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INDICATORI BIOLOGICI 9000 - INDICATORI BIOLOGICI I N D I C A T O R I B I O L O G I C I Questa parte del manuale riporta la descrizione dei protocolli analitici per la determinazione di IBE, clorofilla, ATP e conta microbica. L’Indice Biotico Esteso (IBE) si basa sull’analisi delle comunità di macroinvertebrati che colonizzano gli ecosistemi fluviali. Tali comunità che vivono associate al substrato sono composte da popolazioni caratterizzate da differenti livelli di sensibilità alle modificazioni ambientali e con differenti ruoli ecologici. Poichè i macroinvertebrati hanno cicli vitali relativamente lunghi, l’indice fornisce un’informazione integrata nel tempo sugli effetti causati da differenti cause di turbativa (fisiche, chimiche e biologiche). Nel monitoraggio di qualità delle acque correnti esso deve quindi considerarsi un metodo complementare al controllo chimico e fisico delle acque. Il D.Lgs. 152/99 dà ampio rilievo all’utilizzo dell’IBE nel monitoraggio e classificazione dei corpi idrici. Infatti stabilisce che lo stato ecologico venga definito incrociando i dati ricavati dalle misure dell’IBE con il livello di inquinamento espresso da alcuni parametri chimici, chimico-fisici e microbiologici (macrodescrittori); inoltre l’IBE viene indicato come indice biologico di qualità nell’allegato 2 del decreto, riguardante criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative delle acque superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicoli e ciprinicoli. Clorofilla ed ATP rappresentano invece indicatori di biomassa della componente planctonica. Negli ecosistemi acquatici tale stima è ampiamente utilizzata unitamente ai parametri fisico- chimici, nelle valutazioni quali-quantitative e previsionali della qualità e del livello trofico dei corpi idrici. La clorofilla consente di stimare la biomassa riferita ai soli organismi autotrofi, mentre l’adenosintrifosfato (ATP) fornisce una stima della biomassa totale che include anche gli organismi a metabolismo eterotrofo. Nel D.Lgs. 152/99 la clorofilla “a” risulta tra i parametri utilizzati (macrodescrittori) per valutare lo stato trofico ai fini di una prima classificazione dello stato ecologico di un lago ed elemento indispensabile per il calcolo dell’indice trofico, il cui valore numerico definisce lo stato ambientale (elevato, buono, mediocre, scadente) delle acque marine costiere. La conta diretta dell’abbondanza microbica, tramite tecnica di microscopia ad epifluorescenza, consente invece di stimare la biomassa della componente batterica del plancton. Il batterioplancton è riconosciuto come un importante costituente degli ambienti acquatici e stimarne la biomassa è indispensabile in indagini sul flusso del carbonio e dei nutrienti e nell’elaborazione dei relativi modelli. I N D I C A T O R I B I O L O G I C I 9010. Indice biotico esteso (I.B.E.) 1. Generalità del metodo 1.1 Finalità Consente di formulare diagnosi della qualità degli ambienti di acque correnti sulla base delle modificazioni prodotte nella composizione delle comunità di macroinvertebrati a causa di fattori di inquinamento o di significative alterazioni fisiche dell’ambiente fluviale. 1.2 Origine Derivato dal “Trent Biotic Index”, rielaborato come “Extended Biotic Index – E.B.I.” e adattato per una applicazione ai corsi d’acqua italiani. 1.3 Procedura di applicazione dell’Indice La peculiarità del metodo e la complessità della procedura di applicazione rendono difficile una sua presentazione in forma schematica. Per una corretta applicazione occorre perciò integrare queste indicazioni con i contenuti del “Manuale di Applicazione – Indice Biotico Esteso (I.B.E.): I macroinvertebrati nel controllo di qualità degli ambienti di acque correnti” di Pier Francesco Ghetti edito da Provincia Autonoma e Agenzia Provinciale per la Protezione del- l’Ambiente di Trento e con le guide per la classificazione dei macroinvertebrati dei corsi d’acqua italiani. 1.4 Comunità da analizzare L’I.B.E. si basa sull’analisi di un gruppo di organismi animali invertebrati, comunemente definiti “macroinvertebrati”, che colonizzano tutte le differenti tipologie dei corsi d’acqua. I “taxa” presi in considerazione dal metodo e il livello di determinazione tassonomica richiesto sono definiti in Tab.1. 1.5 Caratteristiche dell’indice L’I.B.E. è particolarmente adatto a rilevare gli effetti prodotti nel tempo dal complesso dei fattori di alterazione dell’ambiente fluviale. Questo perché i macroinvertebrati delle acque correnti sono legati ai substrati, sono composti da numerose popolazioni con differenti livelli di sensibilità alle modificazioni ambientali, esercitano differenti ruoli ecologici e presentano cicli vitali relativamente lunghi. L’indice è quindi in grado di rilevare lo stato di qualità del tratto di corso d’acqua analizzato integrando nel tempo gli effetti di differenti cause di alterazione dell’ambiente (fisiche, chimiche, biologiche). L’I.B.E. è quindi dotato di una elevata capacità di “integrazione dei segnali”. Per contro esso non consente di individuare l’azione dei singoli fattori che hanno indotto queste modificazioni né di quantificarne la rilevanza. Questo indice possiede quindi una bassa capacità “analitica”. Esso segnala uno stato complessivo di “qualità ecologica” del corso d’acqua e, solo indirettamente, la “qualità chimica e fisica” delle acque e dei sedimenti. Nel monitoraggio di qualità esso va quindi considerato un metodo “complementare” al controllo chimico, fisico e igie 1115 INDICATORI BIOLOGICI nico sanitario delle acque, in particolare per la definizione della qualità delle acque in relazione agli usi civili, agricoli, industriali e per la balneazione. L’I.B.E. assume invece un ruolo “centrale” nella definizione della “qualità ecologica” dei corsi d’acqua. Per le sue caratteristiche esso si è dimostrato efficace nelle diagnosi preliminari di qualità di interi reticoli idrografici, per il controllo nel tempo dell’evoluzione di questa qualità, per stimare l’impatto prodotto da scarichi inquinanti puntiformi e diffusi, continui e accidentali, per valutare l’impatto di trasformazioni fisiche del corpo idrico, nella predisposizione di carte ittiche, per valutare le capacità autodepurative di un corso d’acqua. Nel Decreto Legislativo 152/99 è stato inserito tra le analisi di base, e quindi obbligatorio, per il monitoraggio dei corsi d’acqua. 1.6 Principi generali su cui si fonda il calcolo del valore di indice I valori decrescenti dell’indice vanno intesi come un progressivo allontanamento dalla condizione “ottimale o attesa”, definita sulla base di una struttura della comunità che in condizioni di naturalità o comunque di “buona efficienza dell’ecosistema” dovrebbe colonizzare quella determinata tipologia fluviale. La struttura della comunità “ottimale o attesa” è ovviamente diversa a seconda della tipologia fluviale considerata. Tuttavia le principali biotipologie di riferimento, al livello tassonomico richiesto dall’indice, si possono ricondurre a pochi modelli generali. Quindi la condizione necessaria per una corretta applicazione dell’indice è la possibilità e la capacità di ricostruire, mediante idonee tecniche di campionamento dei macroinvertebrati, la composizione “attesa” (ovvero quella che si insedierebbe in condizioni di naturalità). Di conseguenza, quando non sussistono queste condizioni, il metodo non può essere applicato. Altre condizioni essenziali per una corretta applicazione sono: la procedura sistematica di separazione degli organismi dal substrato, la competenza nel classificare i vari “taxa”, un’adeguata capacità critica nella formulazione delle diagnosi, acquisita mediante corsi di formazione teorico-pratica e successive esperienze guidate. Concettualmente il metodo si fonda quindi sul confronto e la valutazione delle differenze fra la composizione di una comunità “ottimale o attesa” e la composizione della comunità “campionata” in un determinato tratto di fiume. Per le esigenze proprie di un indice (praticità, generalizzabilità, riproducibilità) il metodo prevede l’ausilio di una tabella a due entrate (Tab. 2). Questa tabella rappresenta una “guida” che serve per trasformare le informazioni racchiuse nelle liste dei “taxa” in un giudizio espresso mediante un valore di indice (Indice Biotico). In questo modo è possibile trasformare, seguendo una procedura uniforme, una informazione specialistica in una scala di valori di indice comprensibile universalmente. Il giudizio di qualità è fondato su due tipi di indicatori: la presenza nel campione di “taxa” a differenti livelli di sensibilità alle alterazioni del corso d’acqua e la ricchezza totale della comunità. La tabella è stata tarata per consentire una definizione comparabile dei valori di indice su differenti tipologie di acque correnti. In ogni tipologia fluviale analizzata la scala dei valori del- l’indice è in grado di rilevare in modo armonico i successivi livelli dello stato di qualità, da una condizione “ottimale” ad una condizione di “massimo degrado”. La struttura di questa tabella riflette la necessità, propria di un indice pratico, di contemperare le esigenze di una applicazione del metodo su larga scala e adottare procedure uniformi e comparabili su tutto il territorio nazionale con quelle della sensibilità della scala dei valori dell’indice. La procedura prevede alcuni accorgimenti che servono a ridurre l’effetto dei possibili errori ricorrenti nel calcolo dell’indice (es. determinazione tassonomica a livelli superiori alla specie, ampi intervalli nel numero totale di Unità Sistematiche campionate). Per contro non è consentito utilizzare questo indice per discriminare differenze di valori di giudizio che si collochino entro l’intervallo dell’errore ricorrente del metodo. In questo caso sarà necessario ricorrere ad altri metodi di indagine con maggiore potere discriminante e più mirati al problema specifico (es. analisi quantitativa della comunità, controllo di parametri indicatori dello stato trofico, saggi di tossicità, ecc.). Il valore di indice, espresso per convenzione con un numero intero entro una scala discreta, 1116 INDICATORI BIOLOGICI riassume quindi un giudizio di qualità basato sulla modificazione qualitativa della comunità campionata, rispetto ad una comunità di riferimento. Questo valore non può quindi essere considerato alla stregua del dato risultante da una misura fisica (es. grado centigrado) e chimica (es. mg/L). Il gruppo dei macroinvertebrati è stato preferito ad altri gruppi sistematici, perché sono rappresentati da numerosi taxa con differenti livelli di sensibilità alle alterazioni dell’ambiente, sono adeguatamente campionabili, riconoscibili, classificabili, presentano cicli vitali mediamente lunghi, sono legati al substrato e quindi rappresentativi di una determinata sezione di un corso d’acqua. Plecotteri genere Efemerotteri genere Tricotteri famiglia Coleotteri famiglia Odonati genere Ditteri famiglia Eterotteri famiglia Crostacei famiglia Gasteropodi famiglia Bivalvi famiglia Tricladi genere Irudinei genere Oligocheti famiglia Sialidae (Megalotteri) Osmylidae (Planipenni) Prostoma (Nemertini) Gordiidae (Nematomorfi) Gruppi Faunistici Livelli di determinazione tassonomica per definire le “Unità Sistematiche” Tabella 1: Limiti obbligati per la definizione delle unità sistematiche (U.S.) di macroinvertebrati Altri taxa da considerare nel calcolo dell’I.B.E. 1.7 Ambienti in cui è possibile applicare l’indice L’I.B.E. può essere applicato a tutti i corsi d’acqua che sono stabilmente colonizzati e in cui il valore di indice “ottimale o atteso” risulti maggiore o uguale a 10 (Tab. 2, 4). Esistono infatti alcuni ambienti di acque correnti in cui questo valore può essere “naturalmente” inferiore a 10: tratti prossimi a sorgenti, acque di nevaio, tratti di foce dove si verifica risalita del cuneo salino. Il monitoraggio biologico inoltre non può essere eseguito nel periodo immediatamente successivo ad una asciutta o a una forte piena, in quanto la comunità risente di una incompleta ricolonizzazione. I tempi di ricolonizzazione variano da stagione a stagione e secondo l’intensità e la durata della piena o dell’asciutta. La capacità di valutare lo stato di colonizzazione di un tratto di fiume deve far parte del bagaglio di conoscenze idrobiologico-ecologiche dell’operatore. Questo aspetto assume, ad esempio, una particolare rilevanza per le fiumare del Sud Italia e delle Isole. I tratti di pianura dei grandi fiumi e i grandi canali artificiali sono a volte difficilmente campionabili in modo corretto, per l’altezza dell’acqua, la dispersione su ampi spazi dei microhabitat, le differenze di qualità fra sponda e sponda. In questi casi una corretta applicazione dell’indice è legata alla possibilità di dimostrare che il campionamento è stato eseguito con tecniche e in condizioni ambientali idonee e che è noto il valore di indice “ottimale o atteso”, definito sullo stesso ambiente o in tipologie analoghe. Il campionamento per il calcolo dell’indice non deve essere eseguito immediatamente a valle dell’immissione di uno scarico o di un affluente, ma deve essere rispettata una distanza tale 1117 INDICATORI BIOLOGICI da garantire il completo rimescolamento delle acque con quelle del corpo ricevente. Lo scopo è infatti quello di valutare la qualità del corpo recettore e non dello scarico. Plecotteri presenti Più di una U.S. --8 9 10 11 12 13* 14* (Leuctra °) Una sola U.S . --7 8 9 10 11 12 13* Efemerotteri presenti °° Più di una U.S. --7 8 9 10 11 12 - (Escludere Baetidae Una sola U.S. --6 7 8 9 10 11 - e Caenidae) Tricotteri presenti Più di una U.S. -5 6 7 8 9 10 11 - (Comprendere Una sola U.S. -4 5 6 7 8 9 10 - Baetidae e Caenidae) Gammaridi e/o Atiidi Tutte le U.S. -4 5 6 7 8 9 10 - e/o Palemonidi presenti sopra assenti Asellidi e/o Nifargidi Tutte le U.S. -3 4 5 6 7 8 9 - presenti sopra assenti Oligocheti o Tutte le U.S. 1 2 3 4 5 ---- Chironomidi sopra assenti Altri organismi Tutte le U.S. sopra assenti 0 1-2-3------ Legenda: °: nelle comunità in cui Leuctra è presente come unico “taxon” di Plecotteri e sono assenti gli Efemerotteri (tranne even- tualmente generi delle famiglie di Baetidae e Caenidae), Leuctra deve essere considerata al livello dei Tricotteri per definire l’entrata orizzontale in tabella; °°: per la definizione dell’ingresso orizzontale in tabella ogni genere delle famiglie Baetidae e Caenidae va conside- rato a livello dei Tricotteri; -: giudizio dubbio, per errore di campionamento, per presenza di organismi di “drift” erroneamente considerati nel computo, per ambiente non colonizzato adeguatamente, per tipologia non valutabile con l’I.B.E. (es. sorgenti, acque di scioglimento di nevai, acque ferme, zone deltizie, salmastre); *: questi valori di indice vengono raggiunti raramente negli ecosistermi di acqua corrente italiani per cui occorre pre- stare attenzione, sia nell’evitare la somma di biotipologie (incremento artificioso del numero di “taxa”), che nel va- lutare eventuali effetti prodotti dall’inquinamento, trattandosi di ambienti con elevata ricchezza in “taxa”. Numero totale delle Unità Sistematiche costituenti la comunità (ingresso verticale) Tabella 2: Tabella per il calcolo del valore di I.B.E. 0-1 2-5 6-10 11-15 16-20 21-25 26-30 31-35 36-.. Gruppi faunistici che determinano con la loro presenza l’ingresso orizzontale in tabella (ingresso orizzontale) 1.8 Attività di campo Il campionamento della comunità di macroinvertebrati che colonizza la sezione del corso d’acqua studiato va effettuato tenendo conto dei “microhabitat” rappresentativi della tipologia fluviale, possibilmente lungo un transetto da sponda a sponda ed occorre evitare il campionamento di differenti biotipologie lungo la sezione del corso d’acqua, perchè potrebbe aumentare artificiosamente il valore di Indice. Come strumento di campionamento viene utilizzato il retino immanicato con rete a 21 ma- glie/cm (altre tecniche di campionamento possono essere adottate in particolari condizioni). La separazione in vivo degli organismi dal detrito e una prima classificazione degli organismi al fine di esprimere un giudizio preliminare di qualità devono essere effettuati sul posto. Solo in queste condizioni è possibile pervenire ad una valutazione affidabile e che può essere immediatamente controllata con ulteriori campionamenti. Una corretta analisi delle comunità di macroinvertebrati è essenziale ma non esaurisce il quadro degli indicatori da prendere in considerazione per arrivare ad una diagnosi attendibile. Un’adeguata lettura dei principali caratteri dell’ambiente costituisce un corollario utile per capire i possibili fattori di alterazione dell’ambiente e per fornire all’operatore un’adeguata casistica e la capacità di associare differenti indicatori. Per leggere l’ambiente secondo criteri il più possibile oggettivi è opportuno adottare una scheda di campo che guidi nella registra 1118 INDICATORI BIOLOGICI zione dei vari caratteri (Tab. 3). Questi dati, registrando lo stato di fatto di un particolare ambiente ad un determinato tempo, assumono anche un importante valore documentario. La struttura di questa scheda e il suo dettaglio potranno variare in relazione agli scopi del- l’indagine. Si potrà così passare dalla scheda base, utilizzabile per indagini di monitoraggio su larga scala, ad una scheda di maggiore dettaglio per indagini specifiche (es. studi di impatto ambientale, carte ittiche, monitoraggio di aree protette, ecc.). Alla scheda dovranno essere allegati i metodi con cui vengono rilevati i vari caratteri ambientali in modo che il dato registrato possa essere interpretato correttamente anche da operatori diversi. 1.9 Attività di laboratorio L’applicazione dell’I.B.E. richiede una fase preliminare di studio dell’ambiente e di organizzazione delle campagne di campionamento. Richiede inoltre una fase successiva di controllo in laboratorio delle comunità campionate, di verifica delle diagnosi formulate in campo, di organizzazione, registrazione ed elaborazione delle informazioni raccolte. I criteri e le procedure da seguire possono variare leggermente a seconda delle peculiarità degli ambienti studiati e delle differenti finalità dell’indagine. 1.10 Competenze degli operatori L’applicazione dell’I.B.E. per la sorveglianza ecologica dei corsi d’acqua richiede un’adeguata formazione degli operatori in campo ecologico, idrobiologico e tassonomico, oltre ad un periodo di formazione specifica sotto la guida di personale qualificato. 2. La tabella a due entrate per il calcolo dei valori di I.B.E. e le relative classi di qualità La definizione del valore di indice da assegnare ad una determinata sezione di un corso d’acqua si basa su di una tabella a due entrate (Tab. 2). In ordinata sono riportati alcuni gruppi di macroinvertebrati che, dall’alto verso il basso, riflettono una sempre minore sensibilità agli effetti di alterazione della qualità dell’ambiente. In ascissa sono riportati degli intervalli numerici che fanno riferimento al numero totale di Unità Sistematiche (“taxa” al livello di classificazione previsto in Tab. 1) rinvenute nella stazione di campionamento. Il metodo tiene conto del fatto che, non essendo possibile in una indagine con finalità pratiche classificare gli organismi di queste comunità a livello di specie, è stato definito un livello superiore di classificazione (famiglia o genere). Il calcolo dell’I.B.E. richiede quindi che vengano rispettati rigorosamente questi limiti di definizione tassonomica per i vari gruppi, altrimenti la “ricchezza in taxa” delle comunità potrebbe variare a seconda del grado di approfondimento della classificazione dei vari gruppi. Il totale delle “Unità Sistematiche” rinvenute in una determinata stazione determina la “ricchezza in U.S. o taxa” della stessa. INDICATORI BIOLOGICI Tabella 3: Scheda di rilevamento e registrazione dei dati di campo LOCALIZZAZIONE DELLA STAZIONE Ambiente....................................Stazione................................................Coord. UTM……………................... Codice.............. Quota s.m................m Regione.............................…....Provincia...............................Comune…………………… Lungh. del corso d’acqua...............km Distanza dalla sorgente.............km Superficie bacino idrogr............km2 Corpi idrici recettori............................................................................................. RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE AMBIENTALI Data ................... Ora................ Condizioni meteo............................................................................ FOTOGRAFIA O DISEGNO DELLA SEZIONE CAMPIONATA CON RELATIVE QUOTE STIMATE DISEGNO IN PIANTA DELL’ALVEO BAGNATO CON SITO DI CAMPIONAMENTO ED EMERGENZE AMBIENTALI (N. Tavoletta IGM……….Quadrante……….Orientamento………...) segue INDICATORI BIOLOGICI segue tabella 3 Granulometria substrati nell’alveo bagnato (ordine di prevalenza): roccia................................................... massi........................... ciottoli.................... ghiaia..................... sabbia................... limo.................... Manufatti artificiali: fondo........................................................................................................................ Sponda dx.............................................................................................................................................. Sponda sx.......................................................................................................................................................... Ritenzione detrito organico: • sostenuta • moderata • scarsa Decomposizione materia organica. Prevalenza di: • strutture grossolane • frammenti fibrosi • frammenti polposi Presenza di anaerobiosi sul fondo: • assente • tracce • sensibile localizzata • estesa Organismi incrostanti: • feltro rilevabile solo al tatto • alghe crostose • feltro sottile • feltro spesso, anche con pseudofilamenti incoerenti • alghe filamentose Batteri filamentosi: • assenti • scarsi • diffusi Vegetazione acquatica:……………………………………………………....................................................... .......……………………………………………................................ Copertura alveo.................% Vegetazione riparia..................................................................................................………………..……. ……………………………………………………………………………………………………………………...… Larghezza dell’alveo bagnato (..................m) rispetto all’alveo di piena (....................m): • 0-1% • 1-10% • 10-20% • 20-30% • 30-40% • 40-50% • 50-60% • 60-70% • 70-80% • 90-100% Velocità media della corrente: • impercettibile o molto lenta • lenta • media e laminare • media e con limitata turbolenza • elevata e quasi laminare • elevata e turbolenta • molto elevata e turbolenta h media dell’acqua: .............cm h max dell’acqua:................cm Caratteri dell’ambiente naturale e costruito circostante: in dx idrografica. ................................................................................................................................... .............................................................................................................................................................. in sx idrografica: ................................................................................................................................... .............................................................................................................................................................. segue INDICATORI BIOLOGICI segue tabella 3 Plecotteri (genere) Efemerotteri (genere) Tricotteri (famiglia) Coleotteri (famiglia) Odonati (genere) Ditteri (famiglia) Eterotteri (famiglia) Crostacei (famiglia) Gasteropodi (famiglia) Bivalvi (famiglia) pres. abb. pres. abb.Organismi segue INDICATORI BIOLOGICI segue tabella 3 Tricladi (genere) Irudinei (genere) Oligocheti (famiglia) Altri (famiglia) Totale U.S. pres. abb. pres. abb.Organismi VALORE DI I.B.E. (in campo)............................... (in laboratorio).....................Classe di Qualità........................... Giudizio.................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................. Note.......................................................................................................................................................... .................................................................................................................................................................. ............................................ Responsabile dell’analisi e qualifica ................................................................................................. La tabella dell’I.B.E. presenta quindi: -una entrata orizzontale (primo ingresso in tabella 2 ), che deve essere utilizzata in corrispondenza delle U.S. più sensibili presenti nella comunità della stazione in esame. Ad esempio se in una stazione si rinvengono 3 U.S. di Plecotteri (ritenute più sensibili), assieme ad altre U.S., si deve entrare alla prima riga orizzontale (“Plecotteri presenti”), al livello superiore (“più di una sola U.S.”). Un secondo esempio: nella comunità non si rinvengono Plecotteri, e nemmeno Efemerotteri e Tricotteri, ma il “taxon” più sensibile presente è quello dei Gamma- ridi, si entra allora a livello della riga corrispondente a questi ultimi; -una entrata verticale, che va utilizzata in corrispondenza della colonna che comprende il numero totale di U.S. che formano la comunità complessiva in esame. Se ad esempio le U.S. presenti sono complessivamente 9, si entra a livello della colonna con l’indicazione dell’intervallo 6-10. Il valore di indice sarà definito dal numero indicato nella casella che si trova all’incrocio della riga di entrata orizzontale con la colonna di entrata verticale. Particolare attenzione va posta all’entrata orizzontale, essendo quella che può determinare il maggior intervallo di errore. Per questo è necessario verificare in modo rigoroso attraverso il campionamento la reale presenza dei “taxa” più sensibili. INDICATORI BIOLOGICI La procedura si avvale quindi di due tipi di indicatori: la diversa sensibilità di alcuni gruppi di organismi alle alterazioni della qualità dell’ambiente (ordinata) e l’effetto prodotto da questa alterazione sulla “ricchezza in U.S. o taxa” della comunità (ascissa). Dal momento che i valori decrescenti di indice vanno intesi come una misura progressiva del- l’allontanamento da una condizione “ottimale o attesa” è possibile che la scala dei valori di qualità, essendo discreta e non continua, tenda ad appiattire eccessivamente questi giudizi verso il valore superiore o inferiore. A volte il numero totale di unità sistematiche può trovarsi all’estremo inferiore o superiore degli intervalli stabiliti in tabella. Se ad esempio in una stazione troviamo 2 U.S. di Plecotteri e 16 U.S. complessive, il valore di I.B.E. dovrebbe essere 10; in un’altra stazione troviamo 2 U.S. di Plecotteri e 15 U.S. complessive e il valore dovrebbe essere 9. Appare tuttavia evidente che in questi due casi è una sola U.S. di ingresso verticale che condiziona il passaggio fra un valore di 10 ed un valore di 9. Quando ci si trova in casi analoghi, con un numero di U.S. agli estremi degli intervalli previsti in tabella 2, è necessario attribuire un valore intermedio di indice, che sarà 10-9 nel primo caso e 9-10 nel secondo. I valori intermedi di indice consentono di rappresentare in modo più obiettivo la progressività del processo di allontanamento dalla condizione “ottimale”. 2.1 Dai valori di indice alle classi di qualità In Tab. 4 i valori di I.B.E. sono stati raggruppati in 5 Classi di Qualità (C.Q.), ciascuna individuata da un numero romano. Le 5 Classi di Qualità possono essere facilmente visualizzate in cartografia mediante colori convenzionali (nell’ordine: azzurro, verde, giallo, arancione e rosso) o altro simbolismo grafico (Tab. 4).I valori intermedi tra le classi vengono rappresentati mediante tratteggio formato dai colori corrispondenti alle due classi. Classi di qualità Valori di I.B.E. Giudizio di qualità Colore e/o retinatura relativi alla classe di qualità Tabella 4: Tabella di conversione dei valori di I.B.E. in classi di qualità, con relativo giudizio e colore per la rappre- sentazione in cartografia. I valori intermedi tra due classi vanno rappresentati mediante tratteggio con colori o re- tinature corrispondenti alle due classi Classe I 10-11-12-... Ambiente non alterato in modo sensibile Azzurro Classe II 8-9 Ambiente con moderati sintomi di alterazione Verde Classe III 6-7 Ambiente alterato Giallo Classe IV 4-5 Ambiente molto alterato Arancione Classe V 0-1-2-3 Ambiente fortemente degradato Rosso 3. Protocollo di applicazione Il complesso delle procedure da seguire per l’applicazione dell’indice costituisce parte integrante del metodo e sono descritte in dettaglio e con esemplificazioni nel Manuale di Applicazione – Indice Biotico Esteso (I.B.E.): I macroinvertebrati nel controllo di qualità degli ambienti di acque correnti” di Pier Francesco Ghetti edito da Provincia Autonoma e Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente di Trento. In estrema sintesi le attività per l’applicazione dell’indice possono essere raggruppate in tre fasi: -indagini preparatorie; -attività di campo e compilazione della scheda di rilevamento; -attività di laboratorio, compilazione e certificazione del verbale di analisi e della relazione a commento dei risultati e delle eventuali carte di qualità. INDICATORI BIOLOGICI 3.1 Adempimenti conseguenti alle procedure richieste dal D.Lgs. 152/99 Il Decreto Legislativo n.152/99 sulla Tutela delle acque, al fine della classificazione dello Stato Ecologico dei corsi d’acqua, prevede, per corpi idrici significativi, di effettuare 4 campagne di monitoraggio all’anno mediante I.B.E. che possono essere distribuite stagionalmente o in relazione agli specifici regimi idrologici. Viene inoltre richiesto di calcolare il valore medio di I.B.E. rilevato nei 4 campionamenti da inserire nella tabella di intersezione con il Livello di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori (LIM). Si sottolineano a tale proposito le modalità di calcolo o di procedura nel caso siano stati rilevati in alcuni campionamenti valori intermedi di indice, o quando si deve convertire un valore medio decimale in un valore di indice. Il Decreto prevede che per classi intermedie (es. 8/9 o 9/8) si esegua il seguente procedimento: -per la classe 10-9 si attribuisce il valore 9,6; per quella 9-10 il valore 9,4; per 9-8 il valore 8,6; per 8-9 il valore 8,4; ed a seguire per gli altri valori; -per ritrasformare la media in valori di I.B.E. si procederà in modo contrario, avendo cura di assegnare la classe più bassa nel caso di frazione di 0,5: esempio 8,5 = 8-9 , 6,5 = 6-7 ecc.. Per agevolare ed uniformare la procedura di calcolo si conviene, per analogia a quanto prescritto dal Decreto, di attenersi alle seguenti indicazioni: -frazioni da 8,0 a 8,3 e da 8,7 a 9,0 corrispondono rispettivamente a IBE di 8 e 9; -valori intermedi di I.B.E. 7-8 o 8-7 vanno ricondotti, per essere inseriti nella classificazione di Stato Ecologico, ai primitivi valori di sorgente 7 e 8. Per le tabelle di transcodifica e di riconversione confronta Spaggiari e Franceschini, 2000. 3.2 Rappresentazione grafica dei dati Avendo progettato in modo adeguato la distribuzione delle stazioni di campionamento lungo un intero reticolo idrografico è possibile realizzare delle mappe di qualità di interi reticoli idrografici utili per organizzare i piani di monitoraggio e per valutare nel tempo l’efficacia degli interventi di risanamento. In queste mappe di qualità è opportuno utilizzare uno spessore diverso del tratto colorato a seconda della gerarchia idrologica del corso d’acqua, sulla base dei dati di portata media annua, di lunghezza del corso d’acqua, di ampiezza del bacino idrografico. La realizzazione di una mappa di qualità continua di un intero reticolo idrografico presuppone che sia stato campionato un adeguato numero di stazioni lungo i vari corsi d’acqua e che vi sia una precisa e documentata conoscenza della distribuzione delle fonti di inquinamento su tutto il territorio. Pur essendo questa la forma di rappresentazione più efficace è possibile infatti commettere errori di giudizio nel tracciare il tratto colorato che congiunge una stazione con la successiva. In alternativa occorre rappresentare esclusivamente e puntualmente la qualità di ogni singola stazione campionata utilizzando, ad esempio, dei ciclogrammi che consentono di rappresentare le classi di qualità con colori, simboli, numeri e anche di riportare le variazioni stagionali. BIBLIOGRAFIA ALBA-TERCEDOR J. et al. (2002): “Caracterizaciòn de cuencas mediterraneas espan olas en base al indice espan ol SBMWP como paso previo al estabilicimiento del estado ecològico de sus cursos de agua”. XI Congreso de la Associaciòn Espan olas de Limnologia y III Congreso Ibérico de Limnologia, Madrid 17-21 giugno. 1125 INDICATORI BIOLOGICI CAMPAIOLI S., GHETTI P.F., MINELLI A. & RUFFO S. (1994): “Manuale per il riconoscimento dei macroinvertebrati delle acque dolci italiane” Provincia Autonoma di Trento, Museo di Storia Naturale di Trento. CAMPAIOLI S., GHETTI P.F., MINELLI A. & RUFFO S. (1999): “Manuale per il riconoscimento dei macroinvertebrati delle acque dolci italiane”, Vol. II, Provincia Autonoma di Trento, Museo di Storia Naturale di Trento. CHANDLER J.R. (1970): “A biological approach to water quality management” Water Pollut. Control, 69, 415-422. DE PAUW N., GHETTI P.F., MANZINI P. & SPAGGIARI R. (1992): “Biological assessment methods for running waters”. In: “River water quality - Ecological assessment and control”. C.C.E, Bruxelles, 217-248. GHETTI P.F. & BONAZZI G. (1980): “Biological water assessment methods: Torrente Parma, Torrente Stirone e Fiume Po”, 3rd Technical Seminar, Final Report, Commission of the European Communities. GHETTI P. F. & BONAZZI G. (1981): “I macroinvertebrati nella sorveglianza ecologica dei corsi d’acqua”, Collana del Progetto Finalizzato “Promozione della Qualità dell’Ambiente”, CNR AQ/1/127. GHETTI P.F. (1986): “I macroinvertebrati nell’analisi di qualità dei corsi d’acqua. Manuale di applicazione - Indice Biotico E.B.I. modificato”, Provincia Autonoma di Trento. GHETTI P.F. (1993): “Manuale per la difesa dei fiumi”, Editrice della Fondazione “Giovanni Agnelli”, Torino. GHETTI P.F. (1995): “Indice Biotico Esteso (I.B.E.)”, Notiziario dei Metodi Analitici IRSA, luglio 1995, 1-24. GHETTI P.F. (1997): “Manuale di Applicazione: Indice Biotico Esteso - I macroinvertebrati nel controllo della qualità degli ambienti di acque correnti”, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Protezione Ambiente. HELLAWELL J.M. (1986): “Biological surveillance of rivers”, Water Research Centre, Stevenage, England. RUFFO S., ed. (1977-85): “Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne italiane”, Collana del Progetto Finalizzato “Promozione della Qualità dell’Ambiente” CNR, Roma. SANSONI G. (1988): “Atlante per il riconoscimento dei macroinvertebrati dei corsi d’acqua italiani”, Provincia Autonoma di Trento, Centro Italiano Studi di Biologia Ambientale. SPAGGIARI R. & FRANCESCHINI S. (2000) “Procedure di calcolo dello stato ecologico dei corsi d’acqua e di rappresentazione grafica delle informazioni”. Biologia Ambientale, 14(2), 1-6. WOODIWISS F.S. (1964): “The biological system of stream classification used by the Trent River Board”, Chemistry and Industry, 14, 443-447. WOODIWISS F.S. (1978): “Comparative study of biological-ecological water quality assessment methods”, Second practical demonstration. Summary Report. Commission of the European Communities. INDICATORI BIOLOGICI Allegato 1 Elenco dei macroinvertebrati delle acque correnti italiane con indicazioni sintetiche su ecologia, propensione al drift, sensibilità agli inquinanti Legenda In questo allegato sono riportati gli elenchi dei “taxa” di macroinvertebrati delle acque correnti italiane, da considerare nel calcolo dell’IBE, sulla base della revisione tassonomica più recente. (Campaioli et al., 1994; 1999). Per ciascun gruppo vengono indicati anche i “taxa” che, per le loro caratteristiche ecologiche, non vanno considerati nel calcolo dell’indice, ma che possono ritrovarsi nelle acque correnti. Per i vari “taxa” si riportano alcune informazioni utili ai fini di una corretta analisi delle strutture di comunità. Esse sono indicate come segue: -(A): “Taxon” a respirazione aerea e la cui presenza può essere, in genere, indipendente dalla qualità dell’ambiente acquatico. Questi taxa non vanno conteggiati per il calcolo dell’IBE (tranne il caso di un ingresso in ultima riga della Tab. 2). -(A.M): “Taxon” a respirazione aerea, ma dipendente anche dalle condizioni complessive di qualità dell’ambiente acquatico. Vanno conteggiati per il calcolo dell’IBE. -R: Adattamento alla corrente: R=”taxon” tipicamente reofilo; L=”taxon” tipicamente limnofilo; ( )= “taxon” secondariamente R o L. -M.N.: Modo di Nutrizione prevalente: T=tagliuzzatori; A=collettori aspiratori; F=collettori filtratori; Fr=filtratori con rete; Ra=raschiatori; P=predatori; Pi=predatori succhiatori. ( ): Modo di nutrizione secondario. I tagliuzzatori si nutrono di elementi grossolani di materia organica (CPOM), quali foglie cadute, rametti, organismi morti (riducono i detriti in particelle fecali con diametro <1 mm). I collettori si nutrono di particelle organiche di dimensioni <1 mm (FPOM). Possono essere suddivisi in collettori aspiratori, che aspirano particolato organico deposto sul substrato di fondo, e in collettori filtratori che filtrano il particolato trasportato dalla corrente. Un caso particolare è costituito da alcuni Tricotteri che filtrano producendo reti con dimensioni di maglie variabili. Questi particolari filtratori (Fr) si nutrono mangiando la rete ed il suo contenuto (animali o vegetali) periodicamente o rimuovendo le particelle dalle maglie. I raschiatori si nutrono soprattutto di alghe e di altri organismi incrostanti i substrati duri. I predatori catturano e si nutrono di prede vive mediante apparati boccali specializzati. I predatori succhiatori succhiano i liquidi corporei di altri animali. -R.T.: Ruolo Trofico prevalente: E=erbivori; D=detritivori; C=carnivori; ( ) = Ruolo Trofico secondario. Gli erbivori si nutrono di organismi autotrofi, i detritivori si nutrono di detrito vegetale od animale, mentre i carnivori si nutrono di altri animali. Per alcuni taxa è difficile definire un ruolo trofico preciso; in molti casi lo stesso “taxon” (o le sue diverse specie) svolge contemporaneamente diversi ruoli (es. D-C). -N.M.P.: Numero minimo di presenze (DRIFT). Per ciascun “taxon” viene ripor INDICATORI BIOLOGICI tato il numero minimo di presenze nel materiale campionato necessario per poter considerare l’organismo catturato come appartenente in modo stabile alla comunità. Al di sotto di questo valore di presenze si ritiene che l’organismo catturato sia di drift e quindi solo occasionalmente e temporaneamente presente. In questo caso il “taxon” non viene conteggiato per il calcolo dell’indice. Questa indicazione ha solo un valore orientativo, dal momento che le abbondanze nel campione possono essere influenzate dall’intensità del drift in una fase particolare del ciclo vitale della specie, dal livello di trofia dell’ambiente, dalle modalità e dall’intensità di campionamento. Particolare attenzione va riservata ai “taxa” che definiscono l’ingresso orizzontale in Tab. 2 e la cui presenza stabile nella comunità deve essere sicura. Nel calcolo dell’I.B.E. possono essere commessi errori anche sensibili di giudizio per una considerazione, nel calcolo dell’indice, di taxa di drift che vengono catturati anche se presenti solo occasionalmente (in particolare tenendo sommerso a lungo il retino in contro corrente). Altri criteri per valutare se i taxa non appartengono alla comunità possono essere: effettuare sui substrati raccolte di conferma senza retino; valutare la congruità del “taxon” rispetto alla biotipologia e al resto della comunità campionata; considerare per ciascun “taxon” la propensione al drift rispetto alla tipologia ambientale, al periodo, alla presenza di affluenti a monte. -B.S.: Biotic Score- Indice proposto da Chandler, 1970. Questa indicazione viene riportata solo allo scopo di fornire ulteriori informazioni per una valutazione sulla sensibilità dei vari taxa all’inquinamento. Altre informazioni possono essere tratte dalle liste sul valore saprobico dei vari taxa. -SBMWP: Score Biological Monitoring Waters Pollution - Versione aggiornata (2002) del BMWP’ di ALBA-TERCEDOR & SANCHEZ-ORTEGA, 1988: riportata a titolo di informazione supplementare sul significato indicatore dei diversi “taxa” di macroinvertebrati. Per alcuni gruppi (si vedano ad esempio gli Efemerotteri) il metodo spagnolo consente, rispetto a quello inglese, maggiore articolazione di giudizio ed una più ampia rispondenza ai connotati faunistici ed ecoregionali italiani: poichè il livello di determinazione previsto dal metodo spagnolo è la famiglia, il punteggio relativo viene attribuito indifferentemente a tutti i generi compresi nella medesima famiglia. INDICATORI BIOLOGICI Capniidae Capnia 5-9 R T D 4-6 84-98 10 Capnioneura 3-5 R T D 4-6 84-98 10 Capnopsis 5-7 R T P 4-6 84-98 10 Chloroperlidae Chloroperla 6-8 R P(T) C(D) 2-3 90-100 10 Siphonoperla 9-12 R P C 2-3 10 Xanthoperla 5-7 R P C 2-3 10 Leuctridae Leuctra 5-16 R(L) T D 6-8 84-98 10 Tyrrhenoleuctra 6 R T D 6-8 10 Nemouridae Amphinemura 4-7 R(L) T D 4-6 47-63 7 Nemoura 5-10 R(L) T D 4-6 84-98 7 Nemurella 5-10 R(L) T D 4-6 84-98 7 Protonemura 5-11 R(L) T D 4-6 84-98 7 Perlidae Dinocras 20-31 R P C 2-3 90-100 10 Perla 12-33 R P C 2-3 90-100 10 Perlodidae Dictyogenus 15-25 R P C 2-3 90-100 10 Isogenus° 15-21 R P C 2-3 90-100 10 Isoperla 10-16 R P C 2-4 90-100 10 Perlodes 15-25 R P D 2-3 90-100 10 Taeniopterygidae Brachyptera 8-13 R Ra E-D 4-6 90-100 10 Rhabdiopteryx 8-13 R Ra E-D 4-6 90-100 10 Taeniopteryx 9-12 L(R) T E-D 4-6 90-100 10 (1) considerare il valore più alto nel caso non siano presenti altri taxa di Plecotteri ° si ritiene estinta in Italia Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze(1) B.S. SBMWPFamiglia Genere Plecotteri Beraeidae 4-10 L(R) Ra(T) E-D 2 75-94 10 Brachycentridae 6-12 R Ra-T(F) E-D 2 75-94 10 Ecnomidae 8 L F E-D 2 38-31 7 Glossosomatidae 5-8 R Ra(P) E(C-D) 2 75-94 8 Goeridae 6-12 R Ra E-D 2 75-94 10 Helicopsychidae 5-6 R Ra E 2 75-94 Hydropsychidae 10-20 R(L) Ra C-E-D 6 38-31 5 Hydroptilidae <5 L Si(Ra) E(D) 2 75-94 6 Lepidostomatidae 7-11 R T E-D 2 75-94 10 Leptoceridae 9-15 L(R) Ra-T(P) E-D-(C) 2 75-94 10 Limnephilidae 7-38 R T(P) D(E-C) 2 75-94 7 Odontoceridae 18 R Ra-P C-E(D) 2 75-94 10 Philopotamidae 6-22 R Fr D(E) 2 38-31 8 Phryganeidae 20-40 L T(P) D-E(C) 2 75-94 10 Polycentropodidae 10-25 R(L) Fr C(D-E) 2 38-31 7 Psychomyidae 4-11 R(L) F D-E 2 38-31 8 Rhyacophilidae 10-30 R P C 4 65-88 7 Sericostomatidae 12 R(L) T(Ra) T(R) 2 75-94 10 Thremmatidae 5,5 R R E 2 75-94 Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Tricotteri INDICATORI BIOLOGICI Ametropodidae Ametropus 11-20 R(L) Ra D 3 79-97 Baetidae Baetis 6-12 R A(Ra-P) D-E(C) 8 44-52 4 Centroptilum 8 R A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4 Cloeon 8-10 R(L) A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4 Pseudocentroptilum 8-10 A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4 Procloeon 9 R(L) A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4 Caenidae Brachycercus 9 A D 6 4 Caenis 4-9 R-L A D 6 79-97 4 Ephemerellidae Ephemerella 5-7 R(L) A(Ra-P) D(E-C) 6 79-97 7 Torleya 9 R A(Ra-P) D(E-C) 6 79-97 7 Ephemeridae Ephemera 20-30 R-L A(P) D(C) 3 79-97 10 Heptageniidae Ecdyonurus 7-15 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10 Electrogena <13 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10 Epeorus 11-14 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10 Heptagenia 9-12 R(L) Ra-A D-E 4-6 79-97 10 Rhithrogena 6-9 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10 Leptophlebiidae Choroterpes 8 R(L) A D(E) 4-6 79-97 10 Habroleptoides 7-11 A D(E) 4-6 79-97 10 Habrophlebia 7-8 R A D(E) 4-6 79-97 10 Paraleptophlebia 8-12 L A D(E) 4-6 79-97 10 Thraulus 9 L A D(E) 4-6 79-97 10 Oligoneuriidae Oligoneuriella 15 R Ra-A-T D-E 4-6 79-97 5 Polymitarcidae Ephoron 17 L(R) A(P) D(C) 3 79-97 5 Potamanthidae Potamanthus 14 R A(P) D(C-E) 3 79-97 10 Siphlonuridae Siphlonurus 16 L F(P) D(C-E) 3 79-97 10 (1) Considerare il valore più alto nel caso non siano presenti altri taxa di Efemerotteri Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze(1) B.S. SBMWPFamiglia Genere Efemerotteri Chrysomelidae (A.M.) 5 L E 2 51-72 4 Dryopidae (A.M. da adulti) 3-6 L(R) T E-D 2 51-72 5 Dytiscidae (A.M.) 1-50 L(R) a = P C 2 51-72 3 l = Pi Elmidae (A.M. da adulti) 1,2-8,3 R A(Ra-T) E 3 51-72 5 Eubriidae R Ra E 2 51-72 Gyrinidae 3-8 L(R) a = P C 1 51-72 3 (A.M. da adulti) l = Pi Haliplidae (A.M. da adulti) 2,2-4,3 L-R T E 3 51-72 4 Helodidae (A.M.) L-R A-T E 2 51-72 3 Hydraenidae (A.M.) <3 R-L Ra E 3 51-72 5 Hydrophilidae (A.M.) 1-48 L a = T(P) a = E(D-C) 2 51-72 3 l = Pi l = C Hydroscaphidae 1 E 2 Hygrobiidae (A.M. da adulti) 8-11 L P C 1 51-72 3 Limnebiidae (A.M.) 0,6-3 R Ra E 2 51-72 (1) Sono i soli insetti olometaboli che vivono negli ambienti acquatici sia in forma larvale che imaginale (alcune fami- glie presentano un solo stadio acquatico) a= adulti; l= larve Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Coleotteri(1) INDICATORI BIOLOGICI Altri “taxa” di Coleotteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Coleotteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) Helophoridae 2,2-9 Respirazione aerea. Preferiscono le acque sta- gnanti. Le larve hanno abitudini ripicole Hydrochidae 2,4-5 Gli adulti vivono nelle acque stagnanti; le larve sono terrestri Spercheidae 7 Poco frequenti, vivono nelle acque stagnanti sul le radici delle idrofite. Sphaeridiidae 3,5-5 Vivono nelle acque stagnanti Dimensioni (mm)Famiglia Note Aeschnidae Aeschna 30-45 L P C 1 8 Anax 55-60 L P C 1 8 Boyeria <40 L P C 1 8 Brachytron <40 L P C 1 8 Calopterygidae Calopteryx 25-35 L(R) P C 1 8 Coenagrionidae Agrion-Coenagrion 20-35 L P C 1 6 Cercion 25 L P C 1 6 Erythromma 25-35 L P C 1 6 Ischnura 20-25 L P C 1 6 Pyrrosoma 20 L P C 1 6 Ceriagron 15-20 L P C 1 6 Cordulegasteridae Cordulegaster <45 L-R P C 1 8 P Corduliidae Cordulia 20-25 L P C 1 8 Oxygastra 20 L P C 1 8 Somatochlora 15-25 P C 1 8 Gomphidae Gomphus <30 L P C 1 8 Onychogomphus 20-25 L P C 1 8 Ophiogomphus <30 P C 1 8 Paragomphus <25 L P C 1 8 Stylurus <35 P C 1 8 Lestidae Chalcolestes 25-30 P C 1 8 Libellulidae Brachythemis 15-20 P C 1 8 Crocothemis 20 L P C 1 Ladoma 20-25 P C 1 8 Orthetrum 15-30 L P C 1 8 Sympetrum 10-20 L P C 1 8 Trithemis 20 P C 1 8 Platycnemididae Platycnemis 15-20 L P C 1 6 Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere Odonati INDICATORI BIOLOGICI Altri “taxa” di Odonati che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Odonati (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) Aeschnidae Hemianax 45 Colonizza acque temporanee (laghetti irrigui) Coenagrionidae Enallagma 20-25 Colonizza acque ferme in quota Corduliidae Ephiteca <30 Colonizza acque ferme Gomphidae Lyndenia 45 Colonizza esclusivamente laghi grandi e poco profondi Lestidae Lestes 24-30 Colonizza laghi e pozze anche salmastri Sympecma 25 Colonizza acque ferme e tollera anche condizioni debolmente salmastre Libellulidae Leucorrhinia 20 Colonizza laghetti e torbiere acide Libellula <25 Colonizza laghi e pozze con vegetazione Platetrum 25 Colonizza acque ferme anche artificiali e prive di vegetazione Selysiothemis 20 Colonizza acque ferme, con preferenza per grandi specchi d’acqua poco profondi Tarnetrum 15-20 Colonizza acque ferme anche temporanee e/o artificiali Genere Dimensioni (mm)Famiglia Note Anthomyidae o Muscidae 8-17 R Pi C 2 4 Athericidae 16-30 R(L) Pi C 2 10 Blephariceridae 5-12 R Ra E 2 10 Ceratopogonidae 3-18 L P(A-Ra) C(D) 2 4 Chironomidae 3-30 L-R P(A-Ra) C(E-D) 8 28-4 3 Cylindrotomidae 25 E? 2 Dixidae (A.M.) 8-13 R F-Ra D 2 4 Empididae 5-7 R Pi C 1 4 Ephydridae 6-13 L(R) Ra(P) E(D-C) 2 3 Limoniidae 6-15 R(L) P(T) C(E-D) 2 60-84 4 Psycodidae (AM) 6-15 L Ra D-E 2 19-1 4 Rhagionidae <22 Pi C(D) 1 4 Sciomyzidae 2-7 L Pi C 1 4 Simuliidae 4-12 R F E-D 8 56-75 10 Stratiomyidae (AM) 4-14 L F E-C 2 19-1 4 Tabanidae 10-20 R Pi C 2 4 Thaumaleidae 6-11 2 3 Tipulidae 6-40 L T(P) D(E-C) 2 10 Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Ditteri INDICATORI BIOLOGICI Altri “taxa” di Ditteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Ditteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) Chaoboridae 9-14 Larve e pupe vivono nelle acque dei laghi Cordyluridae o Scatophagidae 8-14 La famiglia comprende specie terrestri e semiacquatiche che vivono nei terreni umidi degli ambienti ripari delle acque correnti e stagnanti Culicidae 5-10 Larve a respirazione aerea; vivono in una varietà notevole di ambienti di acque ferme, assai di rado debolmente correnti Dolichopodidae 9-15 Larve prevalentemente terrestri, raramente se- miacquatiche degli ambienti di sedimenti umidi ripari Ptychopteridae 15-20 Larve a respirazione aerea che colonizzano le acque calme e poco profonde di risorgive, stagni e paludi. Il rinvenimento in acque correnti è raro Syrphidae 5-20 Larve a respirazione aerea terrestri e semiac- quatiche. Costituiscono la fauna caratteristica di fosse settiche e liquami Dimensioni (mm)Famiglia Note Aphelocheiridae (A.M.) 8,5-10 R Pi C 2 10 Corixidae (A.M.) 1,7-9,5 Ra - Pi E-C 2 19-1 3 Naucoridae(A M) 8-16 L-R Pi C 2 19-1 3 Nepidae (A.M.) 14-35 L Pi C 2 19-1 3 Notonectidae (A.M.) 7-16 L Pi C 2 19-1 3 (1) Mentre i Gerromorfi hanno una tipica respirazione aerea e vivono sopra l’acqua sfruttando la tensione superficia- le, i Nepomorfi hanno dei sistemi respiratori più complessi che variano da genere a genere e spesso tra forme giova- nili e adulti (a volte con dipendenza sia dall’ossigeno atmosferico che da quello disciolto nelle acque). Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Eterotteri(1) INDICATORI BIOLOGICI Altri “taxa” di Eterotteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Asellidae <15 L T D 6 25-10 3 Astacidae* <110 L-R T(P) D-E(C) 1 8 Atyidae <40 L T(P) D-E(C) 4 6 Crangonyctidae T D Gammaridae <15 R(L) T D 6 40-40 6 Niphargidae T D 4 Palaemonidae <45 L T(P) D(C) 4 Potamidae <200 L T(P) D(C) 1 *comprende solo Astropotamobius pallipes italicus e Astacus astacus Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Crostacei Gerridae 5,5-1,7 Colonizzano le rive dei fiumi e pattinano sulle acque ferme Hebridae 1,6-2,3 Camminano sia sull’acqua che sul terreno. Prediligono le sponde sabbiose o ghiaiose di laghi e di paludi e di piccoli corsi d’acqua a lento deflusso Hydrometridae 7,5-13 Vivono lungo le sponde di laghi, stagni, paludi e corsi d’acqua a lento corso Mesoveliidae 3-3,5 Si muovono sull’acqua ma prediligono stare sulle foglie galleggianti delle ninfee e di altre piante acquatiche Ochteridae 4-6 Vivono normalmente fuori dall’acqua e si immergono per la predazione Pleidae 2,5-3 Colonizza le acque ferme e limpide Veliidae 1,4-9,4 Vivono sull’acqua in prossimità delle rive. Prediligono acque calme purchè limpide Famiglia Dimensioni (mm) Note Eterotteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) Altri “taxa” di Crostacei che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Ostracoda 1-3 Abitatore di acque lacustri o molto lente (monte do briglie o sbarranenti) Triopsidae 15-30 Abitatore di risaie e acque temporanee Famiglia Dimensioni (mm) Note Crostacei (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) INDICATORI BIOLOGICI Acroloxidae L:<6,5 W:<3,7 L R E-D 1 30-18 Ancylidae L:<4,7 W:3,9 R R E(D) 1 70-91 6 Bythiniidae H:5-14 D:4-6,2 L(R) T-R D-E 1 30-18 3 Emmericiidae H:5,6-8,8 D:4-6,2 L R E(D) 1 Hydrobioidea H:1,9-3,9 R(L) R E(D) 1 30-18 3 Lymnaeidae L:6-70 W:4-30 L(R) R-T(P) E(C) 1 30-18 3 Neritidae H:8 L:10-13 R R E 1 30-18 6 Physidae L:8-17 W:3-10 L(R) R(T) E(D) 1 30-18 3 Planorbidae H:0,2-15 D:4-19 L R-T E-D 1 30-18 3 Valvatidae H:1-6 D:<5 L(R) R-T E-D 1 30-18 3 Viviparidae L:<50 D:<25 L(R) R-T E-D 1 30-18 6 (1) Non vanno mai considerati i gusci vuoti nel calcolo dell’I.B.E. (2) L= lunghezza; H: altezza; W= larghezza; D= diametro R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni(2) (mm) Gasteropodi (1) Altri “taxa” di Gasteropodi che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Pyrgulidae H:7,6-10 D:2,5-3,6 Comune nei laghi prealpini italiani dove vive nel fango, nella sabbia o fra la vegetazione di fondo (2) L= lunghezza; W= larghezza; H= altezza; D= diametro Famiglia Dimensioni (2) (mm) Note Gasteropodi (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.) Dreissenidae L:<28 L(R) F E-D 1 30-18 Pisidiidae L:<4 R-L F E-D 1 30-18 3 H:3-4 Sphaeriidae L:<15 L(R) F E-D 1 30-18 3 H:<11 Unionidae L:<200 L F E-D 1 30-18 3 (1) Non vanno mai considerati i gusci vuoti nel calcolo dell’I.B.E. (2) L= lunghezza; H: altezza R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni(2) (mm) Bivalvi(1 Dendrocoelidae Dendrocoelum 15-25 R-L Pi C 1 35-25 5 Dugesiidae Dugesia 20-35 L-R Pi C 1 35-25 5 Planariidae Crenobia 7-15 R(L) Pi C 1 90-100 5 Planaria <15 L Pi C 1 35-25 5 Phagocata <15 L Pi C 1 35-25 5 Polycelis 12-20 R-L Pi C 1 35-25 5 Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere Tricladi INDICATORI BIOLOGICI Erpobdellidae Dina <80 L-R P C 1 24-8 3 Erpobdella <75 R-L P C 1 24-8 3 Trocheta 75-150 L-R P C 1 24-8 3 Glossiphoniidae Batracobdella 7-30 L-R C 1 24-8 3 Glossiphonia 10-30 L(R) Pi C 1 26-13 3 Helobdella 5-10 L Pi C 1 24-8 3 Haemopidae Haemopis 50-200 L P C 1 23-7 3 Piscicolidae Piscicola 20-50 R(L) PI C 1 24-8 3 Dimensioni (mm) R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere Irudinei Altri “taxa” di Irudinei che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E. Enchytraeidae <20-30 L(R) A D 1 1 Haplotaxidae 200-250 L A D 1 1 Lumbricidae e/o Criodrilidae <300 L (R) A D 1 1 Lumbriculidae 10-40 R (L) A D 1 1 Naididae <20-30 L (R) A (P) C (D-E) 1 20-2 1 Propappidae A D 1 1 Tubificidae >20-30 L (R) A D (E) 1 22-9 1 R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni (mm) Oligocheti Sialidae (Megalotteri) <26 L(R) P C 1 75-94 Osmylidae (Planipenni) <15 L(R) P C 1 4 Prostoma (Nemertini) <20 P C 1 Gordiidae (Nematomorfi) <160 R Pi C 1 R M.N. R.T. N° minimo di presenze B.S. SBMWPTaxon Dimensioni (mm) Altri taxa che vanno considerati nel calcolo dell’I.B.E. Irudinei (da non considerare nel calcolo dell’IBE) Glossiphoniidae Hemiclepsis <30 Si nutre di sangue di pesci, anfibi e tartarughe Placobdella 20-70 Legata alle tartarughe d’acqua e agli ambienti palustri Theromyzon 15-18 Ectoparassita di uccelli Hirudinae Hirudo 100-150 Frequenta stagni e paludi. Gli adulti si nutrono di sangue di vertebrati a sangue caldo Limnatis 100-150 Frequenta acque ferme anche temporanee Piscicolidae Cystobranchus 20-30 Ectoparassita di pesci Genere Dimensioni (mm)Famiglia Note Altri “taxa” di microinvertebrati non indicati espressamente in queste tabelle non vanno considerati per il calcolo dell’I.B.E. INDICATORI BIOLOGICI 9020. Determinazione della clorofilla: metodo spettrofotometrico Introduzione In ambienti acquatici la misura della clorofilla a è utilizzata come indicatore di biomassa autotrofa in quanto rappresenta il pigmento indispensabile per il processo di fotosintesi per tutti gli organismi autotrofi. La clorofilla a costituisce l’1-2% del peso secco della sostanza organica delle alghe. Dalla misura della clorofilla è così possibile risalire al contenuto di sostanza organica utilizzando fattori di conversione. Il rapporto tra carbonio organico e clorofilla varia tra le specie, in funzione delle diverse condizioni fisiologiche ed ambientali; in ambienti marini tale rapporto è compreso nell’intervallo di valori 23-79. L’APHA propone un coefficiente unico pari a 67. Le alghe planctoniche contengono altri pigmenti fotosintetici tra cui la clorofilla b e c. La stima di tali clorofille, diversamente distribuite tra i gruppi tassonomici, può essere utilizzata per identificare i vari gruppi algali presenti nel campione. Tre metodi sono generalmente utilizzati per l’analisi della clorofilla: spettrofotometrico, fluorimetrico e cromatografico. I metodi spettrofotometrico e fluorimetrico sono largamente utilizzati per indagini di campo. La tecnica fluorimetrica, fino a 50 volte più sensibile di quella spettrofotometrica, consente l’utilizzo di volumi ridotti di campione e la misura della clorofilla in vivo. La tecnica cromatografica è ritenuta la più opportuna per identificare e quantificare accuratamente tutti i pigmenti fotosintetici. I metodi ottici possono significativamente sovrastimare o sottostimare la concentrazione di clorofilla a causa della sovrapposizione delle bande di assorbimento o di fluorescenza di pigmenti diversi o di prodotti di degradazione. Ad esempio in campioni di profondità o provenienti da aree ad elevata trofia, i prodotti di degradazione della clorofilla, derivanti da cellule senescenti, detrito e materiale di origine fecale, rappresentano a volte una frazione significativa dei pigmenti autotrofi indicati con il termine generico di “feopigmenti”. Tali prodotti possono essere misurati sia per spettrofotometria che per fluorimetria ma in quest’ultima tecnica la presenza di clorofilla b (posseduta dalle alghe verdi e largamente distribuita anche in acque oligotrofiche) interferisce sia con la stima della clorofilla a che dei feopigmenti. Il metodo spettrofotometrico, descritto nel seguito, offre numerosi vantaggi in termini di semplicità, accuratezza, costo e tempo d’analisi, risultando particolarmente adatto ad essere impiegato in indagini di campo. 1. Principio del metodo II metodo si basa sulla proprietà della clorofilla di assorbire la luce nella zona del rosso dello spettro visibile. Dal campione concentrato su filtro la clorofilla è estratta in acetone e la concentrazione determinata tramite lettura dell’assorbanza. In presenza di prodotti di degradazione, la cui emissione interferisce con quella della clorofilla a, la stima dei pigmenti può essere effettuata più correttamente attraverso l’acidificazione dell’estratto. A pH acido la clorofilla a perde l’atomo di magnesio dal nucleo porfirinico e si converte con rapporto stechiometrico in feofitina a. L’uso di appropriate equazioni permette successivamente di calcolare algebricamente le concentrazioni nel campione sia della clorofilla a che della somma dei prodotti di degradazione spettralmente simili (feofitina a e feoforbide a) indicati da Lorenzen come “feopigmenti”. INDICATORI BIOLOGICI 2. Campo di applicazione Il metodo è valido per diverse tipologie di acque ed in particolare è raccomandato per acque ad elevata trofia e di profondità. L’intervallo di concentrazione misurabile è funzione delle condizioni sperimentali quali il volume di acqua filtrata e la sensibilità dello spettrofotometro utilizzato per cui non si ritiene opportuno specificare il campo di applicazione. 3. Interferenze e cause d’errore I pigmenti fitoplanctonici sono biochimicamente reattivi e labili per cui i campioni dovrebbero essere analizzati immediatamente dopo il prelievo. In alternativa il campione concentrato su filtro può essere conservato per periodi limitati di tempo (vedi Capitolo 4). La concentrazione del campione sul filtro deve essere effettuata con cura. Un’eccessiva depressione creata dalla pompa aspirante avrebbe come effetto la rottura delle cellule vegetali con il conseguente passaggio dei pigmenti attraverso il filtro. La stabilità della clorofilla dipende in larga misura dalla luce, dalla temperatura e dal pH del mezzo, quindi particolare attenzione merita la manipolazione del campione e dell’estratto. Una elevata presenza di organismi zooplanctonici di grandi dimensioni può rappresentare un problema per l’analisi dei pigmenti fotosintetici. La clorofilla contenuta nell’apparato digerente può infatti contribuire significativamente alla concentrazione finale. In questo caso si consiglia di prefiltrare il campione attraverso un retino con maglie da 200-250 µm. La selezione della banda passante e delle lunghezze d’onda per le letture allo spettrofotometro è causa frequente d’errore e pertanto va effettuata con cura. Il picco di assorbimento della clorofilla è molto stretto e la banda passante ottimale è tra 0,5 e 2 nm. Una banda spettrale di 20 nm di larghezza, ad esempio, sottostimerebbe la concentrazione di clorofilla del40%. È consigliabile inoltre verificare il picco di assorbimento della clorofilla, che varia a seconda della capacità risolutiva dello strumento, mediante scansione tra 600 ed 800 nm. L’operazione di acidificazione dell’estratto deve essere effettuata con cautela. Concentrazioni di acido cloridrico superiori a 3·10-3 M provocano interferenze nella lettura dei feopigmenti a causa della formazione di prodotti di degradazione dei carotenoidi. 4. Campionamento e conservazione del campione Il campione di acqua può essere prelevato tramite le comuni bottiglie usate nella pratica oceanografica e limnologica. Si consiglia l’uso di bottiglie scure per la conservazione dei campioni poiché l’esposizione alla luce diretta del campione produce una degradazione fotochimica dei pigmenti. Il campione va conservato a +4°C e filtrato non oltre 8 ore dal prelievo. I filtri derivanti da campioni a pH 7 possono essere posti in un recipiente a tenuta, ripiegati (con le alghe all’interno) e avvolti in strati di carta assorbente. Conservare i filtri alla temperatura di –20°C per non oltre una settimana, o a –90°C fino a 60 giorni. I campioni derivanti da ambienti a pH acido devono essere filtrati e trattati subito per prevenire la degradazione dei pigmenti. 5. Apparecchiature 5.1 Normale attrezzatura di laboratorio 5.2 Accessori per filtrazione: pompa aspirante con manometro, beuta da vuoto, portafiltro e imbuto da filtrazione da 47 mm di diametro, pinze a molla per saldare l’imbuto alla base, pinzette a punte piatte per la manipolazione dei filtri. 5.3 Filtri in fibra di vetro (porosità nominale 0,7 µm; diametro 47 mm). 1138 INDICATORI BIOLOGICI 5.4 Bottiglia scura da reagente con dosatore da 10 mL. 5.5 Pipette da 0,1 e 5 mL. 5.6 Sistema di omogeneizzazione completo di “potter” in vetro Pyrex da 25 mL, pestello in teflon con scanalature all’estremità (per ulteriori dettagli vedi Fig. 1) ebagno di ghiaccio. È importante che lo spazio tra il pestello e la parete di vetro permetta il passaggio del filtro durante l’operazione di omogeneizzazione. L’omogeneizzazione può essere effettuata con un motore elettrico applicato al pestello. 5.7 Provette graduate da 15 mL con tappo a tenuta. 5.8 Sistema di filtrazione monouso a siringa resistente ai solventi, con supporto per filtri da 25 mm di diametro e membrane con porosità 1,0 µm. In alternativa centrifuga per provette da 15 mL. 5.9 Spettrofotometro munito di celle da 1-4-10 cm di cammino ottico. dei filtri. 6. Reattivi 6.1 Soluzione acquosa di acetone al 90% Porre 100 mL di acqua deionizzata in un matraccio da un litro e portare a volume con acetone (CH3COCH3) di grado analitico. Conservare la soluzione nella bottiglia scura da reagente (5.4). Nota: si raccomanda particolare attenzione durante la manipolazione dell’acetone in quanto estremamente infiammabile ed irritante. 6.2 Soluzione acquosa di acido cloridrico 0,1 M 7. Procedimento 7.1 Preparazione del campione Condurre le operazioni a luce attenuata. Agitare il campione e filtrarne un volume idoneo utilizzando gli apparati (5.2) e (5.3). L’aspirazione deve esercitare una depressione non superiore ai 150 mm Hg. Registrare con esattezza il volume filtrato. Interrompere la filtrazione prima che il filtro si intasi. 7.2 Estrazione Prosciugare il filtro per aspirazione, evitando l’essiccamento, ripiegarlo in due, tagliarlo in pic 1139 Figura 1: Apparato utilizzato per l’omogeneizzazione INDICATORI BIOLOGICI cole porzioni e porlo nell’apposito sistema di omogeneizzazione (5.6) in 5 mL della soluzione acquosa di acetone (6.1). Omogeneizzare per 1 minuto (a 500 giri per minuto nel caso si disponga di un motore) raffreddando nel ghiaccio l’estremità dell’omogenizzatore. Raccogliere l’omogenato in una provetta e lavare il pestello e il “potter” con due aliquote di soluzione acquosa di acetone (6.1). Dopo averle raccolte accuratamente aggiungerle all’omogenato e portare il volume finale a 10 mL. Evitare eccessive diluizioni dell’estratto. Conservare per 2 ore gli estratti a +4°C e al buio. Procedere alla chiarificazione dell’estratto per filtrazione (5.8). Al fine di ridurre la ritenzione sul sistema di filtrazione forzare il passaggio di 2 mL di aria dopo il campione. In alternativa l’estratto può essere centrifugato per un tempo da stabilire in base al modello della centrifuga e al grado di chiarificazione raggiunto dall’estratto. Versare l’estratto chiarificato in una provetta da 15 mL (5.7) e misurare il volume finale. 7.3 Misura dell’assorbanza Azzerare lo strumento con la soluzione di acetone (6.1), utilizzando celle accoppiate otticamente e tappate, alle lunghezze d’onda di 750 nm, 664 nm e 665 nm. La scelta del percorso ottico delle cuvette va effettuata in funzione del grado di diluizione degli estratti. Leggere le assorbanze dell’estratto alle lunghezze d’onda di 750 nm e 664 nm contro la cella di riferimento riempita di soluzione acquosa di acetone. La lettura dell’estratto a 750 nm serve a misurarne la torbidità che, utilizzando una cuvetta di 10 cm di cammino ottico, deve essere inferiore a 0,05 unità di assorbanza. Acidificare il campione aggiungendo direttamente nella cuvetta 30 µL della soluzione di acido cloridrico per ogni mL di estratto. Capovolgere più volte la cuvetta accuratamente tappata, attendere dai 3 ai 10 minuti per la degradazione a feofitina di tutta la clorofilla. Leggere, quando il valore di assorbanza si è stabilizzato, alle lunghezze d’onda di 750 nm e 665 nm. Le letture dell’estratto acidificato hanno valori di assorbanza inferiori alle corrispondenti del campione non acidificato ed il rapporto tra i picchi di assorbimento (664/665) varia da 1,0 (nel caso siano presenti solo prodotti di degradazione) a 1,7 (nel caso sia presente solo clorofilla). Prima di procedere alla lettura del campione successivo lavare accuratamente la cella con la soluzione di acetone (6.1) per eliminare ogni traccia di acido. 8. Calcoli Calcolare le concentrazioni di clorofilla a e di feofitina a nel campione come segue: Clorofilla a (mg/m3) = {26,7 [(664 – 750) – (665a – 750a)] v}/V·L Feofitina a (mg/m3) = {26,7 [1,7 (665a – 750a) – (664 – 750)] v}/V·L dove: 750 e 664 = assorbanze dell’estratto alle corrispettive lunghezze d’onda; 750a e 665a = assorbanze dell’estratto acidificato alle corrispettive lunghezze d’onda; v = volume (mL) dell’estratto; V = volume (L) d’acqua filtrata; L = cammino ottico (cm) della cella. 8.1 Calcolo della clorofilla a in assenza di feopigmenti Nel caso in cui la concentrazione dei prodotti di degradazione della clorofilla sia trascurabile, ad esempio in campioni provenienti da colture algali in fase di crescita logaritmica o in acque superficiali eufotiche, è possibile calcolare la concentrazione delle clorofille a, b e c (data come somma della clorofilla c1 e c2) usando lo stesso metodo di estrazione. La lettura delle assorbanze è effettuata solo sull’estratto non acidificato alle lunghezze d’onda di 750 1140 INDICATORI BIOLOGICI nm, 664 nm, 647 nm e 630 nm. Per il calcolo delle clorofille estratte in acetone al 90% sono disponibili equazioni che, avvalendosi di appropriati coefficienti di estinzione, permettono una elevata accuratezza. Quindi: Clorofilla a (mg/m3) = {[11,85 (664 – 750) – 1,54 (647 – 750) – 0,08 (630 – 750)] v}/V·L Clorofilla b (mg/m3) = {[21,03 (647 – 750) – 5,43 (664 – 750) – 2,66 (630 – 750)] v}/V·L Clorofilla c (mg/m3) = {[24,52 (630 – 750) – 7,60 (647 – 750) – 1,67 (664 – 750)] v}/V·L dove i numeri in parentesi indicano le assorbanze degli estratti alle corrispettive lunghezze d’onda. Per la descrizione di v, V e L si rimanda al Capitolo 8. 9. Qualità del dato L’accuratezza delle concentrazione dei pigmenti calcolata con il metodo spettrofotometrico non è uniforme per tutte le potenziali miscele di clorofilla a e feofitina a che possono caratterizzare il campione. Errori variabili sono anche quelli di natura algebrica derivanti dall’applicazione delle citate equazioni. Un estratto di clorofilla pura in acetone 90% riduce l’assorbanza a 665 nm di 1,7 quando acidificato. Campioni contenenti 50% clorofilla a e 50% di feofitina a su base molare sono caratterizzati da un rapporto di 1,35. Per una semplice propagazione di errori strumentali nella lettura di estratti prima e dopo acidificazione è stato osservato che errori sono stati commessi nel calcolo dei feopigmenti quando questi costituiscono una piccola frazione del totale (clorofilla+feopigmenti) e cioè quando il rapporto delle assorbanze prima e dopo acidificazione supera 1,35. In questo caso per il calcolo delle clorofille si consiglia di applicare la procedura descritta nel Paragrafo (8.1). Egualmente, errori possono essere commessi quando il rapporto cade al di sotto di 1,35, cioè quando la clorofilla rappresenta una piccola frazione del totale. Quindi è raccomandata particolare cautela nel considerare concentrazioni di feopigmenti o clorofilla in campioni che mostrano tali caratteristiche. L’acidificazione dell’estratto trasforma stechiometricamente i pigmenti su base molare mentre Lorenzen formula le equazioni in funzione dei pesi specifici per mantenere uniforme l’unità di misura con i coefficienti di estinzione spesso dati in unità per peso specifico. La clorofilla a e la feofitina a sono caratterizzati da una differenza del 3% nel peso molecolare (893 e 869) e quindi l’errore di trasformazione da massa a mole è considerato trascurabile. Di conseguenza è trascurabile l’errore nel calcolo della clorofilla e dei feopigmenti nel caso in cui tutti i prodotti di degradazione siano costituiti da sola feofitina a. Il calcolo dei feopigmenti può invece essere sovrastimato di un fattore 1,5 quando il campione è caratterizzato da una cospicua presenza di feoforbide a poiché è spettralmente vicino alla feofitina a ma è caratterizzato da un peso molecolare 1,51 volte inferiore a quello della clorofilla a. Inoltre tutta la clorofilla b, se presente nel campione, è egualmente degradata a feofitina a e quindi erroneamente espressa come componente dei feopigmenti. In una miscela di clorofille a, b e c la migliore stima è effettuata tramite le equazioni descritte nel Paragrafo (8.2), i cui coefficienti di estinzione assicurano una elevata accuratezza, con errori inferiori all’1% per la clorofilla a e b, e pari al 24% per la clorofilla c. Tali equazioni non tengono però conto delle eventuali interferenze dovute ai feopigmenti. BIBLIOGRAFIA ABAYCHI J.K. & RILEY J.P. (1979): “The determination of phytoplankton pigments by high performance liquid chromatography” Anal.Chim.Acta, 107, 1-11. INDICATORI BIOLOGICI APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard methods for the examination of water and wastewater”, XX Ed., (Washington, APHA). HOLM–HANSEN O., LORENZEN C.J., HOLMES R.W. & STRIKLAND J.D.H. (1965): “Fluorimetric determination of chlorophyll”, J.Cons.Perma.Int.Explor.Mer., 30, 3-15. JEFFREY S.W. & HUMPHREY G.F. (1975): “New spectrophotometric equations for determining chlorophylls a, b, cl, and c2 in higher plants, algae and natural phytoplankton”, Biochem. Physiol. Plant. Pflanzen., 164, 191-194. LORENZEN C.J. (1966): “A method for continuous measurements of in vivo chlorophyll concentration”, Deep-Sea Res., 13, 223-227. LORENZEN C.J. (1967): “Determination of chlorophyll and phaeopigments: spectrophotometric equations”, Limnol. Oceanogr., 12, 343-346. LORENZEN C.J. & JEFFREY S.W. (1980): “Determination of chlorophyll in seawater”, UNESCO. Technical papers in Marine Sciences, No.35, 21pp. MOED J.R. & HALLEGRAEFF G.M. (1978): “Some problems in the estimation of chlorophylla and phaeopigments from pre- and post-acidification: spectrophotometric measurements”, Int. Rev. ges. Hydrobiol., 63, 787-800. PARSON T.R., TAKAHASHI M. & HARGRAVE B. (1977): “Biological oceanographic processes “, II Edition, Pergamon Press, Oxford, U.K. RIEMANN B. (1978): “Carotenoid interference in the spectrophotometric determination of chlorophyll degradation products from natural populations of phytoplankton”, Limnol. Oceano- gr., 23, 1059-1066. SCOR-UNESCO (1997): “Phytoplankton pigments in oceanography: guidelines to modern methods” Jeffrey S.W., Mantoura R.F.C., Wright S.W., (eds.), UNESCO, Monographs on Oceanographic Methodology, 10, Paris, 661pp. WHO (1982): “Examination of water for pollution control”, M.J. Suess (ed.), (Oxford. Pergamon Press) 3,200pp. YENTSCH C.S. & MENZEL D.W. (1963): “A method for the determination of phytoplankton chlorophyll and pheophytin by fluorescence”, Deep Sea Res., 10, 221-231. INDICATORI BIOLOGICI 9030. Determinazione dell’Adenosintrifosfato (ATP) Introduzione La misura dell’ATP è utilizzata come indicatore di biomassa totale in ambienti acquatici in quanto è presente in tutti gli organismi, sia autotrofi che eterotrofi, come molecola indispensabile al sistema energetico cellulare. Questa tecnica, proposta nel 1966 da Holm- Hansen e Booth, è stata largamente utilizzata in quanto rappresenta una stima affidabile di biomassa vivente. Gli autori hanno infatti misurato una rapida idrolisi della molecola dopo la morte della cellula con una perdita di ATP pari al 50% dopo 5 minuti e al 65% dopo venti minuti. Il rapporto tra ATP e biomassa varia tra specie e specie, tuttavia nell’ambito della stessa specie rimane sufficientemente costante consentendo stime attendibili di biomassa. Tale rapporto può subire variazioni più rilevanti nel caso di stress fisiologici. Da misure di ATP è possibile stimare la biomassa totale planctonica considerando un contenuto di 2,4 µg ATP/mg di peso secco di sostanza organica. Per la misura dell’ATP sono proposte in letteratura varie metodologie che differiscono essenzialmente per le diverse modalità con cui viene effettuata l’estrazione. Il metodo proposto nel seguito è stato preferito, anche rispetto a quello più frequentemente utilizzato introdotto da Holm-Hansen e Booth, per le ottime caratteristiche di resa e per l’estrema semplicità che ne permette l’applicazione anche in indagini di campo. 1. Principio del metodo Il campione è raccolto su filtro e l’ATP estratto dalle cellule con dimetilsolfossido (DMSO). Quando l’ATP è messo in presenza del complesso enzimatico luciferina-luciferasi, estratto dall’addome di lucciola (Photinus piralys), avviene una rapida emissione di fotoni la cui intensità decade nel tempo esponenzialmente. Poiché per ogni fotone di luce emesso una molecola di ATP viene idrolizzata, l’intensità della luce emessa è direttamente proporzionale all’ATP contenuto nell’estratto del campione. La reazione enzimatica è così schematizzata: dove: E = luciferasi LH = luciferina E·LH2·AMP =complesso luciferiladenilato PP = pirofosfato AMP = adenosin-monofosfato L’emissione luminosa è misurata tramite un luminometro. Dalla comparazione tra le letture del campione e quelle ottenute da soluzioni a concentrazione nota di ATP si risale alla concentrazione di quest’ultimo nel campione in esame. INDICATORI BIOLOGICI 2. Campo di applicazione Il limite di rivelabilità dipende dal volume di acqua filtrata e dal tipo di strumento usato. In genere in base alle diverse caratteristiche del campione si consigliano 250-500 mL per acque eutrofiche o costiere, 1000 mL per acque oligotrofiche e 2000 mL per acque di profondità. Con la procedura esposta è possibile rivelare 0,20 µg/L di ATP come concentrazione minima nell’estratto, con probabilità 95% di ottenere un risultato diverso dal valore zero. Per concentrazioni comprese tra 0,70 e 700 µg/L la risposta è lineare (r = 0,999; n = 5). 3. Interferenze e cause di errore II tempo di trasformazione (“turnover”) dell’ATP è estremamente rapido e molte sono le cause che possono alterarne il contenuto cellulare, tra cui l’esposizione alla luce diretta del campione (specialmente in organismi fotosintetici), le variazioni di ossigeno o di temperatura, il congelamento, la centrifugazione o una inaccurata filtrazione. II tempo che intercorre tra il prelievo del campione e l’estrazione deve essere ridotto al minimo per evitare che gli enzimi idrolitici intracellulari (ATPasi, adenilatochinasi, fosfatasi) alterino le molecole di ATP. In campioni derivanti da ambienti iperalini la biomassa potrebbe essere sovrastimata in quanto in queste particolari condizioni l’ATP persiste dopo la morte della cellula. La variazione della forza ionica del mezzo influenza negativamente sia la stabilità dell’estratto che l’emissione luminosa e quest’ultima, essendo il prodotto di una reazione enzimatica, è influenzata anche da variazioni di temperatura. I metalli pesanti o gli ioni alcalino-terrosi eventualmente presenti nei campioni naturali inibiscono la reazione di bioluminescenza. Alcuni di questi inconvenienti vengono ridotti nel corso delle operazioni analitiche tramite l’uso di DMSO, che inibisce le attività degli enzimi idrolitici sopracitati e di EDTA che ha capacità complessanti nei confronti di ioni alcalino-terrosi (ad esempio Ca2+) e alcuni metalli pesanti. 4. Campionamento e conservazione del campione Le bottiglie utilizzate per il prelievo sono del tipo comunemente usato nella pratica limnologica ed oceanografica. La vetreria, unitamente alle bottiglie di prelievo, deve essere accuratamente pulita e lavata in acqua bidistillata e conservata asciutta. Si raccomanda di curare tale procedura specialmente per campionamenti in zone oligotrofiche e afotiche ove la quantità di biomassa presente è particolarmente ridotta. Immediatamente dopo il prelievo, il campione è filtrato attraverso un retino (5.2) per eliminare lo zooplancton. L’estrazione deve essere effettuata al più presto. L’estratto tamponato può essere conservato per qualche ora in frigorifero o per qualche mese a –20°C. 5. Apparecchiature 5.1 Normale attrezzatura da laboratorio 5.2 Accessori per filtrazione: pompa, manometro, beute da vuoto in Pirex con supporto per filtri, filtri a membrana (diametro 47 mm, porosità 0,45 µm), pinzette a punte piatte, retino da zooplancton con maglie di 200-250 µm. 5.3 Vetreria: oltre alla normale vetreria da laboratorio è necessario disporre di beute da 25 mL a collo largo con tappo, accuratamente lavate in acqua distillata e conservate asciutte. 5.4 Centrifuga 1144 INDICATORI BIOLOGICI 5.5 Cuvette monouso per la reazione enzimatica. 5.6 Luminometro collegato ad un registratore. 6. Reattivi Tutti i reattivi sono di grado analitico e l’acqua bidistillata. 6.1 Soluzione tampone Sciogliere in circa 800 mL di acqua bidistillata 2,09 g di acido 3-morfolinpropansolfonico (MOPS, 10 mM) e 0,74 g di acido etilendiaminotetracetico, sale disodico (EDTA, 2 mM). Correggere il pH a 7,40 con una soluzione acquosa di NaOH, 100 mM. Portare il volume a 1000 mL avendo cura di controllare il pH finale. Conservare le soluzioni in una bottiglia per reagenti alla temperatura di +4°C. 6.2 Dimetilsolfossido (DMSO, d=1,10) 6.3 Complesso enzimatico luciferina-luciferasi Per migliorare il limite di rivelabilità della misura dell’ATP nell’estratto è indispensabile usare un prodotto di alta qualità. L’estratto commerciale di addome di lucciola, conservato a 20° C, è reidratato in un volume di acqua bidistillata secondo le istruzioni del produttore. La sospensione è tenuta un’ora a temperatura ambiente e centrifugata per la rimozione del particolato. Il supernatante è trasferito in una provetta e mantenuto al buio a temperatura ambiente per 2-3 ore. Il preparato deve essere utilizzato subito dopo perché non può essere conservato. 6.4 Soluzione di riferimento di ATP Sciogliere 11,9 mg di adenosin-5’-trifosfato, sale bisodico triidrato (C10H14N5O13P3Na2·3H2O, P.M. 605,2) corrispondente a 10 mg di acido adenosintrifosforico (C10H16N5O13P3, P.M. 507,2) in 1000 mL di acqua bidistillata. Diluire 1 mL in 100 mL di soluzione tampone (6.1) (0,2 mL = 0,02 µg di ATP). Quest’ultima soluzione, se non usata immediatamente, può essere conservata a –20°C per qualche mese. 7. Procedimento 7.1 Preparazione del campione Predisporre tre beute (del tipo descritto nel Paragrafo 5.3) per ogni campione e introdurre in ciascuna 1,8 mL di DMSO. Filtrare il campione attraverso il retino da zooplancton e successivamente attraverso l’apparato di filtrazione descritto al Paragrafo (5.2) sul cui setto poroso è stato posto il filtro a membrana prelevato con una pinzetta. Durante l’aspirazione la pressione deve essere mantenuta intorno ai 100 mmHg e interrotta un momento prima che l’ultimo strato di acqua passi attraverso il filtro. 7.2 Estrazione dell’ATP Recuperare il filtro con le apposite pinze e introdurlo rapidamente in una beuta contenente il DMSO. II tempo che intercorre tra la filtrazione e l’estrazione deve essere il minimo indispensabile, tenendo conto che la distruzione dell’ATP inizia entro 15 secondi dall’essiccazione del filtro. 1145 INDICATORI BIOLOGICI Agitare dolcemente per 5 minuti ciascuna beuta e quindi aggiungere 10 mL di soluzione tampone (6.1). 7.3 Misura dell’emissione luminosa Prelevare 0,2 mL di estratto a temperatura ambiente, introdurli successivamente nella cuvetta del luminometro e quindi nella camera di lettura. Iniettare vigorosamente 0,2 mL di enzima (6.3) nell’estratto. Registrare più di una emissione luminosa per ogni campione; per la determinazione del bianco, dopo aver introdotto 1,8 mL di DMSO in una beuta, seguire il procedimento descritto al Paragrafo (7.2) utilizzando un filtro pulito ed evitando il contatto con le dita. 7.4 Taratura Effettuare una serie di diluizioni della soluzione di riferimento di ATP (6.4) fino ad ottenere letture prossime al campione. Leggere contro un bianco costituito da 0,2 mL di tampone (6.1). Il fattore di taratura si ricava dalla seguente espressione: dove: Fs = fattore di taratura alla scala di lettura s; C = concentrazione (µg/mL) di ATP della soluzione di riferimento; Lss = lettura media dell’emissione luminosa della soluzione di riferimento alla scala di lettura s corretta per il bianco. 8. Calcoli Calcolare la concentrazione di ATP nel modo seguente: Lcs·Ve·Fs ATP (µg/L) = Vc dove: Lcs = lettura media dell’emissione luminosa del campione alla scala di lettura s corretta per il bianco; Ve = volume (mL) dell’estratto (11,8 mL); Fs = fattore di taratura; Vc = volume (L) di campione filtrato. 9. Qualità del dato In campioni naturali di acqua di mare con concentrazione di ATP intorno a 0,30 µg/L si è ottenuto un coefficiente di variazione, [CV(%)= scarto tipo/valore medio)·100], pari al 4% (n= 10). INDICATORI BIOLOGICI BIBLIOGRAFIA APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard methods for the examination of water and wastewater”, XX Ed., (Washington, APHA). HENDZEL L.L. & HEALEY F.P. (1984): “Extraction of algal ATP and interpretation of measurements”, Can. J. Fish. Aq. Sci., 41, 1601-1608. HOLM-HANSEN O. & BOOTH C.R. (1966): “The measurement of Adenosine Triphosphate in the ocean and its ecological significance”, Limnol. Ocean., 11, 510-519. JAKUBCZAK E., LECLERCH H. & SECRETIN P. 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Conta diretta dell’abbondanza microbica (DAPI) Introduzione La conta diretta delle cellule al microscopio ad epifluorescenza permette la misura delle abbondanze cellulari con affidabilità e relativa velocità e rappresenta uno strumento necessario per studiare la dinamica delle popolazioni batterioplanctoniche. Tale tecnica consente inoltre di distinguere facilmente le cellule microbiche dal detrito inerte. Le abbondanze cellulari così ottenute sono generalmente superiori a quelle stimate tramite diversi metodi indiretti (conta su piastra e MPN), affetti da errori causati dai fenomeni legati alla vitalità cellulare (la selettività del mezzo di coltura, le diverse velocità di crescita degli organismi e l’aggregazione). Dall’abbondanza così ottenuta è possibile stimare la biomassa, espressa in termini di carbonio, utilizzando fattori di conversione tra cui il più utilizzato attribuisce 20 fg C per cellula. Questa elaborazione, pur fornendo in prima approssimazione una stima di biomassa, non tiene conto del volume delle singole cellule che può variare significativamente in diverse condizioni ambientali. Quindi stime più accurate sono ottenibili dalla misura del biovolume cellulare determinato attraverso il metodo fotografico associato all’uso di un modello di conversione. 1. Principio del metodo Le cellule colorate con un fluorocromo specifico e raccolte su un filtro a porosità 0,2 µm sono successivamente contate attraverso l’osservazione diretta al microscopio ad epifluorescenza. Il fluorocromo, legato al DNA cellulare, produce fluorescenza in seguito all’eccitazione con luce di appropriate lunghezze d’onda. Le cellule di dimensioni inferiori al limite di risoluzione del microscopio ottico (generalmente <1 µm) possono essere così visualizzate. L’operatore potrà quindi agevolmente distinguere, dal fondo scuro del filtro, le cellule colorate in blu e il materiale di origine detritica colorato in giallo. Il campione colorato e raccolto su filtro comprende tutti gli organismi di dimensioni superiori a 0,2 µm, includendo sia organismi a metabolismo autotrofo che eterotrofo. Quindi, sebbene i procarioti acquatici morfologicamente siano riconducibili a poche e semplici forme (bastoncelli, sfere e filamenti), il loro metabolismo si differenzia in maniera significativa. La stima delle abbondanze cellulari tramite conta diretta su filtro si intende totale, in quanto non permette il riconoscimento delle cellule su base tassonomica o metabolica né fornisce indicazioni sulla vitalità delle cellule. 2. Campo di applicazione Il metodo è applicabile ad acque naturali (superficiali o sotterranee). L’intervallo di abbondanze batteriche misurabile dipende dal volume di acqua filtrata. Il volume varia a seconda delle caratteristiche trofiche delle acque o della profondità di prelievo (vedi Capitolo 4 e Paragrafo 7.2). 3. Interferenze e cause di errore Diminuzioni significative di cellule nei campioni sono causate da una cattiva conservazione INDICATORI BIOLOGICI del campione o da fenomeni di aggregazione o adesione delle cellule al materiale in sospensione di diversa origine (neve marina, presenza di materiale particolato di origine fecale o detritica). Questi fenomeni sono causa sia di una irregolare deposizione delle cellule sul filtro che di una stratificazione delle stesse che rendono inadeguato il metodo di conteggio esposto. Poiché questi casi non sono frequenti si rimanda alla letteratura specializzata per ottenere informazioni sulla corretta procedura da seguire per ottenere un buon preparato. Particolari cure devono essere riservate alla manipolazione del campione al fine di evitare contaminazioni. La specificità del fluorocromo per il DNA impedisce la discriminazione all’interno del campione tra cellule autotrofe ed eterotrofe. Nonostante questo limite, la conta delle cellule colorate con il DAPI (4’,6–Diamidino-2-fenilindolo diidrocloruro) è generalmente riferibile a cellule eterotrofe, in grado cioè di ossidare i substrati organici, poiché il loro contributo numericogeneralmente domina nel batterioplancton. È possibile però identificare le cellule a metabolismo autotrofo sfruttando la proprietà di autofluorescenza dei pigmenti fotosintetici e sottrarre la loro abbondanza dal totale. 4. Campionamento e conservazione del campione Il campionamento può essere effettuato con le normali procedure, utilizzando bottiglie a chiusura comandata del tipo Niskin. Il volume di campione necessario per l’analisi varia tra 0,5 mL, sufficienti per acque ad elevata trofia, a più di 20 mL per acque oligotrofiche o di profondità. Il volume prescelto deve infatti garantire in fase di osservazione al microscopio un’adeguata densità cellulare (da 20 a 50 cellule per campo). In fase di prelievo è necessario prevedere un volume di campione sufficiente per consentire almeno una replica del preparato. Entro 3 ore dal prelievo il campione deve essere fissato con formalina (concentrazione finale 2%) precedentemente filtrata su filtri a porosità 0,2 µm. Dopo l’aggiunta il campione va agitato energicamente e conservato al buio e in frigorifero. I campioni devono essere filtrati entro 24 ore dal prelievo e montati su vetrini da microscopio. I preparati possono così essere conservati a –20°C, senza subire alterazioni, fino ad un massimo di 70 giorni. 5. Apparecchiature 5.1 Normale attrezzatura da laboratorio Tutta la vetreria che entra in contatto con il campione deve essere accuratamente lavata e sterile. 5.2 Provette sterili da 20 mL e da 2 mL a tenuta. 5.3 Apparato di filtrazione: completo di pompa aspirante con manometro, beuta da vuoto, portafiltro e imbuto da filtrazione (diametro 25 mm), pinze a molla per fissare l’imbuto alla base e pinzetta per filtri. 5.4 Siringa completa di supporto per filtri e filtri sterili a porosità 0,2 µm. 5.5 Filtri a membrana: filtri di supporto (porosità 0,45 µm, diametro 25 mm), filtri neri in policarbonato (porosità 0,2 µm, diametro 25 mm). I filtri in policarbonato si trovano in commercio già colorati e con un basso livello di fluorescenza. In alternativa possono essere utilizzati filtri bianchi da colorare successivamente con Irgalan black (ad 1 litro di acqua distillata filtrata su 0,2 µm aggiungere 2 g di Irgalan black, 20 mL di acido acetico, 5,7 mL di formalina al 37%). 5.6 Micropipette e puntali sterili 1150 INDICATORI BIOLOGICI 5.7 Vetrini da microscopio completi di coprioggetti. 5.8 Olio da immersione per microscopia non fluorescente. 5.9 Congelatore e frigorifero per la conservazione dei campioni e delle soluzioni. 5.10 Autoclave 5.11 Guanti monouso 5.12 Microscopio ad epifluorescenza, dotato di lampada a vapori di mercurio (100 W), combinazione di filtri (eccitazione 340-380 nm, lamina dicromatica 400 nm, filtro di sbarramento 425 nm), oculari 10X di cui uno dotato di reticolo quadrettato, micrometro oggetto, obiettivo ad immersione 100X. 6. Reattivi 6.1 Formaldeide al 37% filtrata attraverso fitri da 0,2 µm. Per campioni di acqua dolce è necessario utilizzare formaldeide tamponata a pH=7,5, ottenuta aggiungendo, con pipetta Pasteur, alla soluzione (6.2) alcune gocce di NaOH 2 M. 6.2 Soluzione di 4’6-diamidino-2-fenilindolo (DAPI, 0,5 mg/mL) Tutte le operazioni devono essere condotte al riparo dalla luce per evitare il decadimento della fluorescenza del prodotto. Sciogliere 10 mg di sale in 20 mL di acqua distillata. Porre la soluzione in una provetta e agitare fino alla completa solubilizzazione del sale. Utilizzando una siringa e relativo portafiltro sterile filtrare la soluzione su un filtro a porosità 0,2 µm. Distribuire il filtrato in provette sterili da 2 mL con tappo a tenuta. La soluzione conservata a –20°C mantiene inalterate a lungo le proprie caratteristiche. Ogni preparazione va osservata al microscopio prima della conservazione per verificarne l’effettiva sterilità. Nota: il DAPI è un composto mutageno per l’elevata specificità di legame nei confronti del DNA. Si consiglia pertanto di evitare accuratamente il contatto diretto e l’inalazione. 7. Procedimento 7.1 Colorazione e filtrazione Predisporre l’apparato di filtrazione ponendo con le apposite pinze il filtro nero da 0,2 µm sovrapposto a quello di supporto da 0,45 µm. Il filtro di supporto può essere utilizzato per numerose preparazioni. Evitare accuratamente il contatto delle dita con i filtri. Fissare l’imbuto da filtrazione alla base con le pinze a molla. Agitare energicamente il campione, introdurre un’aliquota nell’imbuto da filtrazione e aggiungere 2 µL di soluzione DAPI per ogni mL di campione da filtrare. Attendere 4 minuti, mantenendo il campione al buio. Il campione così colorato è stabile per ore. Procedere alla filtrazione esercitando una pressione di vuoto non superiore a 80 mm Hg. Non lasciare essiccare completamente il filtro per evitare la compromissione delle cellule. 7.2 Preparazione del vetrino Poggiare il filtro al centro del vetrino portaoggetto su cui è stata precedentemente posta una piccola goccia di olio (5.8). Porre un’altra goccia di olio sulla superficie del filtro e montare il coprioggetti esercitando una leggera pressione fino a che l’olio abbia ricoperto il filtro. L’u 1151 INDICATORI BIOLOGICI so di una quantità eccessiva di olio determina la fuoriuscita delle cellule dal vetrino e la distribuzione delle cellule su più piani focali. Nel caso in cui il preparato debba essere conservato si consiglia di verificare al microscopio la qualità dell’immagine, controllando, in particolare, che l’immagine giaccia su un solo piano focale e che le cellule siano uniformemente distribuite sul filtro. 7.3 Osservazione al microscopio Osservare da 20 a 40 campi distribuiti con criterio di casualità su tutta l’area del filtro e contare un minimo di 600 cellule per filtro. Un’appropriata densità cellulare sul filtro è data da un numero di cellule approssimativamente compreso tra 20 e 50 per campo. Se le cellule sono troppo numerose è necessario ridurre il volume da filtrare. È utile tenere presente che la fluorescenza delle cellule decade con il tempo durante l’osservazione. 8. Calcoli Il numero di cellule batteriche nel campione può essere così calcolato: dove: Xn = numero totale di cellule/numero dei campi esplorati (ai fini del calcolo un campo senza cellule va considerato come un campo esplorato); Ab = area (mm2) del filtro su cui sono state raccolte le cellule; Ac = area (mm2) del reticolo quadrettato, ottenuta dalla misurazione con il micrometro oggetto; Vc = volume (mL) di campione filtrato/1,06 (*). 9. Qualità del dato Seguendo le indicazioni fornite nel metodo la precisione della misura è di ±10% al 95% di intervallo di confidenza. Per una migliore precisione è raccomandabile la lettura di due preparati per ogni campione. Se non è richiesta una precisione elevata è sufficiente contare un totale di 200 cellule per filtro. BIBLIOGRAFIA HOBBIE J.E., DALEY R. & JASPER S. (1977): “Use of Nuclepore filters for counting bacteria by fluorescence microscopy”, Appl. Environ. Microbiol., 33, 1225-1228. LEE S. & FUHRMAN J.A. 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