L, alcalinità 110-120 mg CaCO3/L, Ca/Mg >1 e prossimo a 4, Na/K >1 e prossimo a 10. b) Se lo scopo del saggio è di valutare la tossicità derivante dall’immissione di uno scarico nelle acque del recettore, come diluente e controllo si userà l’acqua non contaminata del recettore, prelevata a monte dell’immissione o comunque al di fuori dell’area contaminata. Nel caso essa non sia disponibile, si può utilizzare un’acqua prelevata da un altro corpo idrico superficiale o un’acqua sintetica (vedi “punto a”) avente approssimativamente le stesse caratteristiche chimiche e, in particolare, la stessa durezza del corpo idrico recettore oggetto del controllo. In qualche caso è anche possibile operare modificando la composizione di un’acqua naturale, purché di qualità adeguata, previa aggiunta di sali (reagenti di grado analitico) e nelle quantità necessarie. Il prelievo di acque naturali deve essere effettuato immediatamente prima del loro impiego e comunque non oltre le 96 ore dallo stesso, mantenendo i campioni refrigerati (4°C) e al buio quando se ne faccia uso a più di 24 ore dalla raccolta. Se si sospetta che l’acqua del recettore, per proprie caratteristiche, possa modificare l’accrescimento degli organismi, è preferibile allestire un secondo gruppo di controllo nel quale gli individui sono esposti all’acqua comunemente utilizzata per il mantenimento o l’acclimatazione. c) Se, infine, lo scopo del saggio è quello di esaminare le interazioni tra i contaminanti presenti nello scarico e quelli veicolati dal recettore, come acqua di diluizione si userà quella del recettore stesso, indipendentemente dal suo grado di contaminazione, prelevata a monte o comunque al di fuori dell’influenza dello scarico in esame. Questo terzo tipo di saggio richiede l’allestimento di due gruppi di organismi di controllo. Nel primo i pesci sono esposti all’acqua recettrice, quella cioè che già possiede, verosimilmente, un proprio grado di contaminazione. Nel secondo, i pesci sono esposti all’acqua del recettore prelevata da un’area non contaminata. In analogia al saggio precedente, se si sospetta che l’acqua del recettore possa di per sè alterare, in qualche misura, la risposta degli organismi, si può prevedere un terzo gruppo di controllo nel quale i pesci sono mantenuti nell’acqua comunemente utilizzata per il mantenimento o l’acclimatazione. 3.4 Illuminazione Durante il saggio vengono mantenute le stesse condizioni di illuminazione cui gli animali sono stati acclimatati. Il fotoperiodo comunemente adottato è di circa 16 ore di luce e 8 ore di buio. Deve essere evitata la luce solare diretta optando invece per le intensità luminose pari a quelle comunemente riscontrabili nei laboratori (500-1000 lux) o più attenuate. 3.5 Temperatura La temperatura di tutte le soluzioni da saggiare deve essere mantenuta a 15±1°C per l’intera durata della sperimentazione. 3.6 Alimentazione Fatta eccezione per particolari finalità sperimentali, il cibo da somministrare è lo stesso impiegato nell’allevamento da cui provengono gli organismi. Si tratta solitamente di mangimi secchi, pellettizzati, aventi composizione e dimensione adeguata alla taglia delle trote da nutrire. Durante la prova i pesci sono alimentati quotidianamente con una quantità di cibo che deveessere equivalente al 4% del loro peso fresco. È consigliabile somministrare tale quantitativo suddividendolo in due porzioni distanziate di almeno 5 ore. Se necessario, la somministrazione del cibo può essere affidata ad accessori automatizzati reperibili in acquariologia. A parità di altre condizioni, la velocità di crescita è strettamente dipendente dalla quantità di 1103 METODI ECOTOSSICOLOGICI cibo disponibile. Pertanto, il parametro alimentazione deve essere attentamente controllato. Per i primi 14 giorni di saggio la quantità di cibo giornaliera è calcolata in relazione al peso degli organismi al “tempo 0”, e cioè quello misurato nella fase di allestimento del saggio. Se è necessario prolungare il test fino a 28 giorni, la dieta deve essere ricalcolata basandosi sulle misurazioni di peso fresco ottenute al 14° giorno. Qualora si verifichino dei decessi nel corso della sperimentazione, è parimenti necessario ricalcolare la dieta adeguandola alla minore biomassa presente. Viceversa, non è accettabile la conservazione della biomassa complessiva mediante sostituzione dei pesci deceduti con nuovi organismi di taglia similare (OECD, 1994). La somministrazione del cibo deve essere interrotta 24 ore prima delle determinazioni di peso fresco degli organismi, evitando così che il contenuto dell’apparato digerente possa interferire in modo significativo. L’alimentazione viene, quindi, sospesa prima dell’allestimento del saggio (cfr. par. 3.2), come pure al 13° e al 27° giorno di trattamento, in preparazione alle misure di accrescimento. 3.7 Ossigeno disciolto È necessario misurare quotidianamente la concentrazione di ossigeno disciolto e più frequentemente durante le prime ore del saggio. Essa deve risultare =60% del valore di saturazione. Nei test statici, soprattutto alle concentrazioni più elevate di effluente di scarico, è frequente che l’ossigeno disciolto scenda al di sotto del limite indicato. È necessario in questi casi aerare le soluzioni del saggio facendovi gorgogliare aria priva di contaminanti. Compatibilmente con il tenore di ossigeno richiesto, l’aerazione deve essere regolata sul minimo flusso possibile, sia per evitare che l’eccessiva turbolenza arrechi disturbo agli organismi che per minimizzare la perdita di eventuali tossici volatili o facilmente ossidabili. Se si utilizzano pipette o cannule in vetro per l’aerazione delle vasche, si può fissare, indicativamente, a 100 bolle/minuto il flusso massimo di aria insufflata. 4. Procedura di saggio con diluizione (effluente) 4.1 Saggio preliminare Quando è disponibile una certo numero di dati tossicologici sull’effluente da esaminare, un saggio preliminare può ritenersi superfluo e si procede ad allestire direttamente il saggio definitivo, al più adottando qualche cautela in relazione a un certo grado di variabilità delle fonti di contaminazione. Al contrario, se ci si appresta alla conduzione di un saggio con un effluente di qualità sconosciuta, è consigliabile acquisire dei dati preliminari sul suo grado di tossicità, e ciò al fine di impostare correttamente l’intervallo di concentrazioni entro cui sperimentare. Un saggio preliminare consiste normalmente in una prova semplificata, condotta con un minor numero di organismi ed una serie di concentrazioni ampiamente spaziate tra loro. Tuttavia, la limitata conservabilità dei campioni e soprattutto la durata del saggio in esame, rendono improponibile la conduzione di un saggio preliminare e successivamente di quello definitivo. Anche in quei casi in cui la tossicità è persistente, è dunque preferibile utilizzare un saggio a breve termine (acuto) per ottenere quei dati tossicologici preliminari che sono utili all’allestimento del saggio definitivo. L’eventuale saggio esplorativo deve essere quindi condotto secondo quanto prescritto dalla Sezione 8080, avendo cura di adottare, ovunque possibile, le stesse condizioni del saggio cronico definitivo, quali il carico di biomassa, l’acqua di diluizione, nonchè la taglia degli organismi, meglio se appartenenti allo stesso lotto. Se la prova preliminare dimostra che lo scarico in esame è capace di effetti tossici acuti, si può suggerire di adottare la minima concentrazione che ha causato dei decessi come la massima che sarà saggiata nella prova definitiva. Disponendo di informazioni tossicologiche più esaurienti, si può optare per l’adozione di una concentrazione massima compresa tra un 1/3 e un 1/10 della 96hLC50, rispettivamente nel caso sia stata evidenziata, o meno, la soglia letale incipiente (ISO, 1992). 1104 METODI ECOTOSSICOLOGICI 4.2 Saggio definitivo Nei saggi sull’accrescimento, come quello qui descritto, è stato osservato che la variabilità tra repliche costituite da gruppi di organismi, è generalmente molto più modesta della variabilità esistente all’interno della singola replica, quella che origina, cioè, dalle risposte dei singoli individui che la compongono (OECD, 1994). Il confronto tra organismi sembra quindi più informativo che non il confronto tra gruppi di organismi, o in altre parole, l’uso del singolo organismo come di una replica, sembra essere l’impostazione sperimentale da preferire. Per condurre il saggio definitivo si preparano almeno 5 diluizioni del campione di effluente più i necessari trattamenti di controllo, e tutti vengono allestiti singolarmente in volumi di almeno 40-50 L ciascuno. Se le informazioni tossicologiche preliminari non suggeriscono una diverso intervallo di sperimentazione, le diluizioni di effluente di scarico da adottare sono le seguenti: 100%, 50%, 25%, 12,5% e 6,25% (v/v). Queste diluizioni sono in serie geometrica, con fattore di diluizione pari a 0,5. Se è stato necessario refrigerare i campioni, i volumi necessari alla conduzione del saggio vengono prelevati dai contenitori, dopo accurato mescolamento, e portati alla temperatura di 15±1°C. Preparate le diluizioni previste, si misura la concentrazione di ossigeno disciolto e se questa risultasse prossima o inferiore al limite del 60% del valore di saturazione si procede ad aerare i contenitori (vedi Paragrafo 3.7). Solo quando le soluzioni hanno raggiunto le condizioni indicate si possono introdurre i pesci opportunamente selezionati per taglia ed eventualmente marcati (vedi Paragrafo 3.2). Si raccomanda che il trasferimento degli organismi ai contenitori del saggio venga effettuato con gli appositi retini, rapidamente e con la massima cura, al fine di minimizzare lo stress e non danneggiare gli organismi. In ogni soluzione viene trasferito un numero minimo di 10 trote per ciascuna delle quali è stato registrato il peso e la lunghezza, oltre all’eventuale marchio di identificazione (OECD, 1984). Tuttavia, compatibilmente con il carico di biomassa (~0,5 g/L·d-1), è preferibile usare un maggior numero di individui, nell’ordine di 15-20 per ogni soluzione di saggio (ISO, 1992; OECD, 1994), rinunciando eventualmente alla loro marcatura che, come già indicato, richiede pesci di maggiori dimensioni. Particolarmente nei casi in cui non siano disponibili dati preliminari, è consigliabile che gli organismi esposti alle concentrazioni più alte, vengano osservati, con maggiore frequenza, durante le prime ore di esposizione. Qualora l’effluente possieda un elevato grado di tossicità, sono infatti queste le concentrazioni in cui i pesci manifesteranno più rapidamente i sintomi di una intossicazione acuta in atto, e ciò è tanto più importante a causa della lunghezza del saggio. L’osservazione di effetti tossici nelle prime ore della sperimentazione lascia infatti prevedere che una frazione troppo modesta degli organismi impiegati potrà sopravvivere fino al termine della prova, verosimilmente un frazione così esigua da escludere la produzione di risultati significativi sull’inibizione dell’accrescimento. Nel caso ipotizzato si renderebbe necessario migliorare l’intervallo di sperimentazione indicato, allestendo rapidamente altre concentrazioni di effluente, quali 3,1%, 1,5%, 0,75%, ed adeguando i tempi di osservazione in base al ritardo di allestimento. Quotidianamente si provvede alla somministrazione della dieta ed alla pulizia delle vasche. Si registrano e si rimuovono gli organismi deceduti e si registra ogni altra alterazione osservabile quale il cambiamento della colorazione, la perdita di equilibrio, il nuoto scoordinato, l’aumentata velocità respiratoria ed altre ancora. Nel rispetto del rapporto di carico si deve provvedere anche al rinnovo delle soluzioni di saggio che, in ogni caso, dovrebbe essere effettuato almeno una volta ogni 48 ore. Al 13° giorno viene sospesa la somministrazione del cibo ed al 14° i pesci vengono nuovamente anestetizzati, e si procede alla misura del peso e della lunghezza che essi hanno raggiunto (vedi Paragrafo 3.2). In base agli obiettivi del saggio ed ai risultati ottenuti dai primi 14 giorni di esposizione, si può decidere di prolungare la sperimentazione sino al compimento del 28° giorno. In questo caso restano valide tutte le indicazioni e i suggerimenti forniti per la conduzione della prima parte del saggio. METODI ECOTOSSICOLOGICI 5. Procedura di saggio senza diluizione (corpo idrico) 5.1 Saggio definitivo Allo scopo di saggiare se in un corpo idrico sono presenti sostanze tossiche a concentrazioni tali da inibire l’accrescimento di trota iridea, si espone un certo numero di individui ad un campione non diluito delle sue acque. L’adozione di tale procedura deriva dal favorevole rapporto di diluizione che normalmente esiste tra le fonti di contaminazione e il corpo idrico recettore, per cui le concentrazioni degli inquinanti sono raramente tali da richiedere una diluizione per poter completare con successo l’osservazione di effetti subletali. Naturalmente, se si sospetta un elevato grado di tossicità o si hanno dati pregressi che ne diano conferma, può rivelarsi vantaggioso allestire alcune diluizioni del campione del corpo idrico in esame. Nel qual caso è necessario attenersi alla procedura di saggio per effluenti descritta al Paragrafo 4.2. Anche in questo tipo di saggio il trattamento espositivo viene effettuato in una singola replica, o meglio, utilizzando una sola vasca nella quale le trote, accuratamente selezionate in base alla taglia, vengono esposte all’acqua del corpo idrico “tal quale” (100% v/v). I singoli individui, eventualmente marcati, divengono in tal modo le repliche del trattamento e le loro risposte verranno confrontate con quelle di uno o più gruppi di individui di controllo esposti ad acque naturali o sintetiche in funzione delle finalità della prova (vedi Paragrafo 3.3). Il numero degli organismi per ogni trattamento deve essere almeno di 10 ma sono certamente da preferire gruppi più consistenti, prossimi a 20. I diversi aspetti della procedura sperimentale quali, ad esempio, la dimensione delle trote, l’alimentazione durante la prova, la misurazione della lunghezza e del peso, la durata del saggio e così via, sono da considerare comuni alla metodica di saggio per acque di scarico e si rinvia, pertanto, ai paragrafi precedenti. 6. Validità del saggio I risultati dei saggi sono considerati validi se tra gli organismi del controllo si osserva una mortalità del 10% e se la concentrazione di ossigeno disciolto non scende al di sotto del 60% del valore di saturazione. 7. Espressione dei risultati Al termine del saggio vengono riportati i valori di peso fresco, lunghezza e velocità di crescita dei singoli organismi. Se i pesci sono stati marcati (soluzione sperimentale “a”), per ciascuno di essi è possibile calcolare la velocità specifica di crescita (r1) secondo la seguente espressione: dove w1 e w2 rappresentano il peso del pesce ai tempi t1 e t2, rispettivamente inizio e termine, del periodo sperimentale considerato (ISO, 1992; OECD, 1994). Se i pesci non sono stati marcati (soluzione sperimentale “b”), non è possibile disporre per uno stesso individuo delle misurazioni ai tempi t1 e t2, e pertanto non è calcolabile il valore di r1. Tuttavia si può ottenere una valutazione di tipo intermedio che consiste nel calcolo della velocità di crescita “pseudo” specifica (r2) attraverso la seguente formula: METODI ECOTOSSICOLOGICI In pratica, non potendo fare riferimento al peso del pesce al tempo t1, l’accrescimento del- l’organismo in esame viene valutato usando come riferimento il peso medio dell’intero gruppo di pesci immesso nella vasca al tempo t1, che è indicato come w(medio)1 (OECD, 1994). Mediante opportuni metodi statistici i valori di lunghezza, di peso fresco e di velocità di crescita (r1 o r2) determinati per gli organismi esposti al campione “tal quale” o a sue diverse concentrazioni, vengono confrontati con i valori corrispondenti degli organismi di controllo. Se vengono dimostrate differenze statisticamente significative per almeno uno dei parametri, si può affermare che il campione contiene concentrazioni di contaminanti tali da ridurre l’accrescimento di trota iridea e se si dispone di più livelli di effetto, per una serie scalare di concentrazioni, diventa possibile individuare la diluizione di “non effetto” (NOEC) del campione in esame. BIBLIOGRAFIA CROSSLAND N.O. (1985): “A method to evaluate effects of toxic chemicals on fish growth”, Chemosphere, 14, 1855-1870. ECETOC (1986): “The EEC sixth amendment: prolonged fish toxicity tests”, Technical Report No. 24, Brussels, Belgium, pp 36. ISO (1992): “Water quality - Determination of the prolonged toxicity of substances to freshwater fish. Part 1: Method for evaluating the effects of substances on the growth rate of Oncorhynchus mykiss Walbaum (Teleostei, Salmonidae)”, Draft International Standard, ISO/DIS 10229-1. OECD (1984): “OECD guidelines for testing of chemicals. Fish, prolonged toxicity test: 14day study”, Guideline No. 204. OECD (1994): “OECD guidelines for testing of chemicals. Proposal for fish, juvenile growth test - 28 days” Revised Draft Document, TG\94.214\No-vember 1994. VIGANÒ L. (1996): “Metodo per la valutazione della tossicità acuta con trota iridea (Oncorhynchus mykiss)”, Notiziario dei Metodi Analitici IRSA, Settembre 1996, 17-25. M E T O D I E C O T O S S I C O L O G I C I 8130. Analisi statistica dei risultati di saggi cronici Questa nota si propone di fornire solo i criteri guida essenziali per poter effettuare una corretta elaborazione dei risultati. In commercio sono disponibili dei programmi per personal computer che permettono di applicare con relativa facilità gran parte dei metodi di interesse tossicologico, tra i quali anche quelli citati in questa nota. L’esistenza di tali programmi, l’elevato numero dei metodi che andrebbero trattati e la loro relativa complessità, ha fatto sì che, al contrario di quanto fatto in precedenza, l’operazione di darne descrizione dettagliata fosse ritenuta inopportuna. Per contro, la relativa facilità d’uso dei programmi disponibili in commercio non deve fuorviare e si consiglia di avvalersi sempre della collaborazione di un esperto di statistica che possa consigliare sulla scelta dei metodi di analisi più appropriati ai singoli casi sperimentali. I saggi cronici proposti consentono di esaminare gli effetti a lungo termine di effluenti di scarico o di acque superficiali su parametri quali l’attività riproduttiva, l’accrescimento ed anche la sopravvivenza degli organismi. L’analisi statistica dei risultati ottenuti con questi saggi viene comunemente distinta in base al tipo di risultato da esaminare ed, ovviamente, in base al tipo di informazione che si desidera ottenere. Nel caso un campione sia stato saggiato solo “tal quale”, lo scopo dell’analisi statistica è di confrontare le risposte degli organismi che sono stati esposti a questa unica concentrazione di campione con quelle degli organismi di controllo e di valutare se le eventuali differenze, ad esempio di taglia corporea, siano da considerare significative e quindi imputabili agli inquinanti presenti nel campione stesso. A questo scopo si utilizza generalmente il test t con il quale è possibile valutare, con un certo grado di probabilità, se, ad esempio, la dimensione media degli animali di controllo sia significativamente diversa da quella dei trattati, e rifiutare pertanto l’ipotesi di differenza nulla (Ho). L’applicabilità di questo test richiede che i due campioni posti a confronto provengano da popolazioni normalmente distribuite e soprattutto che le varianze dei due gruppi di osservazioni non siano significativamente differenti. Nel caso sia stato possibile saggiare più diluizioni di un campione si dovranno analizzare più serie di dati relativamente ad uno od anche più parametri. Queste serie andranno confrontate con la/e serie corrispondenti degli organismi di controllo. Lo scopo è comunemente quello di individuare la massima concentrazione di campione i cui effetti non sono significativi, od anche, quella concentrazione di campione alla quale gli organismi possono essere esposti senza che i valori dei parametri misurati siano statisticamente distinguibili da quelli del gruppo di controllo. Questa concentrazione viene indicata con l’acronimo NOEC e viene solitamente individuata congiuntamente con la minima concentrazione, tra quelle saggiate, che è stata capace di effetti significativi (LOEC). La procedura corretta è in questo caso l’analisi della varianza (ANOVA), mentre, al contrario, sarebbe inappropriato applicare ripetutamente il “test” t alle diverse coppie costituite da uno dei trattamenti e dal controllo. I presupposti per la corretta applicazione di ANOVA sono che i dati siano distribuiti normalmente e che la varianza dei gruppi sia omogenea. La prima condizione viene verificata con il “test” del Chi quadrato o con un “test” alternativo (es. Shapiro-Wilks), mentre la seconda, una volta soddisfatta la condizione di normalità, può essere verificata con il “test” di Bartlett o, parimenti, con test alternativi. Soddisfatte tali premesse, l’applicazione di ANOVA ad un criterio di classificazione, permetterebbe di concludere, in caso affermativo, che le differenze tra le medie dei diversi gruppi sperimentali sono significative. La verifica di variazione significativa tra i gruppi ottenuta mediante ANOVA è tuttavia un risultato generico che poco aggiunge alla caratterizzazione tossicologica del campione. Per ottenere informazioni più specifiche è necessario applicare altri metodi statistici il cui scopo, coerentemente con quanto anticipato, è quello di individuare quali tra le concentrazioni di campione abbiano causato alterazioni si METODI ECOTOSSICOLOGICI gnificative del parametro in esame. Un test comunemente utilizzato a questo scopo è quello di Dunnett, poichè confronta ogni gruppo di organismi con il controllo. Tuttavia esistono vari metodi alternativi o complementari come, ad esempio, il “test” di Bonferroni, che è da preferire nel caso i gruppi abbiano un diverso numero di repliche, oppure il “test” di Williams, che è specifico per analizzare le risposte a concentrazioni crescenti di tossici, o il “test” di Tukey che è preferibile qualora si sia interessati a confrontare tutti i gruppi tra loro, non potendo presupporre, come in taluni studi di campo, che vi siano relazioni evidenti tra i diversi trattamenti. In generale è preferibile escludere da questi confronti i dati relativi ai trattamenti che hanno causato elevate mortalità. Se i dati non rispettassero la condizione di normalità o di omogeneità della varianza può essere risolutivo trasformarne i valori nei rispettivi logaritmo, radice quadra o arcoseno e risottoporli ai test statistici menzionati. Una valida alternativa è rappresentata, tuttavia, dall’impiego di metodi statistici di tipo non parametrico che non sono condizionati, nella loro applicazione, dalla distribuzione dei dati, e possono pertanto essere utilizzati senza alcuna trasformazione dei dati medesimi. I test proponibili in tal senso sono, ad esempio, il metodo di Steel, analogo non parametrico del metodo di Dunnett, quello di Wilcoxon e il metodo di Kruskal- Wallis, che a sua volta dovrebbe essere utilizzato in sostituzione del “test” di Tukey. Se sono stati osservati dei decessi tra gli organismi esposti al campione è possibile confrontare la mortalità degli organismi trattati con quella degli organismi di controllo e, compatibilmente con i criteri di validità del saggio, stabilire se il campione saggiato sia responsabile di effetti letali significativi. A tal fine si applica il “test” di Fisher che permette di verificare, come spesso nei test statistici, un’ipotesi nulla e cioè che la percentuale di organismi sopravvissuti nei gruppi posti a confronto non differisca significativamente. Si possono utilizzare anche altri metodi tra i quali, ancora, il “test” di Dunnett, previa tuttavia la necessaria trasformazione delle percentuali di sopravvivenza nei corrispondenti valori di arcoseno. Se i dati lo permettono e vi è interesse ad esprimere la tossicità come concentrazione letale per una percentuale definita di organismi (LC50, LC20, ecc.), si applicheranno gli stessi metodi (es. “probit”) già descritti per i saggi di tossicità acuta. È da segnalare, infine, il crescente interesse per la possibilità di esprimere anche la tossicità subletale di un campione in termini di concentrazione capace di effetti definiti. In altre parole è interessante poter stimare quale concentrazione di campione possa inibire l’accrescimento o la riproduzione, ad esempio, del 20% rispetto al valore di controllo (EC20). Se per i dati di mortalità, tipicamente qualitativi, l’uso di metodi destinati a questo tipo di stime è ampiamente consolidato (es. “probit”), per i dati di tipo continuo quali, ad esempio, il numero di neonati prodotti o la lunghezza corporea, l’analisi dei risultati termina generalmente con l’individuazione della NOEC e della LOEC e con il calcolo del “chronic value”, noto in precedenza, ma meno correttamente, come massima concentrazione accettabile (MATC). Questo tipo di risultati è dipendente dalla sequenza di concentrazioni saggiate, dal rapporto di diluizione prescelto, dalla variabilità dei risultati e quindi dalla qualità del lavoro sperimentale, ed inoltre, non è possibile associarvi stime di precisione o limiti fiduciali. Al contrario, esprimere la tossicità cronica come EC20, o qualsiasi altra concentrazione di efficacia definita, permetterebbe di superare questi limiti ed offrirebbe alcuni innegabili vantaggi. Per esprimere la tossicità in questo modo, è necessario individuare la relazione esistente tra le concentrazioni di campione e le risposte del parametro indagato e ciò è possibile applicando dei metodi di regressione che sono solitamente parametrici ma, con opportuni aggiustamenti, è possibile usare anche procedure non parametriche. L’equazione di una curva logaritmica ha spesso dimostrato di poter descrivere in modo adeguato l’andamento delle risposte subletali (lunghezza, peso, riproduzione, ecc.) al crescere della concentrazione.

LACERC